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L’Executive Order contro la Corte penale internazionale: un altro ostacolo al multilateralismo

Lo scorso 11 giugno, il Presidente Donald Trump, appoggiato dal Segretario di Stato Mike Pompeo, ha firmato un ordine esecutivo[1] con cui ha emesso una serie di sanzioni contro i funzionari della Corte penale internazionale (“CPI”) per l’inchiesta, condotta dalla Procuratrice capo Fatou Bensouda, relativa ai crimini di guerra commessi, anche da parte di soldati americani, in Afghanistan a partire dal 2003, e ad altri reati legati al conflitto afghano commessi in territori di altri Stati membri della CPI a partire dal 2002. Un’accusa che non è stata ben digerita dalla Casa Bianca.

 

Invero, il 20 novembre 2017, la Procuratrice Bensouda aveva chiesto, ai sensi dell’art. 15 § 3 dello Statuto della CPI, l’autorizzazione[2] alla Camera preliminare della Corte per avviare le indagini sui presunti reati di crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi sul territorio afghano. L’iniziativa si basava sugli scandali, precedentemente emersi, delle pratiche disumane poste in essere dagli stessi militari americani in Iraq, tra cui quelle del carcere di Abu Ghraib[3], che hanno suscitato un grande disappunto in tutto il mondo e negli USA stessi.

Tuttavia, in un primo momento, la Pre-Trial Chamber aveva negato l’autorizzazione a procedere, sostenendo che “un’investigazione nella situazione afghana in questa fase temporale non avrebbe servito gli interessi della giustizia”[4]. Successivamente, a seguito dell’appello proposto dalla Procuratrice, la Camera di appello della CPI, con decisione del 5 marzo 2020, ha autorizzato, all’unanimità, il prosieguo delle indagini[5]. Un risultato eccezionale, se si pensa alla sfida che costituisce l’avvio delle indagini verso l’intoccabile colosso americano[6].

Il rapporto degli USA con la Corte e le risposte di Trump

 

Il fatto che gli Stati Uniti, da tradizionali sostenitori dei Tribunali penali per la ex Jugoslavia e per il Rwanda, siano giunti a mettere in dubbio il ruolo di un ente di giustizia penale internazionale, può risultare contradditorio, ma di certo non inedito.

Fin dalla sua nascita, sancita dalla Conferenza Diplomatica di Roma il 17 luglio 1998, gli americani hanno contestato alcuni aspetti dell’organismo. Difatti, essi rientrano tra quei 32 Stati che non hanno ratificato lo Statuto di Roma su cui l’attività della Corte si fonda: la firma del trattato ne garantisce esclusivamente l’autenticità, ma senza l’atto di ratifica esso non ha non ha alcuna efficacia vincolante per lo Stato.

Tra le disposizioni contestate, gli Stati Uniti hanno da sempre rifiutato la clausola prevista dall’articolo 12 dello Statuto della Corte, che le conferisce giurisdizione extraterritoriale sulle attività di uno Stato non membro, laddove questo abbia commesso un crimine nel territorio di uno Stato Parte dello Statuto. Lo stesso motivo per cui gli Stati Uniti sarebbero sottoposti alla giurisdizione della Corte per la valutazione degli abusi commessi, avendo l’Afghanistan, così come altri luoghi di attività americana, aderito allo Statuto già nel 2003.

L’American Servicemember’s Protection Act (ASPA)[7] è stato un primo tentativo statunitense di boicottare la Corte e gli altri Stati che ne facessero parte, risalente al 2002. Tuttavia, l’“affronto” mosso dalla Procuratrice è stata la scintilla che ha riaperto il conflitto tra le due parti: l’ufficio del Procuratore generale degli USA ha deciso, come contro-risposta, di revocare il visto d’ingresso nello Stato ad alcuni funzionari e alla Procuratrice stessa della Corte, minacciando future sanzioni economiche individuali ai funzionari che attivamente partecipassero alle investigazioni contro di loro. La sua insistenza nella prosecuzione delle indagini costituirebbe, secondo quanto dichiarato dal Consulente per la sicurezza nazionale John Bolton già nel 2018, “un assalto ai diritti costituzionali del popolo americano e alla sovranità degli Stati Uniti“[8] che non hanno accettato la giurisdizione della Corte.

Lo scorso 11 giugno, le ostilità tra gli USA e la Corte si sono accentuate con l’adozione dell’Executive Order on Blocking Property of Certain Persons Associated with the International Criminal Court, promulgato dal Presidente degli USA Donald Trump[9]. Sono previste sanzioni come il congelamento immediato di fondi, di beni, di proprietà di funzionari della Corte penale presenti negli Stati Uniti, ma anche verso ogni altro cittadino straniero che abbia collaborato con la Corte nelle indagini. Inoltre, è stata prevista la restrizione dei visti di ingresso negli Stati Uniti per i funzionari della Corte e per i loro familiari.

A legittimare la risposta di Trump è l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), una legge degli anni ’70 che conferisce al Presidente l’autorità di imporre sanzioni di tipo economico e di breve durata che colpiscano la proprietà di soggetti che rappresentino una minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale. Utilizzata in passato rispetto a specifiche minacce terroristiche, il paradosso della sua applicazione a funzionari di giustizia che cercano di contrastare il terrorismo appare molto chiaro[10].

 

Inoltre, si tratta di una delle poche mosse di Trump che vede l’appoggio di un altro politico statunitense, il Segretario di Stato Mike Pompeo[11]. Egli, infatti, in quanto ex capo della Central Intelligence Agency (CIA), potrebbe risultare coinvolto nelle accuse dei crimini perseguiti in Afghanistan. Già dall’invasione americana del 2001, la CIA, parallelamente alle operazioni militari statunitensi, aveva iniziato a gestire un’operazione antiterrorismo nel territorio afghano, reclutando ed addestrando forze paramilitari alla ricerca di terroristi di Al-Qaeda: la dubbia legalità di tali attività è stata provata dai risultati delle indagini di Bensouda, secondo cui gli agenti della CIA avrebbero fatto ricorso a “tortura, trattamento crudele, mortificazione della dignità personale, stupro” al fine di estorcere confessioni da parte dei prigionieri[12]. Tali pratiche sarebbero state poste in essere presumibilmente fino al 2014, anno in cui, con la pubblicazione del rapporto[13] sulle tecniche di interrogatorio e le pratiche utilizzate dalla CIA in Afghanistan da parte della Commissione del Senato sull’Intelligence degli USA, l’amministrazione Obama ha condannato[14] la prosecuzione di tali operazioni in quanto “non compatibili con i valori degli Stati Uniti come Nazione”.  Tuttavia, con il passaggio all’amministrazione Trump e, in particolare, sotto la direzione di Pompeo dal gennaio 2017 al marzo 2018,  l’Agenzia avrebbe ripreso il suo “sporco lavoro” nel territorio afghano: lo dimostra un report del 2019 di Human Rights Watch[15], secondo cui durante il mandato dell’ex capo della CIA sono stati perpetrati molti abusi e persino veri e propri crimini di guerra.

Le critiche alla Corte e l’anti-multilateralismo statunitense

Mentre la politica isolazionista condotta da Trump, concretizzata ad esempio dalle aperte sfide all’OMS e all’UNESCO, è stata osteggiata dal resto dell’esecutivo americano, l’opposizione degli States all’operato dell’organismo internazionale si fonda su un fronte politico condiviso dalle altre istituzioni nazionali, nonché dalle altre potenze mondiali. La Corte Penale internazionale è continuamente soggetta a critiche da parte di Stati come la Russia, Israele e Cina, che non hanno mai accettato l’esercizio della sua giurisdizione per difendere i propri interessi politici e che ripetutamente si sono rifiutati di collaborare nei processi che coinvolgevano i loro connazionali. Ciò spiega l’intenzione di alcuni Stati africani, i cui capi sono stati soggetti a processi condotti dai funzionari della Corte, di voler recedere dal trattato, considerato uno strumento finalizzato ad estendere l’egemonia degli Stati più potenti su quelli più poveri[16].

Tuttavia, la decisione di proseguire con le indagini prova che la Corte continua, seppur claudicante, ad assolvere al suo ruolo di garante di giustizia internazionale, a fronte di un’America sempre più opportunista nelle sue posizioni politiche.

[1] Presidente degli Stati Uniti d’America, ordine esecutivo dell’11 giugno 2020, disponibile qui:

[2] Articolo 15, punto 3, dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, 17 luglio 1998, disponibile qui: https://www.icc-cpi.int/resource-library/documents/rs-eng.pdf

[3] S. M. Hersh, Torture at Abu Ghraib, Aprile 2004, disponibile qui: https://www.newyorker.com/magazine/2004/05/10/torture-at-abu-ghraib

[4] Corte Penale Internazionale, decisione ICC-02/17-33, 12 aprile 2019, disponibile qui: https://www.icc-cpi.int/CourtRecords/CR2019_02068.PDF

[5]  Corte Penale Internazionale, sentenza ICC-02/17-138, 5 marzo 2020, disponibile qui: https://www.icc-cpi.int/CourtRecords/CR2020_00828.PDF

[6] G. Polli, L’Afghanistan e la Corte Penale Internazionale, Maggio 2020, disponibile qui: https://www.orizzontipolitici.it/l-afghanistan-e-la-corte-penale-internazionale/

[7] N. Ronzitti, La giustizia penale internazionale nei rapporti transatlantici, Novembre 2004, disponibile qui: http://www.iai.it/sites/default/files/pi_a_c_010.pdf

[8] R. C. Koehler, Why Fatou Bensouda’s Visa Was Revoked, Aprile 2019, disponibile qui: https://worldbeyondwar.org/it/why-fatou-bensoudas-visa-was-revoked/

[9] Presidente degli Stati Uniti d’America, ordine esecutivo dell’11 giugno 2020, disponibile qui:

[10] C. Meloni, L’Executive Order di Trump contro la Corte Penale Internazionale, Giugno 2020, disponibile qui: https://www.sistemapenale.it/it/scheda/executive-order-di-trump-contro-la-corte-penale-internazionale

[11] H.S. Anderson e R. Defalco, Pompeo’s Personal Stake in the International Criminal Court’s Afghan Investigation, Giugno 2020, disponibile qui: https://www.justsecurity.org/70560/pompeos-personal-stake-in-the-international-criminal-courts-afghan-investigation/

[12] Rapporto preliminare dell’Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale, 4 dicembre 2017, disponibile qui: https://www.icc-cpi.int/itemsDocuments/2017-PE-rep/2017-otp-rep-PE_ENG.pdf

[13] Rapporto della US Senate Select Committee on Intelligence, 9 dicembre 2014 ,disponibile qui: https://www.intelligence.senate.gov/sites/default/files/publications/CRPT-113srpt288.pdf

[14] Dichiarazione del Presidente Barack Obama sul Rapporto della Commissione del Senato sull’Intelligence, 9 dicembre 2014, disponibile qui: https://obamawhitehouse.archives.gov/the-press-office/2014/12/09/statement-president-report-senate-select-committee-intelligence

[15] Report dello Human Rights Watch, 31 Ottobre 2019, disponible qui: https://www.hrw.org/report/2019/10/31/theyve-shot-many/abusive-night-raids-cia-backed-afghan-strike-forces

[16] F. Aragona, L’internatonal Criminal Court e l’ipocrisia della comunità internazionale, Aprile 2019, disponibile qui: https://www.questionegiustizia.it/articolo/l-international-criminal-court-e-l-ipocrisia-della-comunita-internazionale_23-04-2019.php

Jasmina Saric

Jasmina Saric, laureata presso la Facoltà di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli di Roma con tesi in diritto dell'Unione europea, percorso futuro di Laurea magistrale in Relazioni Internazionali, specializzata in Studi Europei. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale, con particolare interesse per il settore europeo.

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