giovedì, Marzo 28, 2024
Di Robusta Costituzione

“Libertà di espressione online e Fake News”, alla luce del Diritto Costituzionale e del Diritto Europeo

A cura di Edoardo Natale e Giovanni Zaccaria, vincitori dell’Essay Competition di ELSA Roma per l’ELSA Day 2020

 

L’impatto dell’innovazione tecnologica sulla libertà di espressione

 

La concezione che il pensiero umano non debba essere in nessun modo limitato fonda le sue radici in tempi antichissimi[1] e ciò, combinato alla constatazione che la teorizzazione della libertà di espressione come diritto soggettivo è una conquista recente degli ordinamenti giuridici moderni[2], evidenzia le peculiarità che il diritto alla libertà di espressione mostra dinnanzi all’influenza che il progresso tecnologico esercita sullo stesso.

Per comprendere l’impatto che l’evoluzione tecnica e tecnologica ha sulla libertà di espressione occorre rilevare innanzitutto che i processi che riguardano questi ambiti[3] inducono trasformazioni tanto nella dimensione esistenziale dell’uomo[4] quanto nella struttura sociale istituzionalizzata[5], e in secondo luogo che il diritto è, contestualmente, la risposta e il prodotto delle nuove esigenze dell’uomo e dei cambiamenti della società[6]. Di talché, qualora l’influenza dell’evoluzione tecnologica sia determinante e particolarmente intensa si renderà necessaria una lettura evolutiva delle norme costituzionali, se non una vera e propria modifica delle stesse[7]. A voler esemplificare il concetto descritto basti pensare al c.d. web 2.0 il quale, a seconda che se ne voglia porre l’accento sul presupposto o sugli effetti della trasformazione, è definito, rispettivamente, nuovo sistema di programmazione che afferisce al paradigma del web “dinamico” in contrapposizione a quello “statico”, o l’insieme di tutte le applicazioni online che consentono l’interazione online tra l’utente e la rete[8].

La seconda accezione da ultimo riportata comprende nella sua portata tutte quegli strumenti idonei a consentire a qualsiasi soggetto che ne faccia utilizzo la possibilità di diffondere un’idea verso un numero indeterminato di soggetti, come anche l’eventualità di riceverne a sua volta. La rilevanza costituzionale di internet è perciò oggi molto dibattuta tra gli studiosi[9]. Si è affermato difatti che essendo attualmente l’accesso alla rete una condizione necessaria per poter esplicare una pluralità di attività che ineriscono a diritti costituzionalmente garantiti, laonde si rende opportuna la configurazione del diritto di accesso come diritto fondamentale[10].

 

La libertà di espressione nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali e nella giurisprudenza della Corte EDU

 

Nell’ambito della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, la disposizione che riconosce la libertà di espressione, paradigma per i servizi di comunicazione resi disponibili dal web 2.0, è l’art. 10 CEDU[11]. La norma, la quale risulta costruita in modo preciso sia per quanto riguarda l’ambito soggettivo, il quale si riferisce a «ogni persona»[12], che in riferimento all’ambito oggettivo, nel cui perimetro rientrano l’opinione[13] e la libertà di informazione[14], detiene una “doppia dimensione”, una individuale e l’altra funzionale. La dimensione individuale coincide con il diritto proprio dell’individuo di esprimere e diffondere le proprie opinioni, e di ricevere quelle altrui, mentre la dimensione funzionale consiste nella circostanza che il diritto alla libertà di espressione è funzionale al mantenimento del sistema democratico il che determina, in primo luogo la possibilità per ogni cittadino di conoscere il comportamento dei propri rappresentanti e, di conseguenza, in secondo luogo il controllo operato determina i governanti ad agire e a svolgere la propria attività nell’interesse della collettività[15]. Tale lettura, orientata al costituzionalismo moderno[16], è coerente con il II comma dell’art. 10 CEDU, il quale precisa che all’esercizio della libertà di espressione corrisponde l’assunzione di doveri e responsabilità.  La stessa disposizione prevede inoltre che il diritto oggetto della presente disamina possa essere limitato solo nei casi specificamente dallo stesso previsti[17], sebbene tali siano particolarmente ampi e flessibili nella loro interpretazione[18]. La circostanza, tuttavia, che uno Stato applichi una restrizione al diritto previsto dall’art. 10 CEDU per uno dei fini previsti dal II comma dello stesso articolo non è tuttavia sufficiente a rendere l’operato dello Stato come legittimo. La norma di cui al II comma dell’art. 10 CEDU difatti prevede che le misure debbano essere “necessarie”, la quale caratteristica nella giurisprudenza della Corte EDU[19] si è tradotta anzitutto nel pressing social need a cui la misura restrittiva alla libertà di espressione deve essere indirizzata[20]. Secondariamente, quest’ultima, deve rispondere al principio generale di proporzionalità[21].

 

Il diritto alla libertà di espressione nella Carta europea dei diritti fondamentali

 

In ambito sovranazionale è inoltre opportuno far riferimento al riconoscimento della libertà di espressione nella Carta dei diritti fondamentali. I trattati istitutivi europei non contenevano un catalogo di diritti fondamentali e si dovette attendere la ratifica di un’apposita Carta istitutiva per raggiungere lo scopo, proclamata a Nizza, nonché la successiva parificazione ai Trattati con la ratifica del TFUE nel 2007[22]. L’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea recita «Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati». Il primo comma riporta essenzialmente quanto già disposto dall’art. 10 CEDU, mentre il II comma risulta una novità, garantendo da un lato la libertà dei media, e dall’altro il principio del pluralismo giuridico, cardine del sistema dell’informazione[23]. Per quanto riguarda l’ambito soggetti e oggettivo della norma di cui all’art. 11 CDFUE questi coincidono in gran parte con quelli ex art. 10 CEDU, nella Carta di Nizza, tuttavia, rileva la previsione di una norma ad hoc la quale riconosce e disciplina la libertà di espressione artistica e religiosa. Ulteriore differenza risiede poi nella circostanza che anche il principio della libertà della segretezza delle comunicazioni è previsto in un’altra norma, ovvero l’art. 7 CDFUE, come l’art. 8 CDFUE tutela la protezione dei dati di carattere personale[24]. Quanto alle eventuali limitazioni che possono essere adottate nei confronti del diritto alla libertà di espressione l’art. 11 CDFUE, a differenza dell’art. 10 CEDU, non detta alcuna indicazione, dovendosi pertanto ritenere applicabile la clausola generale prevista dall’art. 52, I comma, CDFUE il quale prevede che «Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui»[25]. Recentemente la Corte di Giustizia dell’Unione europea, inoltre, ha cominciato a trattare la questione del bilanciamento della libertà di espressione con altri diritti fondamentali. Le questioni così descritte non sono in realtà di numero ingente, e riguardano quasi tutte il rapporto del diritto alla libertà di espressione e Internet. Le questioni giuridiche affrontate e maggiormente dibattute hanno riguardato la protezione dei dati personali e il diritto d’autore[26]. Il sistema di protezione dei diritti fondamentali nell’Unione europea è infatti in un momento di profonda trasformazione, con l’aumento di contenzioso in questa materia per la Corte di Giustizia e con una modifica degli argomenti decisori di quest’ultima soprattutto in riferimento non più al bilanciamento tra diritti fondamentali e interessi generali, ma al bilanciamento tra diritti fondamentali[27]. Questo lavoro della giurisprudenza europea porta a un risultato di maggiore definizione dei contorni dei diritti fondamentali, purtuttavia ampliando i margini dubitativi in merito alla ripartizione di competenze tra Unione e Stati[28].

Per quanto riguarda in particolare la libertà di espressione sono tre le maggiori differenze che si riscontrano nel rapporto tra ambito CEDU e CDFUE. Nell’ambito della Carta di Nizza si è rilevata la peculiarità di un esplicito riconoscimento alla libertà dei media, la quale previsione acquisisce notevole importanza in riferimento al web 2.0, allargando la tutela offerta. Secondariamente la CEDU individua anche la protezione minima garantita alla libertà di espressione. È da rilevare, infine, un’estrema asimmetricità tra le pronunce della Corte EDU e della CGUE in materia di libertà di espressione e, sebbene non sia possibile definire organicamente e con esattezza il livello di protezione attualmente offerto in ambito UE al diritto in questione, è invece sicuramente riscontrabile l’espansione delle competenze UE in riferimento al diritto in esame soprattutto nell’ambito del web 2.0[29].

 

La libertà di comunicazione e il diritto della libera manifestazione del pensiero nella Costituzione

 

La Costituzione della Repubblica italiana riconosce e garantisce la libertà di espressione in una pluralità di norme, tra queste ne emergono due che hanno portata generale, l’art. 15 Cost.[30], il quale sancisce la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, e l’art. 21 Cost.[31] il quale statuisce la libertà di manifestare il proprio pensiero con ogni mezzo[32]. Mentre l’art. 19 Cost.[33] e l’art. 33 Cost.[34] tutelano forme specifiche di espressione, rispettivamente la libertà di professare e propagandare la propria fede religiosa e la libertà artistica e la libertà di insegnamento[35]. La scelta di prevedere specifiche forme di tutela per determinate libertà di espressione sebbene sia una scelta diversa rispetto a quella percorsa in sede UE, è in linea con le scelte costituzionali di diversi Paesi Membri, potendosi in tal caso parlare di tradizione costituzionale comune[36]. Meno comune, anzi singolare, risulta la scelta del Costituente di prevedere la libertà di espressione in due norme a carattere generale, una riguardante le comunicazioni rivolte al pubblico e una riferita alle comunicazioni interpersonali, in controtendenza rispetto anche alle più risalenti e storiche codificazioni, come il Bill of Rights inglese del 1689 e quello americano del 1791 e la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789[37].

Le due norme citate si differenziano per una diversa collocazione in quanto l’art. 15 Cost., insieme agli artt. 13 e 14 Cost., rappresenta il minimo inviolabile della libertà della persona[38], mentre l’art. 21 Cost., posizionato dopo le libertà collettive, pur rimanendo essenzialmente una libertà individuale, tutela interessi strumentali e funzionali allo svolgimento del processo democratico[39]. Per quanto riguarda l’ambito soggettivo dell’art. 15 Cost., l’utilizzo del sostantivo “inviolabile” richiama la disposizione di cui all’art. 2 Cost., qualificando il soggetto cui è riferita la norma come ogni uomo., al di là della capacità giuridica, nonché le formazioni sociali costituzionalmente riconosciute[40]. Oggetto di tutela nel caso da ultimo visto sarà il rapporto comunicativo, il che necessita della fattispecie concreta ove un soggetto vorrà comunicare a un altro una notizia, la qual cosa che a sua volta induce nel ritenere che saranno tutelati tutti i soggetti che vengono a partecipare alla comunicazione[41]. Per quanto riguarda invece l’ambito soggettivo dell’art. 21 Cost., sebbene sia nata qualche iniziale dubbio in merito al fatto che la norma possa essere riferita ai soli cittadini[42], è oggi unanime che la norma, essendo un diritto inviolabile dell’uomo, si riferisca universalmente a ogni individuo[43]. Per quanto riguarda invece l’ambito oggettivo il legislatore prevedendo che la tutela ex art. 15 Cost. fosse garantita nei confronti di “ogni altra forma di comunicazione” ha dimostrato la volontà che in futuro si perseguisse una lettura evolutiva della norma costituzionale[44]. In merito a quest’ultimo punto non v’è dubbio alcuno che la norma si riferisca a tutte le possibili forme di comunicazione esperibili tramite il web 2.0[45]. Altra questione rilevante ai fini della presente disamina è l’ambito oggettivo dell’art. 21 Cost. il quale tutela la libera manifestazione del pensiero «con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», il che però viene anticipato dal vero oggetto della tutela, che verrà in evidenza più avanti parlando delle c.d. fake news, ovvero “il proprio pensiero”. Sul punto, dopo alcuni dubbi interpretativi, è intervenuta la Consulta la quale ha affermato che il possessivo proprio utilizzato dal legislatore intende esclusivamente evidenziare il valore dell’autonomia del singolo e l’indipendenza di giudizio[46]. La precisazione effettuata dalla Corte ha grande importanza nell’ambito del web 2.0 ove l’interazione avviene spesso tramite la condivisione del pensiero altrui[47]. Ancora più rilevante è stata la questione se determinate manifestazione del pensiero siano escluse dalla tutela in ragione del loro contenuto[48]. I piani di studio in tal senso si basavano sulla logicità della disposizione costituzionale o sui limiti alla libertà in questione. La Consulta prendendo come base di partenza del suo ragionamento quest’ultimo spazio, ove il legislatore può intervenire per regolare la materia nei limiti della Costituzione, ha affermato che la libera manifestazione è sempre tutelata al di là del suo contenuto[49].

Le norme costituzionali descritte, sebbene abbiano dimostrato la loro duttilità nell’essere applicate durante il progresso tecnologico, non possono prescindere da un’interpretazione evolutiva in quanto alcune criticità naturali sono in ogni caso emerse, il che produce incertezza in riferimento ai modi di prestare la tutela per la quale l’ordinamento è predisposto. Caso paradigmatico è quello delle c.d. fake news.

 

Il fenomeno delle Fake news in Italia

 

Le fake news presenti in tutta la rete, trovano terreno particolarmente fertile sui social networks, il grande luogo immateriale dell’interagire sociale. I loro effetti nel mondo della comunicazione sociale e politica sono noti[50].

La definizione data dalla Enciclopedia Treccani del termine Fake News [51] è la seguente: “fake news ovvero locuzione inglese (lett. notizie false), entrata in uso nel primo decennio del XXI secolo per designare un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o non intenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità quest’ultima alimentata da un sistema distorto di aspettative dell’opinione pubblica e da un’amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base, ciò che ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti”.

Accade spesso che, da un lato, una fake news non sia del tutto falsa, ma contenga elementi fattuali realmente accaduti; e, dall’altro, che vada oltre il basilare concetto di notizia, inglobando fenomeni quali meme, trolling organizzato, bot di followers falsi, data driven ads, etc.

Inoltre, il termine fake news ha ormai acquisito un pericoloso connotato politico[52], che porta spesso gli attori e i simpatizzanti dell’una o dell’altra fazione ad utilizzarlo per attaccarsi a vicenda.

Dunque, è utile chiarire che per fake news,[53] o meglio, per disinformazione, si intende ogni forma di informazione falsa, inaccurata o ingannevole ideata e promossa allo scopo di arrecare danno alla società o a fini di lucro.

Occorre precisare che però non tutte le fake news sono frutto di una campagna di disinformazione; questo perché anche notizie imprecise, incomplete, smentite successivamente, qualora continuassero a circolare in rete potrebbero diventare vere e proprie fake news ed influire sulla percezione di un gruppo o di una totalità di persone[54].

Restano fuori da questa definizione l’alterazione di fatti a scopo satirico o parodistico, e la creazione e diffusione di contenuti illegali.

Ad esempio, le fake news quando penetrano nel grande mare della concorrenza, lo sconvolgono, al pari di quanto malevolmente fanno negli altri aspetti della vita sociale.

Una fake news contro un concorrente o un prodotto può essere un atto di concorrenza sleale.

Le fake news sono, così, il tema del momento. Tutti sembrano, quindi, volerle combattere, considerate come un pericolo per il vivere sociale.

A tal punto che nel Contratto nazionale di Servizio della Rai[55] si prevede che la Rai stessa debba: attivare strumenti finalizzati a contrastare la diffusione di fake news [56].

La Regione Marche, su questa tematica e quella del cyberbullismo, ha recentemente approvato una legge [57].

Che il tema sia ormai planetario lo attesta la “Joint declaration on freedom of expression and fake news, disinformation and propaganda”, sottoscritto, tra l’altro, dalle Nazioni Unite[58].

Si pone un problema di natura sostanziale nella valutazione di una notizia falsa o non veritiera: se bisogna applicare una norma che mi impone di contrastare le fake news, devo conoscere esattamente la portata del comando e la definizione della fattispecie.

Non è sufficiente dire che una fake news è una notizia falsa, per farla rientrare nella fattispecie.

Appare però evidente, a prima lettura, che il tema delle fake news si collega alla distinzione tra vero e falso, tra verità e menzogna.

La fake news può essere vera, o falsa. Ciò che la qualifica come fake news è la conoscenza del vero, come affermava Sant’Agostino – o di ciò che si assume vero – da parte di chi la formula e la diffonde.

Una fake news è tale indipendentemente dal fatto che il fatto sia vero o falso. Nel senso che la exceptio veritatis non la priva, da sola, della sua qualifica. Del resto, nell’ambito della disciplina della diffamazione a mezzo stampa, la Suprema Corte ha affermato come l’exeptio, da sola, non è sufficiente ad escludere la diffamazione[59]. La notizia ha da essere suggestiva, inventata, ingannevole o distorta[60].

D’altro canto, si può dire che una notizia è falsa se, conoscendo la verità, si afferma e si diffonde il falso. Allo stesso tempo, se si diffonde una notizia falsa, facendola passare come vera, non si sta mentendo. Ipotesi che si potrebbe collegare, per alcuni aspetti, alla c.d. verità putativa (si crede vero un fatto che in realtà non lo è affatto).

Secondo il prof. Jori[61], avvocato e professore a contratto di Diritto dei Prodotti Digitali e Comunicazione Digitale presso l’Università degli Studi di Milano, le fake news devono distinguersi dalla diffamazione. Anche se spesso le due dinamiche sono connesse, non è detto che una fake news sia diffamante, così come si può fare diffamazione anche con notizie vere, qualora non si applichi il diritto di cronaca e non vi sia un interesse pubblico rilevante. Pure la satira si distingue dalle fake news, che si riferiscono non tanto alle opinioni quanto ai fatti.[62]

Altro distinguo affrontato da Jori è quello tra disinformazione e misinformazione. Il primo termine si riferisce alla pratica di chi, coscientemente, attua una narrazione distorta per perseguire uno scopo specifico. La seconda voce richiama chi diffonde notizie false inconsapevolmente, contribuendo così alla disinformazione (es. retweet di notizie non verificate).

Le fake news, ha mostrato Jori, possono circolare per diverse motivazioni. Queste possono essere di natura economica (es. clickbait), politica e manipolatoria dell’opinione pubblica. Quindi a livello legislativo, citando anche il Disegno di legge n. 2688[63] da poco presentato, ci si è chiesto se siano necessarie nuove forme di regolamentazione della materia.[64]

 

I tentativi di regolamentazione delle fake news in ambito europeo

 

Diversi paesi europei, e la stessa Unione, si stanno muovendo, anche in fretta, per affrontare il problema. Regno Unito, Germania e Francia si sono già attivate ed hanno costretto alcuni fra i principali OTT, come ad esempio Facebook, ad adottare delle misure per frenare la diffusione delle fake news. In particolare, il Regno Unito ha da poco avviato una consultazione pubblica sul tema sottolineando che le fake news rappresentano una minaccia per la democrazia e compromettono la fiducia che viene normalmente riposta sui media come ad esempio quelli tradizionali come i giornali e le emittenti televisive.

Per Francia e Germania l’esigenza dell’intervento è stata dettata dalle elezioni politiche per scongiurare la diffusione di notizie false che possano influenzare l’elettorato.

La Germania ha presentato un progetto di legge[65]. che prevede multe fino a 50 milioni di euro contro le fake news e l’odio in rete.

Anche a livello nazionale, esiste una proposta di legge sulle fake news la quale prevede, fra i punti rilevanti, la creazione di un registro dei siti.

Mentre, a livello europeo si cerca di promuovere una soluzione univoca per tutti paesi membri per garantire la corretta informazione ai cittadini e si annunciano interventi sugli OTT qualora essi non introducano controlli adeguati a impedire la circolazione di notizie false.

La Commissione Europea aveva già presentato, a maggio 2016, insieme a Facebook, Twitter, Youtube e Microsoft un codice di condotta[66] con un elenco di impegni per combattere la diffusione dell’illecito incitamento all’odio online in Europa.

In Europa si può capire come ci sia un ampio consenso nell’adozione di una regolazione ispirata alla logica del servizio pubblico universale.

Un buon modello di partenza può considerarsi – con le dovute differenze – quello del servizio pubblico radiotelevisivo secondo il miglior esempio europeo: quello della BBC, fondato sull’Agreement del 2006, recentemente rinnovato a dicembre 2016. In particolare, l’accordo del 2006 imponeva alla BBC degli obiettivi generali primari quali quello di supportare i valori di cittadinanza e di società civile, promuovere l’educazione e l’apprendimento, stimolare la creatività e l’eccellenza culturale.

Con l’intento di chiamare i cittadini europei a contribuire al processo legislativo dell’Unione, la Commissione Europea ha lanciato nel Novembre 2017 una consultazione pubblica su fake news e disinformazione online diretta a persone fisiche, social media, giornalisti e accademia.

Concreti passi in avanti, dal punto di vista strettamente regolamentare, la Commissione non ne ha ancora fatti. Tuttavia, il rapporto citato annovera un primo, interessante, progetto di autoregolamentazione: si tratta di un EU-wide Code of Practice sulla disinformazione[67].

I firmatari del codice, principalmente attori dell’arena digitale quali social network e media, si impegnano a rispettare una serie di principi che vanno dalla trasparenza della pubblicità a contenuto politico, alla chiusura di profili fake, alla demonetizzazione di contenuti rivelatisi falsi[68].

Come in più occasioni sottolineato dalla Commissione Europea, le fake news sono un rischio non solo per i singoli individui, ma anche per i nostri sistemi democratici, che affidano al cittadino, informato o disinformato che sia, la scelta dei propri governanti.

La disinformazione online è una grave minaccia alla sicurezza delle nostre società e alle nostre libertà personali: le recenti rivelazioni sul caso Facebook/Cambridge Analytica hanno dimostrato con chiarezza come i dati personali possano essere sfruttati nelle campagne elettorali e minaccino il regolare svolgimento dei processi democratici.

Infatti, le nuove tecnologie possono essere impiegate, in particolare attraverso i social media, per diffondere disinformazione su vasta scala e con una rapidità e una precisione, quanto a raggiungimento dei gruppi target, senza precedenti, creando così bolle di informazione personalizzate e generando potenti camere di risonanza per le campagne di disinformazione.

La lotta contro la disinformazione online[69], pertanto, è considerata dalla Commissione europea essenziale per la protezione dei valori e della sicurezza europei.

Le misure per arginare questo fenomeno sono in conclusione molte e diverse tra loro: come la sottoscrizione di un codice di buone pratiche sul tema della disinformazione (come primo passo, le piattaforme online dovrebbero mettere a punto e applicare un codice comune di buone pratiche con l’obiettivo di garantire trasparenza circa i contenuti sponsorizzati, in particolare per quanto riguarda i messaggi pubblicitari di natura politica, restringere il numero di possibili bersagli di propaganda politica e ridurre il profitto dei vettori di disinformazione); fare maggiore chiarezza in merito al funzionamento degli algoritmi e consentire verifiche da parte di terzi; agevolare la scoperta e l’accesso da parte degli utenti di fonti di informazione diverse, che sostengano differenti punti di vista; applicare misure per identificare e chiudere gli account falsi e per affrontare il problema dei bot automatici; fare in modo che i verificatori di fatti, i ricercatori e le autorità pubbliche possano monitorare costantemente la disinformazione online ovvero creare una rete europea indipendente di verificatori di fatti (fact-checkers): i verificatori saranno scelti tra i membri dell’Unione facenti parte della rete internazionale dei verificatori di fatti (International Fact Checking Network), che segue un rigido codice etico.

Inoltre, bisognerebbe creare una piattaforma online europea sicura contro la disinformazione che supporti la rete dei verificatori di fatti e i ricercatori del mondo accademico raccogliendo e analizzando dati a livello transfrontaliero, nonché dando loro accesso a dati riguardanti l’intera Unione europea; promuovere l’alfabetizzazione mediatica perché tramite essa si potranno aiutare gli europei a riconoscere la disinformazione online e ad accostarsi con occhio critico ai contenuti online.

In ambito scolastico e della formazione, la Commissione inviterà verificatori di fatti e organizzazioni della società civile a fornire materiale didattico a scuole e insegnanti e ad organizzare una settimana europea dell’alfabetizzazione mediatica.

La Commissione inciterà gli Stati membri ad aumentare il loro sostegno al giornalismo di qualità, per un ambiente mediatico pluralistico, vario e sostenibile promuovendo sistemi di identificazione online per migliorare la tracciabilità e l’identificazione dei fornitori di informazioni e promuovere maggiore fiducia e affidabilità delle interazioni online e dell’informazione stessa e delle sue fonti dando supporto e sostegno all’informazione diversificata e di qualità.

 

 

[1] Si veda Bagnell Bury, A History of Freedom of Thought, Oxford University Press, Oxford, 1913, trad. it. Storia della libertà di pensiero, Feltrinelli, Milano, 1962.

[2] Per una disamina sull’evoluzione storica dei diritti umani si veda Oestreich, Geschichte der Menschenrechte und Grundfreiheiten im Umriß, Duncker & Humblot, Berlin, 1978, trad. it. Storia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, Laterza, Roma – Bari, 2001.

[3] In tema Finocchiaro G., Riflessioni su diritto e tecnica, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2012, p. 831 ss.

[4] Spadaro, “Seconda life”: il desiderio di una “altra vita”, in La civiltà cattolica, 2007, p. 266 ss.

[5] Cipolla, La rivoluzione industriale, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, Torino, Utet, 1973, p. 11 ss.

[6] In ossequio al generale principio riassunto nel brocardo “Ubi homo, ibi societas. Ubi societas, ibi ius. Ergo ubi homo, ibi ius”.

[7] Orfino, La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei diritti. Il dinamismo dei diritti in una società in continua trasformazione, Torino, Giappichelli, 2014, p. 10.

[8] Costanzo, Le nuove forme di comunicazione in rete: internet, in Riv. Inf. e Dir., 2, 1997, p. 21 ss.

[9] Costanzo, Internet (diritto pubblico), in Dig. Disc. pubbl., Appendice, 2000, p. 347 ss.

[10] Trai diversi Frosini, Il diritto costituzionale di accesso ad Internet, in Pietrangelo (a cura di), Il diritto di accesso ad Internet, Napoli, Esi, 2011, p. 23 ss. Meno dibattuta, sebbene presente nello studio giuridico, la questione del diritto alla disponibilità di un device idoneo a garantire il collegamento alla rete. In tal senso si veda Pizzetti, Il progetto “pc ai giovani” nel quadro della promozione dell’eguaglianza digitale da parte dello Stato e delle Regioni, in De Marco (a cura di), Accesso alla rete ed eguaglianza digitale, Milano, Giuffrè, 2008, p. 37 ss.

[11] Ex multis Cardone, Oetheimer, Art. 10, in Bartole, De Sena, Zagrebelsky V. (a cura di), Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Padova, Cedam, 2012, p. 397 ss.; Zaccaria, La libertà di espressione e la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in www.robertozaccaria.it, 2009. L’articolo così recita «Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario».

[12] La qual cosa delinea il principio di universalità, sebbene mitigato dall’art. 16 CEDU il quale riconosce il potere dello Stato di limitare l’attività politica degli stranieri. Duràn Alba, La restricciòn de los derechos politicos de los extranjeros segùn el artìculo 16 CEDH, in Garcìa Roca, Santolaya Machetti (a cura di), La Europa de los derechos: el convenio europeo de derechos humanos, Centro de estudio polìticos y constitucionales, Madrid, 2009, p. 785 ss.

[13] Per opinione si intende l’espressione del proprio pensiero circa un fatto, un’idea, un’altra persona. Così Orfino, La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei diritti, cit., p. 43 – 44.

[14] Con “informazione” si intende l’atto di comunicare e diffondere qualcosa con l’intenzione di portare un fatto, un’idea o un giudizio all’attenzione altrui. Ibidem.

[15] Barile, Libertà di manifestazione del pensiero, Milano, Giuffrè, 1975, p. 9 – 10. Nella giurisprudenza della Corte EDU si veda sent. 26 nov. 1991, Observed guardian vs United Kingdom e sent. 8 lug. 1998, Surek vs. Turkey, in www.echr.coe.int.

[16] Si veda Alvazzi Del Frate, Il costituzionalismo moderno. Appunti e fonti di storia del diritto pubblico, Torino, Giappichelli, 2007.

[17] Quali la «sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario».

[18] Bustos Gisbert, The right of freedom of expression in a democratic society (art. 10 ECHR), in Garcìa Roca, Santolaya (a cura di), Europe of Rights: A compendium on the European Convention of Human Rights, Koninklijke, Leiden, 2012, p. 371 ss.

[19] V. a esempio Corte EDU, sent. 17 dicembre 2004, Cumpana Mazare vs Romania, in www.echr.coe.int.

[20] Orfino, La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei diritti, cit., p. 51.

[21] In tema Renna, Studi sui principi di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2009, p. 389 ss.

[22] Cartabia, L’ora dei diritti fondamentali in Europa, in Cartabia (a cura di), I diritti in azione, Ilmulino, Bologna, Zanichelli, 2004, p. 13 ss.

[23] Sul punto Orfino, La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei diritti, cit., p. 35 ss., il quale ricostruisce la matrice della norma a p. 87 – 88.

[24] Eriksson, Article 7. Respect for private for private and family life, in AA.VV., Commentary of the Charter of Fundamental Rights of the Europea Union, june, 2006, p. 78 ss.

[25] Groppi, Articolo 52. Portata dei diritti garantiti, in Bifulco, Cartabia, Celotto (a cura di), L’Europa dei diritti, Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Bologna, Ilmulino, 2001, p. 351 ss.

[26] CGUE, sent. 6 nov. 2003, C. 101/01, Lindqvist, in Racc., 2003, I – 12971; CGUE, sent. 24 novembre 2011, C. 70/10, Scarlet Extended SA c. Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM), in Racc., 2011, I – 11959; CGUE, sent. 12 marzo 2012, C 360/10, Belgische Vereniging van auteurs, componisten enuitgevers (SABAM) c. Netlog NV, e sent. 27 marzo 2014, C 31412, UPC Telekabel Wien GmbH c. Costantin Film Verleich GmbH e Wega Filmproduktionsgesellschaft GmbH.

[27] CGUE, sent. 8 apr. 2014, C 293/12 e C 594/12, Digital rights Ireland e Seitlinger e a.

[28] Sul punto Poli, Bundesverfassungsgericht e Landesverfassungsgerichte: un modello “policentrico” di giustizia costituzionale, Milano, Giuffrè, 2012.

[29] Orfino, La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei diritti, cit., p. 109.

[30] Art. 15 Cost. «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge».

[31] Art. 21 Cost. «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni».

[32] Ex multis Italia, Libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni, Milano, Giuffrè, 1963; Caretti, I diritti fondamentali. Libertà e diritti sociali, Torino, Giappichelli, 2011; Zaccaria, Valastro, Albanesi, Diritto dell’informazione e della comunicazione, Padova, Cedam, 2013.

[33] Art. 19 Cost. «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume».

[34] Art. 33 Cost. «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato».

[35] Grisolia, Voce Arte. a) Profili costituzionali e organizzazione amministrativa, in Enc. dir., vol. III, Milano, 1958, 96 ss.

[36] Orfino, La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei diritti, cit., p. 113.

[37] Paladin, La libertà d’informazione, Torino, Utet, 1979; Bognetti, Libertà d’espressione nella giurisprudenza nordamericana. Contributo allo studio dei processi dell’interpretazione giuridica, Milano, Giuffrè, 1958.

[38] Barile, Chieti, Corrispondenza (Libertà di), in Enc. dir., vol. X Milano, Giuffrè, 1962, 743 ss.

[39] Cheli, Libertà d’informazione e pluralismo informativo negli indirizzi della giurisprudenza costituzionale, in Pisaneschi, Violini (a cura di), Poteri, garanzie e diritti a sessanta anni dalla Costituzione. Scritti per Giovanni Grottanelli de’ Santi, Milano, Giuffrè, 2007, vol. I, 1405 ss.

[40] Occhiocupo, Liberazione e promozione umana nella Costituzione. Unità di valori nella pluralità di posizioni, Milano, Giuffrè, 1984.

[41] Esposito, La libertà di manifestazione del pensiero nell’ordinamento italiano, Milano, Giuffrè, 1958.

[42] Console, I lavori preparatori dell’Assemblea Costituente in tema di stampa periodica, in Barile, Cheli (a cura di), La stampa quotidiana tra crisi e riforma, Bologna, Ilmulino, 1976.

[43] Orfino, La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei diritti, cit., p. 121.

[44] Orfino, La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei diritti, cit., p. 126.

[45] Valastro, Libertà di comunicazione e nuove tecnologie. Inquadramento costituzionale e prospettive di tutela delle nuove forme di comunicazione interpersonale, Milano, Giuffrè, 2001. Si v. inoltre Corte cost., sent. n. 81 del 1993, in Giur. cost., 1993, 731 ss., con nota di Pace, Nuove frontiere della libertà di comunicazione riservatamente (o piuttosto del diritto alla riservatezza), 742 ss. « [ … ] la stretta attinenza della libertà e della segretezza della comunicazione al nucleo essenziale dei valori della personalità – attinenza che induce a qualificare il corrispondente diritto “come parte necessaria di quello spazio vitale che circonda la persona e senza il quale questa non può esistere e svilupparsi in armonia con i postulati della dignità umana” (v. sent. n. 366 del 1991) – comporta un particolare vincolo interpretativo, diretto a conferire a quella libertà, per quanto possibile, un significato espansivo».

[46] Così Grisolia, Libertà di manifestazione del pensiero e tutela penale dell’onore e della riservatezza, Padova, Cedam, 1994, p. 46 – 47.

[47] Pollicino, Tutela del diritto d’autore e protezione della libertà d’espressione in chiave comparata, Pizzetti, Il caso del diritto di autore, Torino, Giappichelli, 2013, p. 97 ss.

[48] Tra i sostenitori Nuvolone, Il diritto penale della stampa, Padova, Cedam, 1971.

[49] Si veda Corte cost., sent. n. 84 del 1969, in Giur. cost., 1969, 1175, con nota di Cerri, Libertà di manifestazione del pensiero, propaganda, istigazione ad agire, 1176 ss.

[50] Franceschelli, “Fake news e Social networks: riflessi sul diritto d’autore e concorrenza” in concorrenza.

[51]Origine storica del termine Fake News: “Il termine Fake News è certamente un neologismo, ma il concetto di falsa notizia è tutt’altro che nuovo. Pare infatti che Augusto, primo imperatore di Roma, condusse una vera e propria campagna di disinformazione contro il rivale Marco Antonio, accusato di essere un ubriacone e burattino al soldo di Cleopatra. In balia di tali dicerie e a seguito della notizia (falsa anch’essa) che Cleopatra si fosse suicidata, Marco Antonio si tolse la vita. Grazie a una fake news, Augusto era riuscito a distruggere la Repubblica e ad instaurare l’Impero. Un’altra celebre fake news è passata alla storia come evento dai risvolti seppur fortunatamente non tragici, senza dubbio stravaganti. A seguito di uno sceneggiato radiofonico trasmesso negli Stati Uniti nel 1938 ed interpretato da Orson Welles, dal titolo “La guerra dei mondi”, che narrava di una invasione extraterrestre nel territorio nordamericano, centinaia di cittadini statunitensi si riversarono nelle strade: alcuni impauriti, altri letteralmente a caccia di alieni”.

[52] Ghidini e Massolo, “Fake news: responsabilità, non censura”, il Diritto Industriale, n.4/2017, IPSOA. Si pensi ai giorni nostro alla “notizia”, creduta da quasi il 15% dell’opinione pubblica americana (i cc.dd. “birthers”), della nascita di Obama in Africa, con la conseguenza della sua ineleggibilità alla presidenza degli Stati Uniti; o, per andare più lontano, nel secolo trascorso, a quella responsabilità dei comunisti tedeschi per l’incendio del Reichstag”.

[53] Fake news dalla newsletter del mese di novembre “Guerre di Rete” di Carola Frediani: Singapore applica la legge sulle fake news ed è subito Orwell. “Volete vedere cosa succede quando si ha una legge che interviene sulle cosiddette “fake news” (termine come sappiamo vago, inusabile, fazioso e abusato, in primis dai politici)? Bene, basta guardare Singapore. La legge della città-Stato contro le “fake news” – orwellianamente chiamata Protezione dalle Falsità e Manipolazioni Online (POFMA) – approvata a maggio e entrata in vigore il 2 ottobre è già stata applicata in due casi eclatanti. Il primo: contro un politico di opposizione, Brad Bowyer, che su Facebook aveva fatto un post in cui metteva in discussione l’indipendenza di due aziende di investimento statale rispetto al governo. Lo stesso governo (nemmeno un magistrato) ne ha chiesto la correzione, e Bowyer ha acconsentito. Ora vi voglio riportare testuale la comunicazione ufficiale, perché credo trasmetta un “vibe” che bisogna sentire sulla pelle. “Il ministro delle Finanze ha istruito l’ufficio del POFMA di emettere un Ordine di Correzione al signor Brad Bowyer rispetto al suo post Facebook datato 13 novembre 2019, ore 7.46pm”, recita il comunicato dello stesso ufficio del POFMA. “L’ordine di correzione richiede che il signor Bowyer metta per intero una nota di correzione in cima al suo post Facebook” (ChannelNewsAsia). Tornando al comunicato del ministro, dice anche che “il post del signor Bowyer contiene chiaramente delle affermazioni false su fatti, e mina la fiducia pubblica nel governo”. Bowyer, dicevamo, ha corretto senza particolari opposizioni. Chi pubblica affermazioni considerate false con “intento malevolo” rischia di essere incriminato, una multa salata e fino a 10 anni di prigione. Il secondo caso però è ancora più interessante. Perché l’ordine di correzione è stato emesso contro un post Facebook di una pagina, States Times Review, molto critica verso il governo di Singapore, e tenuta da un cittadino australiano che risiede all’estero. Non solo. Ma poiché costui, il blogger Alex Tan Zhi Xiang, si è rifiutato, le autorità si sono rivolte direttamente a Facebook, applicando la parte più controversa della legge, quella che può obbligare la stessa piattaforma a inserire note di correzione a post dei suoi utenti, pena una multa fino a 365mila dollari, con cifre a salire per ogni giorno che passa di non conformità all’ordine. Non è chiaro, mentre scrivo, che cosa abbia effettivamente fatto Facebook (FT). Potrebbe infatti decidere di appellarsi contro la richiesta, ma prima dovrebbe comunque eseguire l’ordine (SouthChinaMorningPost). Secondo Reuters, la correzione sarebbe stata pubblicata. Ma ancora ieri un post della pagina States Time Review ringraziava Facebook per non aver eseguito l’ordine”.

[54]  “Per questo tipo di notizie si suggerisce il termine, utilizzato in dottrina, di mi-sinformazione o disinformazione accidentale” Suffia G. “Fake News e Disinformazione” in Tecnologia e Diritto, volume III, di Ziccardi G. e Perri P., Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, Milano.

[55] Comunicato Del Ministero Dello Sviluppo Economico 7 marzo 2018 (in G.U. 7 marzo 2018, n. 55). – Approvazione del Contratto Nazionale di Servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai – Radiotelevisione italiana S.p.a. – 2018-2022.

[56] Contratto nazionale di Servizio della Rai “Contrastare la diffusione di fake news e prevedere in proposito: l’istituzione di un osservatorio interno permanente; lo sviluppo di specifici prodotti di natura educativa e didattica; la realizzazione di iniziative di promozione riguardo ai rischi derivanti dalla diffusione di notizie false”.

[57] Legge regionale (Marche) 6 agosto 2018, n. 32 G.U. 9 agosto 2018, n. 70, “Disciplina degli interventi regionali di carattere educativo per la prevenzione ed il contrasto dei fenomeni del bullismo, del cyberbullismo, del sexting e della cyberpedofilia”. In essa si stabilisce di promuovere campagne di educazione contro il fenomeno dei ‘messaggi di odio’ (hatespeech) e delle ‘false notizie’ (fake news).

[58] Declaration by the United Nations Special Rapporteur on Freedom of Opinion and Expression, the Organization for Security and Co-operation in Europe Representative on Freedom of the Media, the Organization of American States (OAS) Special Rap- porteur on Freedom of Expression and the African Commission on Human and Peoples’Rights Special Rapporteur on Freedom of Expression and Access to Information. Geneva/Vienna, 3 March 2017.

[59] La Suprema Corte, con molteplici pronunciamenti, non ritiene sufficiente, di per sé sola la verità di un fatto, ma richiede la pertinenza e la continenza. Si veda, per esempio, Cass. 4 febbraio 2005, n. 2271, che ha deciso che, in relazione alla diffusione a mezzo stampa di notizie, il legittimo esercizio del diritto di cronaca è “condizionato all’esistenza dei seguenti presupposti: la verità oggettiva della notizia pubblicata; l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (c.d. “pertinenza”); la correttezza formale dell’esposizione (c.d. “continenza”).

[60] Cass., Sez. III, 13 marzo 2018, n. 6035. Ivi si legge: “notizie suggestive, inventate, ingannevoli o distorte (quelle che la stessa società ricorrente definisce, nella memoria successivamente depositata, come ‘fake news’).

[61] L’intervento di Matteo Jori, avvocato e professore a contratto di Diritto dei Prodotti Digitali e Comunicazione Digitale presso l’Università degli Studi di Milano si è tenuto nella sala dei Priori dell’Hotel Brufani di Perugia. L’evento dal titolo “Fake news: diritto all’informazione e responsabilità” ha affrontato la spinosa questione della libertà d’espressione online e la possibile diffusione di notizie false.

[62] Il prof. Jori ha dimostrato che pagine come Lercio sono considerate apertamente ironiche, poco manipolatorie e prive di pretese di credibilità.

[63] Disegno di legge n. 2688 Disposizioni per prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica.

[64] Secondo una recente ricerca dell’Eurobarometro, ad un quesito inerente all’affidabilità delle diverse fonti di informazione il 44% degli italiani ha risposto che i social network vengono considerati come fonti non affidabili, riponendo invece fiducia nella televisione (46%), nella radio (48%), ma soprattutto nella carta stampata (50%).

La stessa ricerca rivela poi che il 37% degli italiani ritiene di imbattersi in una fake news ogni giorno (o quasi), ma solo il 14% di essi si ritiene in grado di smascherarne una. Dato interessante, infine, è che 58 italiani su 100 sono consapevoli del fatto che l’esistenza delle fake news metta a repentaglio le nostre democrazie e, interrogati su chi debba essere incaricato di vigilare sulla diffusione di false notizie in rete (e non), i nostri concittadini hanno risposto che tale compito spetterebbe alle autorità dello Stato, coadiuvate da rappresentanti dei media e giornalisti. Solo una minoranza affiderebbe la vigilanza sulla disinformazione ai social network ed alle istituzioni europee.

[65] Cfr. https://www.lastampa.it/esteri/2017/03/16/news/germania-contro-le-fake-news-e-l-odio-in-rete-multe-fino-a-50-milioni-di-euro-1.34635208.

[66] Codice di Condotta sottoscritto dalla Commissione Europea ed i più grandi OTT operanti sul mercato https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/code-practice-disinformation.

La proposta di legge prevede che i social network attivino una procedura per la segnalazione dei contenuti illegali che sia “prontamente identificabile, accessibile e sempre disponibile”. Impone inoltre una stretta sui tempi di verifica, che devono avvenire il più rapidamente possibile. Le piattaforme dovranno inoltre cancellare post, immagini e video che violano la legge in maniera palese entro 24 ore, informando sempre in maniera trasparente gli autori delle segnalazioni. C’è infine l’obbligo di redigere una relazione pubblica trimestrale che riporti il numero di richieste ricevute, i metodi utilizzati per trattare le segnalazioni e una valutazione sulla professionalità dei team impegnati nella moderazione dei contenuti.

[67] Per contrastare la disinformazione online la Commissione europea da un paio di anni si avvale della consulenza di un gruppo di esperti di alto livello, che il 12 marzo 2019 scorso ha presentato un approfondito e documentato rapporto sul dilagante fenomeno delle notizie false e della disinformazione in Internet e sulle sue implicazioni sociali e politiche.

La Commissione europea ha fatto propria la definizione di disinformazione con cui “si intende un’informazione rivelatasi falsa o fuorviante concepita, presentata e diffusa a scopo di lucro o per ingannare intenzionalmente il pubblico, e che può arrecare un pregiudizio pubblico. Il pregiudizio pubblico include minacce ai processi politici democratici e di elaborazione delle politiche e a beni pubblici quali la tutela della salute dei cittadini, dell’ambiente e della sicurezza dell’UE. La disinformazione non include gli errori di segnalazione, la satira e la parodia, o notizie e commenti chiaramente identificabili come di parte.”

[68] Da qualche anno ormai, le maggiori piattaforme social offrono la possibilità direttamente ai propri utenti di segnalare i contenuti ritenuti falsi, inaccurati o ingannevoli, ed eventualmente oscurare quelli ad alta densità di segnalazioni. Alla fine dello scorso anno, Facebook aveva lanciato un nuovo strumento per valutare l’attendibilità dei propri utenti. Una sorta di reputational score: ogniqualvolta un utente segnali come fake una notizia che si rivela, in seguito, effettivamente falsa, guadagna un punteggio e non solo il social network da quel momento in poi lo considererà come utente più affidabile di utenti le cui segnalazioni si sono poi invece rivelate errate.

[69] Cfr. https://www.stradeonline.it/diritto-e-liberta/3813-fake-news-e-disinformazione-online fenomeno-e-rimedi “Secondo sono due le principali ragioni per le quali una percentuale tanto bassa di utenti si ritiene in grado di smascherare una fake news. La prima: l’assenza di una strategia politica chiara di istruzione e formazione dell’utenza tanto all’utilizzo dei mezzi quanto alla gestione dei contenuti dei quali fruiamo ogni giorno. Quasi tutti, oggi, hanno accesso a device tecnologici caratterizzati da enormi potenzialità, ma anche da enormi rischi. Diffondere una fake news o finire vittime di una bufala, sono solo la punta dell’iceberg delle conseguenze a cui giornalmente ci esponiamo mediante l’utilizzo dei nostri dispositivi (specialmente mobili). Riforme, sia a livello europeo che nazionale, che promuovano azioni educative nelle scuole di ogni grado, e diffondano campagne di condivisione responsabile dei contenuti online non sono più qualcosa che possiamo permetterci di rinviare a domani.

La seconda: un recente articolo del The Guardian sottolinea come ormai, al giorno d’oggi, a causa di vari fattori quali la quantità di contenuti a cui abbiamo accesso, la loro facile reperibilità e la fruizione su schermo invece che su carta stampata, tendiamo a non leggere più un testo. Lo scremiamo. Una volta identificate le parole chiave, scannerizziamo in fretta, in cerca del messaggio principale, e lasciamo perdere il resto. Con la testa già al prossimo testo da scremare. I rischi di questo approccio sono diversi, e variano dalla mancanza di approccio critico e comprensione di ciò che si legge, alla carenza di empatia nei confronti di ciò che si legge. Tanto l’uno quanto l’altro fattore, producono il risultato che quando ci troviamo di fronte a una notizia falsa non la riconosciamo. O meglio, non abbiamo il tempo di riconoscerla”.

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