venerdì, Aprile 19, 2024
Labourdì

Licenziamenti illegittimi – la nuova disciplina indennitaria

 

Dallo scorso 14 luglio licenziare senza un’adeguata motivazione risulta più caro. Con l’approvazione del d.lgs. del 12 luglio 2018 n.87 è stata rafforzata la misura dell’indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo, con riferimento ai lavoratori rientranti nell’ambito di applicazione dei nuovi contratti a tutele crescenti (per una riflessione d’insieme sul contratto di lavoro subordinato alla luce delle recenti riforme si rimanda qui).Tale evoluzione normativa ha quale ambito soggettivo di applicazione i lavoratori assunti successivamente al 6 Marzo 2017, data di entrata in vigore del cd. Jobs Act. La disposizione appena richiamata stabiliva che in caso d’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto e condanna il datore al pagamento di un’indennità non soggetta a contribuzione previdenziale pari a due mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità. Ma l’ art 3 del d.lgs. 23/2015 è stato modificato dal cd. “Decreto dignità” nella sua parte finale prevedendo un rialzo dell’indennità avente natura anche risarcitoria, oltre che satisfattiva e sanzionatoria. In sostanza, l’indennità minima passa da 4 a 6 mensilità e l’indennità massima da 24 a 36 mensilità. Ecco ciò che sancisce l’art.3 riformato dal “Decreto dignità”:

Art. 3 “Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa”: “Salvo quanto disposto dal comma 2 (che riguarda l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore), nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non soggetta a contribuzione previdenziale di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a 36 mensilità”.

Per i datori di lavoro che non superano il requisito dimensionale dei 15 dipendenti (o cinque per l’impresa agricola)l’indennità  da corrispondere aumenta da 2 a 3 mensilità, fermo restano il limite massimo di 6.  Il recente “Decreto dignità” ha ritoccato quindi il quantum degli indennizzi, lasciando inalterato il meccanismo di determinazione dell’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato che risulta ancora legato all’anzianità di servizio. A tal proposito la Corte Costituzionale, con una comunicazione dello scorso 26 settembre 2018 e sulla base di una questione di legittimità costituzionale avanzata nel giugno del 2017,  ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.3 del d.lgs 23/2015 nella parte (non modificata dal decreto legge 81/2018) in cui è prevista la corresponsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio, stabilendo come tale disciplina sia contraria ai principi di ragionevolezza e uguaglianza e contrasti con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli artt. 4 e 35 della Costituzione. Tutte le altre questioni relative ai licenziamenti sono state dichiarate inammissibili o infondate. La questione presso la Corte Costituzionale era stata sollevata dalla sezione lavoro del Tribunale di Roma, in quanto il contrasto costituzionale non veniva ravvisato nell’eliminazione della reintegra (salvo i casi in cui essa è prevista) in favore della monetizzazione del risarcimento, quanto in ragione della disciplina concreta dell’indennità risarcitoria destinata a sostituire il risarcimento in forma specifica.

Anche la cd “offerta conciliativa” risulta modificata in quanto la legge di conversione del decreto (L.96/2018) ha previsto, a decorrere dal 13 agosto 2018, l’aumento dell’indennità relativa all’offerta conciliativa in caso di declaratoria giudiziale di illegittimità di un licenziamento: in questo caso la somma da offrire al lavoratore sale da un minimo di 3 ad un massimo di 27 mensilità. In realtà, l’offerta di conciliazione è una procedura stragiudiziale introdotta dallo Jobs Act che permette al datore di lavoro la rottura del contratto dietro pagamento di una somma al lavoratore. L’accettazione dell’assegno circolare comporta l’estinzione del rapporto di lavoro e la rinuncia all’impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta. Resta fermo che qualora il datore non superi il requisito dimensionale di 15 dipendenti, la misura dell’indennità è dimezzata e non può superare il limite di 6 mensilità. Tuttavia, restano immutati i casi in cui il lavoratore licenziato per giustificato motivo o giusta causa, dimostri in giudizio l’insussistenza del fatto contestato dal datore di lavoro e abbia diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro.

Qui è possibile visionare il comunicato ufficiale emanato dalla Corte Costituzionale

FONTI

1-  D.lgs 12 Luglio 2018, n.87- “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese.”

 2- D.lgs 4 Marzo 2015, n.23- “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in attuazione della L. 10 Dicembre 2014, n.183″.

3-  E.Ghera, A.Garilli, D.Garofalo, Diritto del lavoro, seconda edizione.

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