venerdì, Marzo 29, 2024
Labourdì

E’ giusto licenziare il dipendente che utilizza il cellulare sul posto di lavoro?

Viviamo nell’epoca cosiddetta 2.0 in cui la tecnologia è un punto di riferimento imprescindibile della nostra quotidianità, in qualunque ambito in cui si sviluppa la vita di ogni singolo individuo.
Dal personal computer allo smartphone, è sempre più pregnante la presenza di tali supporti tecnologicamente avanzati al fine di espletare buona parte delle nostre attività e ciò accade, per quel che ci interessa, anche in campo lavorativo.

La diffusione dilagante, in particolare, del telefono cellulare ha avuto dei risvolti interessanti anche in ambito giuridico.
La giurisprudenza recente è stata interessata dalla tematica peculiare che concerne proprio l’utilizzo del telefono da parte del dipendente durante l’attività lavorativa.

Nell’ambito della questione affrontata occorre però fare una distinzione primaria fra l’uso del telefono per fini privati e l’uso del telefono per motivi lavorativi.
E’ chiaro, infatti, che in questa seconda evenienza ci si trova nei limiti di una condotta che costituisce esercizio dell’attività lavorativa stessa.

Più complessa appare, invece, l’altra ipotesi di uso del cellulare per effettuare chiamate personali o per navigare su internet o utilizzare social network, insomma per assecondare fini personali.
La problematicità della questione emerge dal momento che, se da un lato il lavoratore tiene una condotta che certamente rileva sotto un profilo disciplinare e di rendimento sul posto di lavoro, dall’altro si pongono problemi in termini di legittimità circa controllo del lavoratore e privacy dello stesso.

In materia di controllo a distanza dei lavoratori, l’art. 4 Stat. Lav., così come modificato dal d.lgs n°151/2015, afferma che è fatto divieto al datore di utilizzare qualsiasi tipo di dispositivo per effettuare un controllo del lavoratore.
Tuttavia, tale divieto è eccepibile ove l’esigenza di controllo sia giustificata da ragioni di natura organizzativa o, ed è questo il profilo che interessa, di natura produttiva. (per una disamina più approfondita di tale aspetto si rimanda qui https://www.iusinitinere.it/controllo-distanza-del-lavoratore-privacy-5678)

Di recente la Cassazione si è espressa su tale tematica confermando che l’uso degli strumenti di controllo debba essere ritenuto legittimo ove sia rivolto alla tutela “dei beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti”.
Tenendo presenti i limiti previsti dalla su citata norma, paiono più chiari i confini entro i quali può ritenersi legittimo il controllo operato dal datore sul dipendente che fa uso del telefono durante l’attività lavorativa.

Secondo una pronuncia della Cassazione del 2012, il divieto posto dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori non osta al datore che, al finche di dimostrare la realizzazione dell’illecito da parte del dipendente, voglia utilizzare le risultanze di registrazioni o tabulati telefonici, assunti presso soggetti terzi.
Gli elementi così ottenuti possono, infatti, essere legittimamente adoperati in ambito processuale allo scopo di provare l’inadempimento da parte del lavoratore.

Ancora, secondo altra pronuncia della Suprema Corte, integra la nozione di giusta causa di licenziamento l’utilizzo reiterato da parte del dipendente del telefono aziendale per scopi personali.

La prassi giurisprudenziale è ricca di casi simili e manifesta sul punto una concordanza di opinioni.
E’ possibile dedurre che uso e l’abuso del telefono durante l’attività lavorativa è considerato prima di tutto una violazione dell’obbligo di fedeltà e del rapporto fiduciario sussistente tra datore e lavoratore, nonché può integrare un vero e proprio fatto illecito sub specie di inadempimento.
Pertanto emerge che, secondo quella che può pacificamente dirsi l’opinione prevalente in giurisprudenza, è da ritenersi legittimo il licenziamento intimato dal datore ove giustificato da una tale condotta del dipendente.

 

Fonti

1-  D.lgs n. 151/2015

2 – L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori)

3 – Cass. Civ., IV sez. civ., sent. n. 10955/2015

4 – Cass. Civ., Sez. Lavoro, decisione n. 16622/2012

5 – Cass. Civ., Sez. Lavoro, sent. n. 5371/2012

Dott.ssa Marilù Minadeo

Nata a Napoli, il 26/07/1991. Nel marzo del 2016 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l' Università Federico II di Napoli. Ha intrapreso il percorso di preparazione al concorso in magistratura, frequentando un corso di formazione privato presso un magistrato. Inoltre, sta perfezionando la formazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali di Napoli ed è praticante avvocato.

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