L’inalienabilità dei beni culturali: procedimento di espropriazione e potere d’inibizione
L’alienabilità dei beni culturali è stata espressamente esclusa dal legislatore. Egli ha fatto riferimento sia a quelli demaniali costituiti dagli immobili e dalle aree di interesse archeologico, sia agli immobili riconosciuti monumenti nazionali con atti aventi forza di legge. La stessa norma del Codice dei Beni Culturali (art. 54, comma 1)[1] ha inoltre previsto l’inalienabilità delle cose immobili e mobili risalenti ad oltre un cinquantennio sino a quando non sia intervenuta la loro sdemanializzazione, nonché delle cose immobili appartenenti ai soggetti di cui all’art. 53[2] dichiarate di interesse particolarmente importante quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive e religiose.
L’appartenenza al demanio culturale di beni immobili non inclusi nell’elenco dell’art. 54 del Codice, comporta che essi non possono comunque essere alienati senza la preventiva autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.
La norma regola altresì il rilascio dell’autorizzazione di cui sopra, stabilendo la necessaria osservanza delle condizioni che prevede: nello specifico, è stabilito che l’alienazione deve assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni e comunque non ne deve pregiudicare il pubblico godimento. Nel provvedimento di autorizzazione devono essere indicate d’uso compatibili con il carattere storico ed artistico degli immobili e tali da non recare danno alla loro conservazione.
Di particolare rilievo è anche il procedimento di espropriazione dei beni culturali. Il Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell’art. 95[3] del Codice dei beni culturali e paesaggistici, ha facoltà di provvedere all’espropriazione per pubblica utilità dei beni culturali immobili, qualora l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi. L’attività espropriativa può essere delegata dal Ministero alle Regioni nonché agli enti pubblici territoriali; in tali ipotesi la dichiarazione di pubblica utilità precede la rimessione degli atti al soggetto che dovrà proseguire la procedura di espropriazione del bene.
La norma fa riferimento ad una specifica ipotesi di espropriazione strumentale, finalizzata al miglior godimento di un bene. In particolare è stato stabilito che l’espropriazione strumentale è consentita quando ciò sia necessario per isolare o restaurare monumenti, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l’accesso ex art. 96[4], comma 2 del Codice dei Beni Culturali e paesaggistici. La pubblica utilità è dichiarata con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali, ovvero dalle regioni nei casi specificamente previsti. L’indennità di espropriazione consisterà, come previsto dall’art. 99[5], nel giusto prezzo che il bene avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita all’interno dello Stato.
Infine, l’art. 150[6] dello stesso Codice dispone che l’Autorità predisposta ha la facoltà d’inibire l’esecuzione di lavori senza autorizzazione o comunque capaci di pregiudicare il bene ovvero di ordinare, anche in difetto di preventiva diffida, la sospensione di lavori eventualmente in corso.
Il provvedimento di cui supra cessa di avere efficacia qualora nel termine di novanta giorni difetti la pubblicazione nell’albo pretorio della proposta dichiarazione di notevole interesse pubblico da parte della Commissione o dell’apposito Organo Ministeriale, difettando altresì la comunicazione di avvio del procedimento agli interessati.
Il provvedimento relativo ai lavori per i quali la pianificazione paesaggistica prevede interventi di recupero o riqualificazione perde efficacia qualora entro il termine di novanta giorni la Regione non abbia comunicato agli interessati le prescrizioni cui attenersi nell’esecuzione dei lavori al fine di non compromettere l’attuazione della pianificazione.
[1] Art. 54 comma 1 del D. Lgs. n. 42 del 2004:
“1. Sono inalienabili i beni del demanio culturale di seguito indicati:
- a) gli immobili e le aree di interesse archeologico;
- b) gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all’epoca vigente;
- c) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e biblioteche;
- d) gli archivi.
d-bis) gli immobili dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi dell’articolo 10, comma 3, lettera d);
d-ter) le cose mobili che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni, se incluse in raccolte appartenenti ai soggetti di cui all’articolo 53.
- Sono altresì inalienabili:
- a) le cose appartenenti ai soggetti indicati all’articolo 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, fino alla conclusione del procedimento di verifica previsto dall’articolo
Se il procedimento si conclude con esito negativo, le cose medesime sono liberamente alienabili, ai fini del presente codice, ai sensi dell’articolo 12, commi 4, 5 e 6 ;
- b) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 26 MARZO 2008 N. 62;
- c) i singoli documenti appartenenti ai soggetti di cui all’articolo 53, nonché gli archivi e i singoli documenti di enti ed istituti pubblici diversi da quelli indicati al medesimo articolo 53;
- d) LETTERA SOPPRESSA DAL D.LGS. 26 MARZO 2008 N. 62.
- I beni e le cose di cui ai commi 1 e 2 possono essere oggetto di trasferimento tra lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali. Qualora si tratti di beni o cose non in consegna al Ministero, del trasferimento e’ data preventiva comunicazione al Ministero medesimo per le finalità di cui agli articoli 18 e 19.
- I beni e le cose indicati ai commi 1 e 2 possono essere utilizzati esclusivamente secondo le modalità e per i fini previsti dal Titolo II della presente Parte.”
[2] Art. 53 D. Lgs. n. 42 del 2004:
“1. I beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali che rientrino nelle tipologie indicate all’articolo 822 del codice civile costituiscono il demanio culturale.
- I beni del demanio culturale non possono essere alienati, ne’ formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei limiti e con le modalità previsti dal presente codice.”
[3] Art. 95 D. Lgs. n. 42 del 2004:
“ 1. I beni culturali immobili e mobili possono essere espropriati dal Ministero per causa di pubblica utilità, quando l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi.
- Il Ministero può autorizzare, a richiesta, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico ad effettuare l’espropriazione di cui al comma 1. In tal caso dichiara la pubblica utilità ai fini dell’esproprio e rimette gli atti all’ente interessato per la prosecuzione del procedimento.
- Il Ministero può anche disporre l’espropriazione a favore di persone giuridiche private senza fine di lucro, curando direttamente il relativo procedimento.”
[4] Art. 96 D. Lgs. n. 42 del 2004:
“1. Possono essere espropriati per causa di pubblica utilità edifici ed aree quando ciò sia necessario per isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l’accesso.”
[5] Art. 99 D. Lgs. n. 42 del 2004:
“1. Nel caso di espropriazione previsto dall’articolo 95 l’indennità consiste nel giusto prezzo che il bene avrebbe in una libera contrattazione di compravendita all’interno dello Stato.
- Il pagamento dell’indennità e’ effettuato secondo le modalità stabilite dalle disposizioni generali in materia di espropriazione per pubblica utilità.”
[6] Art. 150 D. Lgs. n. 42 del 2004:
“ 1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’articolo 139, comma 3 , la regione o il Ministero hanno facoltà di:
- a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio;
- b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.
- L’inibizione o sospensione dei lavori disposta ai sensi del comma 1 cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 138 o all’articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’articolo 139, comma 3.
- [COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2008, N.63].
- I provvedimenti indicati ai commi precedenti sono comunicati anche al comune interessato.”