sabato, Aprile 20, 2024
Criminal & Compliance

L’indisponibilità del bene vita? Istigazione o aiuto al suicidio

istigazione al suicidio art. 580 c.p.

Nell’ ordinamento giuridico Italiano il suicidio non costituisce reato per due ragioni. In primo luogo, per l’inefficacia che avrebbe la pena, in secondo luogo per ragioni di opportunità, non cagionando il suicidio alcuna lesione se non all’autore. Oggi la vita viene concepita come diritto soggettivo individuale, ma non era così durante il regime fascista, nel quale la vita dell’uomo era considerata una sorta di dovere più che un diritto e l’uomo era soltanto un meccanismo del sistema produttivo dal quale lo Stato avrebbe potuto trarre vantaggio.

Il suicidio non è punito neppure nella forma del tentativo, poiché il bene vita, in quanto indisponibile[1], non può essere imposto coattivamente; al contrario sono punite alcune condotte poste in essere da chi ne agevoli la realizzazione.

Il Codice Penale al primo comma dell’art. 580, intitolato “Istigazione o aiuto al suicidio” prevede:

“Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.”

Secondo autorevole e prevalente dottrina, l’art. 580 c.p. disegna una fattispecie monosoggettiva e configura un reato a forma libera: esso può essere compiuto con qualsivoglia comportamento diretto al raggiungimento dello scopo prefissato dall’agente. Inoltre, in ragione della classificazione dell’istigazione al suicidio come reato comune, il soggetto attivo può essere chiunque.

Quali sono gli elementi del reato?

Innanzitutto la cd. condotta di partecipazione all’altrui suicidio, una partecipazione che può essere di due diverse tipologie: psichica (o morale), ossia diretta a determinare o rafforzare l’altrui proposito suicidario, oppure materiale (o fisica), diretta ad agevolarne l’esecuzione, collaborando in modo in attivo od omissivo alla sua realizzazione (per esempio fornendo un mezzo diretto ad eseguire il suicidio come il veleno).

Un altro elemento necessario è la presenza di un nesso di causalità tra l’evento e la partecipazione: deve necessariamente sussistere un contributo concreto ed effettivo rispetto alla realizzazione del suicidio, che sarà accertato di volta in volta.

È necessario, inoltre, che il suicidio si verifichi effettivamente oppure che si realizzi almeno un’ipotesi di tentativo, con conseguenti lesioni gravi o gravissime. Infatti, in assenza di lesioni gravi o gravissime, si ritiene che il fatto non sia penalmente rilevante e perciò non punibile.

In fine, la Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. I, 01/02/2007, n. 3924) ha ritenuto che l’elemento soggettivo sia configurabile come dolo generico (ossia la mera coscienza e volontà di realizzare la condotta), mentre la dottrina sul punto è divisa: alcuni indicano il dolo generico, altri il dolo specifico sul presupposto che sia necessaria la volontà di realizzare il suicidio altrui.

Il secondo comma dell’articolo prevede invece un aggravio di pena se la persona istigata o eccitata o aiutata sia minore degli anni diciotto, ma maggiore degli anni quattordici, oppure sia persona inferma di mente, in condizioni di deficienza psichica, affetta da altra infermità o che abbia abusato di sostanze alcooliche o stupefacenti: si tratta di un’aggravante speciale ad effetto comune.

La giurisprudenza si è espressa plurime volte su alcuni profili problematici della fattispecie, in particolare sul rafforzamento dell’altrui proposito, ridefinendone i caratteri e sul discrimine esistente tra il reato di istigazione o aiuto al suicidio e quello di omicidio del consenziente.

  • In primis, sul tema del rafforzamento, nel 2007, la Suprema Corte (Cass. n. 3924/2007) ha statuito che per esserci “rafforzamento dell’altrui proposito” ai sensi dell’art. 580 c.p., sia necessaria la consapevolezza dell’obiettiva serietà del proposito suicidario, posseduta dall’istigatore. In quel caso specifico era stata esclusa l’applicazione del reato nei confronti di un giovane che aveva incoraggiato verbalmente la fidanzata a gettarsi dal balcone durante un litigio, proposito poi concretamente realizzatosi, proprio poiché il giovane aveva agito nella convinzione della non realizzazione dell’evento.
  • Nel 2010 poi, La Corte (Cass., sez. V, 15 giugno 2010, n.22782), ai fini dell’esistenza di un rafforzamento, ha ritenuto necessaria la dimostrazione, di volta in volta, della compresenza di due elementi: l’oggettivo contributo all’azione del suicidio e la prefigurazione dell’evento come dipendente dalla propria condotta.
  • Rispetto alla questione sul discrimine tra il reato di omicidio del consenziente e quello di istigazione o aiuto al suicidio, è un dato normativamente indicato che solo e tassativamente il suicida possa porre in essere il suicidio, pur se aiutato da un altro soggetto, altrimenti la fattispecie di riferimento sarebbe l’art. 579 c.p., “Omicidio del consenziente”. A sua volta, la giurisprudenza (Cassazione penale sez. I  06 febbraio 1998 n. 3147) ha individuato il confine tra le due fattispecie nel modo in cui viene ad atteggiarsi la condotta e la volontà della vittima in rapporto alla condotta dell’agente: “si avrà omicidio del consenziente nel caso in cui chi provoca la morte si sostituisca in pratica all’aspirante suicida, pur se con il consenso di questi, assumendone in proprio l’iniziativa, oltre che sul piano della causazione materiale, anche su quello della generica determinazione volitiva; mentre si avrà istigazione o agevolazione al suicidio tutte le volte in cui la vittima abbia conservato il dominio della propria azione, nonostante la presenza di una condotta estranea di determinazione o di aiuto alla realizzazione del suo proposito, e lo abbia realizzato, anche materialmente, di mano propria”[2].

In conclusione, anche se Il suicidio più precisamente il tentativo di suicidio non è punibile, le disposizioni del Codice Penale (art. 579, omicidio del consenziente, art.580 istigazione o aiuto al suicidio e art. 593 omissione di soccorso che si applica anche in caso di tentato suicidio) riconfermano l’indisponibilità del bene della vita e sottolineano il principio per cui nel nostro ordinamento la vita è in ogni caso tutelata anche contro la volontà dell’individuo.

Tuttavia, alla luce dei progressi della medicina e della laicizzazione del diritto penale, dibattiti come quello sull’ eutanasia lasciano aperta la possibilità di una riforma futura del diritto italiano.

 

[1] Anche i più laici cultori del diritto lo affermano, basti pensare all’ex Presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky il quale riconobbe come il nostro ordinamento giuridico sia ” ispirato, nel suo complesso, al principio di indisponibilità della vita” (Repubblica 19/03/2007)

[2] P. Fava. Giurisprudenza penale, Maggioli Editore, 2008. p. 639

 

Avv. Alessia Di Prisco

Sono Alessia Di Prisco, classe 1993 e vivo in provincia di Napoli. Iscritta all'Albo degli Avvocati di Torre Annunziata, esercito la professione collaborando con uno studio legale napoletano. Dopo la maturità scientifica, nel 2017 mi sono laureata alla facoltà di giurisprudenza presso l'Università degli Studi Federico II di Napoli, redigendo una tesi dal titolo "Il dolo eventuale", con particolare riferimento al caso ThyssenKrupp S.p.A., guidata dal Prof. Vincenzo Maiello. In seguito, ho conseguito il diploma di specializzazione presso una Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali a Roma, con una dissertazione finale in materia di diritto penale, in relazione ai reati informatici. Ho svolto il Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari del Tribunale di Torre Annunziata affiancando il GIP e scrivo da anni per la rubrica di diritto penale di Ius In Itinere. Dello stesso progetto sono stata co-fondatrice e mi sono occupata dell'organizzazione di eventi giuridici per Ius In Itinere su tutto il territorio nazionale.

Un pensiero su “L’indisponibilità del bene vita? Istigazione o aiuto al suicidio

  • Se la vita fosse un bene indisponibile il tentato suicidio sarebbe
    chiaramente un reato. La citazione di Gustavo Zagrebelsky è impropria in
    quanto non esiste alcuna norma costituzionale chiara in merito alla
    indisponibilità della vita. Essa deriva sostanzialmente e precipuamente
    da assunzioni di tipo religioso, non necessariamente di orientamento
    cristiano-cattolico.

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