giovedì, Marzo 28, 2024
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L’inefficacia dell’atto amministrativo nel d.l. Semplificazioni

Sommario: 1. Premesse; 2. L’efficacia nella l. 241/’90; 3. Il rapporto tra inefficacia e invalidità; 4. Conclusioni.

 

1. Premesse.

Il titolo II, capo I, del decreto Semplificazioni è intervenuto su aspetti rilevanti del procedimento amministrativo, tra cui l’articolo 12, che ha aggiunto all’art. 2 della legge 241/’90 il comma 8-bis. Ai sensi di tale previsione la tardività di taluni atti[1] comporta come sanzione l’immediata inefficacia degli stessi, salvo il potere di annullamento d’ufficio in capo all’amministrazione procedente[2]. 

Quest’ultima deve inoltre essere letta in combinato disposto col precedente 4-bis, il quale prevede che “le pubbliche amministrazioni misurano e rendono pubblici i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le  imprese, comparandoli con i termini  previsti  dalla  normativa  vigente”.

La scelta del legislatore di adottare tale categoria trova dunque giustificazione nella volontà di disincentivare l’inerzia degli amministratori nel rispetto dei termini sul procedimento, garantendo soprattutto la piena operatività delle norme che qualificano il silenzio come assenso[3]. Si è infatti tentato di superare la confusione spesso generata dalla convivenza del silenzio assenso e dei provvedimenti autorizzatori o nulla osta, in quanto non di rado il silenzio tende a bloccare il procedimento.

L’indeterminatezza della previsione, che adotta come sanzione una categoria di derivazione, conduce ad ulteriori perplessità di ambito applicativo.

Il presente contributo si propone dunque di operare un approfondimento sul binomio efficacia-inefficacia dell’atto amministrativo, evidenziando le perplessità emergenti dalla norma de qua.

2. L’efficacia nella l. 241/’90.

Non esiste una definizione puntuale del predicato dell’efficacia, il provvedimento amministrativo può dirsi infatti tale quando -una volta concluso il procedimento- lo stesso detiene l’attitudine a produrre effetti e conseguenze giuridiche[4]. 

La legge sul procedimento disciplina l’efficacia-inefficacia agli artt. 21-bis e 21-quater. L’articolo 21-bis stabilisce che “il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso, effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile. Per i provvedimenti recettizi, dunque, l’efficacia è ex nunc; la mancata comunicazione determina l’inefficacia, ma non l’invalidità o l’inesistenza dell’atto. Preme precisare che in quest’ottica solo gli atti cautelari e urgenti acquistano immediata efficacia, senza quindi la previa comunicazione personale e individuale all’interessato. 

L’art. 21-quater dispone invece che:1. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo. 2. L’efficacia ovvero l’esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze. La sospensione non può comunque essere disposta o perdurare oltre i termini per l’esercizio del potere di annullamento di cui all’articolo 21-nonies. (comma così modificato dall’art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)”[5]. In virtù delle sovraesposte considerazioni, risulta inoltre evidente il rapporto di stretta connessione tra tale predicato dell’atto amministrativo col tempo dell’agire pubblico.

Sulla base delle summenzionate norme, si desume che la stessa incontra sia dei limiti  temporali, ma anche territoriali. Con i primi si intendono tutti i casi in cui l’efficacia possa essere differita, sospesa, retroattiva (soprattutto per quanto attiene ai provvedimenti di secondo grado), o -ancora- che abbia effetti istantanei o durevoli. La stessa può essere inoltre subordinata al verificarsi di talune circostanze, o all’emanazione di ulteriori atti[6]. In quest’ultimo caso si parla di inefficacia in “senso stretto” quando essa non derivi da un provvedimento viziato e a cui debba porsi rimedio, ma sia sottoposta a condizione o il provvedimento stesso sia soggetto ad un controllo preventivo di legittimità[7].

Per quanto concerne infine i limiti spaziali di efficacia, l’atto è altresì efficace in virtù dell’ambito di competenza territoriale dell’autorità emanante. Da ciò ne consegue che gli atti emanati dall’autorità centrale spiegano i loro effetti su tutto il territorio, mentre quelli dell’autorità locale sono limitati al territorio di riferimento. Vi è tuttavia una categoria di atti che sfugge a detta regola generale, si pensi ai provvedimenti di abilitazione e autorizzazione, o a tutti gli atti di qualificazione giuridica.

3. Il rapporto tra inefficacia e invalidità.

L’inefficacia è la negazione logica dell’efficacia. L’art. 8-bis prevede l’immediata inefficacia del provvedimento tardivo, senza alcuna menzione al rapporto con eventuali altri vizi di validità dell’atto stesso. Come è noto, il decorso del tempo non incide sulla validità dell’atto, potendo invece il soggetto inciso, che abbia visto lesa la propria sfera di interesse, agire per il risarcimento del danno. Il tempo dell’agire amministrativo è scandito da termini ordinatori, non perentori; il decorso del tempo non consuma dunque il potere, salvo i casi specificamente previsti dalla legge.

Essa come categoria si distingue dall’invalidità dell’atto, che attiene alla conformità dello stesso alle regole dell’ordinamento[8]. Bisogna tuttavia precisare che, se da una parte è una categoria ontologicamente autonoma, dall’altra è altresì di derivazione, in quanto spesso trova come causa i tipici vizi dell’atto amministrativo, di cui -nel caso di specie- il legislatore non fa menzione. 

L’atto è dunque inefficace perché dichiarato nullo o annullabile. L’atto nullo, ai sensi dell’art. 21-septies, è inefficace ab origine e non sanabile. Nel diritto amministrativo la nullità è categoria residuale rispetto a quella dell’annullabilità di cui al successivo 21-octies; il diritto amministrativo ha inteso preservare la certezza del diritto qualificando come generale l’annullabilità dell’atto viziato, anziché la nullità.

Per quanto attiene dunque all’annullabilità, l’inefficacia si pone con essa in un rapporto di alterità, dal momento che l’atto invalido resta efficace decorso il termine di impugnazione del provvedimento senza che lo stesso sia stato impugnato, o quando intervenga la sanatoria dello stesso. 

Alla luce di quanto sostenuto, l’atto può essere, benché perfetto, inefficace, oppure perfetto, ma annullabile. Nel caso di inefficacia per invalidità dell’atto, sia esso nullo o annullabile, si parla di valenza c.d. remediale della stessa, in quanto costituisce la reazione ad un provvedimento invalido.

4. Conclusioni.

Alla luce di tale approfondimento, l’attuale previsione normativa pare presupporre che la tardività dell’atto consumi il potere dell’amministrazione prevedendo l’immediata inefficacia dello stesso una volta decorso il termine. Si tratta, peraltro, di un intervento che incide in maniera rilevante sullo stesso rapporto amministrativo, trasformando l’eccezione in regola[9]. 

Permane tuttavia il problema della qualificazione giuridica dell’atto inefficace. Riconoscere la validità di un provvedimento, ma l’incapacità dello stesso di produrre effetti non sembra rispondere efficientemente ad una logica di semplificazione, né tanto meno di certezza del diritto; anzi, nel concreto appare una misura di ulteriore complicazione. Come è stato sottolineato già da alcuni commentatori, il rischio sotteso alla vigente pressione è quello di vedere circolare nel sistema un atto valido, ma dichiarato inidoneo a produrre effetti giuridici modificativi in modo duraturo[10].

A parere di chi scrive, l’inefficacia così come prevista dal legislatore, proprio per le caratteristiche di immediatezza e durevolezza sembrerebbe dover essere ricondotta al vizio di nullità dell’atto. Ciò consentirebbe infatti di evitare quell’ulteriore complicazione -nonché rallentamento- dell’agire pubblico, che osta coi fini della legge.

Note:

[1] Tale previsione coinvolge infatti quattro specifici ambiti, tra cui: la conferenza dei servizi semplificata e simultanea (artt. 14-bis, comma 2, lettera c) e 14-ter. co. 2), il silenzio tra pubbliche amministrazioni (art. 17-bis co. 1 e 3) e tutti i casi di silenzio assenso (art. 20, co. 1);

[2] “2) dopo il comma 8, è inserito il seguente: “8-bis. Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’articolo 14-ter, comma 7, nonché i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti, di cui all’articolo 19, comma 3 e 6-bis, adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni.”, articolo estratto da www.bosettiegatti.eu;

[3] cfr. DOSSIER SERVIZI STUDI CAMERA E SENATO, 21 luglio 2020, Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, D.L. 76/2020 – A.S. 1883;

[4] cfr. V. CERULLI IRELLI, Lineamenti del diritto amministrativo, Gappichelli Editore, ed. VII^, Torino, 2019, p. 422 e ss.;

[5] testo estratto da www.bosettiegatti.eu;

[6] cfr. E. CASETTA, C. FRACCHIA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè Francis Lefebvre, 2020, cap. VII, par. 16, pp. 566 e ss.;

[7] tesi sostenuta da M. FRATINI, Manuale di Diritto Amministrativo, ed. 2020-2021, Accademia Del Diritto editrice, Roma, agosto 2020, cap. XI, p 691 e s.s.;

[8] sul punto, per la giurisprudenza cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5440, 17 settembre 2018 in cui si afferma che: “I vizi della notifica del provvedimento amministrativo rilevano sull’efficacia dello stesso e non sulla sua validità; in caso di nullità della notificazione il provvedimento è valido, ma non efficace, ovvero non è in grado di produrre effetti nella sfera giuridica del destinatario”; così anche Cassazione civile, sez. I^, 18/03/2016, sentenza n. 5444: “Il provvedimento di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo ha natura strumentale e funzione cautelativa provvisoria, precludendo temporaneamente, e con efficacia “ex nunc”, la possibilità di portare l’atto ad ulteriore esecuzione, ma non fa venir meno l’atto sospeso o la sua validità, nè esercita una funzione ripristinatoria della situazione precedente. Ne deriva che, in quanto privo di carattere decisorio, quel provvedimento non determina alcun pregiudizio per la decisione sul ricorso concernente l’atto sospeso ed è destinato a perdere ogni efficacia a seguito della decisione emessa nel giudizio amministrativo, nella quale resta assorbito e caducato esaurendo la funzione cautelare che lo caratterizza”, testi estratti da www.dejure.it; in dottrina cfr. M. CLARICH, Manuale di diritto Amministrativo, il Mulino, ed. seconda, Bologna, 2015, cap. 4, p. 162-164;

[9] cfr. M. FRATINI, op. cit.;

[10] cfr. M. MACCHIA, L’inefficacia del provvedimento amministrativo e gli oneri regolatori nel decreto legge “Semplificazioni”, in Forum di Quaderni Costituzionali, 3, 2020, 27 agosto, in www.forumcostituzionale.it.;

 

Vittoria Padovani

Attualmente dottoranda di ricerca (PON Ricerca e Innovazione - XXXVII° ciclo) in Diritto amministrativo nell'Università degli Studi di Verona presso il Corso di Dottorato in Scienze Giuridiche Europee ed Internazionali. Si è laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Bologna "Alma Mater Studiorum" nel luglio 2018 con una tesi in Diritto amministrativo sulla responsabilità per danno erariale del rup nel settore degli appalti e nel luglio 2020 ha conseguito il titolo di Specialista in Studi sull'Amministrazione Pubblica presso la SP.I.S.A. di Bologna, con una tesi in Diritto regionale dal titolo "L’autonomia differenziata in materia sanitaria tra solidarietà ed esigenze di bilancio. Il caso della Regione Veneto".

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