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L’Initiative Européenne d’Intervention (IEI): l’Europa nella difesa congiunta

Il 25 giugno 2018, in seno al Consiglio dell’Unione Europea per gli Affari Esteri a Bruxelles, i Ministri della Difesa di nove paesi europei (Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Olanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna[1]) hanno firmato una lettera d’intenti finalizzata all’avvio della cd. Initiative Européenne d’Intervention (IEI).

Si tratta di un’iniziativa di difesa congiunta europea che il leader francese Macron, in un discorso tenuto nel settembre 2017 presso la Sorbonne a Parigi, ha definito come “un’opportunità di rilancio dell’integrazione europea e di sviluppo del concetto di sovranità europea”.

Il progetto nasce dalla volontà di sopperire alle lacune emerse nei precedenti interventi europei (come ad esempio il fallimento della UEO, l’Unione Europea Occidentale), nonché dalla necessità di creare una struttura di difesa comune contro i nascenti pericoli bellici internazionali – tra i quali la rinnovata aggressività russa – che non sia condizionata dalla lentezza dei meccanismi decisionali tipici della PESCO.

La cooperazione tra i nove Paesi riguarderà quattro settori d’azione:

  • la pianificazione strategica congiunta attraverso scambi di informazioni e competenze tra stati maggiori
  • gli scenari d’impiego
  • le lezioni apprese e la condivisione delle dottrine
  • l’appoggio/supporto alle operazioni tramite esercitazioni comuni per creare una cultura strategica europea, in grado di prevenire le crisi, attuare risposte rapidi ed efficaci come l’evacuazione di un Paese in guerra e la fornitura di assistenza in caso di calamità[2].

Secondo quanto enunciato al punto 6 della lettera d’intenti, “L’obiettivo principe della IEI è quello di sviluppare una cultura strategica comune, che possa migliorare la nostra capacità, in quanto Stati Europei, di condurre missioni e operazioni militari nel quadro di UE, NATO, Nazioni Unite e/o organizzazioni ad hoc“. Se da un lato, sulla carta, sembra che la IEI si ponga in continuazione con le politiche internazionali legate a Unione Europea, NATO e Nazioni Unite, la prassi lascia intendere il contrario.

Innanzitutto, l’adesione all’organizzazione è volontaria e aperta a paesi extra-UE; ciò ha fatto sì che stati tradizionalmente restii alle politiche di difesa comune europee, come Regno Unito e Danimarca, vi abbiano preso parte.

In secondo luogo, alcuni potrebbero leggere la creazione della IEI come un discostamento politico dall’UE, per il fatto che esistono già delle strutture europee e internazionali di difesa (come PESCO e NATO), e un’operazione a sé stante come la IEI potrebbe ostacolarne sviluppo, in un contesto europeo che presenta già ampie divisioni interne.

Nonostante le critiche, l’Initiative Européenne d’Intervention presenta effettivi vantaggi.

Lo scarso legame con l’Unione Europea potrebbe infatti invogliare Stati (anche stati terzi) che non concordano con le politiche e le burocrazie europee di difesa ad aderire al progetto, e quindi ad armonizzare ulteriormente le strategie militari e d’intervento.

Inoltre, secondo il punto 8 della lettera d’intenti, la IEI è finalizzata al miglioramento della Difesa Europea, non sufficientemente rapida ed efficiente. Anche il Ministro francese per le Armate Florence Parly si è espresso in tal senso, definendo il progetto come “una cooperazione che deve avanzare, arricchirsi, essere dinamica, che quindi non deve essere frenata da un quadro [decisionale, ndr] eccessivamente pesante”. Questo contesto suggerisce che manchi il requisito dell’unanimità (presente, ad esempio, per la PESCO), e che quindi la decisione rimarrà nelle mani dei singoli governi nazionali, così che ogni Paese potrà valutare caso per caso a quale intervento prendere parte secondo le proprie capacità e le proprie valutazioni strategiche. L’uso della forza militare, infatti, rimane una responsabilità esclusivamente nazionale.

Scampato il pericolo dell’immobilismo burocratico di matrice UE, va notato come l’appartenenza di tutti i Paesi aderenti alla IEI alla NATO non crei problemi di interoperabilità, in quanto da tempo utilizzano le stesse procedure dottrinali e modalità d’impiego rodate dalle operazioni in Afghanistan e Iraq e da circa 70 anni di esercitazioni comuni[3].

Ad oggi, dieci paesi fanno parte della IEI, grazie alla recente aggiunta della Finlandia. L’Italia, dopo aver espresso un certo interesse nella materia con il governo Gentiloni, ha attualmente deciso di non aderire in attesa di acquisire maggiori elementi e chiarire alcuni aspetti ‘critici’, tra i quali la complementarietà con NATO e PESCO, tanto discussa.

Tra gli analisti c’è chi considera l’iniziativa nata a Lussemburgo come un’ulteriore dimostrazione dell’incapacità dei 27 a mettersi d’accordo su qualunque tipo di progetto, nonché un’altra struttura che si sovrappone ad altre già esistenti nel settore della Difesa in un’Europa sempre più a geometria variabile.

[1] La Finlandia ha recentemente aderito all’organizzazione, diventando così il decimo stato membro della IEI: https://www.affarinternazionali.it/2018/09/difesa-finlandia-francia-iniziativa/.

[2] Quali nazioni faranno parte dell’esercito europeo (l’Italia no) – Agenzia Giornalistica Italia:

[3] L’iniziativa (francese) europea d’intervento – AnalisiDifesa: https://www.analisidifesa.it/2018/10/liniziativa-francese-europea-dintervento/

Silvia Casu

Silvia Casu, nata a Varese nel 1995, ha conseguito il diploma di maturità in lingue straniere nel 2014, che le ha permesso di avere buona padronanza della lingua inglese, francese e spagnola. Iscritta al quinto anno preso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano Statale, ha sviluppato un vivo interesse per la materia internazionale pubblicistica e privatistica, nonché per la cooperazione legale comunitaria, interessi che l'hanno portata nel 2017 ad aprirsi al mondo della collaborazione nella redazione di articoli di divulgazione giuridica per l'area di diritto internazionale di Ius in Itinere. Attiva da anni nel volontariato e nell'associazionismo, è stata dal 2014 al 2018 segretaria e co-fondatrice di un'associazione O.N.L.U.S. in provincia di Varese; è inoltre socio ordinario dell' Associazione Europea di Studenti di Legge "ELSA" , nella sezione locale - Milano.

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