sabato, Aprile 20, 2024
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Lo scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose

Lo scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose. Riflessioni alla luce della relazione della Commissione d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia dell’Assemblea Regionale Siciliana

A cura di Dott. Andrea Nicosia, Dottorando in Scienze Economiche, Aziendali e Giuridiche nell’Università degli Studi di Enna – Kore.

La recentissima relazione di indagine sul ciclo dei rifiuti in Sicilia, licenziata dalla Commissione d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia dell’Assemblea Regionale Siciliana[1] consegna all’opinione pubblica (e non solo) oltre che un pernicioso, ampio e malsano rapporto tra la burocrazia regionale e alcune imprese operanti nel settore dei rifiuti, uno spaccato inquietante, seppure trattato en passant, sull’uso che di uno strumento, sancito dal Testo Unico degli Enti Locali, si è fatto (almeno in alcuni casi) nel corso di questi ultimi anni. Il riferimento è all’istituto di cui all’articolo 143 del D.lgs. 267/2000 recante le ipotesi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti.
Dalla Relazione emerge – nell’ambito della più corposa inchiesta operata nel settore dei rifiuti – un presunto uso distorto e strumentale a cui l’istituto sembra essere stato piegato, in alcuni casi, per il perseguimento di fini diversi rispetto a quelli assegnatigli dal legislatore.
Il documento si aggiunge da un lato ai già diffusi vecchi e nuovi dubbi di legittimità costituzionale sull’istituto; dall’altro alle riflessioni, da più parti sollevate, sulla sua attualità rispetto al mutato contesto legislativo di contorno e sulla sua efficacia che, valutata alla luce dell’applicazione ultraventennale, paiono suggerire l’esigenza di “rimessaggio”.[2]

The recent investigation report on the waste cycle in Sicily, approved by the Sicilian Regional Assembly’s Commission of inquiry on the mafia in Sicily, delivers to public opinion (and not only) a worrying situation, on the use of a tool, foreseen by TUEL: the article 143. The report highlights a distorted use to which the law seems to have been bent, in some cases, for the pursuit of purposes other than those assigned to it by the legislator. The document adds it to the old doubts already widespread of constitutional legitimacy of the article 143 TUEL and to the reflections, raised by several parties, on its relevance with respect to the legislative context. Circumstances that suggest a change in the norm.

[1] La relazione è stata approvata nella seduta d’Aula n. 193 in data 27 maggio 2020 ed è oggi pubblicata sul sito dell’Assemblea Regionale Siciliana.

[2] Anche altri hanno sollevato, sul fronte dell’efficacia, i limiti dell’istituto che resta nelle sue linee generali- rispetto alla formulazione originariamente introdotta nell’ordinamento – sostanzialmente invariato. Nello Musumeci, presidente della Regione Siciliana, già nel 2016, da presidente della Commissione d’inchiesta sul fenomeno della mafia presso l’A.R.S., sollecitava un intervento dello Stato a modifica dell’attuale disciplina. Tra le critiche mosse dall’allora presidente della Commissione regionale antimafia, l’assenza di strumenti da adottare nei confronti di dirigenti e funzionari amministrativi. Su quest’ultimo aspetto è intervenuto il legislatore nel 2018 con una previsione poi cassata, nel 2019 dalla Corte Costituzionale. .

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* Il presente articolo scientifico è stato sottoposto a referaggio ai sensi dell’art. 3 del Regolamento della Rivista e pubblicato nel Numero 2/2020 della Rivista Semestrale di Diritto.

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