Lo stato di attuazione del PNRR tra assetti emergenziali e dinamiche consolidate. Un bilancio intermedio
A cura di Domenico Bruno
Sommario: 1. Delimitazione. Modello emergenziale, forma di governo, dinamiche negoziali. – 2. Il PNRR nel perimetro sovranazionale. – 3. Gli obiettivi. – 4. La governance. – 5. Le fasi attuative. – 5.1. La prima fase. – 5.2. La seconda fase. – 6. L’impatto del processo attuativo nelle vicende della forma di governo. – 7. Osservazioni conclusive.
- Delimitazione. Modello emergenziale, forma di governo, dinamiche negoziali
Il presente contributo analizza lo stato di attuazione del PNRR nelle dinamiche della forma di governo italiana, con particolare riguardo alle vicende negoziali – specie tra dimensione nazionale e sovranazionale – che ne assistono il processo attuativo[[1]].
Il tema, come noto, chiama in causa molteplici profili teorici, a partire dal modello emergenziale di decisione politica che, dalla fase di predisposizione del PNRR e sino alla strutturazione della relativa governance, sembra riproporre dinamiche consolidati negli assetti decisionali[[2]]. Tra queste: l’integrazione tra dimensione europea e nazionale nei processi di decisione politica[[3]]; il consolidamento dell’«emergenza permanente»[[4]] nell’attività legislativa[[5]]; l’espansione delle prerogative dell’Esecutivo nella produzione normativa (e la connessa marginalizzazione del Parlamento)[[6]]; la dislocazione dell’attività decisionale verso sedi monocratiche[[7]]; il ruolo di sempre maggiore rilievo delle strutture burocratiche della Presidenza del Consiglio, a partire dal Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi[[8]]. Profili, questi, che enfatizzano ulteriormente la «vocazione negoziale»[[9]] del modello decisionale italiano. Elaborazione e attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, infatti, si sono svolte sulla base di complesse contrattazioni che hanno coinvolto sedi politiche e tecniche, sia nazionali che sovranazionali, con esiti e vicende di specifico interesse.
Allo scopo di analizzare tali dinamiche, la ricerca si sviluppa lungo tre principali assi tematici. Il primo esamina il contesto entro cui si colloca il PNRR italiano, riflettendo sul nuovo paradigma europeo di gestione delle emergenze. Il secondo, muovendo dall’analisi del sistema di governance introdotto dal Governo Draghi (e ricalibrato dal Governo Meloni), ne analizza le fasi di attuazione. Il terzo esamina le principali linee di impatto del Piano sulla relazione organizzativa tra organi costituzionali fissata dalla Costituzione, guardando, in particolare, ai rapporti endo-governativi; e, infine, nell’ambito di tali coordinate, sviluppa alcune considerazioni propositive e di prospettiva, relativamente ai caratteri del modello decisionale italiano e all’impatto della emergenza sugli assetti istituzionali.
- Il PNRR nel perimetro sovranazionale
Occorre prendere le mosse dalla dimensione politica sovranazionale e dalle relative modalità di gestione delle situazioni emergenziali in cui sono state collocate le coordinate, i presupposti istituzionali ed economici, dei temi in discorso. Come noto, l’adozione della moneta unica ha imposto il rispetto rigoroso di parametri di finanza pubblica. Anche in ragione del peculiare valore dell’euro[[10]], legato alla credibilità finanziaria dell’Unione[[11]], sin dal Trattato di Maastricht, sono stati previsti articolati sistemi di controllo sui bilanci nazionali[[12]], per evitare che gli Stati membri mettessero in campo strategie economiche “azzardate”[[13]], con un possibile “effetto domino” sulla stabilità dell’eurozona.
Tuttavia, al cospetto dell’emergenza economica e finanziaria provocata dal crollo del mercato immobiliare statunitense e della connessa crisi del debito sovrano[[14]] di alcuni Stati membri (a partire da Grecia, Portogallo e Irlanda) è emersa una complessiva «inadeguatezza»[[15]] dell’assetto definito dai Trattati[[16]]. Già in quella occasione è stato tentato un timido cambio di approccio: dapprima le regole sull’equilibrio di bilancio sono state applicate in modo “flessibile”[[17]]; successivamente, sono stati istituzionalizzati strumenti per rivedere la «rigida interpretazione del divieto di bail-out»[[18]](come il Meccanismo Europeo di Stabilità[[19]]) e introdotti processi di governance per una negoziazione preventiva tra Stati membri e Unione sulle politiche economiche e di bilancio (come il semestre europeo[[20]]). Strategie, queste, che si sono collocate anche in continuità con l’apertura della Banca Centrale Europea verso politiche monetarie espansive (a partire dal cd. quantitative easing)[[21]].
Tuttavia, nonostante tali interventi, il processo di integrazione verso l’Unione economica e monetaria è rimasto «incompleto»[[22]], anche in ragione della rigida separazione tra competenze in ambito monetario (affidate all’Unione) e competenze in ambito economico (attribuite agli Stati membri)[[23]]. Anzi, dopo i riflessi della crisi del mercato immobiliare statunitense del 2009 e quella del debito sovrano del 2011, si sono ulteriormente consolidate fratture e divisioni: i paesi del Nord sostenevano l’esigenza di «una sempre più forte disciplina fiscale ed un rafforzamento dei controlli sulle politiche nazionali di bilancio»[[24]]; gli Stati del Sud che, invece, richiedevano maggiore «solidarietà finanziaria tra i paesi»[[25]]. Queste ricadute, dagli effetti così “divisivi”, si sono protratte sino al 2020, quando, anche grazie al cambio di approccio della Germania, l’Unione ha deciso di ripensare il complessivo assetto delle proprie strategie di contrasto alle emergenze, adottando politiche maggiormente orientate alla solidarietà tra gli Stati membri[[26]].
Dopo le prime misure adottate dalla BCE (acquisto di titoli degli Stati membri per consentire il finanziamento delle spese straordinarie imposte dalla pandemia) e dalla Commissione (sospensione del Patto di Stabilità e Crescita e del divieto di aiuti di stato), a seguito di un serrato confronto, il Consiglio dei 27 Capi di Stato e di Governo ha varato un piano straordinario di salvataggio straordinario per fronteggiare le implicazioni economiche e sociali della pandemia[[27]].
In questo quadro, lo strumento privilegiato per la ripresa è stato il Next Generation EU: un programma organizzato su varie misure, tra cui il Recovery and Resilience Facility, con un complessivo stanziamento di trecento ottantuno miliardi di euro, di cui trecento sessanta per prestiti agli Stati membri e trecento ventuno per sovvenzioni, finanziato anche attraverso inedite modalità di mutualizzazione del debito[[28]]. Per la prima volta, la Commissione europea ha emesso sui mercati finanziari titoli comuni – garantiti dal bilancio dell’Ue e, se necessario, dagli Stati membri – superando i rigidi divieti previsti a partire dal Trattato di Maastricht[[29]]. Tale ingente dotazione di risorse è stata messa a disposizione degli Stati membri che, presentando un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si impegnassero a un programma di investimenti e riforme in sei specifiche macroaree: transizione ecologica; transizione digitale; crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per le nuove generazioni, infanzia e i giovani.
Nella gestione delle implicazioni economiche e sociali dell’emergenza pandemica, dunque, diversamente dall’esperienza pregressa, viene in rilievo un «cambio di paradigma riguardo alle opzioni della politica economica europea»[[30]]: da un «approccio sanzionatorio» – che individua negli Stati beneficiari di forme di assistenza finanziaria un esempio negativo»[[31]] – si afferma un modello basato sulla integrazione tra i principi di condizionalità[[32]] e solidarietà. Un modello destinato, forse, anche alla luce delle recenti modifiche al Patto di stabilità, a successive implementazioni. Il 30 aprile 2024, infatti, sono stati approvati tre atti normativi[[33]] per la modifica del braccio preventivo e del braccio correttivo dello strumento di coordinamento delle politiche di bilancio[[34]], che rivelano l’ulteriore tentativo di definire una strategia economica comune, attraverso piani di performance predisposti dagli Stati membri nell’ambito di strategie europee. In questo caso, tali piani non risultano finalizzati a ottenere risorse ma «a guadagnare un po’ più di (preziosissimo tempo – e, quindi, di flessibilità) – nel percorso di risanamento finanziario dello Stato membro che richieda una proroga […] del periodo di aggiustamento»[[35]]. Nonostante tale importante discontinuità, appare evidente che il metodo messo in campo dall’Unione sia destinato a trovare ulteriori campi di applicazione e a rappresentare, probabilmente, una possibile soluzione per l’armonizzazione delle politiche economiche degli Stati membri.
- Gli obiettivi
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – lo si è detto – svolge un ruolo essenziale nel nuovo paradigma europeo di gestione delle crisi[[36]]: attraverso tale strumento ogni Stato membro individua, nel quadro di strategie comuni, misure per costruire un modello di sviluppo sostenibile, anche nell’interesse delle future generazioni[[37]].
Il metodo, pur in continuità con quello delle country specific recommendetion[[38]], reca elementi di novità e di interesse. Non si tratta di mere indicazioni, ma di un cronoprogramma di riforme e investimenti articolato in semestri: per ciascuno di essi, il Governo rendiconta i risultati raggiunti alla Commissione Europea che, a esito di una verifica, dispone il pagamento di una quota delle risorse.
Secondo tali modalità, entro il 2026 l’Italia dovrebbe ottenere 191,5 miliardi di euro[[39]] da impiegare per raggiungere un principale scopo: superare le problematiche strutturali del sistema paese, rilanciando l’economia dopo la crisi provocata dalla pandemia[[40]]. A tal fine, il Piano prevede misure in alcuni settori strategici, che costituiscono le relative sei missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.
Il Piano segna, dunque, il ripristino della programmazione[[41]]di medio-periodo nel contesto italiano per direzionare i processi economici attraverso un intervento dello Stato orientato al maggiore coordinamento «ai fini sociali l’attività economica pubblica e privata»[[42]] (secondo quanto previsto dall’art. 41 Cost.).
Su questo crinale, viene in rilievo uno dei maggiori profili problematici del nuovo meccanismo di governance economica europeo: la permanenza dei vincoli programmatici oltre il termine della legislatura. Il Piano, infatti, è espressione di un indirizzo politico di tipo normativo «a priori, o forte»[[43]], che determina un «contenuto parzialmente vincolato agli obiettivi e alle scadenze del Next Generation Eu»[[44]] dei programmi dei prossimi Governi e che finirà, «in considerazione della sua durata quinquennale, per impegnare anche […] parlamenti futuri, a prescindere da mutamenti discendenti dalle scadenze elettorali»[[45]].
Muovendo da tali presupposti, parte della dottrina ha ritenuto il Piano una modalità di «commissariamento»[[46]]dell’Italia da parte dell’Unione europea. A tal proposito, tuttavia, giova considerare che l’atto è espressione di una contrattazione, che si è sviluppata sia a livello europeo sia a livello nazionale: in una prima fase, la ha coinvolto Governo e Istituzioni europee per definire la cornice normativa entro cui collocare le misure nazionali; in una seconda fase, Governo e Parlamento per pianificare il sistema investimenti e riforme. In altre parole, se da un lato è vero «che la decisione politica di istituire il Next Generation Eu è stata assunta a livello di Unione»[[47]]; dall’altro, «si tratta di una decisione politica e di una disciplina adottate a livello dell’Unione ma di per sé dichiaratamente incomplete e di tipo essenzialmente procedurale: affinché il meccanismo risulti effettivamente funzionante, occorrono sia una decisione politica, consistente nella proposta di un Piano, sia una apposita disciplina volta ad assicurarne la gestione sul versante interno»[48]. Inoltre, come dimostrano anche le recenti vicende connesse alla complessiva revisione richiesta di recente dal Governo Meloni – di cui si renderà conto nel prosieguo dello studio – «il carattere vincolante del modello non corrisponde alla sua immodificabilità: nel Dispositivo di Ripresa e Resilienza si contemplano le ipotesi di rimodulazione economica ovvero di rinegoziazione»[[49]].
L’attuazione delle misure del Piano ha sottoposto a una inedita pressione le sedi decisionali italiane: mai prima d’ora era sorta l’esigenza di affrontare un così complesso programma di investimenti e riforme in un periodo di tempo così limitato; inoltre, è risultato difficile pianificare la spesa di una così ingente quantità risorse pubbliche in tempi molto ristretti. Per tali ragioni è stato necessario adottare un sistema governance per l’attuazione del programma di riforme e investimenti. Di tale sistema si intende rendere conto nella parte successiva dello studio, anche per coglierne le implicazioni istituzionali ed evidenziarne eventuali criticità.
- La governance
Il meccanismo di governance introdotto per facilitare l’attuazione del Piano si è basato su un complesso (e, per certi aspetti, inedito) sistema di organi, organismi, strutture e uffici, affiancati alle strutture burocratiche ordinarie. Un sistema votato a garantire l’efficienza dell’azione amministrativa nelle fasi di attuazione, per evitare rallentamenti nella realizzazione delle misure e, di conseguenza, il mancato trasferimento di risorse da parte dell’unione.
Nel corso del primo triennio tale meccanismo è stato alcune volte ricalibrato, sia per ragioni politiche che tecniche: la differente distribuzione delle competenze interne all’Esecutivo, dopo l’avvicendamento tra il Governo Draghi e il Governo Meloni, ha condotto a varie rimodulazioni nell’organizzazione e nel funzionamento del sistema di governance; inoltre, nelle fasi di messa in opera delle misure, si è avvertita la necessità di alcuni aggiustamenti, per rendere più spedita l’attuazione di investimenti e riforme.
Il primo sistema è stato introdotto dal Governo Draghi attraverso il decreto-legge n. 77 del 2021, che ha definito un assetto su «più livelli»[[50]]. L’impulso, la direzione e il coordinamento delle attività erano affidati a una Cabina di regia presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dalla composizione variabile in funzione dei temi trattati[[51]]. A supporto di tale organo, il sistema prevedeva ulteriori organismi e strutture per l’attuazione delle misure, il monitoraggio sullo stato di avanzamento, il dialogo con rappresentanti di interessi; nonché meccanismi per garantire il controllo parlamentare e contabile.
Per il supporto nell’attuazione delle misure, veniva costituita una Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione presso il Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri e una Segreteria tecnica incardinata presso la Presidenza del Consiglio[[52]]. La prima per coadiuvare la Cabina di regia nell’individuare ostacoli alla corretta e tempestiva attuazione delle misure nonché per coordinare l’elaborazione di proposte per la razionalizzazione della normativa vigente[[53]]. La seconda, invece, per il raccordo con i soggetti attuatori nonché per elaborare, con cadenza periodica, rapporti informativi sullo stato di attuazione. Oltre all’istituzione di tali strutture, il decreto sulla governance prevedeva anche il rafforzamento della «Rete governativa permanente dell’attuazione del programma di governo», costituita dai Nuclei per l’attuazione del programma di Governo istituiti presso gli uffici ministeriali e coordinati dall’Ufficio del programma di Governo[[54]].
Riguardo al monitoraggio e alla rendicontazione, il decreto-legge prevedeva l’istituzione, presso la Ragioneria generale dello Stato, di un Servizio Centrale per il PNRR[[55]], con la funzione di garantire un raccordo con la Commissione europea e di gestire i flussi finanziari derivanti dalla Commissione, fornendo anche un supporto tecnico alle amministrazioni centrali titolari degli interventi[[56]]. Misure, queste, che si sono aggiunte all’istituzione del sistema unitario Regis previsto dalla legge di bilancio del 2021 per il supporto ai processi di programmazione, attuazione, monitoraggio, controllo e rendicontazione del PNRR[[57]].
Per una adeguata valutazione della condivisione delle scelte in sede di attuazione del Piano, l’impianto della governance prevedeva anche un Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale composto da rappresentanti delle parti sociali[[58]].
Il decreto-legge, inoltre, disciplinava sia controlli di natura amministrativo-contabile sul complessivo procedimento di attuazione sia di natura politica.
Per il controllo amministrativo-contrabile, veniva istituito presso la Ragioneria Generale dello Stato un Ufficio Dirigenziale con funzioni di audit e «in posizione indipendenza funzionale rispetto alle strutture coinvolte nella gestione del PNRR»[[59]]. Inoltre, veniva affidato alla Corte dei Conti il compito di valutare in termini di economicità, efficienza ed efficacia l’impiego delle risorse provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, anche attraverso la cooperazione e il coordinamento con l’Unione europea[[60]].
Per il controllo politico, il decreto, rafforzando un meccanismo già introdotto dalla legge di bilancio 2021, prevedeva un obbligo di relazione semestrale sulle risorse e sui risultati raggiunti[[61]]. Oltre a prevedere tali informative periodiche, il decreto ha previsto anche la possibilità che le Commissioni richiedessero all’Esecutivo informazioni e documenti utili al monitoraggio sullo stato di attuazione del Piano[[62]].
Anche sul versante della governance si è riproposto il tema vincolo imposto dalle disposizioni previste per l’attuazione del Piano alle scelte di Governi (e Parlamenti) futuri. Invero, pur muovendosi nel perimetro definito dal decreto n. 303 del 1999[[63]], le strutture di governance del Piano presentano alcuni caratteri inediti: esse superano la durata dei Governi che le istituiscono; inoltre, si sottraggono al meccanismo dello spoils system[[64]], operando in deroga sia alle previsioni della legge n. 400 del 1988 per gli incarichi di governo sia al d. lgs del 2001 per gli incarichi di funzione dirigenziale apicale[[65]].
Probabilmente anche per tale ragione, dopo l’avvicendamento tra il Governo Draghi e il Governo Meloni, è stata introdotta una modifica di «diversi aspetti chiave dello schema precedente»[[66]] attraverso il decreto-legge n. 13 del 2023. Non a caso, la prima disposizione del decreto-legge riguardava la possibilità per le amministrazioni centrali titolari di interventi di prevedere «senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica e nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali già assegnate, la riorganizzazione della struttura di livello dirigenziale generale ovvero dell’Unità di missione di livello dirigenziale generale preposta allo svolgimento delle attività [….] anche mediante il trasferimento delle funzioni e delle attività attribuite all’unità di missione istituita ad altra struttura di livello dirigenziale generale individuata tra quelle già esistenti»[[67]].
Oltre alla riorganizzazione interna delle strutture, la modifica prevista dal Governo Meloni mirava anche all’ulteriore consolidamento delle prerogative della Presidenza del Consiglio[[68]], attraverso il rafforzamento delle competenze della Cabina di regia e la razionalizzazione delle relative sedi di supporto; nonché all’attribuzione al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR di compiti di direzione e coordinamento delle attività.
La cabina di regina, nello schema definito dal Governo Meloni, oltre a rappresentare il centro di impulso, coordinamento, direzione del Piano, diviene centro prevalente delle negoziazioni con le parti sociali. Il decreto-legge, infatti, prevedeva la soppressione del Tavolo per il partenariato economico e sociale e una ulteriore estensione dei soggetti legittimati a partecipare alle riunioni[[69]].
Inoltre, le competenze della Segreteria tecnica e alcune di quelle dell’Unità per la realizzazione e il miglioramento della regolazione venivano trasferite a una Struttura di Missione ad hoc, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in carica (anch’essa) fino al dicembre 2026, alle dirette dipendenze del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR[[70]]. Tale struttura diviene il principale centro di attuazione amministrativa del Piano nonché il principale organismo deputato al contatto con la Commissione europea, sostituendo in parte, il Servizio centrale per il PNRR istituito presso la Ragioneria Generale dello Stato. Accanto alla Struttura di Missione veniva istituito, presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Ispettorato generale per il PNRR «che per esercitare i «compiti precedentemente svolti dal Servizio centrale per il PNRR, ossia quello di coordinamento operativo e monitoraggio per l’attuazione del PNRR, di gestione finanziaria e di controllo e rendicontazione all’Ue»[[71]]. All’Ispettorato veniva assegnata anche la responsabilità del Fondo di Rotazione del Next Generation Eu-Italia e dei connessi flussi finanziari, nonché della gestione del sistema di monitoraggio sull’attuazione delle riforme e degli investimenti del PNRR, assicurando il necessario supporto tecnico alle amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel Piano, nonché alle amministrazioni territoriali responsabili dell’attuazione degli interventi del PNRR.
Di recente, dopo la complessiva revisione del PNRR anche connessa all’inclusione del nuovo capitolo sul RePower Eu[[72]] – di cui si renderà conto nella parte successiva di questo studio – il Governo Meloni, con il decreto-legge n. 19 del 2024 ha disposto ulteriori modifiche della governance del Piano. Tali modifiche si muovono nel quadro delle stesse linee di indirizzo che avevano animato l’intervento del 2023 e intendono raggiungere alcuni obiettivi, specialmente in ordine a: efficientamento delle procedure di attuazione; coordinamento nell’utilizzo delle risorse europee; rafforzamento delle prerogative del Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR.
In questa prospettiva, il decreto-legge prevede che sia il Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, congiuntamente al Ministro dell’Economia, a presentare, con cadenza semestrale, al Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), una informativa sugli investimenti e gli interventi previsti dal Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC)[[73]]. Entro venti giorni dalla presentazione di tali informative, su proposta del Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e il Ministro dell’Economia possono, può essere deliberato dal Consiglio dei Ministri un d.P.C.M. per la modifica del PNC. Non solo: il decreto-legge prevede un ulteriore rafforzamento della Struttura di missione PNRR istituita presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, trasferendo ad essa i compiti, le funzioni e le risorse umane istituita, ai sensi dell’art. 8 comma 1 del decreto-legge n. 77 del 2021 presso il Dipartimento per le politiche di coesione e il Sud della Presidenza del Consiglio (che viene contestualmente soppressa). Inoltre, viene rafforzato il ruolo di controllo della struttura, consentendole di svolgere ispezioni e controlli a campione, sia presso le amministrazioni titolari degli interventi sia presso i soggetti attuatori delle misure[[74]].
Oltre al rafforzamento delle prerogative di indirizzo del Ministro degli Affari europei, il decreto-legge affida alla gestione commissariale[[75]] il conseguimento della Componente 1 della Missione 4 relativa alla realizzazione di nuovi posti letto destinati agli studenti universitari nonché degli obiettivi fissati dall’investimento 2.2 nell’ambito della componente 2 della Missione 5 relativa al superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura. In entrambi i casi, il decreto-legge prevede che il Commissario resti in carica fino al 31 dicembre 2026 e prevede una struttura di supporto alle sue dirette dipendenze per coadiuvarlo nella realizzazione dell’incarico. In entrambi i casi, inoltre, si prevede che il Commissario eserciti le proprie funzioni in raccordo con l’Unità di Missione per l’attuazione del PNRR istituita presso il Ministero di riferimento (nel primo caso, Ministero dell’Università; nel secondo caso Ministero del lavoro e delle politiche sociali) nonché con la Struttura di missione PNRR istituita presso la Presidenza del Consiglio.
Infine, un ulteriore significativo elemento di novità riguarda la riproposizione dello schema della cabina di regia per «rendere più efficace il monitoraggio su base territoriale degli interventi del PNRR. A tal proposito, per «favorire le sinergie tra le diverse amministrazioni e i soggetti attuatori operanti nel medesimo territorio, nonché di migliorare l’attività di supporto in favore degli enti territoriali» è istituita, presso ogni prefettura del territorio italiano una cabina di coordinamento, presieduta dal prefetto o da un suo delegato, per «la definizione del piano di azione per l’efficace attuazione dei programmi e degli interventi previsti dal PNRR in ambito provinciale»[[76]]. Circa la composizione di tale piattaforma di coordinamento, a essa partecipano il Presidente della provincia o il sindaco della città metropolitana o loro delegati, un rappresentante della Regione o della provincia autonoma nonché un rappresentante della Ragioneria generale dello Stato, una rappresentanza dei Comuni titolari degli interventi previsti dal Piano (o loro delegati) e i rappresentanti delle Amministrazioni centrali titolari degli interventi. Replicando lo schema previsto a livello nazionale, possono essere invitati a partecipare alle riunioni di tale organismo rappresentanti di interessi, a partire dalle organizzazioni sindacali e delle associazioni imprenditoriali più rappresentative. La cabina di coordinamento così costituita assorbe i compiti di monitoraggio affidati al Prefetto dal decreto-legge n. 77 del 2021. Anche in questo caso, la Struttura di Missione PNRR e l’Ispettorato generale PNRR confermano il loro ruolo centrale nell’assetto organizzativo deputato all’attuazione del PNRR: il piano di azione definito dalla cabina di coordinamento nonché gli esiti dell’attività di monitoraggio devono essere comunicati dal prefetto a tale organismo e all’Ispettorato generale del PNRR istituito presso la Ragioneria generale dello Stato[[77]]. La Struttura di Missione PNRR, d’intesa con l’Ispettorato generale per il PNRR, ove a esito dell’esame dell’attività di monitoraggio compiuta dalla cabina di coordinamento rilevi specifiche criticità «suscettibili di compromettere il raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR» può proporre alla cabina di regia la «costituzione di specifici nuclei composti da personale messo a disposizione dalle pubbliche amministrazioni […] operanti nel territorio di riferimento del piano di azione, nonché dal personale dei soggetti incaricati del supporto tecnico-operativo all’attuazione dei progetti PNRR»[[78]].
Infine, il decreto-legge prevede un ulteriore allargamento al Presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. della composizione della cabina di regia, «al fine di rafforzare ulteriormente la cooperazione con il partenariato economico e sociale nell’attività di monitoraggio e di attuazione del PNRR»[[79]].
- Le fasi attuative
Ora si considerano, alla luce dei vari sistemi di governance che si sono succeduti tra il 2021 e il 2024, le vicende connesse all’attuazione del Piano. Si guarda, dunque, alla realizzazione di riforme e investimenti nell’ambito dei semestri di riferimento. Complessivamente, dall’avvio del Piano, ne sono trascorsi cinque: il procedimento di attuazione è stato condotto positivamente, consentendo, al termine di ogni semestre, il trasferimento da parte della Commissione della quota di risorse. Tuttavia, muovendo dall’analisi della “messa a terra” di riforme e investimenti, è possibile considerare alcuni sviluppi delle dinamiche in atto della forma di governo italiana e considerare alcune criticità del procedimento di attuazione.
L’analisi dello stato di attuazione del Piano si articola su due fasi: la prima, gestita dal Governo Draghi, di avvio del procedimento di attuazione e di messa in opera dei primi interventi; la seconda, affrontata dal Governo Meloni, segnata dalle problematiche vicende che hanno riguardo l’erogazione della terza rata e dalla complessiva rivisitazione del Piano.
Prima di analizzare tali fasi è utile rilevare che è l’attuazione si muove lungo «due direzioni»[[80]]: una di natura prevalentemente economica, che riguarda l’effettiva messa in opera del programma di investimenti; un’altra di carattere prevalentemente normativo che concerne le riforme.
Circa l’attuazione degli investimenti. Gli enti titolari delle misure possono svolgere direttamente gli interventi o indirettamente, trasferendo l’incarico ad altri soggetti pubblici o privati attraverso procedure di carattere negoziale, avvisi pubblici, bandi di gara, manifestazione di interesse ovvero secondo procedure ad hoc previste a livello legislativo per assegnare risorse destinate a precise azioni di sviluppo[[81]].
Nelle fasi di realizzazione degli interventi le amministrazioni titolari e i soggetti attuatori devono tener conto sia dei vincoli previsti dal Next Generation Eu sia di quelli imposti dal PNRR.
Secondo quanto previsto a livello europeo, i progetti di attuazione devono tenere conto del DNSH principle[[82]], prevedendo un impegno del soggetto chiamato alla realizzazione dell’intervento di non recare un danno significativo all’ambiente: un vincolo che solitamente si traduce in una mera dichiarazione depositata nella prima fase di attuazione del progetto. Inoltre, devono essere rispettati gli obblighi di comunicazione e informazioni riguardo alle modalità di impiego delle risorse: ciascuno degli atti compiuti per la realizzazione dell’intervento deve recare un esplicito riferimento al Next Generation Eu nonché al finanziamento dell’Unione europea. Ancora: ciascuno degli interventi deve collocarsi nel quadro dei sei pilastri del Next Generation e non possono essere previste ipotesi di doppio finanziamento europeo[[83]]: pertanto, se una misura è già attuata attraverso risorse europee non è possibile implementarne la realizzazione attraverso l’utilizzo delle risorse stanziate dal Next generation Eu.
Secondo quanto previsto dal Piano, invece, i progetti di attuazione devono muoversi nel perimetro definito dagli assi strategici (digitalizzazione e innovazione; transizione ecologica; inclusione sociale) e rispettare il vincolo territoriale di spesa delle risorse, prevedendo che il 40% degli investimenti sia, in ogni caso, destinato al Mezzogiorno[[84]].
Circa l’attuazione delle riforme. In alcuni casi il Piano predetermina le modalità di produzione normativa da impiegare: in nove casi prevede l’adozione della decretazione d’urgenza, in dodici casi l’utilizzo della delega legislativa e in trentuno casi, invece, prevede l’utilizzo della legge ordinaria[[85]].
Come rilevato in dottrina, dunque, il Piano, «almeno sulla carta»[[86]] reca «una forte discontinuità, nei metodi oltre che nei contenuti dell’attività legislativa»[[87]], prevedendo, almeno in alcuni casi, l’impiego della legge ordinaria per l’attuazione delle riforme[[88]]; e per gli interventi «ad alta valenza riformatrice»[[89]] l’utilizzo della delega legislativa. Si tratta di una scelta che si muove in continuità con alcuni orientamenti formulati dalla dottrina che considerano il procedimento previsto dall’art. 76 Cost. come idoneo a favorire meccanismi di «controllo» del Parlamento sull’operato del Governo (sia a monte, in sede di definizione della delega; sia in itinere, attraverso il parere delle Commissioni permanenti), di «co-legislazione» tra sedi istituzionali diverse, di negoziazione interistituzionale (anche tra i vari livelli di Governo) ed extraistituzionale (permettendo la partecipazione al procedimento di rappresentanti di interessi)[[90]].
In questo quadro, la dottrina ha rilevato un profilo di criticità riguardo alla predeterminazione dell’impiego della decretazione d’urgenza: è stato notato come «stabilire alla data di presentazione del PNRR – 25 aprile 2021 – per il futuro la sussistenza di presupposti costituzionali indispensabili per l’adozione dei decreti legge determina un certo svilimento del carattere straordinario dei requisiti di necessità e urgenza postulati dalla Carta fondamentale»[[91]]. Tuttavia, occorre considerare che la previsione del decreto-legge è tendenzialmente circoscritta alle prime fasi di attuazione del Piano, segnate dall’esigenza di una tempestiva previsione di strutture che consentissero rapidamente di avviare la messa in opera del piano di riforme e investimenti. Inoltre, tale scelta risente anche di tendenze sedimentate nella prassi e di un elevato margine di discrezionalità riconosciuto all’Esecutivo riguardo alla valutazione dei presupposti di necessità e urgenza fissati dall’art. 77 Cost. Una estensione che poggia anche su alcuni orientamenti della dottrina con riferimento alla distinzione tra necessità assoluta e relativa (nonché tra necessità soggettiva e oggettiva)[[92]] e su orientamenti della giurisprudenza costituzionale, che ha riconosciuto alla legge di conversione del decreto una capacità sanatoria dei vizi formali del decreto[[93]].
5.1. La prima fase
Il percorso di attuazione è iniziato nel secondo semestre del 2021 (giugno-dicembre), a seguito di una prima erogazione di risorse da parte della Commissione europea a titolo di “prefinanziamento”[[94]]. Nel periodo in discorso il Piano prevedeva la realizzazione di 27 riforme e 24 investimenti[[95]]. Nella maggior parte dei casi si è trattato di interventi preliminari per facilitare la realizzazione degli investimenti; oltre a tali misure, sono stati previsti anche significativi interventi per l’inclusione, il superamento dei divari territoriali e per favorire la transizione ecologica e digitale[[96]].
Con riferimento al primo gruppo di misure, i principali interventi hanno riguardato: efficientamento di organizzazione e funzionamento della Pubblica amministrazione; razionalizzazione della giustizia civile, penale e delle procedure di crisi d’impresa; semplificazione dei procedimenti in materia ambientale e delle procedure degli appalti; controllo della spesa e amministrazione finanziaria[[97]]. Con riferimento al secondo gruppo di interventi, invece, sono state previste misure nei seguenti ambiti: riduzione delle diseguaglianze e dei divari territoriali; sanità; università e ricerca; turismo e imprese; contrasto all’evasione fiscale[[98]]. I soggetti istituzionali coinvolti nel procedimento di attuazione sono stati vari e prevalentemente riconducibili alle sedi dell’Esecutivo: in particolare, si registra un significativo numero di interventi nella titolarità di Dipartimenti e strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri[[99]].
Il completamento dei 51 risultati previsti per il primo semestre ha permesso all’Italia di ottenere il pagamento Commissione della prima rata da 21 miliardi di euro (di cui 10 miliardi di sovvenzioni e 11 miliardi di prestiti)[[100]].
Dopo gli obiettivi di carattere prevalentemente amministrativo-funzionale previsti dal primo semestre, nel primo semestre del 2022 (gennaio-giugno) l’attuazione del Piano è entrata nel vivo, prevedendo il raggiungimento di 44 traguardi e un 1 obiettivo.
Le misure hanno riguardato numerosi ambiti connessi agli assi strategici del Piano e alle relative missioni. Tra questi: salute; energie rinnovabili e ambiente; contratti pubblici; istruzione e ricerca; equità sociale e lavoro; cultura e turismo; digitalizzazione; resilienza dei sistemi produttivi[[101]].
Il semestre in discorso ha sollecitato l’attivazione di numerose procedure di selezione pubblica, per individuare i soggetti attuatori degli interventi: al 4 ottobre 2022 risultavano attivati 334 bandi per la messa in opera degli interventi, per un complessivo importo di 94,7 miliardi di euro[[102]]. Tra questi, quelli di maggiore rilievo riguardavano: l’attivazione del Piano “Italia a 1 Giga” da 3,5 miliardi di euro per la promozione di investimenti nella banda ultra larga, adottato per l’efficientamento della connettività del sistema paese e la riduzione del digital divide; la rigenerazione urbana e sociale destinati ai comuni, che hanno condotto alla complessiva assegnazione di 3,4 miliardi; l’ottimizzazione delle zone abitative; il recupero degli spazi degradati, il rinnovo dell’edilizia residenziale pubblica, anche nell’ambito del Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare (PinQua), per un valore complessivo di 2,82 miliardi; il recupero di oltre 300 borghi, con uno stanziamento di 750 milioni di euro.
Anche in questo caso, gli interventi hanno prevalentemente coinvolto il fitto reticolato di sedi politiche e amministrative dell’Esecutivo e, in particolare, della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri[[103]]. Al termine delle operazioni di attuazione, è stata formalizzata, in data 29 giugno 2022, la richiesta di pagamento della seconda rata da 21 miliardi di euro, valutata positivamente in data 27 settembre e trasferita in data 9 novembre 2022.
L’attuazione delle misure previste per i primi due semestri è stata svolta dal Governo Draghi, avvalendosi del meccanismo di governance introdotto dal decreto-legge n. 77 del 2021.
Tra i vari aspetti di significativo rilievo che possono essere ricavati dall’analisi applicativa nella XVIII Legislatura prima dell’avvicendamento tra l’Esecutivo Draghi e quello Meloni appare di significativo rilievo il rendimento della cabina di regia. Nelle intenzioni del Governo, tale organo – lo si è detto – avrebbe dovuto rappresentare il principale motore di attuazione del piano. Tuttavia, dalla prassi emerge un esito differente. La cabina di regia si è riunita solo due volte: in un caso, la riunione è stata utilizzata per fornire un complessivo aggiornamento riguardo all’avanzamento degli interventi in materia di Università e ricerca; nel secondo caso, invece, è stato fatto il punto sul raggiungimento degli obiettivi nel semestre giugno-dicembre 2021 nonché sugli Operational Arrangements relativi alla verifica sulla realizzazione degli interventi per la rendicontazione dei risultati raggiunti all’UE. Pertanto, l’attività di coordinamento si è concentrata presso altre sedi, a partire da quella della Presidenza del Consiglio, dove, assecondando dinamiche in atto oramai da tempo nella forma di governo italiana, si concentrano contrattazioni sia tra le forze politiche sia tra decisore e rappresentanti di interessi[[104]].
5.2. La seconda fase
Il secondo semestre del 2022 (giugno-dicembre 2022) è stato segnato dall’avvicendamento tra il Governo Draghi e il Governo Meloni. Nel periodo di riferimento il Piano ha previsto la realizzazione di 55 misure tra obiettivi e traguardi in materia di giustizia, concorrenza, infrastrutture ferroviarie, porti e investimenti urbani, energia e ambiente, il mercato del lavoro e misure per le imprese, misure per l’inclusione sociale, transizione digitale, amministrazione pubblica, fiscale espending review[[105]].
Anche in ragione del cambio di Esecutivo, in questa fase si registrano alcune sensibili variazioni nel rendimento della Cabina di regia: l’organo, infatti, è stato convocato ben sette ed è stato utilizzato come sede di confronto sulle strategie da impiegare per superare alcuni rilievi della Commissione europea sull’effettivo conseguimento di obiettivi e traguardi[[106]].
Più nel merito, ritenuti raggiunti tutti i risultati previsti dal semestre di riferimento, al termine del semestre, il Governo italiano presentava la richiesta di pagamento della quota di risorse per una somma pari a 21,9 miliardi di euro. La Commissione europea, dopo una prima richiesta di proroga di un mese dei tempi per il controllo, rilevava alcune problematiche sulle modalità di attuazione degli interventi in materia di concessioni portuali, reti di teleriscaldamento nonché sulla realizzazione del Bosco dello sport di Venezia e sullo Stadio Artemio Franchi di Venezia[[107]].
Circa le concessioni portuali, il principale profilo problematico rilevato dalla Commissione riguardava la relativa durata: in attuazione del principio di concorrenza[[108]], il regolamento attuativo avrebbe dovuto prevedere sia modalità di assegnazione sia durata della concessione. Al contrario, la misura prevista dal Governo italiano avrebbe consentito una proroga fino a cinque anni da parte delle autorità portuali. A tal proposito, la Commissione rilevava anche l’esigenza di assegnare a una Autorità indipendente funzioni di vigilanza[[109]] sull’assegnazione della concessione e sull’esercizio della attività da questa previste.
Circa le reti di teleriscaldamento, dopo l’emanazione del primo avviso pubblico e del relativo decreto per l’assegnazione dei fondi adottato dal Governo Draghi e la proroga dei termini anche connessa al cambio di Esecutivo, nel dicembre 2022 il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica aveva provveduto alla selezione dei 29 progetti ritenuti idonei all’attuazione dell’investimento, ritenendo l’intervento realizzato. Tuttavia, la Commissione europea sollevava una problematica sulla compatibilità delle modalità di attuazione alla transizione ecologica: l’intervento, infatti, prevedeva incentivi per la cogenerazione ad alto rendimento, che prevede l’utilizzo di fonti fossili e non di rinnovabili, come richiesto dall’Unione.
Circa il Bosco dello Sport di Venezia, il principale profilo problematico ha riguardato l’eccessiva urbanizzazione prevista per la realizzazione degli impianti sportivi e il connesso eccessivo consumo di suolo pubblico.
Infine, circa lo Stato Artemio Franchi di Firenze, la Commissione europea le resistenze della Commissione europea sono state riconducibili alla difficile compatibilità tra l’investimento e l’obiettivo di rigenerazione urbana e di riqualificazione delle periferie.
Dopo una fitta negoziazione con i tecnici dell’Unione, il nodo delle concessioni portuali è stato sciolto, trovando un punto di incontro tra le richieste dell’Ue e le posizioni italiane: non sono state introdotti termini all’assegnazione delle concessioni nel provvedimento finale attuativo dell’intervento; tuttavia, è stato previsto un rafforzamento dei poteri dell’Autorità dei trasporti, sia riguardo definizione dello schema di piano economico e finanziario su cui basare le procedure di selezione dei concessionari e riguardo alla formulazione di un parere sulla coerenza tra tale piano e quello presentato dai concorrenti alla selezione[[110]]. Lo stesso esito ha riguardato anche la questione sulle reti di teleriscaldamento: dopo una lunga contrattazione Italia-Ue, sono stati eliminati i 10 interventi problematici, che prevedevano l’impiego di fonti fossili[[111]].
Riguardo agli impianti sportivi di Venezia e Firenze, invece, non è stato raggiunto alcun accordo: il Governo italiano ha rinunciato all’utilizzo dei finanziamenti europei, annunciando che tali interventi saranno realizzati attraverso altri fondi.
Un ulteriore profilo problematico ha riguardato la realizzazione di 7500 alloggi per studenti universitari fuori sede: la Commissione, infatti, ha rilevato che in alcuni casi gli interventi non hanno realizzato la costruzione di nuove strutture, bensì la riconversione altre già esistenti. Anche in questo caso è stata trovata una sostituzione intermedia: l’obiettivo iniziale è stato modificato, prevedendo il mero avvio delle procedure necessarie per la realizzazione di 60.000 alloggi per universitari entro il 2026[[112]].
A esito di tali complesse negoziazioni, con notevole ritardo, la Commissione, in data 9 ottobre 2023, ha trasferito al Governo italiano la quota di risorse previste per la terza rata, per un valore complessivo di 18,5 miliardi. Nonostante alcune misure siano state rimosse non sono state effettuate modifiche rispetto all’importo pattuito in sede di definizione del Piano.
In continuità, anche il percorso di attuazione dei 27 obiettivi del I semestre 2023 (gennaio-giugno) ha incontrato alcuni ostacoli.
Originariamente le misure previste riguardavano: efficientamento della Pubblica amministrazione, interventi in materia di giustizia penale e civile, razionalizzazione del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni, ottimizzazione degli strumenti digitali della Guardia di finanza, utilizzo dei servizi cloud da parte della PA, tecnologia satellitare ed economia spaziale; industria cinematografica; sistema degli ecobonus; produzione di idrogeno in siti dismessi; potenziamento delle reti ferroviarie regionali; asili nido, scuole dell’infanzia; alloggi per studenti universitari; fondi per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e innovazione; progetti di rilevanza europea; imprenditoria femminile; sport e inclusione sociale; povertà educativa nel Mezzogiorno; competenze digitali del personale sanitario.
Nel corso del procedimento di attuazione, tuttavia, sono emerse alcune difficoltà nell’ambito di 10 obiettivi inizialmente previsti. Difficoltà che hanno indotto l’Esecutivo a richiedere, dopo un confronto svolto nella Cabina di regia dell’11 luglio 2023, una modifica Piano al Consiglio Ue: modifica successivamente accolta, dopo la valutazione positiva della Commissione, in data 18 settembre. In particolare, è stata richiesta la modifica dei seguenti interventi: Sviluppo industria cinematografica. Progetto Cinecittà (M1C3-3.2); Tecnologia satellitare ed economia spaziale M1C2-4); Piano per asili nido e scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia (M4C1-1.1); Rinnovo del parco ferroviario di trasporto pubblico regionale con treni puliti e servizio universale (M2C2-4.4.2); Sperimentazione dell’idrogeno per la mobilità ferroviaria (M2C2-3.4); Rafforzamento dell’Ecobonus e del Sismabonus per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici (M2C3-2.1); Infrastrutture di ricarica elettrica (M2C2-4.3); Uso dell’idrogeno nell’industria hard-to-abate (M2C2-3.2); Interventi socioeducativi strutturati per combattere la povertà educativa nel Mezzogiorno a sostegno del Terzo Settore (M5C38-3); Creazione di imprese femminili (M5C1-12).
Accettata la richiesta di modifica del Piano, l’Italia è stata in grado di completare gli interventi previsti, ottenendo, in data 28 dicembre 2023, il pagamento della quota di risorse prevista per il periodo di riferimento dalla Commissione, ottenendo 16 miliardi di euro.
Alle modifiche richieste a ridosso del termine del primo semestre del 2023 si aggiungeva una complessiva revisione del PNRR[[113]]: da un lato, in ragione dell’impossibilità di realizzare il programma di interventi originariamente previsto, il Governo presentava una richiesta di complessiva modifica del Piano[[114]]; dall’altro, è stato incluso un nuovo capitolo per la programmazione delle misure connesse al RePower EU, adottato dall’Unione, sulla falsariga del Next Generation Eu, per rispondere alle implicazioni economiche e sociali del conflitto russo-ucraino[[115]]. Per raggiungere tale finalità, dopo le comunicazioni rese dal Parlamento al Ministro degli Affari europei, veniva presentata alla Commissione europea una proposta di modifica del Piano; a seguito della valutazione positiva della Commissione, il Consiglio Ue ha accettato la richiesta pervenuta dall’Italia, aprendo, di fatto, «alla seconda stagione del Piano»[[116]].
Dei 527 obiettivi inizialmente previsti ne sono stati rimodulati 145: in alcuni casi, è stata ridotta la dotazione di alcune misure; in altri i tempi di attuazione sono stati dilatati oppure l’intervento è stato rimosso; ancora, in altre circostanze l’intervento è stato ulteriormente finanziato oppure sono state introdotte nuove misure. Più nel merito, gli interventi “restrittivi” hanno riguardato i seguenti ambiti: In particolare, le misure oggetto di modifica hanno riguardato i seguenti ambiti: efficientamento energetico; prevenzione del rischio idrogeologico; utilizzo di fonti rinnovabili; potenziamento di servizi e infrastrutture; promozione di impianti innovativi; beni confiscati alle mafie; valorizzazione del verde extraurbano. Al contrario, nei seguenti settori si registra un incremento delle risorse o l’introduzione di nuove misure: implementazione di tecnologie green in agricoltura e allevamento; reti e infrastrutture; politiche per la famiglia e il lavoro, salute.
Oltre agli investimenti, le modifiche hanno riguardato anche le riforme in materia di giustizia, dei contratti pubblici, di concorrenza e sui tempi di pagamento della PA[[117]].
In continuità, quanto al nuovo capitolo previsto per l’attuazione del Repower Eu, il principale obiettivo è stato quello di assecondare il processo di transizione verso l’impiego delle energie green, anche per avviare un percorso di emancipazione dalle forniture di gas russo. Di conseguenza, il principale soggetto attuatore delle misure è il Ministero dell’Ambiente, chiamato, in questo ambito, alla realizzazione degli ulteriori investimenti e riforme.
Dopo l’accoglimento della richiesta di complessiva modifica, il secondo semestre del 2023 (luglio-dicembre) ha previsto 52 obiettivi: rispetto alla versione originaria del Piano, sono stati eliminati 4 obiettivi, posticipati 16 e anticipati 2. Entro la fine del semestre ciascuna delle misure è stata portata a compimento. Il pagamento da parte della Commissione della quota di risorse assegnate al periodo di riferimento è avvenuto in data 2 luglio 2024, con il trasferimento all’Italia di 11 miliardi di euro.
- L’impatto del processo attuativo nelle vicende della forma di governo
Nel contesto delle nuove modalità di integrazione tra le politiche europee e quelle nazionali aperte dal Next-Generation-Eu sono venute in rilievo ulteriori dinamiche degli assetti istituzionali[[118]], che contribuiscono all’oramai risalente processo di trasformazione della relazione organizzativa tra organi costituzionali definita dalla Costituzione[[119]]. Tali dinamiche, emerse sia nel procedimento di elaborazione del Piano sia nella fase di attuazione, in parte, hanno seguito un andamento consolidato[[120]], accentuando ulteriormente lo spostamento dell’asse della decisione politica a favore dell’Esecutivo e la connessa marginalizzazione del Parlamento. In altra parte, hanno intrapreso direzioni meno praticate: ha trovato conferma, infatti, nell’ambito delle relazioni interne all’Esecutivo, la preminenza del Presidente del consiglio, segnando, in continuità con la vicenda pandemica, una «epifania formale»[[121]] della prevalenza del principio monocratico su quello collegiale[[122]].
La natura «euro-nazionale»[[123]] del Piano ha notevolmente influito nel determinare tali vicende. Come noto, infatti, i procedimenti normativi che coinvolgono l’Unione europea enfatizzano il protagonismo dell’Esecutivo e del suo vertice: in ragione dell’assetto definito dai Trattati, è il Governo l’organo chiamato alla interlocuzione con le istituzioni europee e a rappresentare l’interesse nazionale nelle complesse procedure che si sviluppano nel circuito Commissione-Consiglio Ue[[124]]. E in questo contesto, è il Presidente del Consiglio che «rappresenta e coordina le linee di azione espressa dal suo Governo, collocandosi in una posizione di sovraordinazione»[[125]]. Pertanto, alla maggiore integrazione tra politiche economiche degli Stati membri messa in campo dall’Unione attraverso il meccanismo dei piani di performance, è corrisposto – quasi automaticamente – un incremento delle prerogative decisionali dell’Esecutivo nonché una concentrazione dei processi di governo presso le sedi della Presidenza del Consiglio: il vertice dell’Esecutivo, infatti, è stato tra i principali attori nazionali delle negoziazioni che hanno condotto sia alla complessiva definizione delle strategie per superare le implicazioni economiche e sociali della pandemia sia alla enucleazione dei pilastri del Next Generation-Ue, nel cui perimetro si muovono le misure previste dal PNRR. Un ruolo che ha trovato conferma anche successivamente, quando è stato necessario avviare interlocuzioni per la modifica delle misure inizialmente previste dal Piano.
Tale protagonismo dell’Esecutivo e del suo vertice ha trovato conferma, sul versante nazionale, sia nelle fasi di definizione del cronoprogramma di riforme e investimenti previsto dal Piano sia durante la relativa attuazione.
Nella fase di pianificazione di investimenti e riforme è stato il Governo la principale sede di elaborazione strategica delle misure, con il Parlamento chiamato a svolgere, attraverso una procedura molto simile a quella impiegata per l’esame del Documento di economia e finanza[[126]], un ruolo di complessiva consulenza[[127]] e controllo[[128]], attraverso atti di indirizzo[[129]]. In continuità, nella fase di attuazione il Governo ha rappresentato il principale motore per la “messa a terra” degli interventi e la Presidenza del Consiglio ha costituito il centro nevralgico di impulso, direzione e coordinamento delle attività.
Tale protagonismo del vertice dell’Esecutivo deriva anche dalla peculiare organizzazione del sistema di governanceprevisto per l’attuazione del Piano: il Presidente del Consiglio, infatti, è stato posto a capo della cabina di regia, organo di direzione e coordinamento delle misure. Non solo: in ciascun sistema di governance la Presidenza del Consiglio ha rappresentato la sede presso cui istituire le strutture preposte al coordinamento e alla direzione degli interventi attuativi, consentendo una complessiva supervisione degli interventi, preclusa, di fatto, agli altri Ministeri. Invero nel sistema di governance previsto dal Governo Meloni si è registrato un flebile arretramento della Presidenza del Consiglio a beneficio del Ministro per gli Affari europei, la cui delega è stata estesa anche al PNRR. Tuttavia, anche in questo caso le principali strutture preposte alla direzione e coordinamento delle attività sono rimaste incardinate presso la Presidenza del Consiglio. Anzi, la previsione di maggiori poteri in capo al Ministero per gli Affari europei è il segno di una evidente prevalenza del principio monocratico su quello collegiale nei rapporti interni all’Esecutivo: la condivisione endogovernativa delle scelte in Consiglio è stata sostituita da confronti bilaterali, svolti in un circuito ristretto e opaco, che coinvolto Presidenza del Consiglio e Ministero per gli Affari europei. Anche in questo caso, si tratta di un fenomeno non inedito, che in passato aveva prevalentemente riguardo il Ministero dell’Economia[[130]] e che, nell’esperienza pandemica, ha coinvolto il Ministro della salute[[131]].
In ultima analisi, tra le numerose implicazioni istituzionali, è possibile rinvenire la conferma di tendenza oramai consolidata: la limitazione della collegialità delle scelte. Tale tendenza si è mossa verso una duplice direzione: la relazione Parlamento-Governo; i rapporti interni all’Esecutivo. Viene ulteriormente in rilievo, anche in questa esperienza, la più generale dinamica di centralizzazione del potere che ha investito gli assetti istituzionali e che appare coerente con la proposta di revisione della forma di governo, attualmente in corso di discussione, che mira a istituzionalizzare e consolidare il ruolo centrale del Presidente del Consiglio nel sistema italiano.
- Osservazioni conclusive
La ricerca condotta consente di trarre alcune considerazioni conclusive, in particolare, lungo due principali versanti: i caratteri del modello decisionale italiano; l’impatto delle emergenze sugli assetti istituzionali.
Sui caratteri del modello decisionale italiano: il PNRR, nella sua conformazione quale “atto di contrattazione interistituzionale e multilivello” di matrice «euro-nazionale»[[132]], esprime quella «vocazione negoziale»[[133]] del modello decisionale italiano considerata dalla dottrina[[134]]. Nel contesto italiano – confermando una tendenza diffusa negli ordinamenti democratici contemporanei – la decisione politica si basa su complesse negoziazioni: interistituzionali, a partire da quelle che coinvolgono Parlamento, Governo e relative componenti istituzionali e amministrative; multilivello, tra organi nazionali, sovranazionali, regionali e locali; extraistituzionali, che coinvolgono le parti sociali, per comprendere se i provvedimenti in corso di adozione siano in grado di rispondere alle esigenze economiche e sociali contingenti. Le vicende del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, come si è osservato, mettono in evidenza siffatta natura negoziale del modello. Del resto, i medesimi meccanismi di governance introdotti a partire dal decreto-legge n. 77 del 2021 sono orientati ad agevolare lo svolgimento di tali contrattazioni; in tal senso: sono stati previste peculiari modalità di interlocuzione e dialogo Parlamento-Governo; è stata prevista una cabina di regia, anche con l’obiettivo di garantire un confronto costante tra i livelli di governo; sono state create procedure ad hoc per rendere più agevole la negoziazione tra Governo e Istituzioni europee; è stata creata una piattaforma di confronto tra decisore politico e rappresentati di interessi (dapprima attraverso il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale; e, successivamente, attraverso la cabina di regia).
Sull’impatto delle emergenze sugli assetti istituzionali: l’analisi delle fasi di elaborazione, predisposizione dei meccanismi di governance e attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rivela due delle possibili implicazioni delle circostanze straordinarie sugli assetti istituzionali.
Da un lato, infatti, le emergenze rappresentano una occasione per ripensare obiettivi, priorità e complessive modalità decisionali. È quanto accaduto a livello europeo, innanzi alle implicazioni economiche e sociali della pandemia. Piuttosto che continuare a perseguire un approccio basato sul rigore economico e finanziario, l’Unione ha deciso di impiegare un paradigma differente, basato sull’integrazione tra condizionalità e solidarietà. Tale approccio segna, anche alla luce delle recenti modifiche al Patto di Stabilità e Crescita, un punto di svolta nel processo di integrazione europea, anche in chiave futura: il meccanismo dei di performance potrebbe rappresentare, infatti, un possibile strumento per l’armonizzazione delle politiche economiche degli Stati membri e per rafforzare la coesione.
Dall’altro lato, le emergenze si configurano come circostanze a partire dalle quali possono venire in rilievo torsioni e dinamiche peculiari nei sistemi decisionali, nella maggior parte dei casi orientate verso la concentrazione monocratica del potere: torsioni che, al termine dell’emergenza, possono subire un consolidamento e aprire alla stabilizzazione degli assetti straordinari. È quanto accaduto alla forma di governo italiana: l’ulteriore compressione della collegialità delle scelte – sia nei rapporti interni all’Esecutivo, sia nella complessiva relazione Parlamento-Governo – emersa durante la pandemia, ha conosciuto, nelle vicende connesse a elaborazione e attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, una stabilizzazione. In particolare, con riferimento alle implicazioni istituzionali venute in rilievo nella pandemia, la ricerca ha considerato il rafforzamento della Presidenza del Consiglio: un rafforzamento che si colloca in continuità con risalenti processi di transizione del potere verso le sedi monocratiche. Processi noti al modello decisionale italiano, che hanno solleticato trasformazioni istituzionali ulteriori che hanno ricevuto, in alcuni casi, anche un riconoscimento normativo. A questo novero si ascrivono la legge n. 81 del 1993 sulla elezione diretta dei sindaci, nonché la legge costituzionale n. 1 del 1999 di modifica della forma di governo regionale. Da ultimo, invece, tale ipotesi è stata prospettata anche con riferimento alla forma di governo nazionale: dopo la pandemia e durante l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è stata avanzata una proposta di revisione costituzionale orientata al rafforzamento della legittimazione e delle prerogative del Presidente del Consiglio. Una proposta, certo, divisiva, che potrebbe sia contribuire alla razionalizzazione dell’assetto istituzionale sia determinare eccessive compressioni in nome dell’efficienza. Ma prima ancora che i profili di merito e le posizioni che, in questo ambito, possono venire in rilievo, le riforme istituzionali chiamano in causa preliminari questioni di metodo. Questioni che, in un contesto democratico-pluralista, impongono il dialogo inclusivo e trasversale tra tutte le forze politiche in campo, affinché la revisione della Costituzione e, con essa, la riforma delle Istituzioni non sia il prodotto di un’approvazione a “colpi di maggioranza”, ma raccolga una partecipazione ampia, riproponendo un metodo – quello costituente – orientato alla inclusione, alla sintesi e al compromesso al rialto.
[[1]] La ricerca tiene conto delle scelte di metodo seguite su questi ambiti tematici da U. Ronga, Indirizzo politico e negoziazione interistituzionale nel PNRR, in L. Cassetti, F. Fabrizzi, A. Morrone, F. Savastano, A Sterpa (a cura di), Studi in memoria di Beniamino Caravita, Editoriale Scientifica, Napoli, 2024, 3150.
[[2]] Sul punto si v. U. Ronga, L’emergenza in Parlamento. Attraverso e oltre la pandemia, Editoriale Scientifica, Napoli, 2022, 79 ss.
[[3]] Sul punto, anche con riferimento alle ricadute politiche di tale intersezione si v. N. Lupo, L’intreccio delle forme di governo, tra Roma e Bruxelles: a proposito della crisi di governo di agosto 2019, in federalismi.it, 28, 2020, 1 ss.
[[4]] Utilizza questa espressione U. Ronga, Il Governo nell’emergenza (permanente). Sistema delle fonti e modello legislativo a partire dal caso Covid-19, in Nomos, 1, 2020, 2.
[[5]] Sul punto, si v. G. Guzzetta, Compimento della democrazia e allineamento costituzionale. Le istituzioni italiane tra parlamentarismo dell’impotenza e decisionismo emergenziale, in Rivista di Politica, 2, 2010.
[[6]] Un processo risalente, di cui rendeva conto già M. Cartabia, Il Governo “signore delle fonti”, in Id., E. Lamarque, P. Tanzarella (a cura di), Gli atti normativi del Governo tra Corte costituzionale e giudici, Atti del convegno annuale del Gruppo di Pisa (Milano, 10-11 giugno 2011), Giappichelli, Torino, 2011, IX ss..
[[7]] Tale profilo è stato considerato, anche in una prospettiva comparata, da A. Di Giovine, A. Mastromarino (a cura di), La presidenzializzazione degli esecutivi nelle democrazie contemporanee, Giappichelli, Torino, 2007, 2 ss.
[[8]] Per ulteriori approfondimenti sul punto si v. G. Letta, La Presidenza come centro della decisione di governo, in AA.VV., La Presidenza del Consiglio dei Ministri a trent’anni dalla legge n. 400 del 1988, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma, 2020, 16 ss.
[[9]] Così U. Ronga, La legislazione negoziata. Autonomia e regolazione nei processi di decisione politica, Editoriale Scientifica, Napoli, 2018, 11.
[[10]] Cfr. E.C. Raffiotta, La Banca centrale europea tra crisi economiche e di identità, in R. Ibrido (a cura di), Parlamenti e Banche centrali: separazione o interazione, Giappichelli, Torino, 2024, 40.
[[11]] Sul punto si v. T. Padoa Schioppa, L’euro e la sua banca, Il Mulino, Bologna, 2000, 145 ss.
[[12]] A tal riguardo, tra i principali strumenti vengono in rilievo il Patto di Stabilità e di Crescita e il divieto di mutualizzazione del debito (cd. divieto di bail-out). Per una analisi riguardo al primo si v. M. Heipertz, A. Verdun, Ruling Europe: The Politics of the Stability and Growth Pact, Cambridge, 2010, spec. 174 ss. Riguardo al secondo, invece, si v., tra gli altri, F. Donati, Crisi dell’euro, governance economica e democrazia nell’Unione europea, in Rivista Aic, 2, 2013, 3.
[[13]] Si tratta del cd. moral hazard. A tal proposito, tra gli altri, si v. D. Siclari, “Condizionalità” internazionale e gestione delle crisi dei debiti sorani, in federalismi.it, 1, 2015, spec. 4. Riflette su tale profilo, da ultimo, A. Saporito, Verso un ritorno allo Stato «interventista», in Diritto Pubblico Europeo – Rassegna online, 1, 2024, 113.
[[14]] Sul punto, per un’analisi più ampia, si v. F. Donati, Crisi dell’euro, governance economica e democrazia nell’Unione europea, cit., 3.
[[15]] Così G. Comazzetto, La solidarietà necessaria. Metamorfosi di un principio nell’orizzonte costituzionale europeo, Napoli, 2023, 158.
[[16]] Analizza approfonditamente la reazione dell’Unione alla crisi finanziaria del 2009 e a quella del debito sovrano G. Napolitano, La crisi del debito sovrano e il rafforzamento della governance economica europea, in Id. (a cura di), Uscire dalla crisi. Politiche pubbliche e trasformazioni istituzionali, Bologna, 2012, 383 ss.
[[17]] È quanto accaduto tra il 2010 e il 2011, con la sospensione della procedura per disavanzo eccessivo concessa dalla Commissione in più di venti occasioni, per tre, quattro o cinque anni. Sul punto si v. C. Domenicali, La Commissione europea e la flessibilità “temporale” nell’applicazione del Patto di Stabilità e Crescita, in federalismi.it, 19, 2020, 458.
[[18]] Cfr. F. Fabbrini, La nuova governance economica europea post-pandemia, in Centro studi sul federalismo, febbraio 2021, 6.
[[19]] Approfondisce tale strumento G. Napolitano, Il Meccanismo europeo di stabilità e la nuova frontiera costituzionale dell’Unione, in Giornale di Diritto amministrativo, 5, 2012, 461.
[[20]] Per un’analisi delle procedure previste, anche alla luce delle implicazioni nell’ordinamento interno R. Dickmann, Sessione e legge di bilancio. Criticità e prospettive di riforma, in federalismi.it, 31, 2023, V.
[[21]] A tal proposito si v. M. Bonini, La Banca centrale europea tra forma di governo parlamentare, democrazia “À la UE” e “costituzionalismi intrecciati”, in Rivista Aic, 4, 2016, 13.
[[22]] Così F. Fabbrini, La nuova governance economica europea post-pandemia, cit., 6.
[[23]] Tra gli altri, considera tale aspetto F. Donati, Crisi dell’euro, governance economica e democrazia nell’Unione europea, cit., 3.
[[24]] Cfr. F. Fabbrini, La nuova governance economica europea post-pandemia, cit., 6.
[[25]] ivi. Per ulteriori considerazioni sul tema si v. A. Lucarelli, Principi costituzionali europei tra solidarietà e concorrenza, in Liber amicorum per Pasquale Costanzo, in Consulta online, 7 luglio 2020, 14 ss.
[[26]] Cfr. F. Croci, Solidarietà tra Stati membri dell’Unione europea e governance economica europea, Giappichelli, Milano, 2020, 371.
[[27]] Di questi: 240 miliardi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) per affrontare le spese sanitarie; è stata finanziata, attraverso il pacchetto SURE, la cassa integrazione per imprese in crisi a causa del lockdown, con una dotazione di 100 miliardi di euro; ancora, è stato messo in campo un piano da duecento miliardi di prestiti garantiti dall’European Investment Bank per piccole e medie imprese. Riflette sulla risposta dell’Unione alla pandemia, anche con specifico riferimento al ruolo del Parlamento europeo M.C. Girardi, Il ruolo del Parlamento europeo nel procedimento di approvazione del Next Generation EU, in Rivista Aic, 2, 2021, spec. 346 ss.
[[28]] Cfr. G. Cavaggion, Crisi sanitaria “Covid-19”, solidarietà fiscali e integrazione europea, in Centro studi sul federalismo, settembre 2020, 7 ss.
[[29]] Cfr. A. Martinelli, L’Unione europea di fronte alla pandemia da Covid-19, in federalismi.it, 2, 2022, 550.
[[30]] Così N. Lupo, Next Generation Eu e sviluppi costituzionali dell’integrazione europea: verso un nuovo metodo di governo, in Diritto pubblico, 3, 2022, 730.
[[31]] Così F. Croci, Solidarietà tra Stati membri dell’Unione europea e governance economica europea, Giappichelli, Torino, 2020, 372.
[[32]] Riflette riguardo alle varie declinazioni del concetto di condizionalità A. Baraggia, La condizionalità come strumento di governo negli stati compositi. Una comparazione tra Stati Uniti, Canada e Unione europea, Torino, 2023, spec. 20 ss. Il principio, come noto, è posto alla base di altri altri strumenti di soccorso, a partire dal MES. Più di recente il tema è stato considerato da A. Mangia (a cura di), Mes. L’Europa e il Trattato impossibile, Scholé, Brescia, 2020; F. Salmoni, L’insostenibile “leggerezza” del Meccanismo europeo di stabilità. La democrazia alla prova dell’emergenza pandemica, in federalismi.it, 20/2020, spec. 301 ss.
[[33]] Cfr. A. Francescangeli, G. Gioia, Il nuovo Patto di Stabilità e Crescita. Much Ado About (Almost) Nothing?, in Diritti comparati, 27 maggio 2024, 1.
[[34]] Cfr. G.G. Carboni, La riforma del Patto di stabilità e crescita: sostenibilità economica vs sostenibilità politico-costituzionale, in federalismi.it, 21, 2023, spec. 4 ss.
[[35]] Così N. Lupo, Gli adeguamenti dell’ordinamento costituzionale italiano conseguenti al nuovo Patto di Stabilità e Crescita. Prime riflessioni, in Diritto e conti, 1, 2024, 170 ss.
[[36]] Il Piano si colloca in linea di ideale continuità con alcune “strategie per la ricostruzione” del passato per superare situazioni di gravissima recessione: il New Deal statunitense adottato dopo la gravissima crisi di Wall Street del 1929; il “Piano Monnet” adottato in Francia per la ricostruzione dell’economia nazionale e il “Piano Marshall” finanziato dagli Stati Uniti per agevolare lo sviluppo economico europeo dopo la Seconda Guerra mondiale; i piani britannici messi in campo durante gli anni Sessanta e Settanta del Novecento (cfr. M. D’Alberti, Il PNRR nel contesto delle pianificazioni, in federalismi.it, 15 febbraio 2023, 2).
[[37]] Un tema, quello della solidarietà intergenerazionale, che si intreccia anche a valutazioni di politica economica. Sul punto si v. M. Luciani, Generazioni future, distribuzione temporale della spesa pubblica e vincoli costituzionali, in R. Bifulco, A. D’Aloia (a cura di), Un diritto per il futuro, Jovene, Napoli, p. 425.
[[38]] Strumento impiegato, come noto, per il coordinamento delle politiche economiche nell’ambito del semestre europeo. Sul punto, per un’analisi più ampia, si vv. N. Lupo, Next Generation Eu e sviluppi costituzionali dell’integrazione europea: verso un nuovo metodo di governo, cit., 729 ss.; L. Bartolucci, La sostenibilità del debito pubblico in Costituzione. Procedure euro-nazionali di bilancio e responsabilità verso le generazioni future, Cedam, Padova, 2020, p. 351 ss., G. Menegus, Gli indirizzi di massima per il coordinamento delle politiche economiche ex art. 121 TFUE nel quadro del semestre europeo, in Osservatorio sulle fonti, 3, 2020, p. 1452.
[[39]] Di cui 68,9 miliardi “a fondo perduto” (grants) e 122,6 miliardi da restituire entro il 2058 a condizioni agevolate.
[[40]] A tal fine, il 27% della dotazione complessiva è stato destinato a finanziare misure per la riduzione del digital divide; il 40% invece, è stato stanziato per interventi tesi a fronteggiare il cambiamento climatico e più del 10% alla coesione territoriale e sociale. Inoltre, nella prospettiva di comporre la frattura Nord-Sud, il Piano impone che il 40% delle risorse sia investito nel Mezzogiorno
[[41]] Tra i principali studi sulla programmazione: A. Patroni Griffi (a cura di), Next Generation EU e PNRR: il futuro dell’Europa e del Mezzogiorno, in Rassegna di diritto pubblico europeo, 1, 2023; A. Napolitano, Il ritorno dello Stato nell’economia per una (definitiva?) consacrazione di un’Europa sociale, in Rassegna di diritto pubblico europeo, 1, 2023; F. Bilancia, Intervento politico e nuove forme di intervento pubblico nell’economia in attuazione del Recovery and Resilience Facility, tra concorrenza e nuove politiche pubbliche, in Costituzionalismo.it, 1, 2022. Per alcuni studi più risalenti, ancora oggi di specifico interesse si vv. V. Bachelet, Legge, attività amministrativa e programmazione economica, in Giurisprudenza costituzionale, 1961, 904 ss.; A. Predieri, Pianificazione e Costituzione, Comunità, Milano, 1963, spec. 425 ss.; A. Barbera, Legge di piano e sistema delle fonti, Giuffrè, Milano, 1968.
[[42]] Così A. Saporito, Verso un ritorno allo Stato interventista?, in Diritto pubblico Europeo – Rassegna online, 1, 2024, 124.
[[43]] Così N. Lupo, I poteri dello Stato italiano alla luce del PNRR: prime indicazioni, in federalismi.it, 15. Sul punto, per un’analisi più ampia, si v. U. Ronga, Indirizzo politico e negoziazione interistituzionale nel PNRR, cit., 3153
[[44]] Così A. Manzella, L’indirizzo politico dopo Covid e PNRR, in federalismi.it, 19, 2022, 151.
[[45]] Così N. Lupo, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: un nuovo procedimento euro-nazionale, in federalismi.it, 15 febbraio 2023, 4.
[[46]] Così F. Salmoni, Piano Marshall, Recovery Fund e il containment americano verso la Cina. Condizionalità, debito e potere, in Costituzionalismo.it, 2, 2021, 51 ss.
[[47]] Così N. Lupo, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: un nuovo procedimento euro-nazionale, cit., 8.
[[49]] U. Ronga, Indirizzo politico e negoziazione interistituzionale nel PNRR, cit., 3153
[[50]] Tale espressione è tratta dal rapporto del Servizio Studi della Camera dei deputati Provvedimento d.l. 77/2021 – Governance del PNRR e semplificazioni pubblicato in data 28 luglio 2021.
[[51]] Cfr. U. Ronga, Indirizzo politico e negoziazione interistituzionale nel PNRR, cit., 3153. Considera il complessivo ruolo della Cabina di regia nelle procedure di attuazione del PNRR anche F. Bilancia, Indirizzo politico e nuove forme di intervento pubblico nell’economia in attuazione del Recovery and Resilience Facility, tra concorrenza e nuove politiche pubbliche, in Costituzionalismo.it, 1, 2020, p. 24.
[[52]] Tale sede, dunque, conferma, anche in tale occasione un ruolo di significativa rilevanza nelle procedure endogovernative. Sul punto, per un’analisi più ampia, si vv. U. Ronga, La rappresentanza degli interessi nel procedimento legislativo: la disciplina della Camera dei deputati, in Nomos, 1, 2019, spec. p. 7. Ancora riguardo a tale profilo si vv. C. Zucchelli, Il ruolo del Dipartimento degli Affari Giuridici e Legislativi, in E. Catelani, E. Rossi, (a cura di), L’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e l’analisi tecnico-normativa (ATN) nell’attività normativa del Governo, Milano, Giuffrè, 2002, 22; F. Patroni Griffi, La “fabbrica delle leggi” e la qualità della normazione in Italia, Relazione all’incontro di studio La sovranazionalità europea: posizioni soggettive e attività normativa, in Diritto Amministrativo, 1, 2000, 97-130.
[[53]] Sul punto per un’analisi più ampia si v. F.S. Marini, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, fra semplificazione e amministrativa, in D. De Lungo, F.S. Marini (a cura di), Scritti costituzionali sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Giappichelli, Torino, 2023, 195 ss.
[[54]] Così decreto-legge n. 77 del 2021, art. 8-bis.
[[55]] A tal proposito, si v. E. Tatì, I controlli amministrativi alla luce del Piano nazionale di ripresa e resilienza: problemi e prospettive tra efficienza e condizionalità, in federalismi.it, 86 ss.
[[56]] Così decreto-legge n. 77 del 2021, art. 6. Per facilitare i compiti del Servizio centrale per il PNRR ogni Amministrazione centrale titolare di interventi previsti dal PNRR individua (o costituisce ex novo) una struttura di coordinamento che agisce come punto di contatto con il Servizio centrale per il PNRR. Sul punto, per un’analisi più ampia, si v. S. Sileoni, Il governo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza oltre i Governi. Bilanci e prospettive del ruolo della Presidenza del Consiglio, in D. De Lungo, F.S. Marini (a cura di), Scritti costituzionali sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Giappichelli, Torino, 2023, 108 ss.
[[57]] Cfr. G. Menegus, La riforma della governance, in Osservatorio costituzionale, 3, 2023, 212.
[[58]] Considera il rilievo di tale organismo U. Ronga, La Cabina di Regia nel procedimento di attuazione del PNRR. Quale modello di raccordo tra Stato e Autonomie, in ISSiRFA, 2, 2022, 72 ss.
[[59]] Così decreto-legge n. 77 del 2021, art.7.
[[60]] Così decreto-legge n. 77 del 2021, art.7, comma 7. Per alcune considerazioni sul tema si v. G. Rivosecchi, La Corte dei conti ai tempi del “Recovery plan”: quale ruolo tra responsabilità amministrativa-contabile, semplificazioni e investimenti, in federalismi.it, 20, 2021, IX ss.
[[61]] Cfr. decreto-legge n. 77 del 2021, art. 2. Per un’analisi di tali procedure si v. R. Di Cesare, A. Zito, Dall’indirizzo al vincolo: le procedure parlamentari nell’esame del PNRR, in federalismi.it, 24, 2022, 117 ss.
[[62]] Si prevede, quindi, che le Commissioni parlamentari competenti, sulla base delle informazioni ricevute e dell’attività istruttoria svolta, anche in forma congiunta, con le modalità definite dalle intese tra i Presidenti della Camera e del Senato, monitorano lo stato di realizzazione del PNRR e i progressi compiuti nella sua attuazione, anche con riferimento alle singole misure, con particolare attenzione al rispetto e al raggiungimento degli obiettivi inerenti alle priorità trasversali del medesimo Piano, quali il clima, il digitale, la riduzione dei divari territoriali, la parità di genere e i giovani. Possono quindi formulare osservazioni ed esprimere valutazioni utili ai fini della migliore attuazione del PNRR nei tempi previsti
[[63]] Tale atto consente l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di «strutture temporanee per lo svolgimento di particolari compiti, il raggiungimento di determinati risultatati o la realizzazione di programmi specifici» (così S. Sileoni, Il governo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza oltre i Governi. Bilanci e prospettive del ruolo della Presidenza del Consiglio, in D. De Lungo, F.S. Marini (a cura di), Scritti costituzionali sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Giappichelli, Torino, 2023, 109).
[[64]] Per una analisi di tale meccanismo si v. C. Napoli, Spoils system e costituzione. Contributo allo studio dei rapporti tra politica e amministrazione, Giappichelli, Torino, 2017, spec. 53 ss.
[[65]] Così S. Sileoni, Il governo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza oltre i Governi. Bilanci e prospettive del ruolo della Presidenza del Consiglio, in D. De Lungo, F.S. Marini (a cura di), Scritti costituzionali sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Giappichelli, Torino, 2023, 109.
[[66]] Così I. Baisi, Il PNRR al giro di boa: luci e ombre nel prisma di una rimodulazione complessiva, in federalismi.it, 9, 2024, 45.
[[67]] Così decreto-legge n. 13 del 2023, art. 1, co. 1.
[[68]] Si conferma, dunque, anche nell’esperienza del Governo Meloni, il progressivo processo di «verticalizzazione» potere in atto da tempo nelle dinamiche della forma di governo. Tale processo, alla luce del PNRR è stato considerato, tra gli altri, da I. Ciolli, Emergenza pandemica e verticalizzazione del potere nella struttura dell’Esecutivo. Il ruolo del Presidente del Consiglio, in Osservatorio sulle fonti, 3, 2022, 307 ss.
[[69]] Più nel merito, si tratta del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, del Presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, del Presidente dell’Unione delle province d’Italia, del sindaco di Roma Capitale nonché dei rappresentanti delle parti sociali, delle categorie produttive e sociali, del sistema dell’Università e della ricerca, della società civile e delle organizzazioni della cittadinanza attiva.
[[70]] Così G. Trenta, L’incidenza della governance del PNRR nei rapporti endogovernativi, in federalismi.it, 3, 2024, 183.
[[72]] Il tema è stato considerato tra gli altri da N. Lupo, L’aggiornamento e l’integrazione del PNRR, tra crisi energetica e (parziale) mutamento di indirizzo politico, in Quaderni costituzionali, 2, 2023, 435 ss.; L. Bartolucci, Le modifiche del PNRR tra cambi di indirizzo politico e nuove «circostanze oggettive», in Rassegna parlamentare, 2, 2022, 323-325; F. Polacchini, Nuove emergenze e (possibili?) modifiche del PNRR: profili sostanziali e procedurali, in Quaderni Costituzionali, 4, 2022, 910-919.
[[73]] Cfr. decreto-legge n. 19 del 2024, art. 1, co. 1.
[[74]] Cfr. decreto-legge n. 19 del 2024, art. 1, co. 2.
[[75]] Trova ulteriore consolidamento, pertanto, il paradigma delle gestioni commissariali. Sul punto si v. il recente studio M. Bevilacqua, I problemi aperti dalla stabilizzazione del paradigma commissariale, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 4, 2022, 1149 ss.
[[76]] Cfr. decreto-legge n. 19 del 2024, art. 9, co. 1.
[[77]] Cfr. decreto-legge n. 19 del 2024, art. 9, co. 1.
[[78]] Cfr. decreto-legge n. 19 del 2024, art. 9, co. 1.
[[79]] Cfr. decreto-legge n. 19 del 2024, art. 10, co. 1.
[[80]] Così G. Trenta, L’incidenza della governance del PNRR nei rapporti endogovernativi, cit., 173.
[[81]] Rende conto di ciascuna di tali procedure I. Baisi, Il PNRR al giro di boa: luci e ombre nel prisma di una rimodulazione complessiva, cit., 47.
[[82]] Per una analisi sulle regole che disciplinano tale principio si v. il recente studio di A. Bartoli, Green Deal europeo e il cd. principio DNSH, in federalismi.it, 15, 2024, 51 ss.
[[83]] Cfr. I. Baisi, Il PNRR al giro di boa: luci e ombre nel prisma di una rimodulazione complessiva, cit., 47.
[[84]] Il tema è stato specificamente considerato da L. Bianchi, B. Caravita (a cura di), Il PNRR alla prova del Sud, Napoli, 2021 nonché da S. Staiano, Il Piano nazionale di ripresa e resilienza guardato da Sud, in federalismi.it, 14, 2021, IV ss.
[[85]] I dati sono estratti dal rapporto dalla scheda di Sintesi e approfondimento del Comitato per la legislazione della Camera dei deputati del 27 maggio 2021.
[[86]] Così L. Bartolucci, Il procedimento legislativo italiano alla prova del PNRR, in Policy Brief, 47, 2021, 2.
[[87]] Così N. Lupo, La delega legislativa come strumento di coordinamento dell’attività normativa di Governo e Parlamento: le lezioni che si possono trarre dalla legge n. 421 del 1992, in Amministrazione in Cammino, 2, 2022, 10.
[[88]] Anche attraverso le cd. leggi annuali. Analizza approfonditamente il caso A. Moliterni, La legge annuale per il mercato e la concorrenza al tempo del Pnrr, in Giornale di Diritto amministrativo, 5, 2022, 581 ss.
[[89]] Utilizza tale espressione U. Ronga, La delega legislativa. Recente rendimento del modello, Editoriale Scientifica, Napoli, 2020, 162.
[[90]] Considera tali profili ibidem.
[[91]] Così A. Conzutti, Il PNRR al crocevia tra forma di governo e tendenze in atto nel sistema euro-nazionale, in Quaderni costituzionali, 4, 2022, 735-736.
[[92]] Necessità e urgenza, infatti, sono state ritenuti presupposti riconducili «al provvedere e non necessariamente al provvedimento» (così A. Celotto, E. Di Benedetto, Art. 77 Cost., cit.).
[[93]] Cfr. Corte costituzionale sent. n. 108 del 1986, n. 243 del 1987, nn. 808, 810, 1033, 1060 del 1988, 263 del 1994. La Corte invece ha sempre ammesso la naturale trasmissibilità alla legge di conversione dei vizi sostanziali del decreto, a partire dalla sentenza n. 75 del 1967.
[[94]] Secondo quanto previsto dall’art.13 del Regolamento Ue 241/2021.
[[95]] Su ciascuno di essi, nel rispetto delle competenze previste dal modello di governance definito dal Governo Draghi con il decreto-legge n. 77 del 2021 il Servizio centrale del PNRR e l’Unità di Missione PNRR hanno svolto un’attività di controllo per verificare la corrispondenza agli obiettivi fissati dal Next Generation Eu: un procedimento essenziale per facilitare la rendicontazione finale al termine del semestre.
[[96]] Sull’intreccio tra transizione ecologica e digitale, anche per l’attuazione di modelli di sviluppo sostenibile U. Ronga, La sostenibilità ambientale nella transizione ecologica e digitale del PNRR. Un primo bilancio, in Nomos, 1, 2023, spec. 5 ss.
[[97]] L’elenco delle misure realizzate può essere consultato attraverso la Prima Relazione al Parlamento sui traguardi e obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza realizzati nell’esercizio 2021 svolta dalla Cabina di regia consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/content/sogei-ng/it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/-relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-naz.html
[[98]] Anche in questo caso l’elenco delle misure realizzate può essere consultato attraverso la Prima Relazione al Parlamento sui traguardi e obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza realizzati nell’esercizio 2021 svolta dalla Cabina di regia consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/content/sogei-ng/it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/-relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-naz.html
[[99]] Si tratta, più nello specifico: del Consiglio dei Ministri; del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale; del Ministero per l’economia e le finanze; del Ministero per le disabilità; del Ministero per il sud; del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri; del Ministero per le infrastrutture e della mobilità sostenibili; del Ministero della transizione ecologica; del Ministero dell’Università; del Ministero del turismo. Anche in questo caso, l’elenco delle amministrazioni coinvolte è stato tratto dalla Prima Relazione al Parlamento sui traguardi e obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza realizzati nell’esercizio 2021 svolta dalla Cabina di regia consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/content/sogei-ng/it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/-relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-naz.html
[[100]] Nel parere formulato in tale occasione la Commissione espresso una complessiva valutazione positiva sull’impatto delle misure, apprezzando particolarmente gli interventi in ambito civile, penale e in materia di crisi di impresa; la riforma degli appalti pubblici; le misure in materia di spending review e di contrasto all’evasione fiscale; i progressi in materia di transizione digitale; nonché le misure in materia di organizzazione e funzionamento della Pubblica amministrazione e di supporto alle imprese Seconda Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza svolta dalla Cabila di regia, consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-nazi0.html
[[101]] Cfr. Seconda Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza svolta dalla Cabila di regia, consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-nazi0.html
[[102]] Cfr. Seconda Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza svolta dalla Cabila di regia, consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-nazi0.html
[[103]] Cfr. Seconda Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza svolta dalla Cabila di regia, consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-nazi0.html
[[104]] Rende conto del rendimento della cabina di regia nella XVIII Legislatura U. Ronga, La Cabina di regia nel procedimento di attuazione del PNRR. Quale modello di raccordo tra Stato e Autonomie?, in Italian papers on federalism, 2, 2022, 65 ss.
[[105]] Cfr. Terza Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza svolta dalla Cabila di regia, consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-nazi0.html
[[106]] Cfr. Terza Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza svolta dalla Cabila di regia, consultabile attraverso il link https://www.italiadomani.gov.it/it/strumenti/documenti/archivio-documenti/relazione-al-parlamento-sullo-stato-di-attuazione-del-piano-nazi0.html
[[107]] Cfr. C. Brusini, V. Della Sala, Concessioni portuali, stadi e reti di teleriscaldamento: perché la Ue ha bloccato la terza rata del PNRR e di chi è la colpa. Due misure sono di Draghi, una di Meloni. Due misure sono di Draghi, una di Meloni, in Il Fatto quotidiano, 5 aprile 2023 da cui è stata tratta la ricostruzione più analitica delle vicende di seguito riportate.
[[108]] Di recente il tema è stato considerato, con specifico riferimento alle concessioni portuali e alle misure previste dal PNRR in tale ambito, da P. Brambilla, La riforma delle concessioni portuali tra PNRR e DDL concorrenza 2021, in federalismi.it, 18, 2022, 14 ss.
[[109]] Per una analisi riguardo ai poteri e al ruolo delle Autorità amministrative indipendenti, tra gli altri, si v. A. Patroni Griffi, Le autorità amministrative indipendenti nell’ordinamento costituzionale: profili problematici di ieri e di oggi, in Id. (a cura di), Autorità indipendenti e tutela giurisdizionale nella crisi dello Stato, in Rass. dir. pubbl. europeo, 1-2, 2015.
[[110]] Cfr. M. Perrone, G. Trovati, Pnrr, terza rata alla stretta finale. Sui poteri più forti all’Authority, in Il Sole 24 ore, 20 aprile 2023.
[[111]] Cfr. Osservatorio Recovery Plan, Atteso il decreto per sbloccare la terza rata PNRR da 19 miliardi, consultabile attraverso il link https://www.osservatoriorecovery.it/atteso-il-decreto-per-sbloccare-la-terza-rata-pnrr-da-19-miliardi/
[[112]] Cfr. I. Baisi, Il PNRR al giro di boa: luci e ombre nel prisma di una rimodulazione complessiva, in federalismi.it, 9, 2024, 57.
[[113]] Riguardo a tale complessiva ridefinizione del Piano si v. la relazione del Ministro degli Affari europei durante la riunione della Cabina di regia del 27 luglio 2023.
[[114]] A tal proposito, L. Bartolucci, Le modifiche del PNRR tra cambi di indirizzo politico e nuove «circostanze oggettive», in Rassegna parlamentare, 2, 2022, 323-352.
[[115]] Sul punto, per un’analisi più ampia, si v. N. Lupo, L’aggiornamento e l’integrazione del PNRR, tra crisi energetica e (parziale) mutamento di indirizzo politico, cit., 435 ss. nonché, per ulteriori approfondimenti, R. Famà, RePowerEU: Next Generation EU’s Architecture Beyond the Pandemic, in Rebuild Centre Working Paper, 6, 2023, 17 ss.
[[116]] Così. I. Baisi, Il PNRR al giro di boa: luci e ombre nel prisma di una rimodulazione complessiva, in federalismi.it, 9, 2024, 57.
[[117]] Per una analisi analitica sulle modifiche si v. ibidem.
[[118]] Anche in questa circostanza, dunque, emerge il sempre maggiore «intreccio tra forma di governo italiana e forma di governo europea» (così N. Lupo, L’intreccio delle forme di governo, tra Roma e Bruxelles: a proposito della crisi di governo di agosto 2019, cit., 2).
[[119]] Processo attivato da fattori differenti. Tra questi: il fattore partitico, relativo alla disarticolazione dei partiti di massa e all’ingresso sulla scena politica del «partito personale» (cfr. M. Calise, Il partito personale, Laterza, Roma-Bari, 2000); il fattore istituzionale, rappresentato dall’avvento della formula elettorale maggioritaria (cfr. M. Olivetti, Appunti sulle trasformazioni della forma di governo italiana, in Il Filangieri – Quaderno 2006, Napoli, 2007, 108); processo di integrazione europea (S. Bonfiglio, Costituzione e forma di governo nel quadro del processo di integrazione europea, Philos, Roma, 1999, spec. 29 ss.); il fattore geopolitico del crollo del muro di Berlino (cfr. F. Lanchester, Dal “grande” partito al “piccolo”, rispettabile e regolato, in Nomos, 2, 2014, 14); il fattore esogeno, determinato dai cambiamenti della comunicazione politica (cfr. G.C. De Cesare, Media and politics: il sistema politico-istituzionale e i mezzi di comunicazione di massa, in Id. (a cura di), Lezioni sul Parlamento nell’età del disincanto, Quaderni del Dipartimento di Scienze giuridiche, Luiss Guido Carli, Roma, 2011, 173 ss) e dalle vicende giudiziarie connesse all’inchiesta “Mani pulite”.
[[120]] Un andamento che nella vicenda pandemica ha conosciuto ulteriori sviluppi. Sul punto, per un’analisi più ampia, si v. U. Ronga, L’emergenza in Parlamento. Attraverso e oltre la pandemia, cit., spec. 79 ss.
[[121]] I virgolettati del periodo sono tratti da A. Manzella, L’indirizzo politico, dopo Covid e PNRR, in federalismi.it, 19, 2022, 150.
[[122]] Tale assetto si colloca in una relazione organizzativa tra organi costituzionali segnata da una debole razionalizzazione, che risente di fattori di ordine e natura differenti, a partire da quello partitico, che determinano, nella prassi, estensioni o compressioni delle prerogative di ciascun organo, specialmente di Governo e Parlamento. Tale elasticità si pone alla base della disciplina costituzionale del governo. Il rapporto fra Presidente, Ministri e Consiglio è determinato da variabili che definiscono la supremazia fra principio monocratico, collegiale e autonomia ministeriale. Pur aprendo a variazioni di tale assetto, la Costituzione indica la ricerca di un equilibrio, escludendo la prevalenza assoluta di un organo sugli altri. Si registra, cioè, una capacità del modello normativo di conformarsi alla prassi, cui, tuttavia, vengono posti argini, pur non espliciti, per bilanciare celerità del processo decisionale e partecipazione delle varie componenti governative. Questa scelta sembra scorgersi anche nelle pur minime indicazioni recate in Costituzione sui poteri del Presidente del Consiglio: il testo costituzionale, infatti, si limita ad assegnargli la direzione della «politica generale» del Governo – attribuendogliene la responsabilità – e il mantenimento dell’«unità di indirizzo politico e amministrativo», attraverso la promozione e il coordinamento dell’attività dei Ministri. Per un’analisi più ampia, si v. A tal proposito, il principale riferimento normativo è l’art. 95 Cost. Sul punto si vv. passim Così, F. Bassanini, Il rapporto tra il Presidente del Conisglio e i Ministri, in AA.VV., La Presidenza del Consiglio dei Ministri a trent’anni dalla legge n. 400 del 1988, Roma, 2020, 132 nonché per ulteriori approfondimenti G. Chiara, Il Governo, in L. Arcidiacono, A. Carullo (a cura di), Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 2016, 203 ss.; E. Catelani, Art. 95, in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Commentario alla Costituzione, Torino, 2006, 1386 ss; S. Merlini, Presidente del Consiglio e collegialità di governo, in Quaderni costituzionali, 2, 1982.. Sulla rilevanza del fattore partitico nello studio della forma di governo L. Elia, Governo (forme di), in Enc. Dir., Milano, XIX, 1970, spec. 638.; M. Luciani, Governo (forme di), in Enc. Dir., Annali III, Milano, 2010.
[[123]] Così N. Lupo, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: un nuovo procedimento euro-nazionale, cit., 4.
[[124]] Il tema, con specifico riferimento al ruolo del Presidente del Consiglio, di recente è stato considerato da I. Ciolli, Emergenza pandemica e verticalizzazione del potere nella struttura dell’Esecutivo. Il ruolo del Presidente del Consiglio, in Osservatorio sulle fonti, 3, 2022, 312.
[[125]] Così N. Lupo, L’intreccio delle forme di governo, tra Roma e Bruxelles: a proposito della crisi di governo di agosto 2019, cit., 4.
[[126]] Cfr. M. Cerase, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in Parlamento: genesi, vicende e contenuti, in D. De Lungo, F.S. Marini (a cura di), Scritti costituzionali sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Giappichelli, Torino, 2023, 45.
[[127]] Una tendenza risalente, già rilevata da A tal proposito si v. E. Rossi (a cura di), Il Parlamento consulente. Dati e tendenze relativi alla funzione consultiva parlamentare nella XIII Legislatura, Napoli, Jovene, 2002.
[[128]] Per una analisi sul controllo parlamentare nelle vicende connesse al PNRR si v. M. Malvicini, La funzione di controllo del Parlamento nell’ordinamento costituzionale italiano, Giappichelli, Torino, 2022, 135 ss.
[[129]] Dopo la trasmissione di una prima bozza da parte del Governo Conte II, le Camere hanno compiuto un esame articolatosi secondo una procedura molto vicina a quella prevista per l’approvazione del Documento di economia e finanza. In questo quadro, l’esame della bozza è stato assegnato, alla Camera, alla V Commissione (Bilancio), e al Senato, alla V Commissione (Bilancio) e alla XIV (Politiche dell’Unione europea), che hanno svolto una prima istruttoria sul programma elaborato dall’Esecutivo. A seguito di tale attività, ciascuna Camera ha approvato una risoluzione in funzione di indirizzo[129]. Dopo l’avvicendamento tra il Governo Conte II e il Governo Draghi (e un complessivo ripensamento del Piano), è stata trasmessa una nuova bozza alle Camere. A seguito di un ulteriore esame svolto da parte delle Commissioni competenti, presso ciascun ramo del Parlamento è stata approvata in sede decentrata una relazione, «fatta propria dalle Assemblee (rispettivamente il 31 marzo e il 1° aprile), attraverso l’approvazione di due risoluzioni di analogo contenuto»[129]. Anche alla luce delle osservazioni formulate dalle Camere in quegli atti, è stata proposta una nuova bozza dal Governo alle Camere. A seguito dalla votazione di due ulteriori risoluzioni, il Governo ha definito il testo finale del Piano e ha trasmesso alla Commissione europea la versione definitiva. Il 22 giugno 2021 la Commissione pubblica la proposta di Decisione di esecuzione del Consiglio, accompagnata da Documento di lavoro dei servizi della Commissione e da un Allegato. Il 13 luglio 2021 il Consiglio UE approva il PNRR italiano proposto dalla Commissione, che ha permesso alla Commissione di concludere con l’Italia un impegno giuridico ai sensi dell’art. 23 del Reg. (UE) 2021/241. Cfr. D. De Lungo, Contributo allo studio dei rapporti fra Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e sistema delle fonti statali: dinamiche, condizionamenti e prospettive, in Osservatorio sulle fonti, 3, 2022, 35, da cui sono tratti i virgolettati.
[[130]] Cfr. N. Lupo, I rapporti tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri organi di rilevanza costituzionale, in AA.VV. La Presidenza come centro della decisione di governo, in AA.VV., La Presidenza del Consiglio dei Ministri a trent’anni dalla legge n. 400 del 1988, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma, 2020, 53 ss.).
[[131]] Cfr. U. Ronga, Il Governo nell’emergenza (permanente). Sistema delle fonti e modello legislativo a partire dal caso Covid-19, cit., 24.
[[132]] Così N. Lupo, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: un nuovo procedimento euro-nazionale, cit., 4.
[[133]] Così U. Ronga, La legislazione negoziata. Autonomia e processi di regolazione politica, cit., 11.
[[134]] Tale profilo, con riferimento alle vicende del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è stato evidenziato da ultimo da Id., Indirizzo politico e negoziazione interistituzionale nel PNRR, cit., 3149 ss. Per ulteriori approfondimenti sul punto si v. Id., La rappresentanza degli interessi nel procedimento legislativo: la disciplina della Camera dei deputati, cit., spec. 17 ss.