venerdì, Aprile 19, 2024
Diritto e Impresa

L’obbligo di motivazione delle decisioni nei gruppi di società

a cura di Andrea Di Gregorio

Nell’ambito della disciplina accordata ai gruppi di società dal codice civile, assume rilevanza l’obbligo di motivazione delle decisioni delle società soggette ad altrui direzione e coordinamento[1]. L’art. 2497-ter c.c., introdotto dal D.Lgs. n. 6/2003, recita in tal senso: “Le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione. Di esse viene dato adeguato conto nella relazione di cui all’articolo 2428”.

La norma in esame costituisce un’importante regola di “organizzazione dell’attività del gruppo[2] ed è finalizzata non solo ad assicurare forme di trasparenza sulla gestione del gruppo, ma anche a garantire un controllo sulla corrispondenza dell’attività di direzione e coordinamento ai principi di “corretta gestione societaria ed imprenditoriale[3].

Come chiarito nel paragrafo 13 della Relazione Governativa al D.L.gs. n. 6/2003 “la ragione dell’analitica motivazione delle decisioni di chi esercita attività di direzione e coordinamento, art. 2497-ter, oltre che rispondere ad una precisa indicazione della delega, è altresì coerente all’impianto generale della normativa attenta a prevedere regole di trasparenza (…)”.

Si sostiene che tali regole di trasparenza giovino ai soggetti, quali i soci esterni al gruppo di controllo e i creditori della società controllata, legittimati secondo quanto disposto dall’art. 2497 ad esperire una “specifica azione di responsabilità[4].

Essendo il termine “decisioni” alquanto generico, è necessario delimitare l’ambito applicativo della norma, vale a dire il tipo di atti a cui si riferisce. L’obbligo di motivazione viene così previsto per tutti i provvedimenti nei quali sia ravvisabile un contenuto decisorio, a partire dalle delibere assunte dal Consiglio di Amministrazione fino a ricomprendere le decisioni adottate dall’Assemblea dei Soci, ogniqualvolta esse risentano della posizione di soggezione da parte della società che esercita attività di direzione e coordinamento[5].

In tale contesto, il Tribunale di Milano con sentenza 5 marzo 2015 ha stabilito che, affinché possa parlarsi di decisione “influenzata”, è necessario che l’attività di direzione e coordinamento abbia concretamente riguardato l’operazione oggetto della decisione; è stato tuttavia osservato come, in una società sottoposta all’altrui direzione e coordinamento, la quasi totalità delle decisioni, quantomeno indirettamente, risulti influenzata dall’esistenza di una relazione di subordinazione, la quale implica il perseguimento di una politica di gruppo[6].

Autorevole dottrina ha interpretato questa disposizione in via più restrittiva, affermando che sia soggetta all’obbligo in esame non già qualsiasi decisione in linea con le strategie del gruppo, bensì solamente quelle “potenzialmente contrarie ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale”, laddove siano ravvisabili conseguenze antieconomiche o non sia percepibile un vantaggio immediatamente apprezzabile per la società[7].

Sulla base della lettera della disposizione dovrebbero essere escluse dall’obbligo in oggetto non solo le decisioni assunte dalla società controllata in totale autonomia, ma anche quelle che, pur essendo connesse con l’appartenenza al gruppo, non risultino condizionate dall’attività di direzione e coordinamento, e che quindi non arrechino alcun pregiudizio alla controllata stessa[8].

In merito alla struttura della motivazione, essa dovrà sia far riferimento alle linee di condotta impartite dalla società capogruppo, sia dei cosiddetti vantaggi compensativi (la disciplina dei quali è rinvenibile all’art. 2497, comma 1, ultima parte, c.c.), che rendono lecita la decisione assunta[9]. La puntuale motivazione delle decisioni costituisce, pertanto, un utile istituto per porre in evidenza eventuali situazioni di conflitto di interessi, risultando, inoltre, un valido strumento di valutazione ex post dei vantaggi compensativi[10].

 

Un ulteriore profilo di rilevanza è costituito dall’ultimo comma del menzionato art. 2497-ter c.c., laddove viene previsto l’obbligo per gli amministratori di dar informazione delle decisioni e delle motivazioni nella relazione di cui all’art. 2428 c.c., vale a dire la relazione sulla gestione che accompagna il bilancio d’esercizio, affinché anche i terzi ne siano edotti. Considerato il generico tenore letterale della norma in esame, dubbi sono emersi circa l’obbligo di dar conto, nella suddetta relazione, unicamente delle decisioni adottate, ovvero anche delle analitiche motivazioni e degli interessi che abbiano inciso sulle stesse. In merito è stato osservato come la relazione sulla gestione debba esplicare i rapporti intercorsi con il soggetto che svolga attività di direzione e coordinamento e i relativi effetti sull’attività aziendale, nonché riportare tutte le decisioni che risentano dell’influenza di tale soggetto, indicando le motivazioni e le ragioni per le quali siano state adottate[11].

La norma nulla dispone in merito alle conseguenze derivanti dalla violazione dell’obbligo di motivazione. I rimedi prospettati dalla dottrina risiedono nella possibilità di impugnare l’atto e/o la delibera, in quanto privi di motivazione, oppure nella possibilità di richiedere il risarcimento del danno, pur mantenendo ferma la validità dell’atto assunto. Assunto che l’obbligo di motivazione costituisce una regola organizzativa della disciplina del gruppo e delle decisioni della società controllata, si ritiene che il rimedio invalidatorio sia da prediligere, in quanto una decisione non corredata da motivazione sarebbe in contrasto con lo statuto organizzativo del gruppo, così come sancito nella norma di legge[12].

A sostegno di questo rimedio si registra anche la tesi secondo la quale gli atti privi di motivazione o muniti di una motivazione insufficiente siano annullabili, secondo i principi generali del codice civile, per “non conformità alla legge”[13].

 

[1] È opportuno precisare che l’obbligo di motivazione enunciato dalla norma concerna unicamente le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento (cosiddette società controllate), non essendo stato previsto un egual obbligo per le società che esercitino tale attività (cosiddette società controllanti).

[2] G. Scognamiglio, “Motivazioni delle decisioni e governo del gruppo”, 2009.

[3] U. Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, edizione 2010.

[4] G. Scognamiglio, op. cit.

[5] E. D’Innella, F. Tripodi, La riforma del diritto societario: direzione e coordinamento di società, edizione 2019. Dello stesso avviso C. ANGELICI, La riforma delle società di capitali: lezioni di diritto commerciale, edizione 2006.

[6] V. Giavazzi e G. Berta, Attività di direzione e coordinamento, in G. Berta, I gruppi societari, edizione 2011.

[7] U. Tombari, op. cit. L’autore, peraltro, estende l’obbligo di motivazione anche alle decisioni assunte indipendentemente da un’apposita deliberazione quali, ad esempio, le decisioni dell’amministratore unico, dell’amministratore delegato e del direttore generale.

[8] F. Chiappetta, Diritto del governo societario, edizione 2017. Di diverso avviso appare R. Pennisi, La disciplina delle società soggette a direzione unitaria e il recesso nei gruppi, in P. Abbadessa e G.B. Portale, Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, edizione 2007, il quale sostiene che debbano essere motivate tutte quelle decisioni in qualche modo influenzate, indipendentemente dagli effetti che le stesse siano in grado di determinare per la società amministrata.

[9] Secondo Tribunale Milano 5-3-2015, l’obbligo di motivazione può essere assolto con motivazione, in tutto o in parte, per relationem, purché il documento richiamato sia accessibile ai medesimi soggetti che abbiano accesso alla decisione stessa.

[10] A. Muratore, Commento agli artt. 2497-bis – 2497-ter c.c., in G. Cottino, P. Bonfante, O. Cagnasso e P. Montalenti, Il nuovo diritto societario, edizione 2004.

[11] S. Gardini, Il bilancio consolidato secondo i principi contabili nazionali e internazionali, edizione 2010.

[12] A. Di Majo, I gruppi di imprese tra insolvenza e diritto societario, edizione 2012.

[13] G. Scognamiglio, op. cit.

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