giovedì, Marzo 28, 2024
Diritto e Impresa

L’operazione di acquisizione societaria – Parte III

Il perfezionamento dell’operazione

Il signor Bianchi e il signor Rossi hanno pattuito finalmente un purchase price[1]. Se si stesse parlando di un ordinario contratto di compravendita, si potrebbe pensare – in maniera opportuna – che l’operazione nel suo insieme sia volta alla conclusione. Alla luce di tutte le peculiarità sin ora esaminate, tuttavia, non risulta difficile immaginare che evidentemente non sia ancora giunto questo momento[2].

Oggetto della terza ed ultima parte della trattazione inerente al sale and purchase agreement è dunque il perfezionamento dell’operazione, ossia l’insieme di quelle fasi che, una successivamente all’altra, sono deputate a condurre le parti al cosiddetto closing[3].

Di seguito, una rappresentazione schematica dei successivi step che il seller e il buyer sono chiamati a superare.

In successione, dunque, distinguiamo i seguenti momenti:

  • Le conditions precedents;
  • Le Representations & Warranties[1];
  • Il signing del SPA;
  • L’Interim management[2];
  • La subsequent Due diligence;
  • Il Price adjustment[3];
  • Il Closing del SPA;
  • Il Post-closing.

In via preliminare, anteriormente all’analisi nel merito dei singoli momenti appena elencati, si segnala come tali fasi costituiscano fattori tipici di un sale and purchase agreement: in altre parole, si tratta di aspetti intrinseci di un’operazione di acquisizione societaria generalmente intesa[4]. E purtuttavia, è opportuno tenere a mente – parimenti – la prassi in tema di sale and purchase agreements la quale evidenzia, a ben vedere, la necessità che tale connotato di tipicità non debba essere confuso con, o inteso alla stregua di, un vincolo di obbligatorietà[5].

Procedendo nella disamina, la riflessione prende le mosse da quanto sin ora si è analizzato con riguardo al difficile inquadramento giuridico del sale and purchase agreement. Come si evidenziava nella Parte I della trattazione, in dottrina si è disquisito a lungo circa la natura legale di tale negozio giuridico. Essenzialmente, un SPA è un contratto (alieno) di compravendita che ha ad oggetto azioni/quote di società di capitali, tramite il quale il buyer – da una parte – mira senz’altro al controllo della partecipazione societaria del seller; parimenti – dall’altra – mira non già alla suddetta partecipazione sociale, quanto al patrimonio societario della target[6]. Insomma, se in primis il SPA contiene il mero impegno delle parti ad effettuare una compravendita di uno stock of shares, in secundis – proprio perché questo negozio giuridico riguarda anche il patrimonio di una società, ossia di un’impresa – il sale and purchase agreement prevede altresì tutta una serie di condizioni[7] e di termini, di dichiarazioni e di garanzie rese dalle parti[8], nonché di obblighi di indennizzo e di variegate pattuizioni ancillari per perfezionare la cessione del patrimonio.

Per dare un’idea maggiormente concreta, si pensi che in un’operazione di compravendita di partecipazioni societarie la cessione del pacchetto azionario in senso stretto rappresenta di per sé – solitamente – un articolo su centinaia dell’intero sale and purchase agreement. E ciò perché il tema della questione è proprio il fatto che la vendita dello stock of shares non è la sola attività da svolgersi, bensì una componente residuale – quantitativamente irrilevante – rispetto alla prorompente componente negoziale inerente agli obblighi e alle assicurazioni del caso che rendono la mera ed essenziale compravendita, una vantaggiosa ed opportuna compravendita[9].

In questo senso, in ordine al signing di un conveniente sale and purchase agreement[10], le parti si avvalgono di due particolari strumenti giuridici: le conditions precedents e le representations & warranties.

Le Conditions precedents

Con il termine conditions precedents[11] si allude – fortunatamente per l’interprete italiano – ad uno strumento giuridico già noto al nostro ordinamento giuridico: le condizioni ex art. 1353 codice civile[12].

Ai sensi dell’art. 1353, la condizione posta dalle parti[13] può essere sospensiva[14] o risolutiva. Nella prima ipotesi, la condizione rappresenta un evento futuro ed incerto[15] determinato convenzionalmente dalle parti che non permette, fino al suo corretto avveramento, l’efficacia del contratto; nella seconda ipotesi, contrariamente, la condizione pattuita dai contraenti qualora dovesse correttamente avverarsi, anziché legittimare l’efficacia del contratto, ne farebbe cessare gli effetti.

Evidenziare questa distinzione di efficacia della condizione ex 1353 c.c., pacificamente consolidata in dottrina e in giurisprudenza, è particolarmente opportuno per comprendere se ambedue gli strumenti giuridici forniti dal legislatore siano realisticamente apprezzabili dalle parti contraenti. Qualora fosse così, ulteriormente, sarebbe altresì importante intendere quale delle due ipotesi sia maggiormente idonea alle peculiarità del contenuto di una compravendita di partecipazioni sociali.

Entrando nel merito della trattazione, si ponga l’accento su una questione straordinariamente affascinante, ossia su come il sale and purchase agreement sia un contratto che miri ad essere auto-sufficiente[16]. Con questa affermazione si vuole intendere che, sebbene le parti possano scegliere di adottare un determinato diritto nazionale per regolamentare l’operazione straordinaria[17], il sale and purchase agreement è un contratto che non è ideato per essere integrato da una disciplina legale, qualsiasi essa sia. La stessa clausola “applicable law” incontrata nella Parte I della disamina sancisce, più propriamente, un criterio sussidiario delle parti – in altre parole una estrema ratio a cui attingere – nella sfortunata e malaugurata ipotesi in cui non abbiano raggiunto l’intendimento su taluni profili, o in cui abbiano lasciato qualche aspetto scoperto da regolamentazione. Essenzialmente, dunque, nonostante le parti prevedano sempre una legge/un diritto (nazionale) applicabile, esse mirano a prevedere tutto ciò che è necessario onde evitare di compiere future integrazioni o completamenti.

Questa peculiarità appena descritta disegna una cornice giuridica vetusta in cui le conditions precedents si incastrano in maniera pittoresca. Sia che abbiano natura sospensiva, sia che abbiano carattere risolutivo. A titolo esemplificativo, si prendano a riferimento i seguenti esempi.

Il signor Bianchi pone come condizione sospensiva al signor Rossi, seller della partecipazione di controllo, il previo ottenimento delle autorizzazioni ad hoc da parte degli organi antitrust. In altre parole il buyer si rivolge al seller dicendo: “gentile venditore, siamo d’accordo con riguardo a quanto negoziato sin ora, tuttavia – per procedere al perfezionamento del contratto – ho bisogno che tu mi consegni le autorizzazioni ad hoc da parte dell’autorità antitrust entro il mese precedente alla data del closing.”. A ben vedere tale messaggio, eventualmente redatto in apposita clausola contrattuale, rappresenta una condition precedent di natura sospensiva. Più precisamente, vi è un evento futuro ed incerto (la concessione dell’autorizzazione da parte degli organi antitrust) all’avveramento del quale – e solo a questa esclusiva condizione – è possibile far seguito gli effetti del negozio giuridico: sino a quel momento, il contratto non produce effetti.

E ancora, si pensi alla situazione in cui il signor Bianchi dichiari al signor Rossi: “signor Rossi, fissato a 5000 il purchase price, sono disposto a firmare il sale and purchase agreement e a comprare la partecipazione sociale relativa alla sua società farmaceutica. Tuttavia, se entro un anno dal closing l’European Medicines Agency non avrà approvato il suo vaccino “X”, il contratto si risolverà”. Anche qui: c’è un evento futuro ed incerto (l’approvazione del vaccino “X” da parte dell’EMA[18]), tuttavia – al suo avveramento – non ci sarà la produzione degli effetti giuridici, quanto la risoluzione contrattuale.

Prendendo a modello questi due esempi riportati, la ratio che si cela dietro le conditions precedents appare evidente. Se un soggetto dell’operazione pone come condizione sospensiva il previo ottenimento delle autorizzazioni antitrust, sta essenzialmente dicendo all’altro stipulante: “Caro contraente, quelle autorizzazioni mi servono per non violare la disciplina antitrust in materia di cartelli. Dunque onde evitare di intercorrere in pesanti sanzioni amministrative, nonché in eventuali blocchi di produzione, l’accordo avrà effetto solamente da quando le otterrò”. E ancora, se una parte pone come condizione risolutiva l’approvazione del vaccino da parte di un’apposita autorità, in altre parole sta affermando: “gentile stipulante, l’accordo è compiuto. Bada bene, però, che lo sto portando a termine solamente per appropriarmi della produzione del vaccino che hai sviluppato. Se l’EMA non lo autorizzerà – e dunque non potrò giovarne – il contratto sarà considerato risolto”.

Ecco qual è la ratio delle conditions precedents: tutelare gli interessi economici dei proponenti[19]. In relazione a ciò, nulla osta al pacifico apprezzamento di tali istituti giuridici da parte del seller e del buyer, i quali non possono far altro che giovare di tali meccanismi giuridici che – all’uopo – si prestano ad accompagnare e plasmare le complesse negoziazioni dei contraenti[20].

In raffigurazione, l’efficacia di una condizione sospensiva e di una condizione risolutiva.

Le Representations & warranties

Sempre con riguardo alla peculiarità per la quale il sale and purchase agreement mira ad essere un contratto auto-sufficiente, un secondo strumento giuridico che fa particolare gola alle parti consiste nelle representations & warranties.

Le “R&Ws[1] sono, in via preliminare, delle particolari dichiarazioni e garanzie che le parti decidono di porgersi vicendevolmente al fine di “sincerarsi” su taluni profili di un sale and purchase agreement[2]. I termini representations e warranties significano rispettivamente “dichiarazioni” e “garanzia” e sono asserzioni, “assicurazioni”, che il buyer e il seller rilasciano all’altro contraente relativamente alla società compravenduta o al proprio business. Più precisamente, con una “representation” o una “warranty” una parte non si limita a fare una semplice dichiarazione o a fornire un’informazione; ciò che in realtà commette è ben altro, e cioè fornisce un preciso messaggio all’altro contraente, sintetizzabile in: “la situazione è esattamente così come ti sto dichiarando e su questa mia attestazione puoi fare affidamento”.

Questo concetto, che può a prima vista sembrare banale, sottende una rilevanza economica di prim’ordine. A ben vedere, infatti, il buyer e il seller che si forniscono vicendevolmente asserzioni, successivamente faranno leva sulle stesse per decidere variabili essenziali della compravendita, prima fra tutte il purchase price. Si pensi al caso in cui la signora Bianchi cerchi di farsi elargire delle warranties dal signor Rossi: “gentile sig.ra Rossi, durante lo svolgimento della due diligence legale ho esaminato i contratti di fornitura che la target ha stipulato con i grossisti, nonché alcuni contratti inerenti talune obbligazioni che la società si è impegnata ad adempiere negli ultimi tre anni. Può garantirmi che dal punto di vista legale, la target sia compliant with Law[3]? O ancora: “sig.ra Rossi, dai bilanci degli ultimi 3 esercizi non risultano considerevoli ammontare di perdite. Può dichiarare che i bilanci siano stati redatti diligentemente?”.

La presenza o meno di garanzie su tali quesiti influenza sensibilmente la trattativa in atto rendendola buyer-friendly o seller friendly. Nel primo caso, il seller dichiara e garantisce quanto gli è richiesto, nel secondo caso, il buyer non ottiene quanto desiderava[4]. A ben vedere – immaginando una fattispecie concreta – per la sig.ra   Bianchi un conto è negoziare il purchase price di una target che è suscettibile di subire un eventuale e futuro contenzioso; altro conto, invece, è quantificare il purchase price di una target di cui il seller ha garantito che non è possibile la nascita di un eventuale contenzioso – o che comunque – qualora dovesse sorgere, che egli sarebbe disposto a pagare un indennizzo. Detto in altrimenti: se io acquirente non sono assicurato dal venditore su alcuni profili del bene che voglio comprare, sicuramente chiederò una diminuzione del prezzo. E ancora, parimenti: un conto è modulare il purchase price sulla constatazione che i bilanci della target non abbiano nulla da nascondere; altro conto, invece, è formulare un purchase price mettendo in conto la probabilità – non affatto remota – che sopraggiungano debiti pregressi “sfuggiti” per negligenza al controllo del seller. Anche qui, secondo logica: meno assicurazioni ha il buyer, più pretenderà che il purchase price scenda.

In sintesi: se il buyer non avrà le garanzie che auspica di avere, chiederà un abbassamento del purchase price[5]; contrariamente, se il seller deciderà di fornire valide e numerose representations & warranties al buyer, egli chiederà contestualmente a quest’ultimo un innalzamento del prezzo per compensare l’accollo del rischio.[6]

Ma da cosa deriva questo innalzamento o abbassamento del prezzo? Ossia, perché il purchase price è suscettibile di variazione economica con riguardo alla presenza o assenza delle R&Ws? La risposta alle domande è nota come “sole remedy”[1], ossia la “clausola di indennizzo”[2].

Essenzialmente, tale clausola rappresenta una postilla contrattuale di natura squisitamente pattizia ai sensi della quale il contraente che ha dichiarato il falso nella stesura delle representations & warranties, è obbligato a indennizzare l’altro stipulante. Tale disposizione trova un logico e pacifico fondamento: non avrebbe senso far dichiarare o garantire – al seller quanto al buyer – questo o quell’altro profilo della target o del proprio business senza prevedere una sanzione in caso di relativa mendace dichiarazione. Orbene, con riguardo agli esempi riportati precedentemente, se la sig.ra Bianchi e il sig. Rossi dovessero giungere al closing – e pochi mesi dopo il perfezionamento dell’acquisizione la sig.ra Bianchi dovesse vedersi recapitare un decreto ingiuntivo a causa di un debito inerente ad un precedente inadempimento contrattuale della target – allora si attiverebbe a ben vedere la indemnity clause poiché il sig. Rossi aveva dichiarato che non esistevano debiti pregressi e che il bilancio era stato redatto diligentemente.

È l’accollo del rischio, il pericolo di dover indennizzare l’altro contraente, ciò che fa aumentare il valore del purchase price. È in atto un gioco di equilibri: il buyer vorrà avere molte representations & warranties così da potersi tutelare con un eventuale indennizzo (e in tal caso subirà un aumento del valore del purchase price); il seller – in maniera opposta – vorrà concederne poche proprio per non accollarsi il rischio di dover indennizzare il buyer (e per tanto, nel qual caso, subirà la diminuzione del valore dello stock of shares).

In forma schematica, si raffigura l’inserimento della indemnity clause.

Posto questo spaccato generale, si procede con la disamina delle qualità inerenti alle R&Ws.

In via preliminare, è possibile distinguere le dichiarazioni e garanzie in due macro categorie: le legal warranties[1] e le business warranties[2]. Tale dicotoma – tutt’altro che dogmatica – affonda le proprie radici nel fatto che il sale and purchase agreement ha una natura composita ed atipica per la quale è opportuno prestare particolare attenzione nella focalizzazione dell’oggetto del contratto. Come si ha avuto modo di osservare in precedenza, l’acquisto di partecipazioni sociali è il mezzo attraverso il quale l’acquirente intende “puntare” al patrimonio della target che, si rammenta, non è oggetto della vicenda traslativa[3]. Da ciò, e in virtù anche della recente ed illuminante pronuncia del giudice di legittimità[4], si deduce che in un sale and purchase agreement da una parte c’è un oggetto immediato – il quale è senza dubbio costituito dalla partecipazione societaria che si vuole trasferire, dunque lo stock of shares; d’altra parte, invece, vi è un oggetto mediato – il quale è costituito dal patrimonio della società target le cui partecipazioni si riferiscono.

Si badi bene: questa diversificazione non è una mera questione di formalismi, ma evidenzia una tema di sostanziale importanza in quanto a seconda che si tratti di oggetto immediato o mediato (o detto altrimenti, di “bene di primo grado” e “bene di secondo grado”[5]) esistono diversi rimedi legali, di portata più o meno ampia, deputati alla tutela dell’acquirente di dette partecipazioni[6].

Per quanto concerne le legal warranties – stante il fatto per cui l’oggetto immediato del contratto di trasferimento di partecipazioni in società è costituito, appunto, dalle partecipazioni – esse sono essenzialmente quelle garanzie che riguardano il suddetto oggetto immediato. In altre parole, sono le asserzioni che il seller dà al buyer relativamente alle caratteristiche ed alle quantità delle partecipazioni sociali della società cui esse ineriscono[7]. Tali legal warranties hanno origine negli ordinamenti del common law e riguardano essenzialmente profili squisitamente tecnici dello stock of shares.

In maniera esemplificativa, dunque certamente non esaustiva, si tenga presente che l’oggetto tipico delle legal warranties sono ad esempio: la piena proprietà della partecipazione sociale in capo al seller, la libera disponibilità della stessa, la libertà della medesima da eventuali vincoli, gravami o diritti di terzi; l’esistenza o il vincolo di eventuali limitazioni alla circolazione o il fatto che la target non sia sottoposta a procedure concorsuali o che non versi in stato di liquidazione. A fronte di queste garanzie legali, la giurisprudenza è orientata a riconoscere l’efficacia tanto della indemnity clause, dunque del sole remedy, quanto dei tradizionali rimedi legali previsti dal codice civile[8].

Le business warranties, contrariamente alle garanzie appena esaminate, sono dichiarazioni inerenti all’oggetto mediato, ossia dichiarazioni che il venditore dà al compratore relativamente alla consistenza ed alle caratteristiche del patrimonio della target le cui partecipazioni sono oggetto della vicenda traslativa.[9] Tipicamente, ad onor del vero, si riferiscono altresì alla veridicità del bilancio o ad eventuali insussistenze attive, minusvalenze o sopravvenienze passive.[10]

La ratio delle business warranties non differisce dallo scopo canonico delle R&Ws, dunque consiste nell’affermazione circa la sussistenza di determinate caratteristiche – in questo caso di natura strettamente patrimoniale – con la contemporanea assunzione del rischio di eventuali difformità rispetto alla situazione che si è garantita.

Una rilevante differenza con riguardo alle legal warranties consiste nel fatto che – proprio in virtù della peculiarità per la quale sono le partecipazioni sociali il bene primario oggetto della compravendita e non il patrimonio della società – la consistenza patrimoniale della target non rientra nel novero delle qualità promesse dei beni venduti[11] (proprio perché non si vende la target, ma lo stock of shares!). In conseguenza di ciò, come affermato recentemente dalla Corte di Cassazione[12], le business warranties non sono soggette al termine annuale di prescrizione previsto dagli artt. 1497 e 1495 c.c.[13], bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale[14].

Alla luce di tutto quanto previsto, con particolare riguardo allo scopo, alle caratteristiche, e alla natura giuridica delle R&Ws, si comprende adesso perché tale clausola negoziale costituisca tendenzialmente la “fetta” quantitativamente più rilevante dell’intero accordo di M&A[15].

Il Signing del Sale and Purchase Agreement

Una volta stese nero su bianco le representations & warranties, le parti possono compiere il cosiddetto signing del sale and purchase agreement.

Questa terminologia angloamericana può essere interpretata in due differenti modi, dunque per comprendere cosa sia il signing occorre analizzare i due diversi significanti.

  1. La prima interpretazione vede il signing di un SPA inteso come la firma della compravendita in senso stretto; in altre parole, secondo questa interpretazione, il signor Bianchi e la signora Rossi si troverebbero a firmare l’accordo disciplinante la cessione della partecipazione sociale in corresponsione del purchase price e, si badi attenzione, di ciò soltanto.
  2. La seconda interpretazione, differentemente, allude alla firma non già di una compravendita in senso stretto, quanto di un contratto dal contenuto più ampio, il quale, a questo punto della negoziazione, presenterebbe un contenuto senza dubbio rilevante[16]. Nel caso tenuto ad esempio, il signor Bianchi e la signora Rossi si vedrebbero a firmare un accordo quadro che spazierebbe dal non disclosure agreement all’exclusivity agreement; dal memorandum of understanding al purchase price.

La dottrina è pacificamente concorde nel ritenere la seconda interpretazione più corretta. In questo senso, il signing del sale and purchase agreement è la firma di un documento con il quale le parti essenzialmente si dicono: “Siamo giunti a questo punto dell’operazione e siamo d’accordo su tutto quanto abbiamo negoziato precedentemente; siamo altresì d’accordo, successivamente allo svolgimento dell’attività di due diligence e alla stesura delle representations & warranties, a valutare la partecipazione sociale in oggetto al prezzo di “X”. La compravendita è fissata il secondo lunedì del mese di settembre 2021, previo avveramento delle conditions precedents.”.

Essenzialmente, le parti firmano una scrittura privata di natura complessa, di cui – in virtù della varietà delle questioni oggetto di tale convenzione e della specificità di ciascuna singola “fase” del SPA – è impraticabile un qualsivoglia inquadramento giuridico dell’accordo in parola[17]. Per quanto concerne il contenuto di questo accordo-quadro, esso riflette profili molto ampi e rispecchia tutto ciò che i contraenti hanno negoziato sino a questo momento.

Gli effetti giuridici del signing

La questione merita apposita menzione. Il signing quali effetti giuridici produce? concretizza la compravendita della partecipazione sociale? Determina il trasferimento delle azioni? È una scrittura vincolante per le parti?

Entrando nel merito della risposta, in via preliminare si segnala dapprima che il signing non determina il perfezionamento del sale and purchase agreement e non produce effetti giuridici con riguardo al trasferimento della proprietà dei titoli azionari. Discorso diverso, invece, è quello riguardante la vincolatività della scrittura. Procedendo per ordine:

  1. Il signing non determina il perfezionamento del sale and purchase agreement in quanto – in ordine alla conclusine conclusione vera e propria del contratto – mancano ancora diversi step, primo fra tutti la verificazione delle conditions precedents e delle representations & warranties.
  2. Il signing non produce effetti giuridici con riguardo al trasferimento della proprietà per due ordini di motivi. Il primo attiene al fatto che in regime di SPA opera una deroga[18] al principio del consenso traslativo disciplinato nel dispositivo dell’art. 1376[19], articolo ai sensi del quale la mera volontà delle parti è sufficiente a far sussistere l’effetto reale del trasferimento della proprietà. In secondo luogo, l’accordo quadro – nonostante il suo contenuto ampio – presenta ancora il carattere della preliminarietà.

Sul tema della vincolatività del signing – e dunque dell’intero accordo quadro – la dottrina non presenta una univoca visione. In prima istanza, si segnala che il sale and purchase agreement[20] più che sancire una obbligatorietà di carattere definitivo fissa gli impegni che le parti assumono in vista ed in funzione dell’effettivo trasferimento della titolarità giuridica e del possesso dei beni oggetto di trasferimento. Questo primo elemento, ossia il “fissare gli impegni”, evidenzia decisamente un crisma tipico di un accordo preliminare[21]. A ben vedere, tuttavia, per formulare un’analisi più attenta sulla vincolatività occorre saggiare il rapporto tra altri fattori tipici di un SPA e il dispositivo dell’art. 1351[22], il quale rubrica il “contratto preliminare”.

Innanzitutto, l’intera operazione di M&A, per quanto concerne il profilo giuridico, è scandita in tre macro-fasi temporali:

  1. Una fase preparatoria, in cui le parti si impegnano nelle scritture preliminari antecedenti al signing;
  2. Una fase intermedia, in cui le parti disciplinano gli impegni da adempiere tra il signing e il closing;
  3. Una fase conclusiva, in cui le parti effettuano il closing e procedono con il periodo di post-closing.

Ebbene, le scritture private inerenti alla fase preparatoria – come si è visto allorquando si è proceduti nella trattazione della Parte I della trattazione – sono variegate dal punto di vista sostanziale e, ulteriormente, sono eterogenee anche con riguardo alla loro efficacia giuridica. In linea di principio, l’esistenza o meno di un vincolo di obbligatorietà deriva non già da una norma a monte delle scritture – la quale a ben vedere non è contemplata in alcun luogo dell’ordinamento giuridico – bensì dal contenuto dei singoli negozi giuridici il quale è rimesso all’animus contrahendi delle parti. Rilevante, in aggiunta, è anche il modo[23] in cui le parti stipulano tali scritture: non è del tutto impossibile (anzi!) che un giudice o un arbitro possano intendere questa o quella clausola vincolante, contrariamente alla volontà dei contraenti[24].

Per quanto concerne le scritture della fase intermedia bisogna compiere dapprima un distinguo. In prima luogo, nulla quaestio riguardo alla vincolatività delle representations & warranties le quali – tanto nella forma delle legal warranties che nella forma delle business warranties prevedono rimedi legali o convenzionali[25] più o meno ampi deputati a indennizzare, risarcire – o più genericamente a tutelare – la parte che veda ledersi il diritto soggettivo a seguito di una condotta lesiva commessa dall’altro contraente.

In secondo luogo, ossia con riguardo all’accordo quadro, la situazione si complica sensibilmente. Il punto della questione è fondamentalmente uno: l’accordo quadro può essere considerato un accordo preliminare? A prima vista, potrebbe rispondersi affermativamente in virtù di diversi elementi. Nell’accordo quadro, effettivamente, sono inserite disposizioni eterogenee che sono funzionalmente scritte per giungere al closing. Questo carattere della propedeuticità, della funzionalità, a ben vedere rappresenta una componente fondamentale dell’humus tipico di una scrittura preliminare. E purtuttavia – al netto di questo elemento significativo – è solo considerando nella fattispecie concreta quanto scritto all’interno di un accordo quadro che è possibile comprendere come mai la risposta alla domanda sopra citata sia: “dipende”.

Un accordo quadro può essere considerato un preliminare – e dunque vincolare le parti al suo contenuto e a perfezionare successivamente un contratto cosiddetto “definitivo” – oppure può non esserlo. La variabile che determina la categorizzazione in un istituto giuridico piuttosto che in un altro è rinvenibile – dal punto di vista materiale – nel contenuto della scrittura; dal punto di vista normativo – e ciò è quanto interessa approfondire in questa sede – nella lettura del combinato disposto degli articoli 1351 e 2932 del codice civile. Sintetizzando un excursus dottrinario meritorio e affascinante, si riporta l’interpretazione ultima sul punto: il contratto preliminare è quel negozio giuridico con cui le parti si obbligano alla stipula di un successivo contratto, definitivo, di cui il primo deve già prevedere il contenuto essenziale. Ulteriormente, “il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo[26].

Ai sensi della lettera normativa appena citata, ben si comprende perché sia necessario esaminare – in ordine a comprendere il se dell’esistenza di un legittimo vincolo di obbligatorietà – cosa il buyer e il seller abbiano scritto nell’accordo quadro. In questa direzione, è estremamente raro che un accordo quadro riproduca tutti gli elementi essenziali ed accessori tipici del contratto definitivo, primo fra tutti il purchase price[27]. Ulteriormente, la casistica di clausole che non permette il verificarsi della coincidenza di interessi tra il preliminare e il definitivo è smisurata e pertanto la giurisprudenza di legittimità[28] – ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale – ha sancito definitivamente che è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove – raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali – risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori.

In altri termini e giungendo al nocciolo della questione, la valutazione se le parti abbiano raggiunto un accordo giuridicamente vincolante o meno è questione che si risolve sul piano dell’interpretazione della volontà delle parti stesse – dunque attraverso l’analisi del contenuto delle singole clausole – da svolgersi innanzi al giudice di merito con riguardo alle disposizioni di cui gli artt. 1362 e seguenti del codice civile[29].

In ultimo, non rimarrebbe che approfondire il tema della vincolatività con riguardo alle scritture della sopra menzionata terza fase, ossia quella del closing e del post closing. In via preliminare, in questa sede si afferma che è valido il principio pacta sunt servanda[1]. Tuttavia, in ragione di un’organica esposizione sul punto, si posticipa il merito dell’analisi al momento della trattazione del closing stesso.

L’Interim management

L’interim management[2], o anche interim period, è il periodo temporale che intercorre tra il signing e la closing date. Si tratta di un lasso temporale che non presenta caratteristiche assolute con riguardo alla sua durata; il suo decorrere è relativo ad ogni singola operazione M&A, la quale può avere un diverso grado di complessità.

Nonostante a prima vista possa essere considerato un imperturbabile termine temporale – destinato a decorrere quieto come ben si confà alla pendenza dei termini – l’interim management rappresenta in realtà un momento molto delicato dell’operazione, un lasso temporale tutt’altro che “innocuo” dal punto di vista dell’economia degli interessi in gioco: la target, a seguito della sottoscrizione del sale and purchase agreement, continua ad essere gestita da parte del seller. Ciò, ad una prima riflessione, non dovrebbe far sorprendere: se infatti il signing, come si è visto poc’anzi, non determina il trasferimento della partecipazione sociale allora è lapalissiano che sia ancora il seller, e non il buyer, il socio di controllo della target. Non si comprende, insomma, il fondamento della delicatezza del momento. Eppure, il punto della questione esiste ed è problematico: è intrinseco connesso alle conditions precedents e alle representations & warranties.

Si continui ad immaginare la vicenda presa ad esempio nelle disamine precedenti. La sig.ra Bianchi e il sig.   Rossi, poco prima di firmare il SPA, riescono finalmente a raggiungere un’intesa relativa alle conditions precedents e alle representations & warranties. In particolare, pattuiscono che:

  1. la sig.ra Rossi è disposto a firmare il sale and purchase agreement solamente se l’European Medicines Agency approverà il vaccino “X” prodotto dalla target entro la data del closing;
  2. il sig. Rossi è disposto a procedere con il signing, ma richiede – entro lo stesso termine dell’altra condizione – la consegna delle apposite autorizzazioni da parte dell’autorità antitrust.

Proseguendo nella disamina in ordine alla comprensione della rilevanza dell’interim period, l’analisi rileva due profili meritevoli di attenzione. Il primo, attiene essenzialmente alla necessità dell’avveramento delle conditions precedents proprio durante la pendenza del termine; il secondo, invece, riguarda il ruolo della gestione della target da parte del seller in riferimento al purchase price.

Entrando nello specifico del primo punto, la verificazione dei fatti inseriti nelle R&Ws o nelle conditions precedents rappresenta la causa giuridica per la quale l’interim period è costituito. Tale lasso temporale pone un limite alla realizzazione dell’operazione, un termine perentorio entro cui le parti devono adempiere a ciò che si sono promesse vicendevolmente. Si badi bene: nell’esempio riportato poc’anzi ci sono solamente due conditions precedents, ma la realtà dei fatti evidenziata dalla prassi in materia di compravendite di partecipazioni sociali evidenzia come durante l’interim period debbano verificarsi decine e decine di dichiarazioni e garanzie, talune estremamente complicate[3]. Orbene, non di rado questo lasso di tempo rappresenta un banco di prova per il buyer e per il seller[4].

Il secondo punto meritevole di attenzione rappresenta il chiarimento circa il dubbio che si è posto inizialmente, ossia il perché la gestione post-signing da parte del seller sia una questione delicata. Un esempio aiuterà nella spiegazione. Se la sig.ra Bianchi e il sig. Rossi hanno sottoscritto il SPA il 1° gennaio 2021 designando come data del closing il 31 marzo 2021, ciò vuol dire che nei mesi intercorrenti tra i due atti il seller continuerà a gestire la target pur essendo un socio uscente. Essendo un socio destinato a vedere estinguersi il proprio rapporto giuridico che lo lega(va) alla target potrebbe darsi – e non si tratta di un caso atipico – che l’amministrazione pro tempore possa essere portata avanti in maniera non oculata. Potrebbe darsi, in altri termini, che il sig. Rossi non coltivi le proprie pretese nei confronti dei propri debitori, o – più in generale – che non amministri con la stessa diligenza che certamente caratterizzava il suo operato pre-controfirma. Tutto ciò potrebbe determinare un rilevante deterioramento delle condizioni economiche della target[5].

Ebbene, cosa accade all’impresa del sig. Rossi – bene vivo – amministrata durante il management period in maniera meno diligente? Accade che genera risultati economici peggiori portando il valore delle sue azioni a ridursi. E cosa accade se le azioni della società del sig. Rossi – a causa di mancata diligenza – subiscono una riduzione di valore? Accade che la sig.ra Bianchi, visto tutto ciò, richiede all’altro contraente l’introduzione tempestiva di una price adjustment clause[6].

La subsequent due diligence e il price adjustment

È del tutto normale che l’interim period si protragga per diversi mesi e che possano verificarsi innumerabili circostanze modificatrici del valore dell’operazione. A tal proposito, il leit motiv della questione si manifesta in tutta la sua evidenza: il purchase price convenzionalmente fissato in precedenza – dunque in ossequio ai risultati della preventive due diligence e delle statuizioni inerenti alle R&Wsnecessita di essere modificato in quanto non rispecchia più il valore attuale della compravendita. In questo senso, per quanto concerne questa trattazione, è opportuno operare un confronto tra la situazione patrimoniale in base alla quale si è determinato il purchase price scritto nel SPA e la situazione economica in cui versa la target al momento del closing. Il confronto, che può essere realizzato mediante diverse maniere[7], è poi rinvenibile in un documento molto importante denominato Closing data financial statement[8]. Si illustreranno, di seguito, le principali metodologie usate dalle parti per procedere al confronto delle situazioni economiche, dopodiché si procederà con la disamina dei caratteri del Closing data financial statement.

Introducendo il merito, si rileva in prima istanza come la sig.ra Bianchi non sia affatto sorpresa dalla amministrazione non oculata del sig. Rossi, tantomeno dall’avvenuto mutamento delle condizioni economiche della target; a ben vedere, generalmente – o meglio, quasi sempre – seller e buyer prendono in considerazione l’eventualità di dover ricorrere ad una rivalutazione del prezzo, pertanto pattuiscono espressamente nel SPA precise clausole per regolamentare le modalità del confronto delle differenti situazioni patrimoniali.

Le modalità con cui è possibile procedere alla stesura di un data closing financial statement sono numerevoli. Se ne annoverano di seguito talune più frequenti.

  1. Le parti contraenti del SPA affidano ad un terzo soggetto la valutazione “attuale” della target. Il terzo soggetto, come può ben intendersi, è un individuo indipendente o talora una società di revisione la quale è scelta pattiziamente dalle parti. Questa metodologia ricorre particolarmente di frequente nella prassi dei sales and purchase agreements. Il suo “punto debole” risiede nel fatto che sovente le parti non riescono a giungere un’intesa sulla figura terza deputata a valutare la target;
  2. È il seller, il soggetto che meglio conosce la target, a redigere un data closing financial statement. Successivamente, lo sottopone all’attenzione del buyer. Questa metodologia è decisamente meno frequente nella prassi dell’operazioni rivalutazione del purchase price, e la ragione è evidente: il buyer difficilmente sarà soddisfatto dall’analisi economica del seller, il quale in ogni modo cercherà di comprovare vantaggi per sé stesso.
  3. Il buyer procede con una subsequent due diligence per accertare lo status economico della target. Non si tratta, a ben vedere, di una metodologia infrequente; tuttavia, il rischio a cui le parti vanno in contro – e il buyer stesso in particolar modo – è di prolungare eccessivamente le tempistiche, già lunghe, dell’operazione.

Redigere il data closing financial statement è un passo delicato della compravendita. Esso è fondamentalmente il documento economico che rappresenta l’ultima analisi economica della target, il rendiconto finanziario che illustra gli eventuali miglioramenti o i peggioramenti patrimoniali della target alla luce della gestione post-signing del seller. Qualsiasi sia la metodologia di redazione scelta, le parti cercheranno sempre e comunque di trarne vantaggio economico; non a caso, la metodica di analisi maggiormente utilizzata da buyer e seller è la numero 1., ossia quelle che risulta avere un grado di imparzialità certamente maggiore rispetto alle altre[9]. E purtuttavia, a differenza che nella teoria, nella quotidianità dei sale and purchase agreements le questioni sono ben più complicate di come le si potrebbero in astratto descrivere – e anche anche la metodologia numero 1 riflette un profilo in particolare che non può essere esente da critiche.

Certamente le parti possono designare un terzo soggetto indipendente per fargli produrre il data closing financial statement, ma cosa accade se l’analisi realizzata dal terzo non soddisfa una delle due parti? La soluzione ideale alla questione sarebbe quella per cui seller e buyer già precedentemente si fossero vincolati, con espressa ed apposita clausola, a rispettare l’analisi del terzo individuato. Se così non avessero pattuito, potrebbero tentare di negoziare sul punto a partire da quel momento, ma di certo sarebbe un nuovo ed ulteriore dispendio di tempo e risorse. Ulteriormente, non è affatto scontato che le parti riescano nel loro intento negoziale: sovente, infatti, le parti non si accordano sulla figura di un soggetto indipendente, sulla nomina di una società di revisione o sulla vincolatività della relazione prodotta dal terzo. Quello che accade successivamente è quanto di peggiore possa succedere in un’operazione di M&A: la transazione inizia a naufragare lentamente e le parti sono costretta ad agire in giudizio o ricorrere ad un arbitrato[10].

A seguito della rosea eventualità in cui la nomina del terzo soggetto o della società di revisione riesca con successo – e successivamente alla ulteriore fortuita occasione per la quale il data closing financial statement sia un documento apprezzato sia dal seller che dal buyer – non resta che comprendere a quanto ammonta la differenza tra la situazione economica della target al momento della controfirma del sale and purchase agreement e quella prodotta ex post al momento del closing. Questa differenza sarà dovuta dal buyer al seller, se la redditività della target è migliorata nell’interim period; sarà dovuta dal seller al buyer, invece, se la redditività della target è peggiorata nello stesso periodo[11].

Il closing e il post-closing

Ricorrendo ad un’immagine sportiva e paragonando l’intera operazione di compravendita ad una corsa di atletica – ad esempio una mezzofondo 3000 m siepi[12] – si può dire che seller e buyer abbiano superato tutti i trentacinque ostacoli sul loro percorso e che si accingano a terminare l’ultimo tratto di pianura senza impedimenti.  In altre parole e fuor di metafora: si intravede finalmente la conclusione, l’operazione di M&A sta per perfezionarsi. In questa ultima sezione si analizzeranno in successione il closing e il periodo del post-closing.

Il termine closing, come già visto nella Parte I della trattazione, sta a significare letteralmente “chiusura” ma allude, più precisamente, al “perfezionamento” dell’operazione. Benché si possa immaginare sia una fase temporale del sale and purchase agreement, il closing è in realtà un’ulteriore scrittura privata redatta dalle parti. Più precisamente, è la vicenda giuridica che permette:

  1. Il purchase of the stock of shares[13];
  2. Il payment of the purchase price[14];

Le due fattispecie – costituendo le prestazioni corrispettive oggetto della negoziazione – sono intrinsecamente connesse tra loro. L’acquisto dello stock of shares permette il verificarsi dell’effetto traslativo della titolarità delle azioni, il quale – come si è visto in precedenza – non può avvenire con la controfirma del SPA. Tale trasferimento può avvenire, infatti, in diverse maniere a seconda che il titolo azionario in oggetto sia un’azione di una S.p.A., o una quota di una società a responsabilità limitata. Le prime possono essere trasferite mediante girata o transfert ai sensi degli artt. 2355 e 2022; le seconde, invece, vengono trasferite mediante una semplice scrittura privata autenticata, la quale deve essere poi depositata entro 30 giorni presso l’Ufficio del Registro delle Imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, ai sensi dell’art. 2470[15]. Parallelamente al trasferimento dello stock of shares mediante girata, transfert o scrittura privata ex. 2470, avviene il payment of the purchase price, ossia l’effettivo versamento del prezzo convenuto.

Il buyer versa correttamente il purchase price al seller. Successivamente le parti hanno cura di adempiere ai requisiti formali richiesti dalla disciplina di circolazione dei titoli azionari. Infine, la sig.ra Bianchi è finalmente la nuova proprietaria dello stock of shares, diventando il nuovo socio di controllo della target e acquisendone il patrimonio.

Giungendo alla terminazione della trattazione, il sale and purchase agreement prevede altresì un ulteriore periodo denominato post-closing, il quale – ovviamente – presenta profili giuridici alieni rispetto al nostro codice civile. Si tratta, essenzialmente, di un lasso di tempo successivo al closing in cui le parti devono adempiere a talune obbligazioni a cui si sono vincolati nel SPA, al fine di agevolare l’acquisizione societaria.

Esempi tipici degli obblighi post-closing sono: l’invio di comunicazioni alle autorità competenti[16], l’assistenza nella migrazione degli organi di governance, il subentro in eventuali garanzie, obblighi di informativa reciproca con riguardo a profili fiscali, rispetto degli obblighi ex lege inerenti al divieto di concorrenza[17], rimozione dei loghi o il de-branding.

Conclusioni

Quante volte si è ascoltato ai telegiornali: “il colosso del mercato automobilistico ha comprato la società rivale”? Quante volte si è letto su un giornale un titolo simile a “il gigante della moda ha inglobato la concorrenza ed ora è leader del settore”? Sovente queste notizie sono arrivate alla vostra attenzione.

Ebbene, prima le leggevate con stupore, e il tutto terminava lì. Adesso, invece, vi è possibile intendere cosa significhi realmente “inglobare la concorrenza” o “comprare la società rivale” con tutto ciò che successivamente ne consegue. E potete meravigliarvi, oltre che stupirvi. Ora vi è possibile scorgere la complessità – e la bellezza – che si cela dietro al mondo delle società. E non è poco. Perché la meraviglia, probabilmente, è anche qui: nella bellezza della complessità. Persino nel Sale and Purchase Agreement, il contratto alieno.

[1] La celebre massima, attribuita ad Ulpiano, sancisce il principio di diritto per il quale le parti non possano liberarsi in maniera unilaterale dagli obblighi che hanno pattiziamente assunto per contratto. Attualmente, il brocardo latino, – oltre che in tema di diritto civile – rappresenta una pietra miliare anche nel diritto internazionale, dove evidenzia un principio fondamentale inerente all’obbligatorietà dei trattati. Le sue radici sono molto antiche: in epoca romana, l’editto emanato dai pretori conteneva la specifica clausola “pacta conventa servato”. Cfr. Trattato di diritto privato, Sacco R., De Nova G., Volume 10, Tomo 2, Utet Giuridica, 2018.

[2] La dicitura angloamericana è correttamente traducibile in “amministrazione temporanea”.

[3] Si pensi ad una representation o una warranty fornita dal seller per la quale egli dichiari che il patrimonio sociale della target corrisponda a quanto riportato nelle scritture contabili; oppure che l’impianto produttivo rispetti le norme in materia ambientale; che le imposte siano state pagate in tutto o nella parte dovuta in piena conformità di legge; che la società target non sia parte in un qualsivoglia procedimento giudiziario, dunque escludendo qualsivoglia ricaduta negativa in caso di soccombenza e via dicendo.

[4] A ben vedere, l’interim period è un lasso di tempo che, per ragioni contingenti, grava in maniera diversa sulle parti. Più approfonditamente, è possibile notare esso gravi maggiormente sul seller, sia per quanto concerne il profilo della gestione temporanea after-closing la quale è rimessa alla diligenza proprio del venditore; sia per quanto concerne il profilo dell’avveramento delle R&Ws, le quali, sono quantitativamente molto più rilevanti per il seller. A ben vedere, ulteriormente, altre volte l’interim period esprime un momento in cui un fatto, un obbligo, un adempimento non siano accollabili a nessuna delle due parti: è il caso in cui ciò che debba verificarsi non concerna la discrezionalità delle parti, in quanto dipenda da fattori esterni contingenti o – come nell’esempio inerente all’autorizzazione da parte dell’EMA -da azioni da parte di terzi soggetti.

[5] Si noti che alcuni deterioramenti della target possono anche non dipendere da fatti umani – dunque essere fisiologici e non patologici – o comunque possono essere esterni alla volontà e alla diligenza del seller. A ben vedere, possono derivare da accadimenti del tutto contingenti: si pensi a come l’andamento generale del mercato influenzi il business delle imprese, oppure come la Borsa influenzi o determini il valore di questa o quell’altra società; ulteriormente, si rifletta anche sugli accadimenti come le calamità naturali, avvenimento che presentano un tasso disruptive altissimo.

[6] Tradotto in italiano: clausola di aggiustamento del prezzo.

[7] Senza anticipare l’analisi inerente alle differenti modalità con le quali è possibile rivalutare il purchase price, si segnalano in questa sede le più frequenti metodologie: la valutazione di un terzo scelto di comune accordo, la valutazione da parte del buyer a seguito della subsequent due diligence e la valutazione posta in essere dal seller e sottoposta al giudizio dell’acquirente.

[8] Il closing date financial statement è intendibile alla stregua di un “rendiconto finanziario conclusivo”.

[9] A ben vedere, infatti, nella numero 2., il lavoro di analisi è essenzialmente predisposto nella sua interezza dal seller; nella numero 3., invece, il protagonista è senza dubbio il buyer.

[10] Giungere in giudizio o innanzi ad un arbitrato è quanto di peggiore possa accadere durante un’operazione di M&A, per diverse ragioni. La prima attiene all’aspetto economico: intraprendere vie legali contro l’altro contraente vuol dire spendere rilevanti risorse sia in denaro, sia risorse in misura di tempo. Gli arbitrati sono molto costosi, il tempo della giustizia ordinaria è particolarmente lento e tali implicazioni – che malissimo si confanno alle esigenze delle parti – fanno susseguire aspetti estremamente dannosi per il business tanto del buyer quanto del seller i quali si ritrovano “bloccati” ad aspettare l’esito (incerto) di un contenzioso che può arrivare a richiedere impegni economici per diversi milioni di euro. Un altro profilo è quello che attiene alla volontà delle parti: esse vogliono chiudere l’operazione nel migliore dei modi e nel minor tempo possibile. Pensare di dover arrestare l’operazione o di doverla terminare senza successo – dopo mesi di pianificazione dell’operazione, dopo mesi di negoziazioni inerenti a molteplici aspetti contrattuali, dopo mesi dedicati all’avveramento delle R&Ws – è quanto di più distante esista dal lieto raggiungimento della cessione di partecipazione sociale.

[11] La clausola di earn-out nota anche con il termine inglese’ “pricing earn out”, è uno strumento di matrice americana, sotteso a predeterminare dei criteri di valutazione del prezzo di vendita, in caso di cessione parziale o totale di partecipazioni sociali. In particolare, attraverso la clausola di earn-out il cessionario intende vincolare il prezzo di vendita alle potenzialità di crescita della società: un prezzo iniziale, cosiddetto ‘’fisso’’, che dovrà essere pagato indipendentemente dall’andamento positivo o negativo della società; un prezzo variabile, cosiddetto “earn-out”, che varierà a seconda degli obiettivi realmente raggiunti in un predeterminato lasso di tempo. vd. Mergers & Acquisitions, 2015, Ibidem.

[12] La mezzofondo 3000 m siepi è una specialità sia maschile che femminile dell’atletica leggera, parte del programma olimpico. Gli atleti partecipanti devono percorrere 3000 m in pista, con la difficoltà, rispetto ai 3000 metri piani, di dover saltare ben trentacinque ostacoli alti novantuno centimetri, di cui ventotto normali e sette con l’acqua. Dei cinque ostacoli previsti per ogni giro da quattrocento m, quattro sono barriere mobili sulla pista, mentre il penultimo ostacolo consiste in una barriera simile seguita da una vasca piena d’acqua, scavata all’interno della pista, da cui gli atleti devono uscire. Cfr. L’abatino Berruti. Scritti sull’atletica leggera, Gianni Brera, Book time, 2009.

[13] Letteralmente: l’acquisto del pacchetto azionario, oggetto del sale and purchase agreement.

[14] Letteralmente: il pagamento del prezzo del pacchetto azionario.

[15] Tale requisito formale rileva ai fini dell’opponibilità alla società, nonché dell’acquisizione da parte dell’acquirente della legittimazione all’esercizio dei diritti sociali – che sino a tale momento, dal punto di vista della società, fanno ancora capo al cedente. Si vd. Società, IpsoaInPratica, Wolters Kluwer, 2020.

[16] Sovente accade che – per quanto riguarda particolari gradi operazioni di M&A – sia necessario che taluni organi o talune istituzioni si debbano previamente esprimere sulla procedibilità delle operazioni stesse. Questa circostanza è tipica dei cosiddetti settori strategici, ossia quei settori – come ad esempio quello dell’energia – ove dietro all’interesse di questa o di quell’altra società che stanno dando luogo al sale and purchase agreement, vi sia un interesse pubblico particolarmente rilevante. Per citare un altro e differente esempio, la fusione recentemente effettuata tra FCA e Peugeot ha richiesto il previo lasciapassare – oltre che dalle autorità antitrust – anche da parte della Commissione europea.

[17] Il divieto di concorrenza è sancito all’interno dell’art. 2557 cod. civ.

[1] L’espressione legal warranties si traduce in “garanzie legali”.

[2] L’espressione business warranties si traduce in “garanzie patrimoniali”.

[3] Cfr. Operazioni straordinarie, a cura di Ceppellini Lugano & Associati, IPSOA Manuali, II edizione, Wolters Kluwer, 2020.

[4] Cass., 24 luglio 2014, n.16963, in Giur. It., 2014, con nota di Iorio, Vendita di partecipazioni sociali: garanzie contrattuali e termine prescrizione.

[5] Cass., 24 luglio 2014, n.16963, in Giur. It., 2014, Ibidem

[6] A titolo esemplificativo, senza entrare nel merito delle differenti tipologie di rimedi legali – con riguardo all’esistenza di legal warranties o di business warranties -, si segnalano i più rilevanti dispositivi codicistici: gli articoli 1175 c.c., 1223 c.c., 1229 c.c., 1337 c.c., 1418 c.c., 1427 c.c., 1440 c.c., 1444 c.c., 1447 c.c., 1453 c.c., 1455 c.c., 1456 c.c., 1460 c.c., 1461 c.c., 1462 c.c., 1490 c.c., 1491 c.c., 1492 c.c., 1494 c.c, 1495 c.c., 1497 c.c.

[7] Cfr. Operazioni straordinarie, 2020, Ibidem.

[8] I rimedi legali codicistici sono quelli appartenenti alla disciplina generale delle obbligazioni. Tuttavia, a ben vedere, il fatto solo che sia previsto questo doppio binario di tutela non rende meno utile, in concreto, la previsione di una garanzia specifica come il sole remedy. Ciò deriva, essenzialmente, soprattutto dalla riflessione attenta sulla portata e sulle caratteristiche dei tradizionali rimedi, i quali non si prestano in maniera opportuna a risolvere le eventuali liti tra le parti. In questa ultima ipotesi, infatti, le parti tenteranno in ogni modo di non recedere dalla negoziazione, in quanto ciò significherebbe distruggere l’enorme sforzo temporale ed economico sin ora portato avanti.

[9] Cfr. Compravendita di partecipazioni socialidalla Letter of Intent al Closing, Zanichelli, 2015.

[10] Cit. La cessione di partecipazioni di riferimento, Cirillo,  in Contratti, 2003

[11] In tal senso, l’art. 1497 rubricato “Mancanza di qualità” prevede che possano rientrare fra le qualità promesse dei beni venduti solo quelle che attengono alla struttura materiale, alla funzionalità o agli attributi giuridici della cosa venduta. Cfr. Il Contratto in Trattato di diritto civile, Sacco, 2004.

[12] Cass., 24 luglio 2014, n.16963, in Giur. It., 2014; Cass. 28 marzo 1996 n.2843; Corte di Appello Milano, 9 luglio 2013; Trib. Milano 26 agosto 2011, in Società, 2012, con nota di Corigliano; Corte di Appello Roma, 5 marzo 2011.

[13] Gli articoli 1495 e 1497 si riferiscono al bene oggetto della compravendita, ossia le partecipazioni sociali, e non al bene mediato del sale and purchase agreement.

[14] Sul punto, nella già citata sentenza della Cass. 24 luglio 2014, n.16963, i giudici di legittimità, accogliendo le critiche avanzate dalla dottrina con riguardo alla natura delle garanzie patrimoniali, hanno evidenziato che le business warranties non concernono la prestazione traslativa giacché la consistenza patrimoniale della società garantita non integra qualità promessa dei beni venduti”; inoltre, se è vero che una diminuzione della consistenza patrimoniale della società (target) è idonea ad incidere sul valore delle partecipazioni alienate, è altrettanto palese che “la corrispondenza o meno del valore del bene venduto non attiene alle qualità intrinseche (essenziali o promesse) previste dall’art. 1497 cod. civ.”. Così, Cass. 24 luglio 2014, n. 16963.

[15] Non di rado accade che, fatto 50 il numero di pagine di un sale and purchase agreement, vi siano ben 20 pagine di representations & warranties. Si vd. Come valutare, acquistare e cedere un’azienda, Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital (AIFI).

[16] Attualmente, infatti, il contratto è composta da: Non disclosure agreement, letter of intent, exclusivity agreement, memorandum of understanding, non binding offer, preventive due diligence, new offer, signing, conditions precedents, representatiosn & warranties.

[17] Cfr. Le acquisizioni societarie, opera diretta da M. Irrera, Zanichelli, 2011.

[18] La deroga è effettuata dal regime di circolazione delle azioni sancito all’interno dei dispositivi degli artt. 2022 e 2355 cod. civ. Cfr. Circolazione delle Azioni e legittimazione all’esercizio dei diritti sociali, A. Pavone La Rosa, in BBTC, 2003; Minervini, Azioni dematerializzate e libro soci nel codice civile rinnovato, in Banca, borsa, tit. cred., 2005.

[19] Letteralmente, il dispositivo dell’art. 1376: “Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato”.

[20] Inteso alla stregua di una scrittura privata consistente nell’accordo quadro che adesso le parti hanno tra le mani.

[21] Cfr. La formazione progressiva del contratto, Natucci, in Tratt. Contr., a cura di Roppo, Milano, 2006.

[22] Il dispositivo dell’art. 1351 cod.civ. così recita: “il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo”.

[23] La formulazione delle frasi sovente ricopre un’importanza del tutto non trascurabile. Il giudice o l’arbitro chiamato ad interpretare il senso delle clausole può essere indotto verso una o tutt’altra interpretazione proprio in conseguenza dell’intendimento su di uno o più termini linguistici adoperati dalle parti.

[24] Ciò avviene sulla base di taluni principi codicistici i quali non possono essere derogati dalle parti, ad esempio il diritto di poter invocare la nullità ci un contratto. Interessante, sul punto, è il caso Pennzoil Co. V. Texaco Inc., 1987, nel quale una lettera di intenti è stata considerata alla stregua di un contratto in senso stretto – contrariamente alla volontà delle parti – a causa del contenuto estremamente preciso ed analitico.

[25] Il rimedio convenzionale per eccellenza, come si è visto, è il sole remedy, ossia la clausola di indennizzo. Cfr. Il Sale and Purchase Agreement: un contratto commentato, Ibidem.

[26] Ex art. 1351 cod. civ.

[27] Giurisprudenza e dottrina sono pacificamente concorde nel ritenere il purchase price un elemento essenziale dell’accordo, pertanto – se si volesse considerare l’accordo quadro alla stregua di un accordo preliminare – si dovrebbe avere una perfetta coincidenza di prezzo tra le due negoziazioni. Ebbene, estremamente di rado è possibile che le parti possano raggiungere l’intesa su di una binding offer, ossia su di un prezzo c.d. “blindato”. La clausola inerente ad un prezzo blindato, essenzialmente definisce un certo prezzo in maniera pattizia dopodiché non permette alle parti di modificarlo successivamente. In altri termini: il prezzo, elemento essenziale, è lo stesso in ambedue le scritture giuridiche. Questo accadimento – benché utile in funzione di statuire la vincolatività di un accordo quadro – risulta essere una negoziazione a cui le parti difficilmente giungono in virtù delle numerose variabili che possono insorgere durante l’operazione di M&A, per le quali può diventare strategico determinare una nuova valutazione del purchase price.

[28] Cfr. Operazioni straordinarie, 2020, Ibidem.

[29] Cfr. Operazioni straordinarie, 2020, Ibidem.

[1] L’espressione sole remedy significa “rimedio unico” e, come suggerisce lo stesso significato delle parole, sancisce l’esistenza di un rimedio giuridico unico per tutelare le situazioni di diritto soggettivo dalle condotte lesive. Come si vedrà in seguito, si differenzia dagli altri rimedi aventi natura legale perché questo ha natura squisitamente pattizia.

[2] La clausola di indennizzo è il nome tecnico che prende il sole remedy durante la stesura del sale and purchase agreement.

[1] “R&Ws” è un acronimo significante representations & warranties, ossia: dichiarazioni e garanzie.

[2] Come si vedrà successivamente, le R&Ws riguardano numerosi aspetti giuridici dei quali le parti vogliono sincerarsi; in particolare, il seller e il buyer cercano di ottenere dichiarazioni e garanzie sulle qualità dello stock of shares e sul patrimonio della target. Cfr. Il Sale and Purchase Agreement: un contratto commentato, Ibidem.

[3] Si tratta di una tipica espressione inerente alle representations & warranties di un sale and purchase agreement. Dichiarare di essere compliant with law vuole dire garantire di avere l’assetto legale della target conforme a norme imperative. Sovente il compliant with è collegato ad un determinato settore strategico il quale necessita di regolamentazioni ad hoc (es. il settore ambientale; il settore delle infrastrutture o dell’energia; il settore della privacy).

[4] Ad onor del vero, gli equilibri subiscono anche una compensazione a causa del purchase price. Più precisamente: se il buyer dovesse cominciare ad avere un contratto pieno di garanzie (dunque buyer-friendly) il seller verosimilmente tenderà ad alzare in purchase price; se invece fosse il seller a non conferire alcuna garanzia al buyer (dunque nel caso di un contratto seller-friendly) il buyer senza R&Ws sarà maggiormente legittimato a chiedere un abbassamento del prezzo.

[5] Il ragionamento del buyer, ridotto all’osso, grossomodo è il seguente: “dato che tu, venditore, non mi garantisci i rilevanti profili “x” e “y” della target, allora io devo compensare questa carenza con un abbassamento del prezzo”.

[6] Il ragionamento del seller è esattamente speculare: “dato che fornisco il buyer di R&Ws chiederò contestualmente un aumento del purchase price”.

[1] Nel gergo M&A si è soliti indicare le representations & warranties con l’acronimo “R&Ws”

[2] L’espressione interim management significa “gestione provvisoria”.

[3] L’espressione price adjustment significa “aggiustamento del prezzo”.

[4] Sul punto, giova specificare in maniera più dettagliata: quanto espresso nella trattazione indica essenzialmente che di rado – anzi, quasi in alcuna situazione – si avrà occasione di imbattersi in un sale and purchase agreement che non abbia representations & warranties o che non preveda un interim management; parimenti, contemplare un SPA privo di una clausola di aggiustamento del prezzo o di obblighi post-closing sembra, all’opinione di chi scrive, quanto di più inverosimile si possa immaginare in tema di operazioni M&A.

[5] La prassi in tema di operazioni straordinarie, nonché l’assenza di un qualsivoglia dato normativo in materia, indica in maniera pacifica un modus operandi per il quale non esista un modello tipico di SPA che debba essere rispettato in maniera prescrittiva. Necessità ed opportunità devono restare ben distinte dal piano della vincolatività.

[6] Il patrimonio societario della target è definito dalla giurisprudenza di legittimità come un “bene di secondo grado” in quanto postergato rispetto al bene “primario” oggetto della compravendita: lo stock of shares.

[7] Il testo fa implicitamente riferimento alla condition precedent tipica di un SPA, anche se al nostro ordinamento non sono estranei contratti ad esecuzione differita o condizionata.

[8] Tali dichiarazioni e tali garanzie sono fornite, ancorché in diversa misura, tanto dal seller quanto dal buyer.

[9] Effettivamente, a plasmare la volontà negoziale e a trasformarla in realtà soccorrono proprio le R&Ws e la condition precedent, scritture private che si analizzeranno a breve nel merito.

[10] Con l’intento di evidenziare ulteriori elementi, si consideri che il sale and purchase agreement viene sottoscritto sottoforma di scrittura privata, in forma di proposta e accettazione, ossia con scambio di corrispondenza. Il contratto che invece nel gergo giuridico è noto come “definitivo” – a differenza del “preliminare” – non ha la sua forma. Inoltre, in tema di compravendita di azioni/quote non sembra altresì corretto parlare di un contratto “definitivo”, in quanto il trasferimento dello stock of shares/quotes avviene mediante girata del certificato azionario. Se si tratta di una S.r.l. vige il dispositivo dell’art. 2470 per il quale le parti devono essenzialmente recarsi dal notaio per redigere un semplice atto di cessione ai fini della pubblicità. Cfr. Operazioni straordinarie, a cura di Ceppellini Lugano & Associati, IPSOA Manuali, II edizione, Wolters Kluwer, 2020.

[11] L’espressione significa letteralmente: “condizione previa”.

[12] Il codice civile, ai sensi dell’articolo 1353 c.c., prevede che le parti possano subordinare l’efficacia o la risoluzione di un contratto o di una singola clausola ad un avvenimento futuro e incerto.

[13] Il dispositivo dell’art. 1353 c.c. si riferisce alla condizione prevista dalle parti, ossia ad una condizione convenzionale che ben si differenzia dalla cosiddetta condicio iuris, ossia la condizione prevista ex lege in grado di influenzare e inficiare l’efficacia del contratto senza che le parti possano incidervi. Cfr. Trattato di diritto privato, Sacco R., De Nova G., Volume 10, Tomo 2, Utet Giuridica, 2018.

[14] Allorquando si abbia a che fare con una condizione sospensiva dell’efficacia dell’accordo, essa farà produrre gli effetti giuridici della cessione della partecipazione sociale solamente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto. Tipiche condizioni poste dalle parti possono concernere il rapporto con la due diligence, l’ottenimento di determinati consensi riguardanti alla prelazioni soci o il change of control.

[15] Le condizioni ex art. 1353 c.c., per essere considerate legittime, devono riferirsi ad eventi futuri ed incerti. Ciò non sempre avviene; talvolta le parti tentano la pattuizione di condizioni miste, altre volte – contra legem – stabiliscono condizioni meramente potestative del tipo: “io acquirente compro la società solo se il supplemento di due diligence che ancora devo fare avrà esito positivo”. In assenza di criteri oggettivi, al netto diventa una decisione potestativa.

[16] Per approfondire questo interessantissimo aspetto, si vd., Il Sale and Purchase Agreement: un contratto commentato, G. De Nova, Giappichelli Editore, terza edizione.

[17] Nella trattazione si fa riferimento alla clausola Applicable Law, esaminata nella Parte I della trattazione.

[18] L’acronimo “EMA” sta per European Medicines Agency.

[19] Sul punto, è interessante notare come un sale and purchase agreement che abbia al suo interno numerose condizioni sospensive, non sia fino in fondo un contratto “sicuro”. Questo perché, sebbene possa sembrare tenga al riparo taluni interessi specifici, parimenti non giova all’operazione generalmente intesa, nel senso che il venditore potrebbe non volersi accollare l’insieme di condizioni e l’operazione – nella peggiore delle ipotesi – potrebbe saltare. Un buon compromesso, più verosimilmente, potrebbe essere una rimodulazione del prezzo in compensazione di una determinata condition precedent.

[20] Si segnalano, in ultimo, due elementi tipici delle conditions precedents: il long step date, ossia il termine ultimo per il verificarsi di tutte le condizioni, e la possibility, ossia la possibilità di rinunciare alle conditions precedents dalla parte nel cui interesse sono previste. Cfr. Il Sale and Purchase Agreement: un contratto commentato, Ibidem.

[1] Come si è visto nella seconda parte della trattazione, l’operazione di definizione del prezzo della partecipazione sociale può avvenire in diversi modi. Ognuno di essi, a ben vedere, affonda le sue radici nell’attività di due diligence.

[2] A ben vedere, nonostante la definizione del purchase price sia un aspetto meritorio e straordinariamente importante per le parti, vi è ancora un aspetto dirompente da negoziare: le representations & warranties.

[3] Ad onor del vero, una volta perfezionato il sale and purchase agreement tipicamente vi è un ulteriore vicenda giuridica rilevante per le parti: il post-closing. Senza entrare nel merito di quanto si esaminerà successivamente, il post-closing è un momento extra-operazione nel quale le parti compiono atti utili ad agevolare l’acquisizione da parte del buyer. Si vd. Mergers & Acquisitions, M. Dallocchio, G. Lucchini, M. Scarpelli, Egea, 2015.

Andrea Minieri

Classe 1996. Giurista e praticante avvocato presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato. Appassionato di Corporate law e M&A. Credo la politica debba essere un dovere morale.

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