venerdì, Marzo 29, 2024
Uncategorized

Maschere DM, DPI e per la collettività: disciplina e deroga COVID-19

A cura di Gianfranco Arpea, Avvocato e Docente nel Master in Giurista d’Impresa di Meliusform Business School

 

1. Premessa

Al fine di adottare misure efficaci di contrasto alla diffusione pandemica del COVID-19, il Ministero della Salute e le Autorità sanitarie italiane hanno definito una serie di linee guida per evitare o contenere il contagio, raccomandando di seguire buone pratiche di igiene personale, favorire il c.d. distanziamento sociale e adottare misure di prevenzione per mantenere gli ambienti di vita e di lavoro salubri.

Coerentemente con le linee guida, anche il regolatore pubblico ha adottato anche misure eccezionali; tra queste sono comprese le disposizioni speciali contenute agli artt. 15, commi 2 e 3, e 16 D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (“Decreto Cura Italia”), convertito con L. 24 aprile 2020, n. 27, pubblicata in G.U. il 29 aprile 2020, n. 110. In sintesi, il Decreto Cura Italia disciplina due categorie di presìdi:

  1. le c.d. maschere chirurgiche a uso medico e i dispositivi di protezione individuale, per i quali è stata prevista la possibilità di produrre, importare e immettere in commercio in deroga alla disciplina di legge vigente che, di regola, richiede l’apposizione su tali dispositivi della c.d. marcatura CE (v. art. 15)[1][2];
  2. le c.d. maschere filtranti destinate alla sola collettività, per le quali non sembra previsto alcun regime autorizzativo ( art. 16, comma 2).

Quanto alla categoria sub a, le previsioni del Decreto Cura Italia consentono di derogare alla normativa ordinaria solo a condizioni di attivare una procedura semplificata di validazione straordinaria: il soggetto proponente deve autocertificare il rispetto di una serie di requisiti di sicurezza del prodotto e ottenere il parere favorevole dell’Istituto Superiore di Sanità (“ISS”) per le c.d. maschere chirurgiche o dell’n (“INAIL”) per i dispositivi di protezione individuale.

A tale scopo all’interno dell’ISS e dell’INAIL sono stati creati dei “Gruppo di lavoro dispositivi medici COVID-19” incaricati di compiere una valutazione per l’utilizzo in deroga, limitatamente al periodo di emergenza, di maschere facciali a uso medico e dispositivi di protezione individuale anche privi del marchio CE.

Quanto alla categoria sub b, le c.d. maschere per la collettività di cui all’art. 16, comma 2, invece, si tratta di un “terzo tipo” di presidio che, come chiarito dalla Circolare del Ministero della Salute del 18 marzo 2020, n. 3572-P (“Circolare 3572/2020”), possono essere utilizzate da «tutti gli individui presenti sul territorio nazionale», benché «prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio».

Per completezza, si evidenzia infine che anche la l’Unione Europea è intervenuta con la Raccomandazione n. 2020/403 (“Raccomandazione”) emanata dalla Commissione europea con la finalità di garantire che l’offerta di maschere facciali a uso protettivo sia in linea con l’incremento che la domanda ha subito con la diffusione del COVID-19. Senza alcuna pretesa esaustiva, si evidenzia che i punti chiave della Raccomandazione sono relativi alle procedure di valutazione di conformità e alla vigilanza sul mercato.

Quanto al primo profilo, la Raccomandazione prevede che: (i) i c.d. Organismi notificati debbano dare priorità all’attività di valutazione di conformità dei dispositivi di protezione individuale; (ii) che per i dispositivi di protezione individuale fabbricati utilizzando soluzioni tecniche diverse da quelle previste dalla normativa tecnica armonizzata possano essere utilizzate le raccomandazioni dell’OMS purché garantiscano un adeguato livello di protezione ai sensi del Regolamento UE 425/2016; (iii) nel caso dei dispositivi medici (c.d. maschere chirurgiche), si ammette la possibilità che gli Stati membri autorizzino deroghe alle procedure di valutazione della conformità.

Quanto al secondo profilo, invece, la Raccomandazione prevede che: (i) le autorità di vigilanza nazionali dovrebbero concentrarsi in via prioritaria sui dispositivi di protezione individuale o sui dispositivi medici non conformi che sollevano seri rischi per la salute e la sicurezza; (ii) i dispositivi di protezione individuale o i dispositivi medici che garantiscono un adeguato livello di salute e di sicurezza ai sensi delle applicabili norme europee, possono essere autorizzati all’immissione nel mercato dalle autorità di vigilanza per un periodo limitato, mentre vengono completate le necessarie procedure di verifica di conformità; (iii) anche i dispositivi di protezione individuale o i dispositivi medici privi della marcatura CE potrebbero essere acquistati dalle autorità competenti degli Stati membri, purché siano resi disponibili solo agli operatori sanitari per la durata della crisi e non ad altri utilizzatori.

2. Tipi di maschere protettive

Come premesso finora, le maschere facciali a uso protettivo possono essere classificate sotto un profilo giuridico a seconda delle loro caratteristiche e della loro funzione. Più esattamente, possono essere definite tre categorie di dispositivo:

  1. dispositivi medici (“DM”)[3]: a tale categoria appartengono le c.d. maschere chirurgiche (nel cui novero rientrano i dispositivi del tipo KZ001 e KZ002);
  2. dispositivi di protezione individuale (“DPI”)[4]: a tale categoria appartengono invece le maschere protettive con valvola o filtro (nel cui novero rientrano i dispositivi del tipo KN95, FFP2 e FFP3);
  3. prodotti generici: a tale categoria appartengono, infine, le maschere facciali prive dei requisiti previsti per i DM e i DPI.

3. Disciplina applicabile alla produzione e commercializzazione di maschere protettive

3.1. Maschere DM (c.d. maschere chirurgiche)

a. Disciplina ordinaria

La disciplina di riferimento è attualmente la Direttiva 93/42/CEE sui dispositivi medici (“DDM 93/42”), recepita in Italia dal D.Lgs 24 febbraio 1997, n. 46 (a sua volta emendato dal D.Lgs. 25 gennaio 2010, n.37, in recepimento della Direttiva 2007/47/CE)[5].

In applicazione del DDM 93/42, i dispositivi medici possono essere immessi in commercio se rispettano i Requisiti Essenziali di Sicurezza (“RES”; v. Allegato I, “Requisiti essenziali”).

I dispositivi, poi, si dividono in quattro classi di rischio (v. Allegato IX, “Criteri di classificazione”): Classe I, Classe IIa, Classe IIB, Classe III.

Le procedure di valutazione di conformità, atte a dimostrare il rispetto dei RES, sono diverse a seconda della classe di rischio di riferimento (v. art. 11).

In particolare, le maschere facciali a uso medico sono qualificate come DM non invasivi di Classe I. Vengono solitamente prodotte in base alla norma tecnica UNI EN 14683:2019, all’interno della quale le maschere sono suddivise in base all’efficienza di filtrazione:

  1. Tipo I (con una minore efficienza di filtrazione);
  2. Tipo II (con una maggiore efficienza di filtrazione, ma non resistente agli spruzzi);
  3. Tipo IIR (quando presentano resistenza agli spruzzi).

Trattandosi di un dispositivo di Classe I, non è necessario l’intervento dell’Organismo notificato (ossia uno degli enti accreditati registrati in elenchi tenuti dai singoli Stati Membri dell’UE e competenti a validare il rispetto dei requisiti tecnici di qualità e sicurezza; v. art. 11, comma 5 del DDM 93/42), ma il fabbricante può realizzare in autonomia il suo fascicolo tecnico emettendo al termine la dichiarazione di conformità alla DDM 93/42 (v. Allegato VII, “Dichiarazione di conformità CE”).

Se il fabbricante è extraeuropeo deve inoltre:

  1. nominare un mandatario sul territorio comunitario;
  2. imballare il DM in modo tale che le sue caratteristiche e prestazioni non vengano alterate durante la conservazione e il trasporto, tenendo anche in considerazione della specifica destinazione d’uso prevista;
  3. corredare il DM di adeguata etichetta (per regole di conformità, v. Allegato I, “Requisiti essenziali”, capo III, punto 13, incluse le informazioni di cui al punto 13.3);
  4. redigere le istruzioni d’uso (per regole di conformità, v. Allegato I, “Requisiti essenziali”, capo III, punto 13, incluse le informazioni di cui al punto 13.6).

2. Disciplina in deroga

Per fronteggiare la grave situazione di emergenza sanitaria attualmente in atto e per far fronte alla crescente domanda di maschere DM da parte dei professionisti sanitari e della popolazione in generale, il legislatore ha introdotto una serie di importanti deroghe al procedimento sopra illustrato e contenute all’art. 15 del Decreto Cura Italia.

Di seguito, analizzo in sintesi i passaggi dell’iter di deroga:

  1. rispetto delle norme di produzione a garanzia dei RES: le norne tecniche di produzione indicate sul website dell’ISS sono, nello specifico, UNI EN 14683:2019 e UNI EN ISO 10993-1:2010. Preciso in ogni caso che è obbligatorio il rispetto dei RES, mentre le norme tecniche rappresentano solo lo stato dell’arte;
  2. presentazione della domanda di valutazione in deroga: è pubblicato un apposito modello scaricabile sul website dell’ISS;
  3. presentazione di un’autocertificazione in deroga: in tale documento si afferma sotto la propria responsabilità[6] di aver rispettato tutti i requisiti essenziali previsti per la realizzazione del DM. Il relativo modello è scaricabile dal website dell’ISS;
  4. presentazione integrativa: entro i successivi tre giorni dall’invio dei documenti suindicati, è necessario trasmettere ogni altro documento utile. La documentazione da inoltrare dovrà essere quella ritenuta idonea a dimostrare il rispetto dei RES, nei termini dichiarati nell’autocertificazione e nella domanda. A tal fine, l’ISS ha predisposto il documento “Documentazione tecnica: specifiche” per aiutare nella scelta della corretta documentazione da inoltrare a corredo della propria domanda;
  5. pronuncia dell’ISS: è previsto che nei tre giorni successivi al completamento della procedura suindicata l’ISS si pronunci in merito. A tale riguardo, è possibile indicare due differenti esiti alternativi: parere positivo, con conseguente ammissione alla immissione in commercio; parere è negativo, con conseguente divieto alla immissione in commercio.

Tale procedimento in deroga può essere eseguito esclusivamente durante il periodo di emergenza, che (allo stato) terminerà il 31 luglio 2020 ai sensi della Delibera del Consiglio di Ministeri del 31 gennaio 2020. Al termine di tale periodo, infatti, chiunque volesse immettere in commercio DM e DPI dovrà utilizzare i procedimenti ordinari previsti dalla rispettiva normativa.

3.2. Maschere DPI

a. Disciplina ordinaria

I DPI sono invece regolati dal Regolamento UE 2016/425 sui dispositivi di protezione individuale (“RDPI 2016/425”) e dal D.Lgs. 19 febbraio 2019, n. 17, di adeguamento della normativa nazionale al RDPI 2016/425, limitatamente alle sanzioni.

Anche in questo caso il fabbricante di un prodotto deve rispettare i requisiti essenziali di salute e sicurezza (“RESS”; v. Allegato II, “Requisiti essenziali di salute e sicurezza”).

I DPI sono distinti in categorie di rischio (v. Allegato I, “Categorie di rischio dei DPI”).

I DPI di Categoria I possono essere immessi in commercio previa dichiarazione di conformità CE, mentre i DPI di Categoria II e III devono passare il vaglio di un Organismo notificato che emette il certificato CE a seguito del quale il fabbricante può emettere la dichiarazione di conformità CE.

Le maschere qualificate come DPI appartengono alla Classe III.

Tali DPI vengono solitamente realizzati seguendo la normativa tecnica UNI EN 149:2009 che le suddivide in base alla loro efficacia filtrante l’interno in tre livelli: FFP1, FFP2 e FFP3.

Il fabbricante della maschera DPI deve quindi:

  1. redigere la documentazione tecnica relativa al DPI (per le regole di conformità, v. Allegato III, “Documentazione tecnica per i DPI”);
  2. coinvolgere un Organismo notificato che emani un certificato CE[7];
  3. redigere la dichiarazione di conformità (per le regole di conformità, v. Allegato IX, “Dichiarazione di conformità UE N. …”), al fine di dimostrare il rispetto dei requisiti essenziali di salute e sicurezza applicabili nella fabbricazione del DPI;
  4. apporre la marcatura CE (per le regole di conformità, v. art. 16);
  5. corredare il DPI delle istruzioni e informazioni (per le regole di conformità, v. Allegato II, “Requisiti essenziali di salute e sicurezza”, capo I, punto 1.4).

b. Disciplina in deroga

Analogamente a quanto previsto per i DM, anche per i DPI è previsto un regime in deroga in base al quale un soggetto che intende produrre o un importatore deve presentare domanda di valutazione in deroga e un’autocertificazione.

Le differenze rispetto all’iter previsto per i DM sono le seguenti:

  1. l’organo preposto alla valutazione delle domande e delle autocertificazioni nel caso dei DPI è l’INAIL;
  2. i requisiti da rispettare nel caso dei DPI sono quelli di cui all’Allegato II del RDPI 2016/425;
  3. le “Istruzioni operative del 19 maggio 2020” pubblicate dall’INAIL contengono il modello di autocertificazione del rispetto dei requisiti essenziali da inviare all’Ente. In tale documento si richiede inoltre che alla menzionata autocertificazione siano allegati i documenti che consentono la valutazione del DPI, incluse:
    1. una relazione tecnica descrittiva completa del DPI e dell’uso a cui è destinato;
    2. relazioni e relativi rapporti di prova sui test effettuati per verificare la conformità dei DPI ai requisiti essenziali di salute e sicurezza (UNI EN 149:2009 o norme equivalenti);
    3. una copia delle istruzioni per il datore di lavoro.

Anche in questo caso, qualora la valutazione dell’INAIL sia positiva, la commercializzazione di tali DPI sarà legittima nel perdurare dello stato di emergenza e avverrà senza apposizione della marcatura CE.

Qualora invece sia negativa, «il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore è fatto divieto di immissione in commercio» (v. art. 15, comma 4, Decreto Cura Italia).

3.3. Maschere non DM o DPI (c.d. maschere per la collettività)

Infine, il Decreto Cura Italia (v. art. 16, comma 2) fornisce ulteriori misure di protezione a favore della collettività stabilendo che fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020 (ossia fino al 31 luglio 2020), i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro sono autorizzati all’utilizzo di maschere filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio.

Pur nella scarsa chiarezza della formulazione della norma, è comunemente reputato che si tratti di maschere che, non risultando classificabili né come DM, né come DPI, dovranno farsi rientrare sotto la disciplina generale del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del Consumo”).

In particolare, per i profili di sicurezza, richiamo l’applicabilità degli artt. da 102 a 113 e, in particolare, l’art. 104, commi 2, 3 e 4, del Codice del Consumo. Trattasi degli obblighi in capo al produttore di indicare, tra gli altri, tutte le informazioni utili alla valutazione e alla prevenzione dei rischi derivanti dall’uso normale o ragionevolmente prevedibile del prodotto, e l’indicazione in base al prodotto o al suo imballaggio, dell’identità e degli estremi del produttore; il riferimento al tipo di prodotto o, eventualmente, alla partita di prodotti di cui fa parte, salva l’omissione di tale indicazione nei casi in cui sia giustificata, connessi, come indicato, alla previsione secondo cui vanno riportare le indicazioni relative alle istruzioni, alle eventuali precauzioni e alla destinazione d’uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.

In tali casi, è indispensabile indicare con chiarezza nell’etichetta sul confezionamento che non si tratta né di un DM, né di un DPI.

Come anche precisato dalla Circolare 3572/2020, le maschere per la collettività:

  1. non sono soggette, dal punto di vista regolamentare, neppure alle procedure semplificate di valutazione e validazione straordinaria richieste dall’art. 15 del Decreto Cura Italia per i DM e i DPI senza marcatura CE;
  2. soprattutto, non devono essere conformi a particolari norme tecniche armonizzate UNI EN – ISO.

Quest’ultimo profilo le rende nettamente distinte dai DM del tipo c.d. maschere chirurgiche prodotte ai sensi dell’art. 15 del Decreto Cura Italia. Sebbene siano anch’esse prive di marcatura CE e apparentemente simili nella struttura, come detto i DM devono superare prove tecniche e test di laboratorio per dimostrare la conformità alle norme tecniche UNI EN 14683:2019 e UNI EN 10993-1:2009.

Inoltre, il produttore di maschere per la collettività non è soggetto all’obbligo di implementare un sistema di gestione della qualità, come richiesto invece a chi voglia realizzare DM del tipo c.d. maschere chirurgiche (e, a maggior ragione, DPI).

Si tratta di deroghe molto ampie, a carattere eccezionale, giustificate dalla natura straordinaria dell’emergenza sanitaria e dalla urgente domanda sul mercato dei presidi di protezione, di molto superiore al fabbisogno ordinario.

A ben vedere, però, anche questo “terzo tipo” di maschere deve soddisfare alcuni requisiti.

Anzitutto, alcuni limiti discendono dalla loro stessa natura:

  1. non trattandosi di DM ai sensi dell’art. 15 del Decreto Cura Italia, le maschere per la collettività non possono essere utilizzate durante il servizio da operatori sanitari in ambiente medico o assistenziale (ospedali, guardie mediche, RSA);
  2. del pari, non trattandosi di DPI, non possono essere utilizzate in ambienti di lavoro dove sia prescritto l’impiego di DPI.

Si tratta, quindi, di presidi con finalità precauzionale, limitati alla generica collettività; per cui, negli altri ambienti di lavoro e luoghi (anche pubblici) in cui ne sia consentito o richiesto l’impiego, deve essere rispettata la distanza di sicurezza interpersonale – che, come raccomandato dalle autorità sanitarie e dai provvedimenti regionali, deve essere di almeno un metro –, salve le ulteriori misure di igiene e prevenzione raccomandate dalle autorità sanitarie.

Nulla vieta, tuttavia, di condurre test di tenuta e di efficacia filtrante: anche la Circolare 3572/2020 prescrive ai produttori la «assoluta necessità» di garantire che tali maschere «non arrechino danni o determinino rischi aggiuntivi per gli utilizzatori secondo la destinazione d’uso». Del resto, l’art. 16 del Decreto Cura Italia le definisce come «maschere filtranti»: è ragionevole, quindi, che debbano essere costruite, per lo meno, con strati di tessuto filtrante come polipropilene, TNT o cotone con trattamento antidroplet.

In tal senso, pur in assenza di indicazioni specifiche, in via facoltativa possono essere osservate le procedure e le indicazioni tecniche della norma UNI EN 14683:2019, di cui andrebbero considerati, in particolare, i requisiti di cui ai punti 5.1.1 (“Materiali e costruzione”), 5.2.1 (“Generalità”), 5.2.2. (“Efficienza di filtrazione batterica-BFE”) e 5.2.3 (“Respirabilità”), nonché, per una maggiore qualità e sicurezza del prodotto, anche i requisiti dei punti 5.2.4 (“Resistenza agli spruzzi”), 5.2.5 (“Pulizia microbica-Bioburden”) e 5.2.6 (“Biocompatibilità”).

Resta fermo che i test tecnici non sono obbligatori: dunque, in ogni caso tali maschere possono essere destinate alla collettività, purché il tessuto utilizzato soddisfi requisiti minimi di sicurezza, in termini di sufficiente traspirabilità e idrorepellenza.

Infine, il sistema di produzione e utilizzo di tali presidi incontra un limite temporale: esso vale solo per la durata dell’emergenza COVID-19, ossia (allo stato) fino al 31 luglio 2020; dopodiché, tornerà in vigore l’iter normativo e procedurale ordinario previsto per DM e DPI con marcatura CE[8].

In generale, qualsiasi impresa, anche se di recente “riconvertita”, nella misura in cui si presenta come produttore, è responsabile per le informazioni veicolate in merito all’impiego corretto e alla sicurezza del prodotto. Diversamente, si potrebbe ingenerare negli utenti un affidamento sproporzionato rispetto alla effettiva capacità protettiva e alla destinazione d’uso del presidio; il che è tanto più grave a fronte dei seri rischi che possano derivare per la salute individuale e collettiva.

4. Importazione e distribuzione di maschere protettive di produzione extracomunitaria

Anche quando è prodotta in paesi extra UE una maschera protettiva DM o DPI deve essere conforme alle prescrizioni del DDM 93/42 e del RDPI 2016/425 per poter essere marcata CE.

Pertanto, prima di immettere un DM o un DPI sul mercato[9], l’importatore deve anzitutto accertarsi che:

  1. un Organismo notificato abbia eseguito la procedura di valutazione, se richiesto dalla normativa;
  2. all’esito, il produttore extra UE abbia rilasciato una dichiarazione di conformità valida.

Inoltre, l’importatore è tenuto a:

  1. chiedere e ottenere la documentazione tecnica relativa al prodotto (i.e.: scheda tecnica, certificati di test ed evidenze sul rispetto dei requisiti per la marcatura CE);
  2. assicurarsi che sul DM e sul DPI – o almeno sull’imballaggio o documento di accompagnamento – siano apposte le informazioni essenziali, come i dati identificativi del dispositivo e del produttore, il riferimento alla normativa tecnica, e per dispositivi di Categoria III anche l’Organismo notificato;
  3. verificare che il DM e il DPI siano accompagnati dalle istruzioni e dalle informazioni previste rispettivamente dal DDM 93/42 e dal RDPI 2016/425, incluse le modalità di packaging e le istruzioni di magazzinaggio, di impiego, di pulizia, di manutenzione, di revisione e di disinfezione.

Se l’importatore ritiene che il dispositivo, benché marcato CE (se richiesto dalla normativa), non sia conforme ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza, deve astenersi dal metterlo in circolazione.

L’art. 11 RDPI 2016/425 prevede obblighi precisi di verifica e di condotta per il distributore di DPI marcati CE, siano essi acquistati da un produttore o da un importatore. Analoga previsione è stabilita dal Regolamento UE 2017/745, che abroga e sostituisce la DDM 93/42 e la cui entrata in vigore è prevista il per il 26 maggio 2020.

La valutazione della conformità da parte di un Organismo notificato e gli obblighi previsti per il produttore, importatore e distributore dal RDPI 2016/425 permangono anche quando si tratti di maschere “certificate” come N95 secondo la normativa tecnica Statunitense (regolamento NIOSH-42 CFR 84 del 1996) o KN95 secondo la normativa tecnica Cinese (regolamento GB 2626-2006 e normativa tecnica GB/T 18664—2002).

Tenuto conto che non risulta l’esistenza di norme armonizzate che dichiarino tali maschere “equivalenti” alle FFP2 (o FFP3), la certificazione come N95 o KN95 non consente alcuna deroga alla procedura di marcatura CE.

Non viene derogata neppure la norma tecnica UNI EN 149:2009, che deve essere dunque rispettata e verificata, essendo irrilevante che la maschera sia già “certificata” all’estero come N95 o KN95.

In altri termini, l’importatore (o distributore) deve sottoporre tali maschere – non marcate CE – alla valutazione di un ente di certificazione accreditato (se richiesto dalla normativa) o laboratori universitari. Inoltre, la maschera FFP2/FFP3 deve riportare le informazioni previste dall’art. 9.2 della norma UNI EN 149:2009.

5. Scheda di riepilogo

Per una più chiara e immediata comprensione dell’inquadramento normativo applicabile, riporto di seguito una scheda sinottica dei punti sviluppati in precedenza:

Denominazione di uso comune Maschere chirurgiche

(monouso o lavabili)

Maschere FFp2-FFp3
Qualificazione giuridica Dispositivi medici (DM) Dispositivi di protezione individuale (DPI)
Tipo DM regolarmente marcati CE DM immessi in commercio in deroga DPI regolarmente marcati CE DPI immessi in commercio in deroga
Riferimento normativo ·   DDM 93/42 ·   Decreto Cura Italia

·   DDM 93/42 (in parte)

·   RDPI 2016/425

·   D.Lgs. 19 febbraio 2019, n. 17 (sanzioni)

·   Decreto Cura Italia

·   RDPI 2016/425 (in parte)

Norme tecniche di produzione ·   UNI EN 14683:2019

·   UNI EN ISO 10993.1:2010 (o norma considerata equivalente)

·   UNI EN 14683:2019

·   UNI EN ISO 10993.1:2010 (o norma considerata equivalente)

·   UNI EN 149:2009 (o norma considerata equivalente) ·   UNI EN 149:2009 (o norma considerata equivalente)
Organismo notificato No No No
Domanda in deroga No Art. 15, comma 2, Decreto Cura Italia (fino al termine dello stato di emergenza del 31 luglio 2020) No Art. 15, comma 3, Decreto Cura Italia (fino al termine dello stato di emergenza del 31 luglio 2020)
Informazioni sul packaging ·   Marcatura CE (Allegato XIII del DDM 93/42)

·   Nome del produttore

·   Nome del mandatario (se produttore extra UE)

·   Informazioni di cui all’Allegato I, capo III, punto 13 (soprattutto, v. punto 13.3) del DDM 93/42

·   Informazioni elencate alla voce “Contenuto minimo dell’etichettatura apposta sul confezionamento primario/secondario) del documento “Documentazione tecnica: specifiche dell’ISS” ·   Marcatura CE (artt. 16 e 17 del RDPI 2016/425)

·   Informazioni (art. 17 del RDPI 2016/425)

·   Informazioni assenti sul website INAIL
Documenti da verificare per l’acquisto ·   Dichiarazione di Conformità CE (Allegato VII del DDM 93/42)

·   Istruzioni per l’uso (Allegato I, capo II, punto 13.6, del DDM 93/42)

·   Domanda di valutazione in deroga

·   Parere positivo ISS (opzionale)

·   Documentazione tecnica necessaria per la validazione (tra cui scheda tecnica materiali, report prove tecniche eseguite, documenti attestazione Sistema di Qualità) di cui al documento “Documentazione tecnica: specifiche dell’ISS”

·   Dichiarazione di Conformità CE (Allegato IX del RDPI 2016/425)

·   Attestato di Certificazione CE (rilasciato da Organismo Notificato)

·   Nota informativa (con istruzioni e informazioni, di cui all’Allegato II, capo I, punto 1.4, del RDPI 2016/425)

·   Domanda di valutazione in deroga

·   Parere positivo INAIL (opzionale)

·   Documentazione tecnica necessaria per la validazione (tra cui scheda tecnica materiali, report prove tecniche eseguite, documenti attestazione Sistema di Qualità) di cui al documento “Istruzioni operative del 19 maggio 2020 dell’INAIL”

[1] V. ordinanza del 26 aprile 2020 con cui il Ministero della Salute ha consentito l’importazione di maschere anche in assenza di iscrizione nella Banca dati dispositivi medici del Ministero della Salute e prive dell’etichettatura in italiano.

[2] V. anche ordinanza del 26 aprile 2020, n. 11 del Commissario Governativo, con cui è stato stabilito che il prezzo al pubblico delle sole maschere del tipo dispositivo medico non può essere superiore a € 0,50.

[3] Ai sensi dell’art. 1, comma 2, D.Lgs 24 febbraio 1997, n. 46, per dispositivo medico s’intende: «qualunque strumento, apparecchio, impianto, software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software destinato dal fabbricante ad essere impiegato specificamente con finalità diagnostiche o terapeutiche e necessario al corretto funzionamento del dispositivo, destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull’uomo a fini di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia; di diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di studio, sostituzione o modifica dell’anatomia o di un processo fisiologico; di intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l’azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi».

[4] Ai sensi dell’art. 3, comma 1, n. 1), Regolamento UE 2016/425, per dispositivo di protezione individuale s’intende: «a) dispositivi progettati e fabbricati per essere indossati o tenuti da una persona per proteggersi da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza; b) componenti intercambiabili dei dispositivi di cui alla lettera a), essenziali per la loro funzione protettiva; c) sistemi di collegamento per i dispositivi di cui alla lettera a) che non sono tenuti o indossati da una persona, che sono progettati per collegare tali dispositivi a un dispositivo esterno o a un punto di ancoraggio sicuro, che non sono progettati per essere collegati in modo fisso e che non richiedono fissaggio prima dell’uso».

[5] A decorrere dal 26 maggio 2020 è prevista l’entrata in vigore del Regolamento UE 2017/745, che abroga e sostituisce la DDM 93/42.

[6] Ai sensi dell’art. 76 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, la dichiarazione mendace integra il reato di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico, il quale è punito con la reclusione fino a due anni.

[7] L’elenco degli organismi accreditati al rilascio dei Certificati CE per il RDPI 2016/425 può essere verificato su sul sito web NANDO.

[8] Rammento che, allo stato, a decorrere dal 26 maggio 2020 è prevista l’entrata in vigore del Regolamento UE 2017/745, che abroga e sostituisce la DDM 93/42.

[9] Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. h), DDM 93/42, la “immissione in commercio” è definita nei termini seguenti: «la prima messa a disposizione a titolo oneroso o gratuito di dispositivi, esclusi quelli destinati alle indagini cliniche, in vista della distribuzione o utilizzazione sul mercato comunitario, indipendentemente dal fatto che si tratti di dispositivi nuovi o rimessi a nuovo».

Lascia un commento