venerdì, Marzo 29, 2024
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Mercato del credito al consumo: il credito revolving

Negli ultimi anni si è assistito a un accresciuto ricorso al credito da parte delle famiglie italiane. La maggior richiesta di finanziamenti è sintomo di una maggiore propensione all’indebitamento e può essere conseguenza di molteplici fattori, sia dal lato della domanda da parte dei consumatori, sia dal lato dell’offerta delle società finanziarie.
L’offerta e in particolare il mercato del credito al consumo è stato caratterizzato da un rilevante sviluppo negli ultimi anni, che ha portato a una modifica nelle modalità e nelle politiche di offerta degli intermediari finanziari. Sono stati modificati il target di clientela alla quale sono rivolti i servizi, i canali distributivi attraverso i quali operano, i propri assetti organizzativi, il ruolo e i rapporti fra intermediari specializzati e le banche retail.
Dal lato della domanda, l’Italia è stato un Paese che ha sempre avuto un saldo finanziario molto elevato, con un altrettanto elevato livello di risparmio finanziario e un livello di indebitamento complessivo delle famiglie rispetto al reddito disponibile talmente basso rispetto agli altri Paesi, che molti gruppi internazionali hanno tentato di inserirsi nel mercato del credito al consumo italiano con lo scopo di intercettare l’ingente ammontare di liquidità disponibile.

Le dinamiche che hanno coinvolto i due lati del mercato e hanno contribuito alla creazione di questo andamento, sono state favorite e ampliate dall’attuale quadro macroeconomico e dal diffondersi di rinnovati modelli comportamentali.

Alla fine degli anni ’90, il credito finalizzato[1] rappresentava oltre l’85% del credito al consumo erogato, nel 2003 il 72% e nel 2008 il 43%. Esso era necessario principalmente a finanziare l’acquisto di beni durevoli. Tuttavia, nel corso del tempo e per i motivi sopra esposti, si è assistito ad una sostanziale modifica dei comportamenti dei consumatori che hanno portato ad un significativo aumento della concessione del credito non finalizzato. A differenza del precedente, l’importo del credito richiesto viene erogato direttamente al richiedente e l’utilizzo della somma ricevuta è lasciato alla  discrezionalità dello stesso . Non è quindi subordinato all’acquisto di un determinato bene o servizio.

Il calo del credito finalizzato non è stato dovuto ad una sua contrazione, ma piuttosto all’aumento delle richieste (e quindi del peso relativo) di finanziamenti non finalizzati rispetto a quelli finalizzati, tra i quali troviamo prestiti personali, cessioni del quinto e credito revolving.

La progressiva diminuzione del peso del credito finalizzato a favore di quello non finalizzato può essere inoltre ricondotta alla maggior conoscenza maturata dal concedente sull’affidabilità del cliente, al quale viene inizialmente concesso il primo affidamento sotto forma di credito finalizzato e, successivamente, una volta acquisito un maggior numero di informazioni che permettono di inquadrare meglio il tipo di soggetto dal punto di vista dell’affidabilità creditizia, sarà concessa la linea di credito non finalizzato.

Tra i crediti non finalizzati, le linee di credito revolving stanno conquistando una quota sempre maggiore nel panorama italiano.

I crediti revolving[2] sono modalità di finanziamento rotativo in cui non è prevista l’esistenza di un conto corrente, dove il cliente ha a disposizione una somma da utilizzare e rimborsare secondo le proprie esigenze. Possono essere a scadenza determinata o non determinata e sono modalità di finanziamento costruiti su misura del cliente richiedente. Non è necessario avere un conto corrente in quanto questa forma di credito può essere erogata su una carta di plastica. Essendo particolarmente difficoltose da monitorare in termini di andamento della situazione economico-finanziaria del cliente per l’intermediario queste linee di credito sono generalmente concesse, come già detto, a chi ha già sperimentato positivamente altre forme di credito.

Tuttavia a seguito della recessione creata dalla recente crisi, con la finalità di creare bisogni e spingere i consumi, le carte di credito revolving hanno assunto un ruolo di primo piano.
Si stimano siano più di 3,5 milioni le carte di credito revolving attive nel nostro Paese. Inizialmente nate con lo scopo di sostenere l’acquisto di beni durevoli per i quali non si disponeva al momento della liquidità necessaria, con il tempo sono state utilizzate sempre di più per l’acquisto di beni di prima necessità.

Il funzionamento è il seguente: la somma di denaro messa a disposizione sulla carta di credito revolving può essere utilizzata a piacimento del cliente; le spese effettuate saranno restituite in più rate mensili senza scadenza, e non in una volta (a saldo) come per le normali carte di credito. Ci si accorda con l’intermediario sull’ammontare della rata comprensiva degli interessi, che spesso è di importo minimo. L’ammontare massimo concesso sulla carta è stabilito di comune accordo con il cliente e in genere non è particolarmente eccessivo, dell’ordine di 1.500-2.000€, ma i rimborsi mensili rappresentano una quota pari mediamente al 5% della linea di credito concessa. Rimborsata la singola rata, viene ripristinata l’intera somma disponibile sulla carta, che potrà essere utilizzata nel pieno della sua disponibilità. Ciò comporta una durata non predeterminabile del finanziamento, considerata la rata fissa.

Ciò ha creato un sistema perverso che permette di sostenere le spese ordinarie al costo di tassi di interesse particolarmente pesanti. Come rilevato dalla Banca d’Italia[3], per il terzo trimestre 2018, con il comunicato stampa del 28 giugno 2018 nel quale vengono rilevati i TAEG (Tassi Annui Effettivi Globali) medi e le relative soglie anti usura, il credito revolving è assoggettato al tasso di interesse più alto in assoluto, pari, in media, al 16,15%, con un relativo tasso di usura indicato (il tasso oltre il quale si configura la fattispecie di reato) del 24,15%. Tra tutte le operazioni presenti nel comunicato della Banca d’Italia, il credito revolving è quello con il tasso più alto applicato.

L’applicazione di tassi particolarmente elevati rispecchia sicuramente la rischiosità assunta dall’intermediario, che si assume il rischio di credito; tuttavia, resta evidente la differenza con i tassi di altre categorie di credito, ad esempio quello finalizzato, che presenta un TAEG medio del 9,35% e la soglia di usura relativa del 15,68%.

Il meccanismo si utilizzo è intuitivo ma, al contempo, nel lungo periodo difficile da controllare, soprattutto per quanto riguarda tutti quei clienti che spesso hanno difficoltà a comprendere le condizioni alle quali sono assoggettati, e che non potrebbero rendersi conto dell’onerosità della spesa sostenuta.

[1] Finanziamento concesso al cliente per l’acquisto di un determinato bene, ad esempio la casa o l’automobile.

[2] Filotto, S. Cosmo, “Manuale del Credito al consumo”, EGEA, 2011.

[3] http://www.bancaditalia.it/media/comunicati/documenti/2018-01/cs_antiusura_28062018.pdf

Matteo Capasso

Matteo Capasso nasce a Roma nel 1995. Consegue la maturità tecnica industriale in elettronica e telecomunicazioni nel 2014. Si laurea in Scienze Economiche nel 2017 presso la facoltà di economia dell’Università "La Sapienza" di Roma. Nello stesso anno inizia il corso di laurea magistrale in FINASS (Finanza e Assicurazioni), specializzandosi nel comparto assicurativo. Da settembre 2020 lavora presso Mediocredito Centrale, occupandosi dell'istruttoria delle domande di garanzia pervenute presso il Fondo di Garanzia per le PMI.

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