venerdì, Aprile 19, 2024
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Messico: il rimpatrio illegale dei centroamericani

In un rapporto pubblicato a gennaio 2018, Amnesty International ha accusato le autorità messicane di respingere illegalmente migliaia di centroamericani, provenienti principalmente da Honduras, Guatemala ed El Salvador, che sono rimpatriati senza tener conto dei numerosi rischi che corrono nei Paesi d’origine. Infatti, tali Stati – il “Nothern Triangle” – spiccano tra i più violenti al mondo, con tassi di omicidio che superano da quattro a otto volte quelli già considerati “epidemici” dall’OMS [1].

Il report verte su 500 interviste effettuate dall’Organizzazione nel 2017, da cui è emerso (da 120 di queste – il 24%) che l’Istituto Nazionale per le Migrazioni (INM) messicano sta violando il non-refoulement principle (principio del “non respingimento”), norma del diritto internazionale nonché messicano che proibisce il rimando di persone verso Paesi in cui rischino rilevanti violazioni dei diritti umani [2].

L’INM è l’organo del governo federale responsabile dei controlli alle frontiere, del rilascio di documenti di viaggio e di residenza e della regolarità dei flussi migratori che attraversano il Paese, oltreché del riconoscimento e della deportazione di immigrati irregolari. In particolare, i funzionari sono accusati di gravi negligenze: in primis il non rispetto delle procedure per l’accettazione o il respingimento degli immigrati stabilite dalla legislazione nazionale. Gli agenti dell’INM sono tenuti, innanzitutto, a individuare e informare [3]coloro che possono essere indicati come “richiedenti asilo” [4], per poi reindirizzarli alla Comisión Mexicana de Ayuda a Refugiados (COMAR). [5] Tuttavia, la procedura corretta è stata effettuata solamente in 10 casi su 297 (con circa il 25% degli arrestati). [6]

Dappiù, gli agenti messicani tendono a non considerare il background dei migranti: nel 69% dei casi, per esempio, non sono state richieste le motivazioni a capo della fuga – informazioni necessarie per il raggiungimento dello status di “richiedente asilo”, secondo le Latin American Regional Guidelines per l’identificazione preliminare e la gestione dei processi migratori.

Seguono, infine, violenze generalizzate e detenzioni illegali in centri predisposti (circa 54 nel Paese) [7], in cui sono decise le deportazioni – secondo step della procedura di accettazione dei migranti. La maggior parte di questi sono concepiti come carceri ad alta sicurezza, dove spesso i diritti umani non sono considerati. Anche se in via teorica a ciascuno sono concessi 15 giorni per presentare la domanda di asilo, in via pratica l’INM costringe l’arrestato alla firma immediata e inconsapevole di una risoluzione che ne implica il rimpatrio (“voluntary return”) [8], effettuato su pericolanti bus che giungono fino al confine meridionale del Paese. Mentre l’INM ha confermato che ciascun asylum seeker è ascoltato in un colloquio di almeno un’ora, solo il 68% degli intervistati è stato ammesso all’udienza, per il 57% dei quali durata meno di dieci minuti.

Oltre l’INM, secondo la Legge messicana sulle Migrazioni anche la Polizia Federale può ricoprire una funzione ausiliaria nel controllo del processo di controllo dei flussi. [9] Ciononostante, il suo coinvolgimento deve essere espressamente richiesto dall’INM [10], e i federali non possono arbitrariamente decidere dell’arresto e della detenzione dei migranti nel Paese – pratica ormai comune.

Tali mancanze non sono considerabili semplici atti di negligenza, poiché ogni caso di refoulement costituisce violazione di diritti umani, e potrebbe causare la morte dei richiedenti asilo. Nonostante i funzionari siano istruiti a proposito di diritti umani e diritto internazionale dei rifugiati (come affermato dalla delegazione dell’INM a Chiapas, nel sud del Messico, in un’intervista di Amnesty International del 2017), le violazioni continuano ad essere perpetrate e i migranti non hanno nemmeno diritto a un effettivo parere legale. Invero, si riesce ad accedere ai case files riguardanti ciascun richiedente asilo solo con estrema difficoltà. [11]

Amnesty International conclude il report con delle raccomandazioni indirizzate al Presidente Messicano e all’INM riguardo alla revisione delle procedure di accoglienza dei migranti al fine di diminuire i rimpatri illegali e le conseguenti violazioni dei diritti umani in Centroamerica.


[1] Amnesty International, “Overlooked, under-protected; Mexico’s deadly refoulement of central americans seeking asylum”, 2018 (https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2018/01/23143646/I-Welcome-Mexico-Overlooked-under-protected_180123.pdf)

[2] Ibidem, pag5

[3] Art. 16 del Reglamento de la Ley sobre Refugiados y Protección Complementaria, (http://www.diputados.gob.mx/ LeyesBiblio/regley/Reg_LRPC.pdf)

[4] Cámara de diputados del H. Congreso de la Unión, Art. 16 of the “Reglamento de la Ley sobre Refugiados y Protección Complementaria”, 2012 (http://www.diputados.gob.mx/LeyesBiblio/regley/Reg_LRPC.pdf)

[5] Cámara de diputados del H. Congreso de la Unión, Art. 21 del “Reglamento de la Ley sobre Refugiados y Protección Complementaria”, 2012  (http://www.diputados.gob.mx/LeyesBiblio/regley/Reg_LRPC.pdf )

[6] Amnesty International, op. cit. pag. 10

[7]  Ibidem, pag. 11

[8]  Ibidem, pag. 14

[9] La Ley de Migración sottolinea all’Art. 81: “The revision of documents of people entering and leaving the country, as well as the inspection of transport lines entering and leaving the country, are considered actions of migratory control. In these actions, the Federal Police will act in an auxiliary function, in coordination with the National Institute of Migration.”

[10] La Ley de Migración sottolinea all’Art. 96: “Authorities will collaborate with the National Institute of Migration in the exercise of its functions, when the Institute requests it, without this implying that authorities can independently carry out functions of migratory control, verification and revision.”

[11] In linea con l’Art. 8 della Convenzione Americana sui Diritti Umani, prima di un processo i soggetti hanno il diritto di essere ascoltati da autorità competenti e di poter avere un rappresentante legale e un interprete gratuitamente.

 

Sabrina Certomà

Classe 1996, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università degli studi di Trieste. Studentessa presso la Scuola di giornalismo Lelio Basso a Roma. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale con particolare interesse per i diritti umani.

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