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Metaverso e privacy

Metaverso e privacy

a cura di Veronica Meneghetti ed Elia Piccolo, vincitori dell’Essay Competition 2021/2022 di Elsa Padova

 

1. Introduzione – 2. Primi sviluppi ed esempio di metaverse. – 3. Interconnessioni tra mondo reale e mondo virtuale. – 4. Un metaverso sempre più vicino. – 5. Possibili sistemi di tutela nel metaverse6. Conclusioni

  1. Introduzione

L’attenzione alla parola metaverse, secondo quanto riscontrabile attraverso i grafici messi a disposizione da Google Trends[1], ha raggiunto il suo picco nel popolare motore di ricerca nella settimana tra il 24 e il 30 Ottobre, la stessa settimana in cui, non a caso, Mark Zuckerberg ha annunciato ufficialmente la decisione di Facebook – la società che controlla il più grande social network al mondo (e molti altri servizi) – di cambiare il nome aziendale in “Meta”, chiaro riferimento al concetto di metaverso[2].

Meta, secondo le parole ed intenzioni del suo CEO, vuole prefiggersi l’obbiettivo di creare una nuova piattaforma “even more immersive — an embodied internet where you’re in the experience, not just looking at it”[3]: è in queste poche righe che si può riassumere, secondo il founder di Meta, il concetto di metaverso.

A una realtà ancora più immersiva e ad un’esperienza ancora più interconnessa per gli utenti di Meta, di quanto non si fosse già raggiunto con Facebook, fanno però chiaramente da contraltare le preoccupazioni che ciò può implicare soprattutto in tema di tutela dei dati personali e della privacy verso cui il gigante dei Social Network già in passato, plurime volte, ha dimostrato di non prestare adeguata attenzione. Come facilmente intuibile, e come illustreremo meglio in seguito, questa nuova direzione intrapresa, infatti, comporterebbe all’azienda Meta l’accesso a un numero ancora più esorbitante di dati dei propri utenti[4].

Il progetto sotto questo punto di vista ha già infatti raccolto diverse critiche e l’annuncio in questione è stato addirittura additato quale “screen behind which it [Facebook and Zuckerberg] can hide while its regulatory issues play out” [5].

  1. Primi sviluppi ed esempi di metaverse

L’originarietà del concetto di metaverso non è certo attribuibile a Zuckerberg e alla sua azienda Meta, ma anzi si trova più volte utilizzato negli ultimi tre decenni, seppur in modo più informale ed astratto.

La paternità del vocabolo infatti risale allo scrittore Neal Stephenson, nel celebre romanzo sci-fi Snow Crash del 1992, sebbene la realtà che questo evoca può probabilmente essere ricondotta anche a tempi ben più lontani[6].

Il metaverso qui presentato dall’autore corrisponde a uno spazio virtuale 3D abitato dai giocatori-utenti in cui un ruolo centrale è costituito dalla “Strada”, la quale: “è soggetta all’espansione edilizia. Gli imprenditori edili possono costruire piccole strade private che si dipartono dalla via principale. Possono costruire case, parchi, segnali e persino altre cose che non esistono nella Realtà, come ad esempio giganteschi spettacoli di luci proiettate verso l’alto, speciali zone edilizie in cui vengono ignorate le regole dello spazio-tempo tridimensionale e aree di libero combattimento dove ci si può inseguire e ammazzare a volontà.” [1, p.23].

In Snow Crash, quindi, le persone utilizzano avatar digitali di sé stessi per esplorare la realtà online spesso quale via di fuga dalla realtà distopica in cui vivono, in ciò ricordando molto da vicino, per alcuni versi, quel che oggi alla fine ritroviamo abitualmente accadere con i social network e videogiochi, ma a questo aggiungendovi la dimensione di mondo virtuale. Sempre per questi aspetti, infatti, tale dimensione può proprio sembrare rappresentare la naturale evoluzione del social, a cui appare ambire il progetto Meta.

Ben prima di Meta però altre aziende si sono cimentate nel tentativo di creare un mondo virtuale alternativo, tra cui, tra le più meritevoli di menzione, si può certamente citare Second Life: «No one has come close to building a virtual world like Second Life» infatti ha riaffermato di recente il suo stesso fondatore Philip Rosedale[7].

Second Life, proprio negli ultimi tempi infatti ritornato anche all’attenzione dei media a seguito dell’investimento da parte di High Fidelity (compagnia fondata dallo stesso Philip Rosedale dopo essere uscito dal Second Life), nel tentativo di rivalorizzare la piattaforma come un’applicazione metaverse più popolare[8], non è un semplice videogioco MMORPGs (massively multiplayer online role-playing games), come da molti inquadrato[9], ma può essere invece definito alla stregua di un microcosmo sociale in cui i giocatori stabiliscono relazioni interpersonali e manifestano in generale comportamenti sociali realistici[10]. Come dichiarato sempre da Rosedale nel 2006, a tre anni di distanza dal lancio di Second Life, ciò che era stato creato non era visto difatti come gioco ma una piattaforma, per molti versi, che si propone di essere addirittura migliore del mondo reale[11], in ciò riproponendo il concetto di fuga dalla realtà già presentato, come abbiamo visto, in Snow Crash.

  1. Interconnessioni tra mondo reale e mondo virtuale

Introducendo ora il tema di cui invece più preme trattare nel corso di questo articolo, la privacy, ciò che preoccupa è l’invasione incontrollata nella sfera personale degli individui che il futuro sviluppo del metaverso può dar luogo, senza che l’utente ne sia consapevole.

Il cuore della questione è che, come accennato in chiusura del paragrafo precedente, il metaverso prospettato da Meta (similmente al resto degli emergenti progetti di metaverse, tra i quali è ricompreso appunto anche Second Life) risulta privo di scopi particolari, se non quello proprio di permettere alle persone di fare le più disparate esperienze e divertirsi: giocare, allenarsi, fare nuove conoscenze, stare insieme, sono solo alcuni, infatti, degli innumerevoli esempi di attività che si possono compiere.

Come riporta lo studio condotto anzitempo da EPN in Second Life, ma che per i motivi appena riportati può riferirsi anche ai nuovi progetti per la creazione di metaversi (riportando oltre che architetture similari anche identità di fini), le persone decidono di iscriversi alla piattaforma proprio per “having fun”, “doing things I can’t do in real life” and “social and/or immersion motives”[12]. Questo, in aggiunta anche alle considerazioni presentate dal coevo studio di Yee et al.[13] secondo cui una larga percentuale di utenti ritiene di comportarsi così nel mondo reale come in Second Life (senza utilizzare comportamenti ingannevoli e bugie), evidenzia in generale un atteggiamento molto sociale ed amichevole e allo stesso tempo portando dunque in luce un comportamento di base nella piattaforma, seguito dai partecipanti, ispirato alle stesse norme sociali reali: ciò crea, in definitiva, notevoli analogie e sinergie tra le condotte tenute nel mondo reale e nel metaverse, e quindi tra gli stessi soggetti e i loro avatar.

Per concludere, questo dunque evidenzia come i confini tra realtà e virtuale possano considerarsi altamente permeabili. Il rischio intrinseco che ne deriva è rappresentato, pertanto, dalla raccolta e trattamento dei dati che può avvenire nel metaverso comportando potenzialmente notevoli ripercussioni nel soggetto fisico che abita il mondo reale dovute al fatto che, come abbiamo appurato, questi dati sotto molti aspetti sono fedeli, paradigmatici (e quindi associabili) a quelli che sarebbero normalmente osservabili nelle interazioni personali proprie della società offline.

Questo impone di conseguenza una seria riflessione, al più presto, sulla necessità di una regolazione della privacy nel metaverso per la diretta tutela della dimensione anche reale e personale dell’utente.

  1. Un metaverso sempre più vicino

Una volta esplorate quelle che sono le interconnessioni che si pongono tra mondo reale e virtuale, ciò che viene maggiormente in rilievo sono appunto le ripercussioni che possono essere subite dalla persona attraverso un’impropria e sempre più profonda intromissione nella sfera privata dell’utente.

Gli sviluppi a cui si sta assistendo nell’industria coinvolta nella progettazione ed elaborazione di piattaforme di metaverso permettono all’utente, oggi, di godere di esperienze sicuramente ancor più immersive di quelle di cui ha potuto usufruire e valersi precedentemente, rispetto ad esempio in Second Life. E d’altra parte questo consente ai proprietari dei metaversi e delle diverse piattaforme di potersi sempre maggiormente ingerire nello spazio personale dei possibili abitanti del mondo virtuale grazie anche all’uso di tecnologie ogni giorno più invadenti degli aspetti privati e delle dimensioni assolutamente intime, e un tempo completamente riservate, degli individui.

A questo proposito, emblematica pare essere la strategia adottata da Facebook nell’investire, ancor prima del comunicato riguardante il cambio di nome dell’azienda in Meta, nell’acquisizione di una serie di aziende tra cui: “Within, the company co-founded by VR pioneer Chris Milk, best known for its Supernatural workout app[;] … Unit 2 Games, which makes a “collaborative game creation platform” called Crayta; Bigbox VR, which makes a popular game for Facebook’s Oculus VR goggles; and Downpour Interactive, another VR game-maker”[14].

Tali prodotti e servizi, focalizzati appunto sul settore gaming e VR, dimostrano chiaramente la volontà di spingere nella direzione della realtà aumentata, in cui l’utente-player può dunque ancor più immedesimarsi e sentirsi parte.

A queste tecnologie deve poi considerarsi l’ulteriore aggiunta, probabilmente, di ulteriori sensori haptici incorporati, ad esempio, in guanti, tastiere e un crescente numero di variegati dispositivi e accessori indossabili (oltre alle ormai già diffuse camere e lenti) che permettano l’aumento anche del feedback motorio e dinamico dell’individuo, sempre al servizio dell’offerta di un metaverso più ricco, sensibile e reattivo agli input generati dall’utilizzatore nel mondo reale[15].

Non bisogna però tralasciare come tutti questi apparecchi non siano esclusivamente da considerare come autonomi e separati gli uni dagli altri ma, come sempre più spesso ormai, interconnessi e idonei ad associarsi anche con i restanti prodotti dell’IoT ampiamente presenti nelle nostre case. Tali dispositivi, supportati inoltre dall’espansione delle reti 5G, sono in grado di raccogliere incessantemente una quantità ancor maggiore di informazioni e dati rappresentando, in definitiva, sistemi di (potenziale) perpetuo e onnipresente monitoraggio della vita di una persona nella sua totalità.

Una importante parte degli aspetti del modo di interagire di una persona, infatti, fino ad oggi potevano passare inosservati e sfuggire al controllo di terzi mentre, ora, grazie alla rete delle tecnologie appena descritte, è facile invece che comincino ad emergere e ad essere osservabili anche moltissimi tratti della comunicazione non verbale (quali movimenti degli occhi, battito cardiaco, respirazione, espressioni facciali, reazioni e stati emotivi, ecc.) che per la prima volta certamente verrebbero ad essere registrati in modo massiccio e in collegamento tra loro[16].

Se le implicazioni in tema di privacy qui appaiono alquanto palesi – e naturalmente importanti diventano, di riflesso, le preoccupazioni da rivolgere ai proprietari delle varie piattaforme e progetti di metaverse – non di meno rilievo però sono anche le ulteriori questioni che poi, sempre riferibili al problema della riservatezza, si pongono con riferimento agli altri utenti che popolano tali mondi virtuali.

Tali realtà digitali, come osservabile ad esempio a suo tempo in Second Life[17], consentono infatti ai soggetti che partecipano a queste esperienze di implementare punti di vista differenti da quelli consueti e propri degli ambienti offline, non essendo limitata la loro scelta a una prospettiva in prima persona ma potendo invece scegliere anche la modalità di osservazione in terza.

Ciò permette agli individui, per l’appunto, di osservare molto più di quel che circonda i loro avatar rispetto a quanto invece essi non riescano a cogliere nel mondo reale[18]. Questo può concludersi quindi in una invasione della privacy altrui dal momento che, gli altri abitanti del metaverse, potrebbero essere non consapevoli di essere osservati, abituati a un mondo caratterizzato da sfere di interazione e di controllo su ciò che ci circonda molto più limitate.

Tra le altre attività tipiche dell’agire dell’uomo nella società, che in molti ritengono appropriate a svolgersi e collocarsi nel metaverso, vi sono il lavoro e la scuola, che possono beneficiare del profondo coinvolgimento che lo stesso può fornire attraverso le sue capacità di supportare e interconnettere una vasta pluralità di applicazioni[19]. A maggior ragione poi queste considerazioni appaiono tutto sommato piuttosto pacifiche dal momento in cui, già negli ultimi tempi, a seguito della pandemia, diverse soluzioni per assicurare il raggiungimento degli obbiettivi e della produttività lavorativa (come per garantire la continuità della didattica per gli studenti) sono state implementate facendo ricorso a strumenti quali Zoom, Slack, Teams, Canvas[20]. Le applicazioni in parola, infatti, come ben sappiamo han già introdotto molti lavoratori e studenti a svolgere in parte le loro attività su piattaforme online per cui l’ulteriore approdo nel metaverse, che sarà probabilmente in grado di aggiungere alla messaggistica e ai sistemi di video-call di tali programmi maggiore immersività grazie all’impiego di 3D e VR[21], risulta una conclusione naturale.

Se però le applicazioni nominate offrono oggi la possibilità di studiare, imparare e lavorare in sessioni ben delineate e separate dal resto delle attività che quelle stesse persone svolgono – nel senso che chi va ad utilizzare tali strumenti lo fa unicamente per perseguire quegli scopi didattici e lavorativi, che una volta raggiunti o conclusi non offrono altra ragione all’utente di restare su tali piattaforme essendo ad essi unicamente preposte – il metaverso invece, come più volte ribadito, si propone di offrire all’utilizzatore un’esperienza molto più globale e diversificata, sotto quest’aspetto, fornendo alla persona (in questo caso al lavoratore o studente) molte e differenti ragioni per continuare a restare in quest’ultima dimensione.

È questo ciò che costituisce l’aspetto distintivo, sotto questo punto di vista, rispetto alle precedenti esperienze, ovvero la messa a disposizione di una realtà coinvolgente al massimo grado e in cui possono essere espletate l’intera gamma di attività che una persona svolge nella sua quotidianità, tali per cui, il confine tra vita reale e vita digitale assume tratti (ancora una volta è bene ribadire) sempre più difficili da distinguere, offrendo la seconda un’esperienza che può considerarsi quasi equivalente alla prima e potenzialmente quindi in grado di sostituirla.

Questi sviluppi comportano quindi la realizzazione di uno spazio in cui, sotto il profilo della privacy, il proprietario o gestore di queste piattaforme può veramente essere in grado di farsi osservatore, senza che il diretto interessato ne sia veramente consapevole, della vita di una persona sotto tutti i suoi diversi aspetti, avendone per la prima volta concentrato in un singolo ambiente (virtuale) ogni componente: dalla scuola al lavoro, passando per la dimensione dello svago e del tempo libero, non era infatti mai stato progettato prima un unico luogo in cui potessero raccogliersi (e di conseguenza, come dicevamo, anche osservare) con tale continuità l’agire complessivo di ciascun individuo, in contesti e situazioni che possono ricalcare da molto vicino quella che è la realtà.

  1. Possibili sistemi di tutela nel metaverse

Tutte le sfaccettature finora affrontate testimoniano dunque la necessità di considerare, tenendolo molto bene a mente, sin dai primi sviluppi della tecnologia in questione le implicazioni e ricadute che la diffusione della stessa ha in tema privacy.

Rendere fin da subito il metaverso un ambiente sicuro in cui le persone possano interagire, senza temere le ripercussioni sulla propria sfera personale, appare d’altronde fondamentale per lo stesso successo della piattaforma.

Per giungere a tale risultato, dunque, inderogabile innanzitutto risulterà l’applicazione dei principi che già al giorno d’oggi sono stati sanciti a tutela della riservatezza delle persone. Tali enunciati dovranno poi essere ulteriormente sviluppati in considerazione delle problematiche uniche e peculiari che la nuova realtà virtuale pone.

In particolare, allora, per il raggiungimento dello scopo enunciato sarà di primaria importanza l’inclusione dei principi, propri del più generale concetto di privacy by design, che prevedono una regolamentazione e protezione della privacy direttamente incorporata e integrata nell’intero ciclo della tecnologia a partire sin dalle sue primissime fasi di progettazione.

Una corretta applicazione delle direttive sottese a tale principio potrebbe quindi ad esempio condurre, nello sviluppo delle dinamiche di “gioco” del metaverso, a una serie di accorgimenti e opzioni capaci di garantire la protezione dei “giocatori” in modo concreto ed efficace.

Tra quelli che appaiono particolarmente in sintonia con tale modello, e anche di più immediata realizzazione considerata l’architettura generale che tenderà ad assumere il metaverso, si colloca certamente la possibilità di concedere agli utenti di creare o stabilire spazi per sé stessi dove poter semplicemente escludere gli altri soggetti (pari) dalla possibilità di osservare le proprie azioni. In questo stesso spazio poi potrebbe essere anche assicurato al “giocatore” un regime di condivisione di informazioni anche verso l’amministratore della piattaforma che sia limitato solamente a ciò che è strettamente e unicamente necessario per il corretto funzionamento del sistema, oltre che per la garanzia del fatto che non avvenga violazione dei termini di servizio del “gioco”.

Ancora un altro espediente potrebbe essere rappresentato dalla facoltà di spostarsi, su richiesta dell’utente, in “copie private” di parti del mondo virtuale create, in occasione, per l’esclusivo uso di tale soggetto per un periodo limitato di tempo[22]. In questo modo, sfruttando quelle che sono le potenzialità dello spazio-tempo virtuale, che non risponde alle classiche leggi fisiche del mondo reale, l’interessato viene traslato in una corrispondente porzione del metaverso in cui è però libero di muoversi ed interagire isolatamente dagli altri mentre, sempre lo stesso spazio, in parallelo, continua ad essere inabitato dagli altri soggetti senza essere influenzato, per la porzione di tempo interessata, dalle azioni che il soggetto (che ha richiesto la copia) compie.

Potrebbero inoltre essere inserite diverse modalità di “navigazione” nel metaverso, offrendo l’opzione di scegliere di muoversi in incognito o con caratteri camuffati generati in modo casuale (in “disguise”, sia con riferimento alle fattezze dell’avatar che ai tratti più identificativi dell’utente quale ad esempio il nome) al fine di rendere alcune azioni, per la finestra di tempo selezionata, più nascoste o difficilmente associabili all’identità del player che adotta tale alternativa.

A sostegno di un’architettura del metaverso, che sia sensibile all’esigenza di far comprendere appieno le implicazioni che la partecipazione al nuovo mondo può comportare per la propria privacy, è altamente auspicabile poi che tali ripercussioni ben vengano illustrate e rese chiare a coloro che sono interessati a far parte di questa dimensione virtuale sin dal momento in cui decidono di iscriversi.

Questo può avvenire solamente attraverso l’esposizione e trasmissione di informative trasparenti idonee a descrivere bene quali sono i rischi anche per chi decida di entrare a far parte di queste piattaforme senza preventivamente avere le idee molto chiare di tutto quello che può succedere nel metaverso per via della loro partecipazione. Una soluzione user-friendly, vicina per molti versi a quella che è la dimensione più propriamente del “gioco”, da cui abbiamo visto il metaverso per molti aspetti trae origine ed evolve, potrebbe rinvenirsi nella predisposizione nelle fasi iniziali di approccio dell’utente alla piattaforma (e prima che questo esprima verso di essa il definitivo consenso ad accettare di farne parte), invece del classico prospetto informativo (della cui effiacia nei tempi moderni a lungo si sta discutendo), di una vera e propria “sessione di gameplay”: all’utente verrebbero qui presentanti esempi e alternative esperienze di interazione in cui verosimilmente sarà poi in futuro sottoposto nel momento in cui entrerà nel vero e proprio metaverso. Quest’anticamera della piattaforma, infatti, potrebbe fungere da rappresentazione realistica delle dinamiche di “gioco” proprie del metaverso, a cui l’utente potrebbe non essere consapevole e avvezzo, consentendo quindi a quest’ultimo, prima di buttarsi a capofitto nell’intreccio di relazioni e interazioni proprie della realtà virtuale (con tutti i rischi che abbiamo sottolineato) di poter sperimentare in prima persona le criticità che la stessa pone per la sua privacy. Inoltre, questa sessione, permetterebbe allo stesso tempo un’illustrazione efficace delle possibili contromisure (che abbiamo da poco tracciato) dunque contribuendo, anche fin da subito, a preservare la riservatezza dell’utente: l’individuo in questo modo sarebbe infatti in grado di raffigurarsi meglio, in quest’ambiente “protetto” che verrebbe a costituire il “gameplay”, gli effetti che la sua partecipazione nel metaverse può comportare, valutando (nel caso in cui poi decida di confermare la sua iscrizione) sin dai suoi primi passi a che livello e a quale misura lasciarsi coinvolgere ed immergersi nella realtà virtuale.

  1. Conclusioni

Venendo alle considerazioni finali, il Metaverso presenta nuove minacce sotto molteplici profili, in particolare portando alla luce aspetti della vita delle persone che finora non era mai stato possibile far emergere e che da sempre erano nell’unica disponibilità dell’individuo, come è giusto e necessario che accada per quelli che costituiscono gli aspetti più intimi, privati e incontrollabili (si pensi all’esempio del rilevamento dello sguardo) dell’esistenza degli esseri umani.

Trovandoci noi quindi all’inizio dello sviluppo di tale nuova realtà tecnologica, in grado di condizionare, occupare e rivestire ruoli importanti nel futuro prossimo che ci attende – di cui per altro gli aspetti positivi risultano innegabili, basti pensare alle opportunità che questo spazio può offrire alle persone con disabilità, o alle persone che vivono in contesti che non consentono la piena espressione di come si è realmente, o in cui vivere in comunità e in piena società sia ostacolato da diversi fattori, che possono essere fisici (per chi vive in zone del mondo scarsamente popolate ), etici e morali – abbiamo la responsabilità di impegnarci sin da subito nell’analisi di questo fenomeno, tenendo in primaria rilevanza le ripercussioni che questo ha nella privacy delle persone. Il ritardo o la superficialità nell’affrontare tale questione potrebbe risultare nella violazione grave e irrecuperabile di quello che è un diritto universale e fondamentale, il quale purtroppo già al giorno d’oggi, senza metaverse, risulta, basti pensare ai più recenti fatti di cronaca, non adeguatamente protetto, se non consapevolmente ignorato.

[1] «Google Trends», Google Trends, consultato 1 febbraio 2022, .

[2]Quanto dobbiamo prendere sul serio il metaverso?”, Il Post, 12 novembre 2021, http://www.ilpost.it/2021/11/12/metaverso-facebook-meta/.

[3] «Founder’s Letter, 2021», Meta (blog), 28 ottobre 2021, https://about.fb.com/news/2021/10/founders-letter/.

[4] Alessandra Lucchini e Stefania Pellegrini, “Metaverso, ecco i rischi per la privacy e le tutele possibili”, Agenda Digitale, 19 gennaio 2022, https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/metaverso-e-metadati-tutti-i-rischi-per-la-privacy/.

[5] Kate O’Flaherty, “Why Facebook’s Metaverse Is A Privacy Nightmare”, Forbes, consultato 1 febbraio 2022, https://www.forbes.com/sites/kateoflahertyuk/2021/11/13/why-facebooks-metaverse-is-a-privacy-nightmare/.

[6] Ethan Zuckerman, “Hey, Facebook, I Made a Metaverse 27 Years Ago”, The Atlantic, 29 ottobre 2021, https://www.theatlantic.com/technology/archive/2021/10/facebook-metaverse-was-always-terrible/620546/: “Stephenson, of course, wasn’t being entirely original either. His vision of the metaverse owed a debt to Vernor Vinge’s 1981 True Names and to a series of William Gibson novels from the ’80s. Both of those authors owed a debt to Morton Heilig’s 1962 Sensorama machine, and on and on we go, back in time to Plato’s shadows on a cave wall“.

[7] LINDEN LAB, “High Fidelity Invests in Second Life”, consultato 1 febbraio 2022, https://www.prnewswire.com/news-releases/high-fidelity-invests–in-second-life-301459959.html.

[8]La terza vita di Second Life sarà nel metaverso. Philip Rosedale ci ripensa– Il Sole 24 ORE”, consultato 1 febbraio 2022, https://www.ilsole24ore.com/art/la-terza-vita-second-life-sara-metaverso-philip-rosedale-ci-ripensa–AEMESh8 .

[9] «Second Life», in Wikipedia, 27 gennaio 2022, https://en.wikipedia.org/w/index.php?title=Second_Life&oldid=1068340763:  ” In many ways, Second Life is similar to massively multiplayer online role-playing games; nevertheless, Linden Lab is emphatic that their creation is not a game: “There is no manufactured conflict, no set objective”.

[10] Ronald Leenes, “Privacy in the Metaverse”, in The Future of Identity in the Information Society, a c. di Simone Fischer-Hübner et al. (Boston, MA: Springer US, 2008), 96, https://doi.org/10.1007/978-0-387-79026-8_7.

[11]Glimpse inside a Metaverse – The Virtual World of Second Life”», Readable, consultato 1 febbraio 2022, http://www.allreadable.com/68357nm1:  “So, we don’t see this as a game. We see it as a platform that is, in many ways, better than the real world”.

[12]EPN RAPPORT. Second Life. Het Tweede Leven van Virtual Reality. Den Haag, 1 Oktober David de Nood Jelle Attema – PDF Free Download”, adoc.pub, consultato 2 febbraio 2022, https://adoc.pub/epn-rapport-second-life-het-tweede-leven-van-virtual-reality.html.

[13] Nick Yee et al., “The Unbearable Likeness of Being Digital: The Persistence of Nonverbal Social Norms in Online Virtual Environments”, CyberPsychology & Behavior 10, n. 1 (febbraio 2007): 117, https://doi.org/10.1089/cpb.2006.9984.

[14] Peter Kafka, “Facebook Is Quietly Buying up the Metaverse”, Vox, 11 novembre 2021, https://www.vox.com/recode/22776461/facebook-meta-metaverse-monopoly (così come verificabile poi agli annunci ufficiali rilasciati – Mike Verdu Facebook VP, AR/VR Content at, «Welcoming Downpour Interactive to Facebook», consultato 4 febbraio 2022, https://www.oculus.com/blog/welcoming-downpour-interactive-to-facebook/;  Facebook Gaming, Vivek Sharma, e VP, «Facebook Gaming dà il benvenuto a Unit 2 Games», Facebook Gaming dà il benvenuto a Unit 2 Games, consultato 4 febbraio 2022, https://www.facebook.com/fbgaminghome/blog/welcome-unit-2-games;  Mike Verdu Labs VP of Content, Facebook Reality, «Welcoming BigBox VR to Facebook», consultato 4 febbraio 2022, https://www.oculus.com/blog/welcoming-bigbox-vr-to-facebook/) .

[15] Dr Liew Voon Kiong, “Metaverse Made Easy: A Beginner’s Guide to the Metaverse: Everything You Need to Know about Metaverse, NFT and GameFi” (Liew Voon Kiong, 2022), 27; Jon Garon, “Legal Implications of a Ubiquitous Metaverse and a Web3 Future”, SSRN Scholarly Paper (Rochester, NY: Social Science Research Network, 3 gennaio 2022), 5, https://doi.org/10.2139/ssrn.4002551.

[16] Garon, “Legal Implications of a Ubiquitous Metaverse and a Web3 Future”, 6.

[17] Leenes, “Privacy in the Metaverse”, 101.

[18] Leenes, 101.

[19] R. Pietro e S. Cresci, “Metaverse: Security and Privacy Issues”, 2021.

[20] Garon, “Legal Implications of a Ubiquitous Metaverse and a Web3 Future”, 7.

[21] Pietro e Cresci, «Metaverse».

[22] Ben Falchuk, Shoshana Loeb, e Ralph Neff, “The Social Metaverse: Battle for Privacy”, IEEE Technology and Society Magazine 37 (1 giugno 2018): 56, https://doi.org/10.1109/MTS.2018.2826060:  “The user may request a Private Copy of a virtual store or even a portion of a virtual store (e.g., a particular department). For example, the store or department may sell personal items for which the user does not want to be observed” shopping (e.g., virtual underwear, companionship services, etc.).

 

Bibliografia

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