Migranti ai tempi del Covid-19: la risposta dell’Europa
Seppur nel pieno dell’emergenza pandemica da Covid-19, spetta all’Unione Europea continuare a monitorare e gestire altresì differenti fronti di crisi, tra cui il controllo delle frontiere esterne e, in particolare, la gestione dei flussi migratori provenienti dalla Turchia verso le isole greche e nel Mediterraneo centrale. La diffusione a macchia d’olio del Covid-19 ha, però, radicalmente cambiato gli obiettivi di breve periodo in questo ambito; è, invero, diventato necessario coniugare la tutela dei diritti fondamentali dei migranti con la limitazione del numero di nuovi contagi, soprattutto in contesti di scarse o nulle precauzioni igienico-sanitarie.
La gestione della pandemia nelle isole greche
La recente crisi sul fronte orientale, dovuta all’annuncio, da parte di Erdoğan, dell’apertura delle frontiere verso Grecia e Bulgaria ha causato un ingente afflusso di migranti verso i confini europei e un aggravamento delle condizioni dei centri di accoglienza presenti sulle isole greche, già al collasso. La crisi è stata gestita con durezza dalle autorità greche, che hanno respinto quasi diecimila migranti ricorrendo anche a fumogeni e cariche delle forze di sicurezza[1]. La situazione, al confine e nei centri di accoglienza, viene denunciata da diverse ONG e organizzazioni umanitarie e rappresenta una gravissima violazione dei diritti umani e dei diritti fondamentali dei migranti, tra cui anche molti minori, detenuti – senza aver commesso alcun reato – in centri di accoglienza fatiscenti, sovraffollati, in precarie condizioni igienico-sanitarie e senza poter nemmeno presentare una richiesta di asilo[2-4].
Come segnalato da Amnesty International, il Consiglio per la sicurezza nazionale di Atene ha annunciato “la sospensione temporanea della registrazione delle domande d’asilo delle persone che entrano irregolarmente nel paese” e ha disposto l’immediata espulsione di tutti i migranti “qualora il ritorno nel paese di origine sia “possibile”[3]. Simili provvedimenti, adottati per fronteggiare la crisi, rappresentano potenzialmente gravissime violazioni dei diritti umani e, in particolare, del diritto a presentare richiesta di asilo contemplato dall’art. 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dall’art. 18 della Carta di Nizza e dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati.
Rispetto a questi focolai di crisi, però, né l’Unione né le autorità greche stanno adottando provvedimenti concreti per garantire sicurezza, tutela e protezione alle migliaia di migranti costretti in queste precarie condizioni.
La Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, così come altri rappresentanti delle istituzioni comunitarie, tra cui Schinas, portavoce della Commissione[5], hanno più volte ribadito il proprio sostegno al premier greco Mitsotakis e alle autorità greche[6]. Le medesime autorità che sono accusate di aver sparato sulla folla al confine turco – uccidendo anche un uomo[7] – o verso le barche cariche di migranti che tentavano di fuggire da Lesbo[8].
Ad oggi, il lock-down disposto dal governo greco a partire dallo scorso 23 marzo per fronteggiare l’emergenza Covid-19[9] rende pressoché inaccessibili i campi profughi e i centri d’accoglienza, i cui abitanti sono oggi abbandonati a loro stessi, potendo contare solamente sui pochi volontari di organizzazioni non governative ancora presenti in loco[10]. Quasi impossibili anche i rimpatri verso la Siria, causa Covid-19: la mancanza di adeguati protocolli di prevenzione rischia di rendere il paese il focolaio più difficile da gestire in Medio Oriente[11].
La nuova “pace” nel Mediterraneo: la missione IRINI
Il fronte orientale non è però l’unico teatro di intervento dell’Unione Europea. Il 31 marzo scorso è infatti scaduto il mandato della missione EUNAVFORMED (European Union Naval Force Mediterranean) “Sophia”, operazione militare europea inaugurata nel 2015 con l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani e far rispettare l’embargo di armi disposto dalle Nazioni Unite verso la Libia[12]; nonostante la sua scadenza sia sopraggiunta da pochi giorni, la missione risultava già grandemente depotenziata in termini di personale, flotta e fondi a disposizione e, dunque, già poco efficace.
Nel corso di una conferenza stampa[13], Josep Borrell, Ministro degli affari esteri dell’Unione, ha annunciato l’avvio di una nuova operazione, Irini (“pace”, in greco), con l’obiettivo di continuare a far rispettare l’embargo di armi verso la Libia dichiarato dalle Nazioni Unite e il cessate il fuoco siglato lo scorso febbraio[14]. Nell’opinione di Borrell, inoltre, controllare la situazione in Libia è fondamentale per evitare la diffusione del Covid-19 nel paese, dove attualmente si registrano solamente una decina di casi ma che potrebbe presto diventare un focolaio pandemico a causa del conflitto in atto e di alcune situazioni “ad alto rischio”, come i “centri di accoglienza” e le carceri libiche, caratterizzate da precarie condizioni igienico-sanitarie.
La missione, pur rimanendo sotto la sigla EUNAVFORMED, ha un mandato differente dalla precedente missione sotto due profili. Dal punto di vista pratico, oltre al rispetto dell’embargo ONU, la missione si prefigge di contrastare il traffico illecito di petrolio e smantellare i network criminali legati al traffico di armi, petrolio ed esseri umani nel Mediterraneo. In concreto, gli obiettivi di Irini si estrinsecano in una serie di attività: (a) il raccoglimento e la conservazione di dati e informazioni sui traffici di petrolio da e verso la Libia, (b) il finanziamento e la formazione della c.d. Guardia Costiera Libica per lo svolgimento di attività di pattugliamento e controllo delle coste e (c) la realizzazione di sequestri e “ispezioni sulle imbarcazioni dirette in Libia o provenienti da tale paese” (art. 3, c. 2).
La nuova missione sposta poi l’ambito di intervento dal Mediterraneo Centrale al Mediterraneo Orientale, insistendo su quella zona di mare battuta da trafficanti e contrabbandieri da Grecia ed Egitto verso le coste orientali della Cirenaica libica. Come evidenziato dall’Ammiraglio De Giorgi, però, la missione ha un ambito di intervento molto limitato, essendo precluse le acque territoriali libiche, direttamente interessate dai traffici dei clan criminali libici[15].
Sono numerosi i profili critici, tanto dal punto di vista geopolitico quanto giuridico, in particolare per quanto attiene alla tutela dei diritti fondamentali delle persone vittime del traffico di esseri umani[16].
In primo luogo, l’intento dell’UE sembra quello di volersi allontanare – non solo fisicamente – dalla zona centrale del Mediterraneo e dalla Libia, maggiormente interessata dai flussi migratori. L’efficacia di Irini sul territorio libico è praticamente nulla e la scelta di affidarsi ancora una volta alla Guardia Costiera libica[17], già più volte accusata di violazione dei diritti umani dei migranti[18], rappresenta un ulteriore passo in quel processo di esternalizzazione delle frontiere già avviato negli anni precedenti. L’UE dimostra di non aver imparato dagli errori del passato, continuando a modellare la propria azione sull’errata convinzione che la presenza di soccorsi in mare favorisca le partenze dei migranti, un pull factor già smentito dai dati[19].
La missione Irini, infatti, è una missione di natura militare, così come lo erano, prima di essa, Triton e Sophia. Rispetto al passato, però, il salvataggio dei migranti in mare è diventato un obiettivo solamente secondario: il mandato nulla prescrive sul punto e il documento operativo, al punto 13, stabilisce solamente che “le persone salvate in mare da unità navali della missione Irini, ai sensi degli obblighi previsti dalle norme internazionali, verranno condotte nei porti designati dalle autorità della Repubblica Ellenica o su base volontaria di altri Stati membri”.
In ogni caso, ad oggi, gli scarsi mezzi messi a disposizione dai paesi europei rendono la missione Irini, de facto, quasi totalmente inefficace[20].
E l’Italia?
È notizia di pochi giorni fa che, con decreto interministeriale n. 150 del 7 aprile, firmato dai Ministri dell’Interno, Luciana Lamorgese, della Salute, Roberto Speranza, e delle infrastrutture, Paola De Micheli, è stato formalmente stabilito che “i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di place of safety (luogo sicuro)“[21] (art. 1). Si legge nel decreto che, alla luce dell’attuale emergenza pandemica, le autorità italiane non possono più “assicurare sul territorio italiano la disponibilità di tali luoghi sicuri“, senza che ciò comprometta “la funzionalità delle strutture nazionali sanitarie, logistiche e di sicurezza” attualmente destinate alla gestione della pandemia e al trattamento dei malati.
Il decreto presenta numerosi profili critici e ha sollevato diverse perplessità tra gli operatori ed esperti di diritto internazionale marittimo[22]. La previsione di cui all’art. 1, infatti, è limitata esclusivamente “ai casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area SAR italiana”[23]. Una simile disposizione potrebbe generare effetti distorti, in un’area del diritto internazionale che già possiede numerose zone d’ombra[24]: in ipotesi, una nave battente italiana si vedrebbe sempre assegnata un porto, indipendentemente all’area in cui è intervenuta, mentre ciò non accadrebbe con una nave battente bandiera straniera, anche qualora questa dovesse operare molto più vicina alle coste italiane, ad esempio nella zona SAR maltese. Altri aspetti critici emergono dall’(in)opportunità del decreto nell’attuale contesto del Mediterraneo centrale: allo stato, infatti, l’unica nave umanitaria operativa è la Alan Kurdi, della ONG tedesca Sea-Eye, che proprio in questi giorni ha soccorso quasi 150 migranti alla deriva a largo delle coste libiche[25].
Ad ogni modo, per ora gli effetti tardano (fortunatamente) a manifestarsi. Negli scorsi giorni, infatti, per i migranti soccorsi dalla Alan Kurdi, oltre ad altre 100 persone giunte su un gommone in maniera autonoma a Pozzallo, è stata disposta la quarantena su una nave predisposta per accogliere i naufraghi salvati e garantire il periodo di isolamento necessario a scongiurare la diffusione del virus[26].
Cosa accadrà in futuro?
L’OIM riferisce un recente episodio che pone in luce l’ambiguità del diritto internazionale in questo ambito: il 9 aprile scorso, circa 280 migranti, partiti dalle coste libiche, sono stati intercettati dalla Guardia Costiera locale e avrebbero dovuto essere riportati a terra. Condizionale d’obbligo, perché anche la Libia ha, come l’Italia, vietato lo sbarco, dichiarando i propri porti “non sicuri” per via della conclamata emergenza di sicurezza nel paese (Tripoli è stata recentemente bombardata dalle forze di Haftar[27] e per la crescente diffusione del Covid-19[28]). Per diverse ore queste persone sono rimaste a bordo dell’imbarcazione della Guardia Costiera, venendo poi soccorse, direttamente dalla banchina del porto, da funzionari dell’OIM.
Con l’arrivo della bella stagione e il naturale aumento delle partenze – favorite dalle condizioni del mare più favorevoli[29], simili situazioni potrebbero ripetersi ancora e con risultati sempre meno prevedibili. Il Covid-19 sta mettendo in luce tutti i limiti della cooperazione internazionale in questo settore, evidenziando come, in situazioni di crisi globali, vi siano ancora squilibri (geopolitici, economici, sociali) che gli attuali strumenti a disposizione della diplomazia e della politica estera ancora non sono in grado di annullare. Una volta terminata l’emergenza, la conta dei danni dovrà tenere conto anche di coloro che sono stati abbandonati. E, tra questi, va già registrata la morte di quasi 250 persone, vittime di un naufragio nelle acque tra Libia e Malta[30].
[1] La Grecia blinda i confini. Respingimenti e spari per fermare i migranti, La Stampa, 3 marzo 2020 (https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2020/03/03/news/la-grecia-blinda-i-confini-respingimenti-e-spari-per-fermare-i-migranti-1.38542238).
[2] Mensurati M., I dannati di Lesbo, La Repubblica, 29 febbraio 2020 (https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/02/29/news/lesbo_migranti_campo_profughi_moria_siria_grecia_turchia_reportage-249918350/).
[3] Grecia: provvedimenti inumani in materia di asilo mettono in pericolo la vita di chi fugge dalla violenza, Amnesty International, 2 marzo 2020 (https://www.amnesty.it/grecia-provvedimenti-inumani-in-materia-di-asilo-mettono-in-pericolo-la-vita-di-chi-fugge-dalla-violenza/)
[4] Everyone at risk’ as coronavirus cases tick up among migrants and refugees sheltering in Greece, UN News, 2 aprile 2020 (https://news.un.org/en/story/2020/04/1060972).
[5] Si veda il tweet di Jack Parrock, corrispondente a Bruxelles per Euronews, del 4 marzo 2020 (https://twitter.com/jackeparrock/status/1235207034976514049?s=19).
[6] Si veda il tweet di Ursula von der Leyen del 29 febbraio 2020 (https://twitter.com/vonderleyen/status/1233828573397626886).
[7]Migranti, spari alla frontiera. Media turchi: “Un morto, 5 feriti”. Grecia nega. Erdogan: “L’Europa li lascia affogare”, Repubblica, 4 marzo 2020 (https://www.repubblica.it/esteri/2020/03/04/news/grecia_turchia_migranti_scontri_polizia_confine_turco_feriti-250206976/); si vedano poi i tweet di Mark Stone, corrispondente per SkyNews, del 4 marzo 2020 (https://twitter.com/Stone_SkyNews/status/1235154227812499456?s=19).
[8] Vi sono alcune immagini rilasciate dalle autorità turche in cui si vedono motovedette greche dissuadere le barche dei migranti con speronamenti e spari in acqua (https://twitter.com/ragipsoylu/status/1234467816687968257?s=19).
[9] La Grecia in lockdown da domani, ANSA, 22 marzo 2020 (https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/03/22/la-grecia-in-lockdown-da-domani_6332a727-6a0f-4f3d-a673-22d128acdad4.html).
[10] ‘ Aiello R., Emergenza COVID-19: nei campi profughi in Grecia una possibile catastrofe annunciata, ValigiaBlu, 6 aprile 2020 (https://www.valigiablu.it/coronavirus-grecia-campi-profughi/), ma si veda anche Mourenza A., I profughi ostaggio della Turchia, trad. su Internazionale, n. 1348, pp. 29 – 30.
[11] “Secondo il dottor Raphaël Pitti, medico francese che opera nella zona, il Covid-19 è ormai arrivato a Idlib. I segnali sono inequivocabili, anche se non esiste ancora la possibilità di effettuare test. “La catastrofe è già qui”, spiega Pitti. Il contesto è disastroso: precarietà, promiscuità nei campi e il 54 per cento dei residenti affetto da malnutrizione”, si veda Haski P., La pandemia non ferma le guerre, Internazionale, 25 marzo 2020 (https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2020/03/25/coronavirus-onu-appello-tregua), e COVID-19 crisis ‘unlike any we have dealt with’, as new tragedy looms for Syria, UNNews, 2 aprile 2020 (https://news.un.org/en/story/2020/04/1060952).
[12] Si veda il rapporto sul sito del Ministero della Difesa
[13] Log inSign up
Operation IRINI: Remarks by High Representative/Vice-President Josep Borrell following the launch of the operation, Bruxelles, 31 marzo 2020 (https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/76832/operation-irini-remarks-high-representativevice-president-josep-borrell-following-launch_en).
[14] Libia, ok a cessate il fuoco duraturo, Adnkronos, 12 febbraio 2020.
[15] De Giorgi G., In mare solo navi turche. Davanti alle coste libiche la “divisione” dell’Europa, Avvenire, 9 aprile 2020 (https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/davanti-alle-coste-libiche-la-divisione-delleuropa).
[16] Si veda il commento di Degiovannangeli U., Nasce Irini, ma l’Europa “dimentica” i disperati dei lager libici, GlobalistSyndication, 1° aprile 2020 (https://www.globalist.it/world/2020/04/01/nasce-irini-ma-l-europa-dimentica-i-disperati-dei-lager-libici-2055412.html).
[17] Sul punto si veda la denuncia di Amnesty International, EU: Diminished “Operation Sophia” abandons refugees and migrants to reckless Libyan Coast Guard, 27 marzo 2019 (https://www.amnesty.org/en/latest/news/2019/03/eu-diminished-operation-sophia-abandons-refugees-and-migrants-to-reckless-libyan-coast-guard/).
[18] Letter dated 1 June 2017 from the Panel of Experts on Libya established pursuant to resolution 1973 (2011) addressed to the President of the Security Council, S/2017/466 (https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/N1711623.pdf).
[19] Villa M., Migrazioni nel Mediterraneo: tutti i numeri, ISPIOnline, 22 febbraio 2020 (https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migrazioni-nel-mediterraneo-tutti-i-numeri-24892?gclid=EAIaIQobChMI_rbAsofb5wIVA7DtCh2MUwjmEAAYASAAEgJxsfD_BwE).
[20] De Giorgi G., cit.
[21] Il testo del decreto è disponibile qui https://www.avvenire.it/c/attualita/Documents/M_INFR.GABINETTO.REG_DECRETI(R).0000150.07-04-2020%20(3).pdf
[22] Camilli A., L’Italia si dichiara paese non sicuro per impedire lo sbarco dei migranti, Internazionale, 8 aprile 2020.
[23] Per un approfondimento sulla definizione e il funzionamento delle zone SAR si veda Casu S., Le zone SAR, in Ius in itinere, 3 marzo 2019 (https://www.iusinitinere.it/le-zone-sar-18324).
[24] Si veda Tumminello F., Il soccorso in mare: i concetti di “porto sicuro” e “porto vicino” nel diritto internazionale, in Ius in itinere. 10 agosto 2019 (https://www.iusinitinere.it/il-soccorso-in-mare-i-concetti-di-porto-sicuro-e-porto-vicino-nel-diritto-internazionale-22358).
[25] Alan Kurdi salva 150 persone al largo della Libia. La ONG: “L’Italia nega un porto”, RaiNews, 7 aprile 2020 (http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/alan-kurdi-salva-150-migranti-in-due-operazioni-libia-italia-porto-a62f78c0-49a9-467c-92fd-f1e0b516b922.html).
[26] Sbarchi di migranti, Borrelli annuncia: “Quarantena a bordo di un’altra nave o in strutture a terra”, La Repubblica, 12 aprile 2020 (https://www.repubblica.it/cronaca/2020/04/12/news/alan_kurdi-253815180/)
[27] Libia, Haftar lancia missili sul centro di Tripoli. La condanna dell’Italia: “E’ inaccettabile, deve rispettare la tregua”, Repubblica, 21 marzo 2020 (https://www.repubblica.it/esteri/2020/03/21/news/libia_haftar_lancia_missili_sul_centro_di_tripoli_la_condanna_dell_italia_e_inaccettabile_deve_rispettare_la_tregua_-251860584/).
[28] Libya Considers Its Ports Unsafe for the Disembarkation of Migrants, IOM, 9 aprile 2020 (https://www.iom.int/news/libya-considers-its-ports-unsafe-disembarkation-migrants).
[29] I dati mostrano come, in realtà, l’unico pull factor sia proprio rappresentato dalle condizioni metereologiche (https://twitter.com/emmevilla/status/1197874584550334464?lang=it).
[30] Migranti, si ribalta un barcone tra Malta e Tripoli: numerosi morti, La Stampa, 12 aprile 2020 (https://www.lastampa.it/cronaca/2020/04/12/news/migranti-si-ribalta-un-barcone-tra-tra-malta-e-tripoli-numerosi-morti-1.38711233)
30 anni, attualmente attivo nel ramo assicurativo, abilitato all’esercizio della professione forense, laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Torino con tesi sulla responsabilità medico-sanitaria nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e vincitore del Premio Sperduti 2017.
Vice-responsabile della sezione di diritto internazionale di Ius in itinere, con particolare interesse per diritto internazionale, diritti umani e diritto dell’Unione Europea.
Già autore per M.S.O.I. ThePost e per il periodico giuridico Nomodos – Il Cantore delle Leggi, ha collaborato alla stesura di una raccolta di sentenze ed opinioni del Giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo Paulo Pinto de Albuquerque (“I diritti umani in una prospettiva europea. Opinioni dissenzienti e concorrenti 2016 – 2020”).