venerdì, Marzo 29, 2024
Criminal & Compliance

Multa e ammenda: quali sono le differenze tra le due pene pecuniarie previste in ambito penale?

Multa e ammenda sono entrambe pene pecuniarie, ma nella maggior parte dei casi i due termini sono confusi o equiparati. La pena pecuniaria richiede l’esborso di una somma di denaro ed è finalizzata, come tutte le pene, all’afflizione del trasgressore; deve essere differenziata anche dal risarcimento del danno per equivalente che mira a riparare il danno subito dal soggetto. Occorre analizzare singolarmente multa e ammenda, per avere un quadro più preciso delle relative discipline. La prima precisazione da fare è che la multa è la sanzione prevista nel caso in cui viene commesso un delitto, mentre l’ammenda è la sanzione applicabile ne caso di contravvenzioni.

Art. 24 del codice penale recita quanto segue:

“La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a 50 euro, ne superiore ad euro 50.000. Per i delitti determinati da motivi di lucro , se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da euro 50 a euro 25.000.”

La funzione della norma è quella di determinare i margini edittali di pena. Ogni volta che in relazione ad un dato reato il legislatore prevede la pena della multa omettendo di indicarne il minimo e il massimo edittale, questi ammontano proprio nelle cifre indicate dalla norma. Si comprende l’importanza della previsione in commento, oggetto di numerosi correttivi nel tempo, funzionali ad adeguarne gli importi sanzionatori all’evolversi dei tempi. Per delitto determinato da motivi di lucro, si intende non solo quello il cui fine opera come motivo unico ed integrativo della fattispecie criminosa, ovvero come elemento materiale del reato, ma anche ogni delitto il cui predetto fine  opera come uno dei motivi che ha determinato il reo a delinquere seppure non ha preso in considerazione specificamente dalla norma. L’art. 133 bis c.p. specifica che  il giudice, nel determinare l’ammontare della multa deve tener conto anche delle condizioni economiche del reo. Può aumentare la multa stabilita dalla legge fino al triplo o diminuirla fino ad un terzo, quando ritiene che la misura massima sia inefficace o che la misura minima sia eccessivamente gravosa. Inoltre l’art. 133 ter descrive che in base alle condizioni economiche del reo, la multa può essere pagata in rate mensili, in numero non inferiore a tre e non superiore a trenta, d’importo non inferiore a euro 15. Originariamente l’art. 136 c.p. stabiliva che  la multa non pagata si convertiva nella reclusione; la norma, però, è stata annullata dalla Corte Costituzionale con sentenza 21 novembre 1979, n. 131. Ora è previsto che la multa non eseguita per insolvibilità del condannato si converte nella libertà controllata per un periodo massimo di un anno oppure, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo

Art. 26 del codice penale prevede che: “ La pena dell’ammenda consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a euro 20 né superiore a euro 10.000”.

La norma ha una funzione analoga a quella prevista dall’art. 24 c.p., con essa condivide i successivi correttivi di adeguamento degli importi. Anche i limiti edittali generali, fissati dalla norma sono derogabili ad opera della legislazione speciale. A questa conclusione è giunta anche la giurisprudenza, sostenendo che la limitazione quantitativa della pena, non si estende alle sanzioni disposte dalle leggi speciali ( Cass. 23 ottobre 1986, n 11751). Per l’ammenda dunque  vale  quanto detto per la multa, in ordine alla considerazione delle condizioni economiche del reo nella determinazione dell’ammontare della sanzione, alla possibilità di aumentarne o diminuirne l’importo e alla possibilità di rateizzare il pagamento.

Multa e ammenda confluiscono nella  Cassa delle ammende, cioè in un apposito ente pubblico istituito presso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia.

Mariaelena D'Esposito

Mariaelena D'Esposito è nata a Vico Equense nel 1993 e vive in penisola sorrentina. Laureata in giurisprudenza alla Federico II di  Napoli, in penale dell’economia: “bancarotta semplice societaria.” Ha iniziato il tirocinio forense presso uno studio legale di Sorrento e spera di continuare in modo brillante la sua formazione. Collabora con ius in itinere, in particolare per l’area penalistica.

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