Negli appalti “sotto soglia” è obbligatorio non invitare il gestore uscente
L’ultima pronuncia del Consiglio di Stato del 3 aprile 2018, n. 2079, ribadisce con forza un principio oramai conclamato in materia di appalti di importo inferiore alle soglie comunitarie di rilevanza: in ossequio al principio di rotazione, è obbligatorio non invitare il gestore uscente.
Rigettando l’appello promosso dal precedente gestore, la Suprema Corte amministrativa conferma l’orientamento attuale e la pronuncia del T.A.R. in primo grado, caducando quindi sia l’invito che l’ammissione al prosieguo della gara del gestore uscente.
Tale pronuncia è intervenuta in seguito ad una procedura sotto soglia comunitaria con modalità negoziata, come prevista dall’art.36, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 50/2016[1], che, come tale, deve necessariamente soggiacere al rispetto del cd. principio di rotazione[2];
Tale principio di diritto, ribadito più volte dai Giudici di Palazzo Spada[3], si concretizza in un vero e proprio: “obbligo per le stazioni appaltanti di non invitare il gestore uscente, nelle gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia”, al fine di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato”
Difatti, tale principio è volto a tutelare le esigenze della concorrenza nel particolare settore degli appalti “sotto soglia”, ove il rischio del consolidarsi, specialmente a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio è nettamente maggiore.
In particolare, nel caso giunto all’attenzione del Consiglio di Stato, è stato rilevato come nella fase di manifestazione di interesse non era stato possibile rinvenire alcun interesse concreto ed attuale della società appellata/uscente ad impugnare il bando di gara, con conseguente infondatezza dell’eccezione di irricevibilità e/o inammissibilità del ricorso dinanzi al TAR.
Dalla lettura combinata del disposto di cui agli artt. 30[4] e 172[5] del d.lgs. n. 50/2016, si evince come le stazioni appaltanti debbano perseguire: “l’obiettivo di assicurare la concorrenza effettiva” (c.d. principio di libera concorrenza) rispetto al quale è sicuramente funzionale il principio di rotazione”.
Nella procedura de quo, infatti, in applicazione del principio di rotazione la stazione appaltante ha correttamente dovuto escludere dal proseguimento della gara il gestore uscente odierno appellante. Al più, in alternativa, avrebbe potuto invitarlo motivando puntualmente le ragioni per le quali riteneva di non poter prescindere dall’invito.
Dato che nel caso di specie non è presente alcuna traccia di tale eventualità, il Consiglio di Stato ha di conseguenza definitivamente respinto l’appello, con conseguente caducazione sia dell’invito che dell’ammissione al prosieguo della gara del gestore uscente.
[1] La lettera dell’articolo, in seguito alla modifica apportata dal D.lgs 56/2017, prevede che: “b) per affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all’articolo 35 per le forniture e i servizi, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici per i lavori, e, per i servizi e le forniture di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. I lavori possono essere eseguiti anche in amministrazione diretta, fatto salvo l’acquisto e il noleggio di mezzi, per i quali si applica comunque la procedura negoziata previa consultazione di cui al periodo precedente. L’avviso sui risultati della procedura di affidamento, contiene l’indicazione anche dei soggetti invitati”
[2] Come tale, Il principio di rotazione negli appalti trova fondamento nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente. Tale posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento, utili soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici è molto ridotto. In tal senso, Cfr Consiglio di Stato, sentenza 13 dicembre 2017, n. 5854.
[3] In tal senso Cfr. Consiglio di Stato, Sez.VI, 31 agosto 2017, n.4125.
[4] Difatti il comma 1 del summenzionato articolo prevede che: “L’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico”.
[5] In tal senso, il comma 1 dell’articolo in questione recita: “Le stazioni appaltanti verificano le condizioni di partecipazione relative alle capacità tecniche e professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei candidati o degli offerenti, sulla base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova. Le condizioni di partecipazione sono correlate e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto dell’oggetto della concessione e dell’obiettivo di assicurare la concorrenza effettiva.”
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma – Roma Tre, Fabrizio ha sviluppato fin da subito un forte interesse per le materie del diritto amministrativo e del diritto dell’ambiente, realizzando una tesi intitolata “Gli oneri di bonifica dei rifiuti con particolare riferimento alla c.d. Terra dei Fuochi”.
Si è specializzato in tale settore conseguendo con successo un Master di II livello in Diritto dell’Ambiente presso l’Università degli Studi di Roma – Roma Tre.
Date le peculiari esperienze ha potuto svolgere un internship presso il Dipartimento Ambiente di Roma Capitale, dove ha avuto la possibilità di collaborare con il relativo Ufficio Appalti ed altresì con la Giunta e gli Uffici preposti alla stesura del “Regolamento del Verde e del Paesaggio di Roma Capitale”, primo testo normativo e programmatico sulla gestione del verde della Capitale.
Dopo una proficua esperienza lavorativa all’interno della sezione Administrative Law, Public Procurement & Environment and Waste della Law Firm internazionale Lexxat, ottiene l’abilitazione alla professione forense e svolge attività di consulenza in diritto amministativo e appalti per SLT e Ernst&Young, oltre varie collaborazioni.
Contatti: ciotta.fabrizio@gmail.com