venerdì, Marzo 29, 2024
Di Robusta Costituzione

Novità legislative in materia di assistenza sanitaria alle persone senza dimora

A cura di Camilla Coppola e Giulia Giraudo [1]

 

  1. Introduzione

Il 9 novembre 2021 è stata presentata in Parlamento una proposta di modifica all’art. 19 della legge n. 833/1978 volta a garantire il medico di base anche alle persone senza fissa dimora.

Al momento tali soggetti non hanno accesso al medico di base in quanto privi della residenza anagrafica che, in base all’art. 19 della legge n. 833 del 1978, costituisce presupposto necessario per fruire dell’assistenza sanitaria.

Nel nostro ordinamento, infatti, l’iscrizione anagrafica risulta essenziale per poter esercitare alcuni importanti diritti civili e politici, tra i quali rientra anche il fondamentale diritto alla salute, tutelato dall’art. 32 della Costituzione e dalle fonti sovranazionali.

Prima della recente proposta di legge si erano occupate della questione soltanto la Regione Emilia-Romagna con legge regionale n. 10 del 29 luglio 2021, la Regione Puglia con legge regionale n. 44 del 30 novembre 2021 – che riproduce il contenuto della legge citata in precedenza – e da ultima, la Regione Piemonte tramite un Protocollo di intesa, firmato il 2 maggio 2022.

Da qui la necessità di intervenire con una proposta di legge a livello nazionale.

 

  1. Diritto alla salute, ma non per tutti: l’importanza della residenza nell’accesso alle prestazioni sanitarie non urgenti

In base all’art. 32 della Costituzione italiana “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Si tratta dell’unico diritto che la Costituzione definisce fondamentale[2] ed uno dei pochi che deve essere garantito indistintamente a tutti (cittadini italiani e stranieri).[3]

Il contenuto di tale diritto si presenta estremamente vario, configurandosi in molti modi diversi: dal diritto di autodeterminarsi a quello di ricevere le prestazioni sanitarie che lo Stato deve garantire per obbligo costituzionale.[4]

In Italia, il primo e principale strumento normativo elaborato al fine di assicurare quest’ultima connotazione del diritto alla salute è rappresentato dalla legge n. 833 del 1978 con cui è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale: un sistema di strutture e servizi per consentire l’accesso universale all’erogazione delle prestazioni sanitarie.[5]

Tuttavia, l’art. 19 della legge n. 833/1978 prevede che per accedere alle prestazioni del SSN l’utente debba essere iscritto negli appositi elenchi dell’ASL nel territorio di residenza.

La residenza, definita dall’art. 43 c.c. come il luogo “in cui la persona ha la dimora abituale”, secondo giurisprudenza ormai consolidata si caratterizza per la presenza dell’elemento oggettivo della permanenza e dell’elemento soggettivo dell’intenzione di abitare stabilmente in tale luogo.[6]

L’articolo 1 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, rubricata: “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente” impone ai Comuni di tenere il registro dell’Anagrafe della popolazione residente. In tale elenco vengono annotate le posizioni relative ai singoli individui, alle famiglie e alle convivenze, nonché le posizioni relative alle persone senza dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio.

Ai fini anagrafici, viene definita persona senza dimora “colui che non ha in alcun comune quella dimora abituale che costituisce l’elemento necessario per l’accertamento della residenza”.[7]

Di conseguenza, l’articolo 2, comma 3, della legge citata stabilisce che tali individui debbano considerarsi residenti nel Comune ove hanno il domicilio, e in mancanza di questo, nel Comune di nascita.

La stessa previsione è stata inclusa nell’articolo 1 del D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, rubricato “Nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente”, il quale prevede che le persone senza fissa dimora siano iscritte nell’Anagrafe della popolazione residente nel Comune in cui hanno stabilito il proprio domicilio, ossia il luogo che la persona identifica come il centro dei suoi affari ed interessi (art. 43 c.c.) non solo materiali e patrimoniali, ma anche morali e affettivi.[8] In mancanza di un domicilio, possono essere iscritti nel Comune in cui vivono di fatto oppure nel Comune di nascita.[9]

Infine, la Circolare Istat n. 29/1992 prevede che ogni Ufficio Anagrafe istituisca una via fittizia territorialmente non esistente, ma equivalente in valore giuridico, in cui la persona senza fissa dimora possa stabilire la propria residenza ed indicare il proprio recapito ai fini della registrazione anagrafica.[10]

Tale registrazione presso la via fittizia costituisce residenza anagrafica a tutti gli effetti e permette il rilascio della carta di identità, nonché l’accesso a tutti i diritti e le prestazioni normalmente dipendenti dalla residenza, tra cui il diritto alla salute.[11]

Purtroppo, solo pochi Comuni (il 2.5 %)[12] hanno predisposto una via fittizia e tale mancanza di uniformità sul territorio nazionale ha indubbiamente contribuito, insieme ad altri fattori[13], a produrre effetti discriminatori.

Di conseguenza, alle circostanze che già condizionano la salute di coloro che vivono in situazioni di povertà estrema come, ad esempio, la mancanza di consapevolezza dei diritti di cui sono titolari e la sfiducia nei confronti delle istituzioni, si aggiunge anche l’ostacolo della residenza che in questo modo diviene barriera burocratica e strumento di esclusione.[14]

Nonostante le cure sanitarie di primo soccorso, caratterizzate dall’urgenza, vengano garantite a chiunque, i piani terapeutici a lungo termine e in generale tutte le prestazioni di prevenzione o di routine richiedono l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale[15]. Pertanto, tutte le persone senza fissa dimora, prive di una residenza, non hanno modo per accedere alle prestazioni sanitarie che non siano urgenti, ossia ai c.d. livelli essenziali di assistenza (LEA): quella categoria di prestazioni e servizi di tipo medico che devono essere garantite in modo uniforme sul territorio nazionale dalle singole Regioni, come, ad esempio, l’assistenza medica di base.

Quest’ultima risulta di cruciale importanza sia in un’ottica individuale che collettiva in quanto raccoglie le domande di salute ed indirizza il paziente nell’individuazione del trattamento sanitario più adeguato.[16]

Si tratta di un vuoto di tutela in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione e con i principi ispiratori della stessa legge n. 833 del 1978, in base ai quali l’assistenza sanitaria va garantita a tutti coloro che risiedono o dimorano nel territorio della Repubblica, senza distinzione di condizioni individuali o sociali[17].

 

  1. Legge regionale 29 luglio 2021, n. 10

Il 29 luglio 2021 l’Emilia-Romagna ha approvato la legge regionale n. 10 che consente alle persone senza fissa dimora di avvalersi del medico di base anche se sprovvisti di residenza effettiva o fittizia sul territorio regionale.

L’oggetto e le finalità del provvedimento sono ben esplicitati dall’articolo 1 della legge in esame:

“Al fine di assicurare l’esercizio del diritto all’assistenza sanitaria, la Regione Emilia-Romagna, nell’ambito della propria potestà di organizzazione del Servizio sanitario regionale, riconosce ai cittadini italiani senza dimora e non residenti in paesi diversi dall’Italia, privi di qualsiasi assistenza sanitaria, la possibilità di iscriversi nelle liste degli assistiti delle aziende USL del territorio regionale, e di effettuare la scelta del Medico di Medicina Generale (MMG o medico di famiglia), nonché di accedere alle prestazioni garantite dai LEA per i cittadini italiani residenti in Italia”.

La scelta del medico di medicina generale ha validità annuale, a condizione che il cittadino permanga sul territorio regionale e viene attestata attraverso il rilascio di un promemoria di iscrizione del Servizio sanitario regionale da parte dell’anagrafe sanitaria.

Per quanto riguarda la gestione informatica, il sistema attualmente in uso includerà le persone che effettueranno la scelta del medico di base come “domiciliati esterni a scadenza”.

Nel caso in cui le stesse persone dovessero successivamente ottenere l’iscrizione all’anagrafe del Comune in cui risiedono, l’Anagrafe sanitaria provvederà a regolarizzarne la posizione come regolarmente iscritti a tempo indeterminato.[18]

Per ottenere il certificato di iscrizione al Servizio sanitario, la persona senza dimora deve recarsi all’anagrafe sanitaria con un modulo rilasciato dai Servizi sociali del Comune e un documento di identità o in alternativa il codice fiscale o l’estratto dell’atto di nascita.

Per quel che riguarda le modalità di segnalazione da parte dei Servizi sociali, la normativa prevede che siano i Servizi sociali ad accertare la condizione di senza fissa dimora della persona e rilasciare l’apposita attestazione anche attraverso la collaborazione con i soggetti del Terzo settore che svolgono attività a favore delle persone in situazione di fragilità.

Sempre il Servizio sociale deve provvedere all’identificazione della persona e all’avvio degli adempimenti necessari per la scelta del medico di base.

Si tratta di un passo avanti fondamentale verso una sanità in grado di garantire a tutti il diritto alla salute, senza lasciare indietro le persone più fragili, ma che, ancora una volta, si basa e dipende principalmente dal lavoro dei Servizi sociali, notoriamente già grandemente gravati e sotto organico.

 

  1. Protocollo di intesa Piemonte

Un secondo intervento normativo è costituto dal Protocollo di intesa avente ad oggetto il Piano integrato di sostegno alle persone senza dimora firmato a Torino il 2 maggio 2022 tra la Prefettura di Torino, la Regione Piemonte, il Comune di Torino, la Città Metropolitana di Torino, l’Azienda Sanitaria Locale Città di Torino, le Arcidiocesi di Torino, le Circoscrizioni del Comune di Torino e la Federazione Italiana Organismi Persone Senza Dimora.

Anche questo intervento, come quello della Regione Emilia-Romagna, si basa principalmente sulla cooperazione tra la sfera pubblica e il Terzo settore.[19]

Il protocollo in esame intende fronteggiare la complessa situazione socio economica venutasi a creare a seguito della pandemia di Covid-19, con l’obiettivo principale di rafforzare la rete dei servizi sociosanitari in modo che essi possano intervenire sia sui problemi legati alle povertà, sia su quelli legati alla salute mentale o alle dipendenze, con percorsi mirati finalizzati ad un graduale reinserimento sociale.

L’intesa si orienta su tre direttrici:

  1. Il potenziamento dell’accoglienza attraverso l’incremento del numero delle strutture di accoglienza per garantire 700 posti letto, in collaborazione con il Terzo Settore; l’apertura h.24, tutti i giorni dell’anno, delle Case di ospitalità; la possibilità per gli ospiti di permanenza nella stessa Casa; l’aumento delle misure di prevenzione e di tutela sanitaria.
  2. Il potenziamento dei Servizi di prossimità e di primo contatto attraverso il rafforzamento dei Servizi di Strada diurni e notturni, aventi il compito di monitorare e intercettare tempestivamente le nuove situazioni di fragilità e di favorire i percorsi individuali di cura e inclusione sociale, e l’attivazione di un polo di accesso unificato dedicato ad accogliere le persone senza dimora ed a predisporre percorsi di inclusione.
  3. Lo sviluppo dei progetti di autonomia abitativa e sociale attraverso la messa a sistema del Servizio di Housing First; l’incremento di opportunità abitative di autonomia assicurate dal Terzo Settore, l’attivazione di percorsi di inclusione sociale (attraverso tirocini e laboratori) e di avvicinamento ai Servizi sociali e sanitari.

Attraverso il Protocollo, inoltre, la Regione Piemonte ha espresso la volontà di mettere in atto una funzione di programmazione ed indirizzo delle aziende sanitarie competenti all’erogazione in forma omogenea delle prestazioni sanitarie previste dai LEA, promuovendo l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e la scelta del medico di medicina generale.

 

  1. Proposta di modifica all’art. 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833

La necessità di garantire il medico di base a tutti i soggetti presenti sul territorio è emersa in modo evidente durante la campagna di vaccinazione contro il Covid-19 e, in conseguenza, la complessa questione dell’assistenza sanitaria dei soggetti fragili è stata finalmente affrontata anche a livello nazionale con il disegno di legge n. 2442.

Al riguardo, la dottoressa Chiara Rivetti, dirigente dell’Anaao Assomed Piemonte[20] ha affermato: “ci siamo accorti come società dei problemi sanitari dei senza fissa dimora con il Covid, perché soprattutto durante le prime ondate potevano diventare veicolo di infezione. In quel momento, è stato chiaro a tutti che garantire la salute del singolo significava limitare la diffusione del virus e quindi tutelare la salute di tutti. Purtroppo, di questo aspetto collettivo ce ne siamo presto dimenticati e le vaccinazioni ai senza fissa dimora, che per definizione sono persone fragili, perché spesso hanno malattie croniche e trascurano i sintomi ritardando le cure, sono arrivate dopo quelle a tutte le altre categorie.”[21]

Il disegno di legge si compone di un articolo unico, suddiviso in due commi.

Il primo comma modifica l’articolo 19 della legge n. 833 del 1978 nella parte in cui richiede la residenza ai fini dell’iscrizione al Servizio Sanitario nazionale, aggiungendo al terzo comma il seguente periodo: “le persone senza fissa dimora, prive della residenza anagrafica, hanno diritto di iscriversi nei suddetti elenchi relativi al comune in cui si trovano”.

Il secondo comma stabilisce: “Con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere espresso in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono indicate le linee guida per i programmi di monitoraggio, di prevenzione e di cura delle persone senza fissa dimora di cui all’articolo 19, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, come modificato dal comma 1 del presente articolo, con il concorso delle strutture sanitarie, degli uffici comunali e delle associazioni di volontariato e di assistenza sociale”.

Si tratta di un intervento normativo importante che mira a ridurre le disuguaglianze e che ha il pregio di comportare anche un notevole risparmio di spesa in quanto, in ambito sanitario, prevenire costa meno che curare. Tuttavia, notevoli sono le criticità di tipo pratico che rischiano di compromettere l’attuazione di tale riforma.

In primo luogo, tutti gli attori coinvolti dovranno essere formati attraverso percorsi specifici a seconda dei loro ruoli e, in particolare, i medici di base, i quali dovranno confrontarsi con persone particolarmente vulnerabili, che hanno spesso difficoltà relazionali causate dall’emarginazione e dal vivere in strada.

In secondo luogo, sarà necessaria una campagna di informazione rivolta alle persone senza fissa dimora per far sì che acquisiscano maggiore consapevolezza dei propri diritti in ambito sanitario, ma anche lavorare sulla sensibilizzazione dei Comuni in merito all’importanza di applicare la normativa e consentire a tutti l’iscrizione al servizio sanitario.

Altra sfida di rilievo, sarà quella di riuscire a coordinare gli sforzi della sfera pubblica e degli enti del Terzo settore, mantenendo aperto il dialogo e condividendo le informazioni in modo tale da rendere gli interventi più efficienti.

Infine, nonostante tale riforma rappresenti un passo decisivo verso un servizio sanitario veramente universale, per combattere l’esclusione sociale in maniera efficace occorre innanzitutto pensare a nuove e più coraggiose forme di sanità e costruire percorsi che vedano la persona al centro e che, partendo dai bisogni primari, quali sanità, abitazione e assistenza, portino ad un reale inserimento sociale.

 

 

 

[1] Studentesse dell’Università di Torino, Dipartimento di Giurisprudenza, Clinica Legale “Carcere e Diritti I” anno 2022, prof.ssa Cecilia Blengino.

Articolo redatto con la collaborazione della dott.ssa Adelaide Palmisano dello sportello torinese della odv “Avvocato di Strada”.

[2]                             M. Caredda, “Solidarietà e salute” pubblicato in La Costituzione aperta a tutti, Università di Roma Tre, collana 2020, pag.84 disponibile qui https://romatrepress.uniroma3.it/libro/la-costituzione-aperta-a-tutti-iii-edizione/

[3]                     Corte costituzionale n. 252 del 2001; C. Gregori, “Perché è importante parlare di diritto alla salute?”, luglio 2021, disponibile qui: https://www.avvocatodistrada.it/perche-e-importante-parlare-di-diritto-alla-salute/

[4]                     M. Caredda, “Solidarietà e salute” pubblicato in La Costituzione aperta a tutti, Università di Roma Tre, collana 2020, pag.85 disponibile qui https://romatrepress.uniroma3.it/libro/la-costituzione-aperta-a-tutti-iii-edizione/

[5]                     Sito ufficiale del Ministero della Salute, disponibile qui: https://www.salute.gov.it/portale/lea/dettaglioContenutiLea.jsp?area=Lea&id=5073&lingua=italiano&menu=vuoto

[6]                     ex multis Cass. Civ. Sez. II, sentenza n. 1738, 14 marzo 1986

[7]                     “Note illustrative” della legge e del regolamento anagrafico, edite dall’Istituto Centrale di Statistica (Anagrafe della popolazione – ISTAT – Metodi e Norme – Serie B, n. 29 – Ed. 1992)

[8]                     Articolo 43 del Codice civile; Cass. Civ., sentenza n. 775, 20 luglio 1999

[9]                     Art. 1 L. 24 dicembre 1954 n. 1128 c.d. Legge anagrafica e DPR. 223 del 30.05.1989

[10]                   Circolare Istat n. 29/1992 disponibile qui:  https://www.fiopsd.org/wpcontent/uploads/2018/02/Circolare_Istat_29_1992.pdf

[11]                   G.Iorio, “Non è un vaccino per tutti: l’esercito (spuntato) degli «invisibili» ai tempi del COVID-19”, Responsabilità civile e previdenza, 2021, fasc. 3, pag. 718 – 739

[12]                   F. Dente, “Vie Fittizie per i senza dimora: Comuni ancora in quarantena”, ottobre 2020, disponibile qui: http://www.vita.it/it/article/2020/10/01/vie-fittizie-per-i-senza-dimora-comuni-ancora-in-quarantena/156829/

[13]                   Per approfondimento si veda E. Gargiulo, “Dare forma alla popolazione: l’anagrafe e le sue performatività” in Rassegna Italiana di Sociologia, Il Mulino,  2022 e dello stesso autore “I poveri di fronte all’anagrafe: tra diritti, disciplinamento e resistenze al controllo sociale” in: “I poveri possono parlare? Soggetti, problemi, alleanze”, Roma, Ediesse, 2021

[14]                   E. Gargiulo, “I poveri di fronte all’anagrafe: tra diritti, disciplinamento e resistenze al controllo sociale”, in: “I poveri possono parlare? Soggetti, problemi, alleanze”, Roma, Ediesse, 2021, pp. 89-115

[15]                   C. Gregori, “Perché è importante parlare di diritto alla salute?”, luglio 2021, disponibile qui: https://www.avvocatodistrada.it/perche-e-importante-parlare-di-diritto-alla-salute/

[16]                   A. Morleo, “Il diritto alla salute delle persone senza fissa dimora”, Sanità Pubblica e Privata, 2005, fasc. 5, pag. 18-27

[17]                   Fascicolo Iter legislativo del DDL n. 2442 disponibile qui: https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/54548.pdf

[18]                   Dal sito ufficiale della Regione Emilia-Romagna, disponibile qui:

                   https://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2021/dicembre/un-assistenza-sanitaria-davvero-per-tutti-in-emilia-romagna-il-medico-di-base-anche-ai-cittadini-italiani-senza-dimora

[19]                   M. Massenzio, “Piano-casa per i clochard. 700 posti letto, gli alloggi ci sono già”, Corriere della Sera, 3 maggio 2022

[20]                   “Associazione Nazionale Aiuti e Assistenti Ospedalieri”; sito ufficiale dell’associazione disponibile qui: https://www.anaaopiemonte.info/anaaopiemonte/

[21]                   Intervista rilasciata il giorno 22 aprile 2022 alle autrici del presente articolo

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