lunedì, Marzo 18, 2024
Criminal & Compliance

Nuove modifiche in tema di responsabilità dell’ente: il D.Lgs. 2 marzo 2023, n. 19

1. Premessa

Dopo più di vent’anni dall’approvazione del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 ed il conseguente venire meno di quello che era considerato un dogma giuridico, il principio del societas delinquere non potest, la responsabilità da reato delle persone giuridiche si trova in un eterno paradosso.
Da un lato il legislatore, anche su impulso comunitario, ha ampliato e aumentato i reati presupposto medianti i quali l’ente è chiamato a rispondere del reato commesso nel suo interesse o vantaggio, e dall’altro, tuttavia, le singole Procure della Repubblica o i Tribunali non riescono ancora ad attuare, in ambito processuale, le disposizioni di cui al D.Lgs. 231/2001.
Rari sono infatti, rispetto alle possibili applicazioni, i procedimenti penali che vedono coinvolti società ed enti, nonostante sussistano tutti gli strumenti e le disposizioni operanti in tal senso, da ultimo il D.Lgs. 2 marzo 2023 n. 19, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere”.
La nuova disciplina sostituisce quella del precedente D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 108 e si applica alle operazioni transfrontaliere – non più alle sole fusioni – che alla data del 3 luglio 2023 non abbiano ancora pubblicato il relativo progetto.
Le novità introdotte sono certamente rilevanti e numerose, pur se il presente contributo di soffermerà soltanto su alcune di esse.

 

2. Le nuove modifiche

L’art. 55 D.Lgs. 19/2023 è andato a modificare 25-ter, comma 1,  D.Lgs. 231/2001, rubricato «Reati societari» mediante l’aggiunta dell’inciso «o da altre leggi speciali» e con l’introduzione della lettera «s-ter», la quale prevede che: «per il delitto di false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa della direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecento quote»
Tale delitto viene introdotto dall’art. 54 D.Lgs. 19/2023 e prevede che: «Chiunque, al fine di far apparire adempiute le condizioni per il rilascio del certificato preliminare di cui all’articolo 29, forma documenti in tutto o in parte falsi, altera documenti veri, rende dichiarazioni false oppure omette informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
In caso di condanna ad una pena non inferiore a mesi otto di reclusione segue l’applicazione della pena accessoria di cui all’articolo 32-bis del codice penale».
Come si evince la norma in esame effettua a sua volta un ulteriore richiamo all’art. 29 D.Lgs. 19/2023 che disciplina appunto il certificato preliminare che attesta l’adempimento, secondo la normativa vigente, degli atti preliminari alla realizzazione della fusione.
In particolare tale articolo prevede che: «1. Su richiesta della società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera, il notaio rilascia il certificato preliminare attestante il regolare adempimento, in conformità alla legge, degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione della fusione.
2. Alla richiesta sono allegati:
a) il progetto di fusione transfrontaliera;
b) la delibera dell’assemblea di approvazione del progetto;
c) le relazioni degli amministratori e degli esperti indipendenti, salvo che i soci vi abbiano rinunciato nei casi consentiti dalla legge, e, se pervenuto, il parere dei rappresentanti dei lavoratori;
d) le osservazioni di soci, lavoratori e creditori, se pervenute;
e) la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa dalle società partecipanti alla fusione, attestante che, nei casi previsti dalla legge, la procedura di negoziazione è iniziata;
f) quando dalla fusione transfrontaliera risulta una società soggetta alla legge di altro Stato, le certificazioni relative ai debiti previsti dall’articolo 30, in quanto applicabile, rilasciate non oltre novanta giorni prima della richiesta, e il consenso della società ai sensi del regolamento (UE) 2016/679, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e del Codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, per l’acquisizione delle informazioni di cui all’articolo 5, comma 3;
g) la dichiarazione che le informazioni inserite nel progetto ai sensi dell’articolo 19, comma 2, e quelle risultanti dalle certificazioni previste dalla lettera f) non hanno subito modifiche o il relativo aggiornamento alla data di presentazione della richiesta;
h) la prova della costituzione delle garanzie o del pagamento dei debiti risultanti dalle certificazioni di cui alla lettera f);
i) le informazioni rilevanti, ai fini della fusione, che riguardano società controllanti, controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
3. Ai fini del rilascio del certificato preliminare, sulla base della documentazione, delle informazioni e delle dichiarazioni a sua disposizione, il notaio verifica:
a) l’avvenuta iscrizione presso il registro delle imprese della delibera di fusione transfrontaliera;
b) il decorso del termine per l’opposizione dei creditori oppure la realizzazione dei presupposti che consentono l’attuazione della fusione prima del decorso del termine, oppure, in caso di opposizione dei creditori, che il tribunale abbia provveduto ai sensi dell’articolo 2445, quarto comma, del codice civile;
c) se pertinente, che il progetto di fusione contenga le informazioni previste dall’articolo 19, comma 1, lettera e), e che sia stata resa la dichiarazione di cui al comma 2, lettera e), del presente articolo;
d) quando l’assemblea ha subordinato, ai sensi dell’articolo 24, comma 4, l’efficacia della delibera di approvazione del progetto comune di fusione transfrontaliera all’approvazione delle modalità di partecipazione dei lavoratori, che queste sono state da essa approvate;
e) l’assolvimento degli obblighi previsti dall’articolo 30, ove applicabile;
f) l’assenza, in base alle informazioni e ai documenti ricevuti o acquisiti, di condizioni ostative all’attuazione della fusione transfrontaliera relative alla società richiedente;
g) che, in base alle informazioni e ai documenti ricevuti o acquisiti, la fusione non sia effettuata per scopi manifestamente abusivi o fraudolenti, dai quali consegue la violazione o l’elusione di una norma imperativa del diritto dell’Unione o della legge italiana, e che non sia finalizzata alla commissione di reati secondo la legge italiana.
4. Il certificato preliminare è rilasciato dal notaio senza indugio e salve ragioni di eccezionale complessità, specificamente motivate, non oltre trenta giorni dal ricevimento della documentazione completa.
5. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge o non osservate formalità necessarie per la realizzazione della fusione, comunica senza indugio agli amministratori della società richiedente i motivi ostativi al rilascio del certificato e assegna alla società un termine per sanare tali mancanze, se ritiene che le stesse possano essere sanate. In ogni caso, entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione, la società può presentare per iscritto le proprie osservazioni. Se non è possibile sanare tali mancanze o la società non provvede nel termine concessole, o in quello eventualmente prorogato per gravi motivi, o rinuncia ad avvalersi del termine, il notaio comunica agli amministratori della società il rifiuto di rilascio del certificato preliminare, indicandone i motivi anche rispetto alle osservazioni ricevute.
6. Nei trenta giorni successivi alla comunicazione del rifiuto di cui al comma 5 o alla decorrenza del termine di cui al comma 4 senza che il notaio abbia rilasciato il certificato preliminare, gli amministratori possono domandare il rilascio del certificato mediante ricorso, a norma degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, al tribunale del luogo ove la società partecipante ha sede. Per le società di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, è competente la sezione specializzata in materia di impresa del tribunale individuato a norma dell’articolo 4, comma 1, dello stesso decreto.
7. Il tribunale, verificato l’adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il pubblico ministero, rilascia con decreto il certificato preliminare. Se ritiene non adempiute le formalità previste dalla legge o non osservate formalità necessarie per la realizzazione della fusione, il tribunale procede ai sensi del comma 5, primo periodo.
8. Il certificato preliminare rilasciato ai sensi del comma 4 o del comma 7 è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese, a cura dell’organo amministrativo della società, e reso disponibile tramite il BRIS. Fatte salve altre possibili modalità di trasmissione, l’autorità competente di cui all’articolo 33, comma 4, acquisisce senza oneri dal registro delle imprese, tramite il BRIS, il certificato preliminare.
9. Il rifiuto del rilascio del certificato preliminare ai sensi del comma 5 e il dispositivo del provvedimento di rigetto del ricorso proposto ai sensi del comma 6 sono iscritti senza indugio a cura dell’organo amministrativo della società nel registro delle imprese».

Evidenziato quindi il panorama normativo in cui si inserisce la modifica al D.Lgs. 231/2001 è opportuno effettuare qualche considerazione sul reato previsto dall’art. 54 D.Lgs. 19/2023.
Si tratta innanzitutto di un delitto comune che non richiede che il soggetto agente rivesta una particolare qualifica giuridica o naturale; la condotta si realizza mediante la formazione di documenti falsi, l’alterazione di documenti veri, l’esplicazione di false dichiarazioni, ovvero l’omissione di informazioni rilevanti.
Il legislatore, richiamando concetti già presenti nel codice penale (si pensi ai reati di falso o ai reati che ledono gli interessi finanziari dello Stato o dell’Unione Europea), ha evidenziato come l’agire dell’agente possa esplicarsi sia mediante una condotta attiva, sia attraverso quella omissiva in tal senso fornendo una protezione più globale al bene giuridico tutelato.
Con riferimento all’elemento soggettivo, il delitto è punito a titolo di dolo specifico consistente nel fine di far apparire adempiute le condizioni per il rilascio del certificato preliminare di cui all’articolo 29; risulta configurabile il tentativo.
Il comma 2 dell’art. 54 prevede poi l’applicazione della pena accessoria prevista dall’art. 32-bis c.p. nel caso in cui vi sia una condanna ad una reclusione superiore ad otto mesi.
Il superamento di tale soglia, che a ben vedere non risulta così difficilmente raggiungibile stante il minimo edittale di sei mesi, comporta l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese che, come noto, priva il condannato della capacità di esercitare, durante l’interdizione, l’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’imprenditore.
Con riferimento alle modifiche di cui all’art. 25-ter, comma 1, lett. s-ter, D.Lgs. 231/2001 la sanzione prevista va da un minimo di 150 quote ad un massimo di 300 che può essere aumentata di un terzo nel caso in cui l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità.

A questo si aggiunga che il Consiglio dei Ministri, in data 9 marzo 2023, ha approvato il Decreto Legislativo «Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione» che modifica, tra le altre, alcune disposizioni del D.Lgs. 231/2001 quali l’art. 6, comma 2-bis e dispone contestualmente  l’abrogazione dei commi 2-ter e 2-quater del medesimo articolo.

 

3. Possibili dubbi costituzionali

Come evidenziato l’elenco degli illeciti per i quali l’ente potrà essere chiamato a rispondere è di recente stato ampliato.
Tale estensione trova l’origine nell’attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere.

Tale ultima modifica, quindi, comporterà un nuovo e necessario aggiornamento del Modello di Organizzazione e Gestione di ogni singola società, e conseguente mappatura del rischio, nonostante la breve distanza dal precedente intervento normativo, avvenuto con la Direttiva PIF.

Desta qualche sorpresa la soglia prevista dall’art. 54, comma 2, D.Lgs. 19/2023 che comporta, come evidenziato, l’applicazione della pena accessoria di cui all’art. 32-bis c.p., in quanto appare forse sproporzionata e non in linea con la Costituzione.
Il quantum di pena che comporta l’applicazione della pena accessoria, infatti, in relazione al minimo e al massimo edittale previsto dall’art. 54 D.Lgs. 19/2023 desta qualche perplessità.
Basterebbe a ben vedere che l’imputato, dopo aver scelto di difendersi nel dibattimento, non possa beneficiare della concessione delle attenuanti generiche (vuoi perché gravato da altre condanne o per mera scelta del giudice) ed ecco che la pena, partendo da un minimo di sei mesi, ben potrebbe arrivare o superare gli otto.
Certo in tal caso si avrebbe così una pena detentiva sospendibile ai sensi dell’art. 163 c.p. a cui consegue l’applicazione di una pena accessoria, anch’essa sospesa ex art. 166 c.p.-
Tuttavia poniamo il caso in cui l’imputato non possa beneficiare della sospensione condizionale della penale per svariate ragioni.
La sanzione detentiva potrebbe agilmente essere sostituita mediante la previsione di cui all’art. 20-bis c.p. (si pensi alla conversione in pena pecuniaria) mentre permarrebbe la pena accessoria che si rivelerebbe quindi più afflittiva della sanzione detentiva sostituita, in quanto comporterebbe l’impossibilità per il soggetto, non in vinculis e quindi formalmente e sostanzialmente libero, di esercitare incarichi direttivi all’interno di una Società per un tempo determinato.
Sarebbe stato più opportuno e forse conforme al dettato costituzionale, che la soglia di cui all’art. 54, comma 2, D.Lgs. 19/2023 prendesse in considerazione la condanna ad un anno di reclusione anche alla luce della disposizione di cui all’art. 20-bis, comma 4, c.p. che prevede l’applicazione della pena pecuniaria sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiore ad un anno.

In conclusione, tralasciando eventuali ed astratti dubbi sui profili costituzionali della norma, da un punto di vista pratico applicativo il singolo ente dovrà aggiornare il proprio MOG in base alle nuove riforme che, si auspica, interverranno in futuro non solo sui singoli reati presupposto, ma anche sulla struttura del decreto, in modo da incentivare l’applicazione sia in ambito preventivo, sia per quanto attiene l’aspetto meramente processuale.

Francesco Martin

Dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia. Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (Dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studi in materia giuridica. Dal 30 ottobre 2017 ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia. Da gennaio a luglio 2020 ha ricoperto il ruolo di assistente volontario presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia (coordinatore Dott. F. Fiorentin) dove approfondisce le tematiche legate all'esecuzione della pena e alla vita dei detenuti e internati all'interno degli istituti penitenziari. Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia e dal 9 novembre 2020 è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia. Da gennaio a settembre 2021 ha svolto la professione di avvocato presso lo Studio BM&A - sede di Treviso e da settembre 2021 è associate dell'area penale presso MDA Studio Legale e Tributario - sede di Venezia. Da gennaio 2022 è Cultore di materia di diritto penale 1 e 2 presso l'Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. Enrico Amati). Nel luglio 2022 è risultato vincitore della borsa di ricerca senior (IUS/16 Diritto processuale penale), presso l'Università degli Studi di Udine, nell'ambito del progetto UNI4JUSTICE. Nel dicembre 2023 ha frequentato il corso "Sostenibilità e modelli 231. Il ruolo dell'organismo di vigilanza" - SDA Bocconi. È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici”, e socio A.I.G.A. - sede di Venezia.

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