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Criminal & Compliance

Omesso versamento dell’IVA: è applicabile l’art. 131 bis c.p.?

Con la Sentenza n. 15020 del 22 gennaio 2019, la Suprema Corte di Cassazione affronta il problema che dal 2016 si pongono sia la dottrina che la giurisprudenza di merito, ovvero se nel caso di omesso versamento dell’IVA sia applicabile o meno il principio della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis del codice penale vigente.

Nella sentenza sopra citata, la Corte afferma che: “ Nel reato di omesso versamento IVA, il superamento in misura significativa della soglia di punibilità prevista dall’art. 10-ter del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non consente la configurabilità della particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p.; allorquando, invece, si tratti di importo di poco superiore a detta soglia, occorre, ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità, valutare la condotta nella sua interezza ”[1].

Nel caso di specie era necessario evidenziare se l’art. 131 bis c.p., quale causa di esclusione della punibilità, fosse applicabile o meno al caso in esame. Dal dettato normativo si evince che l’art. 131 bis c.p. può essere applicato a quei reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni, ovvero la pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena. Di fatto, tale scriminante si applica quando,  per la modalità della condotta, l’esiguità del danno e la non abitualità del comportamento tenuto dal reo, l’offesa possa considerare di particolare tenuità[2].

In questa fattispecie, che mette d’accordo la giurisprudenza di merito sul punto, si evince come il reato previsto dell’art. 10 ter del D.lgs. del 10 marzo 200 n. 74 possa vedersi applicare l’istituto della particolare tenuità del fatto quando, chi è tenuto al versamento dell’IVA, non versa la suddetta entro i termini stabiliti per un importo di poco superiore a 250 mila euro[3].

La vicenda

L’imputato era stato giudicato colpevole in entrambi i gradi di giudizio per aver omesso il versamento dell’IVA per un importo pari a 252.092,00 euro. Il difensore, tra i motivi di ricorso, indicava l’assoluzione dell’imputato per particolare tenuità del fatto.

La Corte di Cassazione, a fortiori, nel motivare la sua decisione riprende l’excursus normativo dal caso Tushaj[4],  caso in cui per la prima volta si chiariva cosa si intendesse per “soglia di punibilità”. Il concetto di soglia di punibilità non è affatto incompatibile con l’istituto disciplinato dall’art. 131 bis c.p. al punto tale da vederne l’applicazione quando l’ammontare dell’imposta non versata e non corrisposta sia di pochissimo superiore a quello stabilito dalla soglia di punibilità.

Ergo, per questa ragione, nel caso di specie l’imputato veniva assolto in quanto aveva superato la soglia di punibilità per un valore di poco superiore alla soglia di punibilità di 250.000,00 prevista dal dettato normativo[5].

È necessario inquadrare la natura giuridica dell’istituto contemplato nel suddetto articolo del codice penale. In primis è opportuno evidenziare come la particolare tenuità del fatto debba essere considerata una causa di non punibilità in senso stretto, piuttosto che una condizione di procedibilità o una causa estensiva del reato[6]. La ratio sottesa all’applicazione dell’istituto in esame risponde a quelle esigenze costituzionali che individuano l’extrema ratio del diritto penale, dove vi si fa ricorso solo quando effettivamente necessario, e del principio di sussidiarietà. Con il ricorso alla particolare tenuità del fatto si restringe l’area del penalmente rilevante ai fatti meritevoli e bisogno di pena, come se si trattasse di una mera depenalizzazione di carattere trasversale[7]. Ciononostante, l’istituto viene inserito nel codice di rito, nel Capo I, Titolo V della Parte generale del Codice Penale nella sezione “Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione e applicazione della pena”. Occorre però specificare come tale istituto non sia né una causa di esclusione del reato nè una causa di estinzione del reato[8] Il sistema della non punibilità in termini di razionalità alla luce del favor rei acquisisce maggiore rilevanza alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite nella nota sentenza Tushaj[9], in cui si sottrae l’art. 131 bis c.p. alla regola del tempus regit actum e la sottopone a quella della retroattività della lex mitior[10] L’istituto, attraverso un’interpretazione puramente dottrinale, può essere così applicato anche a quei fatti commessi prima della sua entrata in vigore, a meno che non si sia già concluso il procedimento con sentenza di condanna definitiva. Poiché in questa breve monografia si rapporta l’art. 131 bis cpv c.p. al reato di bancarotta. Dall’interpretazione letterale della norma che disciplina la particolare tenuità del fatto non è ben chiaro se tale istituto possa essere applicato solo nei confronti delle persone fisiche o anche nei confronti degli enti collettivi. La dottrina si è così divisa in due correnti di pensiero. La prima è concorde nell’affermare la responsabilità dell’ente a titolo meramente amministrativo, ragion per cui andrebbe in toto esclusa la possibilità di applicare l’art. 131 bis c.p. in relazione all’art. 8 D.L.vo 231/2001, nel quale viene chiarito come la responsabilità dell’ente sia autonoma e non può ricomprendere cause di non punibilità tra le ipotesi tassative che lo fondano. L’altra parte della dottrina, invece, reputa irragionevole considerare un ente responsabile quando il reato è stato dichiarato estinto e non anche in quei casi in cui il reato è stato accertato nei suoi elementi costitutivi ma non risulta essere punibile per ragioni di opportunità politico criminale. Quanto premesso spiegherebbe perché l’applicazione del 131 bis cpv c.p., abbia dei risvolti unicamente sulla sanzione e non sul reato[11] Nelle ultime pronunce della Corte di Cassazione si evince che l’orientamento della stessa protenda per la seconda corrente di pensiero ivi esplicata. Se però si escludesse la responsabilità della società ex art. 131 bis c.p. vi sarebbero altre problematiche non di poco conto per quanto concerne il principio di legalità. L’applicazione in malam partem della locuzione normativa inequivoca che elenca le ipotesi tassative nelle quali la stessa andrebbe applicata, comporterebbe la responsabilità dell’ente indipendentemente da chi sia l’autore materiale dell’illecito penale. L’unica alternativa concretamente percorribile potrebbe essere quella di sollevare una questione costituzionale affinchè venga normata la questione su esposta.

Si legga la sentenza sul sito: www.cortedicassazione.it/corte-di-cassazione/

Per ricostruire l’istituto si legga: https://www.iusinitinere.it/soglia-di-punibilita-del-reato-da-omesso-versamento-delliva-profili-di-compatibilita-tra-diritto-interno-e-diritto-comunitario-15719

Fonte immagine: www.pixabey.com

[1] Cass. Pen. n. 15020/2019

[2] CARINGELLA, Manuale di diritto penale. Parte Generale, 2017, Roma.

[3] AMBROSETTI, MEZZETTI, RONCO, Diritto penale dell’impresa, 2016,Bologna.

[4] Sezioni Unite n.13681/2016

[5] Cass. Pen. n. 15020/2019

[6] AMARELLI, La particolare tenuità del fatto nel sistema della punibilità, Riv. Pen. N.1/2019

[7] S.U. 2017 nella sentenza che ha esplorato i rapporti dell’art. 131 bis c.o. con l’art. 34 D.L.vo n. 274/2000

[8] ID., L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: inquadramento dommatico, profili politico criminali e problemi applicativi del nuovo art. 131 bis c.p., in St. Iur. 2015

[9] S.U. 25 Febbraio 2016, n. 13681

[10] Art. 2, comma 4, cpv c.p.

[11] CAVALIERE, LONGOBARDO, MASARONE, SCHIAFFO, SESSA, Politica criminale e cultura giuspenalistica. Scritti in onore di Sergio Moccia, pag. 393 e ss., Napoli, 2017.

 

Maria Elena Orlandini

Avvocato, finalista della II edizione della 4cLegal Academy, responsabile dell'area Fashion Law e vice responsabile dell'area di Diritto Penale di Ius in itinere. Maria Elena Orlandini nasce a Napoli il 2 Luglio 1993. Grazie all’esperienza di suo padre, fin da piccola si appassiona a tutto ciò che riguarda il diritto penale, così, conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l'Università degli Studi del Sannio. Si laurea con 110 e lode il 20 Marzo 2018 con una tesi dal titolo "Mass Media e criminalità" seguita dai Proff. Carlo Longobardo e Prof. Felice Casucci, in cui approfondisce il modus attraverso il quale i social media e la tv siano in grado di mutare la percezione del crimine nella società. Nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il Master di II livello in Giurista Internazionale d'Impresa presso l'Università degli Studi di Padova - sede di Treviso, specializzandosi in diritto penale dell'economia, con una tesi dal titolo "Il reato di bancarotta e le misure premiali previste dal nuovo Codice della Crisi di Impresa", sotto la supervisione del Prof. Rocco Alagna. Nel giugno 2020 ha superato il corso di diritto penale dell'economia tenuto dal Prof. Adelmo Manna, professore ordinario presso l'Università degli Studi di Foggia, già componente della commissione che ha varato il d.lgs. 231/2001. All'età di 27 anni consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Venezia. Dal 2019 segue plurimi progetti legati al Fashion Law e alla proprietà intellettuale, prediligendone gli aspetti digital in tema di Influencer Marketing. Nel 2020 viene selezionata tra i cinque giovani talenti del mercato legale e partecipa alla seconda edizione della 4cLegal Academy, legal talent organizzato dalla 4cLegal, visibile sul canale BFC di Forbes Italia, su Sky. Nel 2022 si iscrive al corso di aggiornamento professionale in Fashion Law organizzato dall'Università degli Studi di Firenze. Passione, curiosità, empatia, capacità di visione e self control costituiscono i suoi punti di forza. Collabora per le aree di Diritto Penale e Fashion Law & Influencer marketing di Ius in itinere. email: mariaelena.orlandini@iusinitinere.it

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