Il parere di precontenzioso nel Nuovo Codice Appalti: nuovi poteri e vecchi problemi
In seguito al proliferare del contenzioso amministrativo in materia appalti, il Legislatore ha introdotto una serie di meccanismi precontenziosi, facoltativi, volti alla sua deflazione.
In tale ottica il Nuovo Codice Appalti (D.Lgs 50/2016) riprende l’esperienza del Vecchio D. Lgs. 163/2006, che al suo interno prevedeva:
- il parere di precontenzioso ex art. 6, comma 7, lett. n);
- l’informativa di ricorso ex art. 243
L’istituto sub 1. prevedeva che l’AVCP (oggi ANAC) su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprimesse parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione.
L’istituto sub 2. invece prevedeva che i soggetti intenzionati a proporre un ricorso giurisdizionale fossero onerati della preventiva informazione alle stazioni appaltanti della presunta violazione e dell’intenzione di proporre ricorso. Tale informativa non impediva il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto né la prosecuzione della gara, o il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale. La stazione appaltante, entro quindici giorni da tale comunicazione stabiliva se intervenire o meno in autotutela. L’inerzia equivaleva a diniego di autotutela, comportamento valutabile successivamente ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile.
Di fatto, tale istituto era un “invito” all’autotutela ed ottenne il risultato opposto, portando ad un aumento del contenzioso basato sulla questione della natura meramente confermatoria o di conferma propria dell’atto finale.
Il Nuovo Codice Appalti all’art. 211 tenta di donare nuova efficacia al parere di precontenzioso, affiancato dalla c.d. raccomandazione vincolante (oramai anch’essa abrogata ad opera del Correttivo D.Lgs. 56/2017). L’intento del Legislatore sembra quello di allargare il potere di vigilanza dell’ANAC, permettendo addirittura la modifica unilaterale dell’attività amministrativa in presenza di determinati elementi. Nonostante l’orientamento ondivago in tal senso, numerosi Autori della Dottrina hanno rintracciato nel Nuovo Codice un tentativo di prefigurare in capo all’ANAC un potere di autotutela “improprio” nei confronti delle stazioni appaltanti [1].
Nondimeno, il “nuovo” parere di precontenzioso riprende il contenuto del precedente di cui all’art. 6, comma 7, lett. n) del D.Lgs 163/2006, prevedendo la possibilità di presentazione dell’istanza singola o congiunta da parte delle parti interessate, con la facoltà degli istanti di vincolarsi aderendo alla decisione dell’ANAC entro il termine di 30 giorni. La riduzione del termine per la decisione consentirebbe in teoria l’impugnazione in sede ordinaria del provvedimento.
Uno strumento che invece ha avuto vita breve, ma che merita menzione per le peculiarità poi parzialmente trasposte nei commi 1 bis, ter e quater del medesimo articolo è la raccomandazione vincolante di cui al vecchio comma 2 dell’art. 211 del D.Lgs 50/2016. Prevedendo la possibilità per l’ANAC di imporre autoritativamente l’azione in autotutela alla stazione appaltante, detto istituto creava notevoli problemi di governance, impedendo di fatto il legittimo esperimento del rifiuto di autotutela.
Oggi, con l’introduzione dei nuovi commi ad opera dell’art. 52-ter del D.L. 50/2017, come modificato dalla legge di conversione 96/2017 in vigore dal 24 giugno 2017, l’ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l’impugnazione dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici. In tal caso, l’Autorità emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso.
La nuova formulazione, che si distacca solo in parte dalla precedente, denota la valenza meramente consultiva del parere, che non si configura quale vero e proprio “ADR” bensì quale interpretazione autentica della norma che si basa unicamente sull’autorevolezza dell’Autorità [2].
Nonostante i nuovi poteri conferiti all’ANAC, i problemi del parere di precontenzioso non sembrano superati rispetto al passato: viene rinnovato lo spirito del Legislatore volto ad individuare nuove alternative alla disputa giudiziale, ma senza dubbio lo strumento in questione difetta tuttora di effettività.
[1] Cfr. in tal senso S. TUCCILLO, Le raccomandazioni vincolanti dell’ANAC tra ambivalenze sistematiche e criticità applicative in www.federalismi.it, 2017.
[2] Per altri orientamenti in tal senso Cfr: MONICA DELSIGNORE, Gli istituti di precontenzioso nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in Diritto Processuale Amministrativo, Milano, Giuffrè, 2017, p.749 e ss; M.L. CHIMENTI, Il ruolo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, in L’Autorità Nazionale Anticorruzione tra prevenzione e attività regolatoria, a cura di I.A. NICOTRA, Torino, 2017, 47 e C. PLUCHINO, Le funzioni deflattive del contenzioso e il “lifting” dei pareri di precontenzioso dell’ANAC, in Urb. App., 2016, 1304.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma – Roma Tre, Fabrizio ha sviluppato fin da subito un forte interesse per le materie del diritto amministrativo e del diritto dell’ambiente, realizzando una tesi intitolata “Gli oneri di bonifica dei rifiuti con particolare riferimento alla c.d. Terra dei Fuochi”.
Si è specializzato in tale settore conseguendo con successo un Master di II livello in Diritto dell’Ambiente presso l’Università degli Studi di Roma – Roma Tre.
Date le peculiari esperienze ha potuto svolgere un internship presso il Dipartimento Ambiente di Roma Capitale, dove ha avuto la possibilità di collaborare con il relativo Ufficio Appalti ed altresì con la Giunta e gli Uffici preposti alla stesura del “Regolamento del Verde e del Paesaggio di Roma Capitale”, primo testo normativo e programmatico sulla gestione del verde della Capitale.
Dopo una proficua esperienza lavorativa all’interno della sezione Administrative Law, Public Procurement & Environment and Waste della Law Firm internazionale Lexxat, ottiene l’abilitazione alla professione forense e svolge attività di consulenza in diritto amministativo e appalti per SLT e Ernst&Young, oltre varie collaborazioni.
Contatti: ciotta.fabrizio@gmail.com