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Partecipazione alla gara d’appalto in RTI e sottoposizione al concordato in continuità aziendale

A cura di Pasquale La Selva

Ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. b), del Codice dei contratti pubblici, non rientra tra le cause di esclusione dalla gara la procedura di concordato con continuità aziendale cui è sottoposta la società concorrente[1].

La disciplina del concordato con continuità aziendale tra Legge fallimentare e Codice dei contratti pubblici

L’art. 186-bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, contiene una “nuova” disciplina del concordato con continuità aziendale[2].

Per concordato con continuità aziendale si intende, disgiuntamente, la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.

Per ciò che in questa sede interessa, la norma dispone che l’impresa in concordato può concorrere anche[3] riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale.

Il Codice dei contratti pubblici inoltre, all’art. 80, comma 5, lett. b), statuisce che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione a procedure ad evidenza pubblica gli operatori economici che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso del concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.

Il Codice dunque, nulla dispone in relazione alla partecipazione a RTI durante la sottoposizione di una impresa al concordato in continuità aziendale, limitandosi a prevedere genericamente la non ostatività di tale fattispecie alla partecipazione di una gara.

I fatti all’origine della vertenza e la soluzione prospettata dai magistrati toscani

ANAS S.p.A. indiceva una procedura di gara per l’affidamento di lavori pubblici stradali.

La ricorrente lamentava dinanzi al TAR per la Toscana che una società mandataria del Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) – classificatosi primo in graduatoria – si trovava in concordato con continuità aziendale ai sensi dell’art. 186-bis della Legge fallimentare, e per tal motivo non avrebbe potuto prendere parte alla gara.

Alla luce di tale prospettazione, il giudice di prime cure risponde alla censura avvalendosi di una recente interpretazione in virtù della quale l’omologazione del concordato – che nel caso di specie è avvenuta con decreto del Tribunale di Genova il 24 novembre 2014 – chiude la procedura concordataria a norma dell’art. 181 del R.D. n. 267/1942[4]. Prosegue il giudice amministrativo, che a seguito dell’intervento di tale provvedimento l’imprenditore ritorna in bonis, e pertanto, essendo in grado di garantire solvibilità, non vi sarebbe ragione di precluderne le attività. Da ciò consegue che non operano i divieti di legge con riferimento alla partecipazione alle gare pubbliche e non sussistono nemmeno gli obblighi documentali che sarebbero esigibili limitatamente alle imprese che siano “in stato” o “in corso” di concordato[5].

Il TAR Toscana precisa inoltre che in senso contrario, è stato stabilito che la chiusura del concordato non comporta l’acquisizione in capo al debitore della piena disponibilità del proprio patrimonio, pur determinando la definitività del decreto o della sentenza di omologazione la cessazione del regime di amministrazione di beni previsto (salvo che alla data dell’omologazione il concordato sia stato già interamente eseguito). Da tale ragionamento ne consegue che la fase di esecuzione – nella quale si estrinseca l’adempimento del concordato – non può ritenersi scissa rispetto alla fase procedimentale che l’ha preceduta[6] e non vi sarebbe quindi ragione per non ritenere operanti anche in tale fase i divieti di legge con riferimento alla partecipazione alle gare pubbliche.

Ritiene tuttavia il Collegio che la questione debba essere risolta badando solo al dato testuale della norma, non addentrandosi nei più profondi aspetti civilistici.

D’altronde, l’art. 80 del Codice dei contratti pubblici si distingue per aver innovato la previgente disciplina contenuta nell’art. 38, comma 1, lett. a), del D. Lgs. n. 163/2006 che comminava l’esclusione alle imprese che si trovassero in stato di concordato preventivo, senza effettuare alcuna distinzione.

Il TAR Toscana conclude respingendo il motivo di gravame promosso dalla ricorrente.

Il contrasto normativo tra le previsioni della Legge fallimentare e quelle del Codice dei contratti: la soluzione (provvisoria) del TAR ed alcune considerazioni conclusive

Il giudice di prime cure individua il contrasto tra la disposizione contenuta nella Legge fallimentare, secondo cui alle imprese ammesse al concordato con continuità aziendale è interdetto partecipare alle gare d’appalto quali mandatarie di un raggruppamento temporaneo di imprese, e la disposizione del Codice dei contratti, secondo la quale la sottoposizione al concordato in continuità non risulta ostativo ai fini partecipativi, nulla disponendo in più rispetto alla eventuale qualifica di mandataria di un RTI.

Dispone il TAR che “il conflitto tra le norme può essere risolto secondo il criterio cronologico”, riconoscendo così una abrogazione implicita.

La soluzione prospettata dal giudice amministrativo toscano, mentre da un lato risolve agevolmente il conflitto tra le due norme in virtù del principio della successione delle leggi del tempo – riconoscendo altresì implicitamente la disciplina del Codice quale disciplina di carattere speciale – dall’altro lato non tiene conto della possibilità di leggere le due norme in “combinato disposto”.

È da ritenere dunque, che allorquando il Codice dei contratti nulla preveda, i vuoti normativi potrebbero essere colmati tramite un rimando alla disciplina di settore. Non vi sono elementi che possano minare la compatibilità e la convivenza delle due norme, salvo il caso in cui – come prevede la stessa Legge fallimentare – intervenga l’omologazione del concordato ai sensi dell’art. 181 R.D. n. 267/1942.

Ad ogni modo, nel caso di specie, anche se la norma fosse stata interpretata in combinato disposto, non sarebbe mutato l’esito del giudizio, in quanto la situazione di diritto si era già cristallizzata ante causam nel provvedimento di omologazione. Inverosimilmente, se la società controinteressata – nella fase antecedente l’intervento dell’omologazione del concordato – avesse chiesto in giudizio se la partecipazione del RTI alla gara fosse legittimo e conforme non solo alle statuizioni della Legge fallimentare, ma anche alla disciplina relativa ai motivi di esclusione del Codice, l’esito sarebbe stato sicuramente diverso.

[1] TAR Toscana, Sez. II, 3 aprile 2019, n. 241.

[2] Si definisce “nuova” poiché la norma in questione è stata introdotta dall’art. 33, comma 1, lett. h), D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, modificata in materia di partecipazione a procedure di affidamento dei contratti pubblici dall’art. 13, comma 11-bis, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9, con l’aggiunta, in ultimo, di rinvii a leggi speciali, su tutte il D. Lgs. n. 14/2019.

[3] L’impiego del termine “anche” lascerebbe intendere che una società sottoposta a concordato potrebbe inverosimilmente partecipare ad una procedura di gara.

[4] La norma citata, rubricata “Chiusira della procedura” dispone che la procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’art. 180 dello stesso R.D.

[5] Sul punto di veda Cons. Stato, Sez. V, 29 maggio 2018, n. 3225.

[6] Dello stesso avviso è Cass., Sez. I, ord. 10 gennaio 2018, n. 380.

Pasquale La Selva

Pasquale La Selva nasce a Napoli il 22 Febbraio 1994. Ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo "Il socio pubblico e la golden share", a relazione del Prof. Fiorenzo Liguori, ed ha conseguito, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo la laurea magistrale in Scienze della Pubblica Amministrazione, con una tesi sulle "competenze e poteri di ordinanza tra Stato, Regioni ed Enti Locali nell'emergenza sanitaria" a relazione del Prof. Alfredo Contieri. Pasquale ha conseguito anche un Master di II livello in "Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori Pubblico e Privato" presso l'Università LUMSA di Roma, con una tesi sulla rotazione del personale quale misura anticorruttiva. Pasquale è direttore del Dipartimento di diritto amministrativo di Ius in itinere ed è praticante avvocato. Durante il periodo degli studi, Pasquale è stato anche un cestista ed un atleta agonista: detiene il titolo regionale campano sui 400 metri piani della categoria “Promesse” dell'anno 2016, è stato vice campione regionale 2017 della categoria "assoluti" sulla stessa distanza, ed ha partecipato ad un Campionato Italiano nel 2016. Contatti: pasquale.laselva@iusinitinere.it

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