sabato, Ottobre 5, 2024
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Partite truccate: gli arbitri devono risarcire l’erario

Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio
– Winston Churchill

Negli ultimi anni, in Italia si parla sempre più del calcio sotto il profilo giuridico piuttosto che sportivo: e infatti, i numerosi scandali – da Calciopoli in poi – hanno generato una ventata di diffidenza sia nei confronti delle assegnazioni arbitrali che della gestione delle gare. Sul punto si è pronunciata, di recente, anche la Corte Suprema di Cassazione che, con la sentenza n. 328/2019 in commento, ha affermato la sussistenza di una responsabilità di tipo contabile a carico degli arbitri che truccano le partite.

1. Il caso in esame.

Il ricorso in cassazione era stato promosso da due soggetti avverso la sentenza n. 597/2015 della Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei Conti, che li aveva condannati, in solido, nelle rispettive qualità di arbitro di calcio iscritto all’AIA (Associazione Italiana Arbitri) e di commissario della CAN D (Commissione Arbitri Nazionale per le partite di serie D), al risarcimento in favore del CONI del danno erariale di Euro 271.677,07, in relazione alla partita giocata il 1° giugno 1997 tra il Rieti ed il Pomezia, il cui risultato rientrava tra quelli rilevanti per il concorso pronostici “Totogol”.

In particolare, nel caso di specie, il danno era derivato dal fatto che, “nonostante la partita fosse stata sospesa dall’arbitro nei minuti finali a seguito della quinta espulsione di un calciatore del Pomezia (e ciò a norma di regolamento, che prevede un minimo di sete giocatori per squadra), il risultato considerato ai fini della combinazione vincente del predetto concorso pronostici era stato quello di 1 a 0 in favore del Rieti, in base a un secondo referto arbitrale inviato dall’arbitro, su impulso del commissario CAN D, nel quale l’ultima espulsione era stata collocata temporalmente a partita già conclusa”.

In seguito al compiuto accertamento, da parte della Corte federale della FIGC, della sospensione della gara, il CONI aveva provveduto a risarcire, per un totale di circa un miliardo e mezzo di lire, tutti quei partecipanti al concorso “Totogol” che avevano presentato ricorso, essendo interessati a far valere l’avvenuta sospensione della gara ed il conseguente diverso risultato convenzionalmente previsto in tal caso dal regolamento del concorso, cioè lo stesso della prima partita tra quelle in elenco nella relativa giornata (nella specie, 2 a 2).

I giudici contabili hanno stabilito la sussistenza della giurisdizione contabile, poiché la condotta ascritta ai due appellanti “ineriva la gestione di un concorso pronostici da parte del CONI, ossia una attività che traeva con sé l’uso di risorse pubbliche: circostanza della quale gli appellanti, pur non rivestendo la qualità di pubblici ufficiali, erano senz’altro consapevoli nel momento in cui perpetrarono le condotte illecite”[1].

Con il ricorso dinnanzi alla S.C., i ricorrenti lamentavano, in particolare, l’erroneità dell’affermazione della giurisdizione del giudice contabile, osservando che non solo l’arbitro non riveste la qualifica di pubblico ufficiale, ma che, al fine della configurabilità della responsabilità contabile, “sicuramente manca, nella fattispecie, alcuna relazione funzionale tra l’autore dell’illecito e l’ente pubblico che ha subito il danno (…) atteso che l’arbitro è soggetto estraneo alla struttura organizzativa della P.A. e si trova ad operare, rispetto alla ‘gestione pronostici’, nel quadro di un mero ed occasionale rapporto di libero professionale svolto per altre precipue finalità, con conseguente evidente difetto di motivazione”.

2. I motivi della decisione.

La Corte di Cassazione ha inteso, anzitutto, chiarire la sussistenza della giurisdizione contabile tutte le volte in cui fra il soggetto danneggiante e l’amministrazione o l’ente pubblico danneggiato sia ravvisabile “un rapporto, non solo d’impiego in senso proprio e ristretto, ma di servizio, per tale intendendosi una relazione funzionale in virtù della quale tale soggetto, per l’attività svolta continuativamente, debba ritenersi inserito, ancorché temporaneamente e anche in via di fatto, nell’apparato organizzativo e nell’iter procedimentale dell’ente, sì da rendere il primo compartecipe dell’operato del secondo”[2].

Ciò posto, pur non essendo l’arbitro di calcio pubblico ufficiale in senso stretto, nell’esercizio della sua funzione dirige e controlla le gare, assicurandone a tutti gli effetti il corretto svolgimento nell’osservanza del regolamento di gioco. In tale contesto, la compilazione del referto di gara costituisce un elemento fondamentale, in quanto è l’atto ufficiale che contiene il resoconto dei fatti salienti della partita e attesta il suo risultato, con le relative conseguenze anche con riguardo ai concorsi pronostici e alle connesse vincite.
Pertanto, l’arbitro è investito di fatto di un’attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche, se non altro in quanto inserito, a pieno titolo, nell’apparato organizzativo e nel procedimento di gestione dei concorsi pronostici da parte del CONI, con il connesso impiego di risorse pubbliche: sussiste, pertanto, quella relazione funzionale e quella compartecipazione con l’ente pubblico sopra indicate, idonee a configurare la responsabilità contabile e quindi a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.

Alla luce di tali argomentazioni, la S.C., ritenendo infondato il motivo dei ricorrenti e assorbita ogni altra censura, ha rigettato i ricorsi.


[1] Corte dei Conti, Terza Sezione Giurisdizionale Centrale D’Appello, 12 novembre 2015, n. 597.

[2] cfr. Cass., Sez. U., 24/11/2009, n. 24671; 21/5/2014, n. 11229;  16/7/2014, n. 16240; 19/12/2014, n. 26942; 24/3/2017, n. 7663

Andrea Amiranda

Andrea Amiranda è un Avvocato d'impresa specializzato in Risk & Compliance, con esperienza maturata in società strategiche ai sensi della normativa Golden Power. Dal 2020 è Responsabile dell'area Compliance di Ius in itinere. Contatti: andrea.amiranda@iusinitinere.it

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