sabato, Gennaio 25, 2025
Tax Driver

Patent box all’italiana: il regime di tassazione agevolata dei beni immateriali.

Con la legge di stabilità del 2015 (art. 1 legge n.190/2014 come modificato dal decreto legge n.3/2015 ) è stato introdotto nel nostro ordinamento, adeguandosi ad una realtà ben collaudata propria di molti paesi dell’area europea, un regime opzionale di tassazione agevolata dei redditi generati dallo sfruttamento dei beni immateriali, il “Patent box”. I beni oggetto della normativa in esame (cd. “intangibles”) si concretizzano in opere d’ingegno, marchi d’impresa, brevetti industriali, disegni, modelli e il know how relativo a formule, processi ed informazioni frutto di esperienze in campo industriale, commerciale e scientifico.

L’istituto, regolato nel dettaglio da un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il dicastero dell’Economia e delle Finanze del 30 luglio 2015 nonché dalle circolari n.36/E/2015 ed 11/E/2016 e dal provvedimento n.154278 dell’Agenzia delle Entrate, si inserisce in un più ampio contesto di riforma (il cd.” Investment compact” in generale ne è un esempio) volto a rendere fiscalmente appetibile la detenzione in Italia dei beni immateriali, sollecitando e spronando la diffusione sul territorio nazionale delle start-up innovative e degli investimenti in attività di R&S.

 

In concreto, il “Patent box” prevede l’esclusione, dal reddito d’impresa complessivo, fino al 50%  del reddito generato dall’utilizzo dei beni immateriali, attestando il livello di imposizione fiscale (IRES-IRAP) al 15% circa. L’opzione, rivolta a società, imprenditori individuali ed anche a stabili organizzazioni di soggetti esteri residenti in paesi in cui sono in vigore accordi contro la doppia imposizione , è vincolante per cinque periodi d’imposta, salvo rinnovo. Altra importante agevolazione prevista dalla disciplina del “Patent box” ed in particolare dall’art. 40 co.1 della legge di stabilità 2015 è l’integrale detassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali oggetto della normativa, a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla cessione venga reinvestito in spese di manutenzione e sviluppo di altri beni immateriali. Dalla disposizione appena descritta emerge con chiarezza l’intento promozionale del legislatore, che ha cercato, con l’introduzione di questo regime agevolato su base opzionale , di colmare il gap con altre realtà europee (Gran Bretagna, Lussemburgo ed Olanda per citarne alcune) e arginare l’esodo dal nostro paese delle aziende e dei gruppi multinazionali che fanno innovazione e investono in ricerca e sviluppo.

Il regime del “Patent box” non è però configurabile solo come uno strumento d’incentivo all’innovazione, è infatti anche arma di semplificazione e coordinamento amministrativo: la legge di stabilità del 2015 ha previsto l’obbligo per i soggetti che intendano avvalersi del regime agevolato in esame di attuare un’apposita procedura di “ruling” (obbligatorio in caso di utilizzo diretto del bene, facoltativo negli altri casi) in virtù della quale dovrà essere concordato tra l’istante e l’Agenzia delle Entrate il reddito soggetto alla disciplina del “Patent box”, secondo parametri già previsti in tema di transfer pricing internazionale dalle linee guida dell’ O.C.S.E. . Tale meccanismo viene declinato in forma semplificata per le PMI, in un’ottica palesemente volta a ridurre il carico burocratico gravante su queste realtà economiche. Nonostante il favore con cui è stato accolto il regime del “Patent box” nel nostro paese, stupisce l’attuazione frenata della misura, che ha previsto, per il 2015 e il 2016 rispettivamente una detassazione del 30% e del 40%, pe
r poi viaggiare a regime solo a partire dal 2017, con un’esclusione dalla base reddituale complessiva del 50% dei redditi generati dall’utilizzo degli “intangibles”.

Sebbene siano ancora da sciogliere alcuni nodi applicativi della disciplina ed un giudizio obiettivo sulla misura potrà essere formulato solo guardando ai risultati sul lungo periodo, è da accogliere positivamente questa chiara volontà legislativa di riproporre l’Italia, seconda nazione manifatturiera d’Europa, come polo d’attrazione per chi investe in ricerca, sviluppo ed innovazione.

Rossana Grauso

Studentessa della facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Napoli "Federico II" e tesista in diritto finanziario, è socia di Elsa Napoli. Appassionata di tributaristica e diritto del lavoro, prende parte al progetto "Ius in Itinere" a giugno 2016, divenendone nel gennaio 2017 responsabile dell'area di diritto tributario e diritto del lavoro. Dall'ottobre 2017 è collaboratore editoriale per AITRA - Associazione Italiana Trasparenza ed Anticorruzione. Nel futuro, un master in fiscalità d'impresa e contrattualistica internazionale. Email: rossana.grauso@iusinitinere.it

Lascia un commento