giovedì, Aprile 18, 2024
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Pedofilia femminile: la nozione di pedofilia e gli aspetti criminologici

Quando si parla di pedofilia, nell’immaginario collettivo scatta automaticamente la figura dell’uomo; ciò indipendentemente dalla sua età, ma pur sempre pensando ad una figura di sesso maschile. In realtà, la pedofilia colpisce sia uomini che donne, potendosi quindi parlare anche di pedofilia femminile.

Ebbene, obiettivo di questo articolo è analizzare in generale che cosa si intende per pedofilia, mettendo poi in evidenza in particolare il fenomeno della pedofilia femminile.

Innanzitutto, per quanto riguarda la nozione di pedofilia, la stessa non è del tutto univoca. Secondo alcuni, essa consiste in un pervertimento sociale, cioè un comportamento che si qualifica come perverso solo in alcune società e in alcuni periodi storici, mentre in altri costituisce un comportamento assolutamente normale. Infatti, non in tutti i periodi storici e presso tutte le civiltà la pedofilia ha assunto il significato di un’attività perversa e moralmente disprezzabile1. Ad esempio, in Iran e in Afghanistan, le bambine che a nove anni vengono vendute dal padre a uomini di quaranta o cinquant’anni non sono considerate vittime pedofile come lo sarebbero in Europa, né i genitori di queste subiscono processi o condanne sociali. Secondo altri studiosi, invece, la pedofilia si colloca all’interno delle patologie legate alla sfera della sessualità e viene configurata come una perversione sessuale ed, in particolare, come l’attrazione che un soggetto sessualmente maturo ha nei confronti di un altro soggetto che invece non lo è.

Con particolare riferimento al contesto giuridico nazionale, si rileva che il codice penale italiano non può, però, punire la “mera attrazione”, in quanto occorre una condotta penalmente rilevante affinché si configuri un reato. Il pedofilo, quindi, in Italia è perseguibile penalmente solo se commette un reato a sfondo sessuale in danno di un minore, previsto dal codice penale. Tali reati sono inseriti nel Titolo XII del Codice Penale, “Delitti contro la persona”.

La condotta sopra menzionata è punita dall’art. 609-quater, rubricato atti sessuali con minorenne“, anche se, non sempre le condotte ivi previste costituiscono reato. In particolare, la fattispecie di cui all’art. 609-quater si desume integrata nei casi in cui taluno compia atti sessuali con persona che, al momento del fatto, non aveva compiuto ancora gli anni 14 o non aveva compiuto ancora gli anni sedici se, per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia abbia l’affidamento del minore e abusi, quindi, dei poteri connessi alla sua posizione. Nonostante si parli di atti sessuali con minorenni, quindi, l’età rilevante per il codice penale al di sotto del quale si commette sempre il reato è 14 anni e, solo in casi specifici, 16 anni.

Tornando alla questione della nozione, anche la comunità scientifica, ad oggi, mostra alcune difficoltà nel definire all’unanimità le caratteristiche del fenomeno della pedofilia e, soprattutto, di coloro che si macchiano di questa forma di devianza sociale2.

In ambito psichiatrico, la pedofilia è catalogata nel gruppo delle parafilie, cioè tra i disturbi del desiderio sessuale. In base al DSM-IV- TR (2000), infatti, la pedofilia consiste nella preferenza erotica, da parte di un soggetto giunto alla maturità genitale, per soggetti che invece non lo sono ancora, cioè in età prepuberale. Il limite di riferimento di età varia da persona a persona (poiché ogni individuo raggiunge la maturità sessuale in tempi diversi), ma oscilla generalmente tra gli 11 e 13 anni.

Si precisa che, sebbene la pedofilia sia considerata un’alterazione di interesse clinico (ossia patologica), tale alterazione della sfera sessuale non equivale ad escludere la capacità di intendere e di volere, condizione imprescindibile per rispondere a livello penale delle proprie azioni (ossia essere considerati imputabili). In effetti esistono psicopatologie, come ad esempio alcuni tipi di schizofrenia, che sono in grado di boicottare il principio di realtà di chi ne è affetto, fino ad escludere o diminuire sensibilmente la sua capacità di autodeterminarsi e di comprendere la portata delle proprie azioni, aspetti che, come noto, incidono sulla imputabilità. Ma non è questo il caso dei pedofili. Quest’ultimi, infatti, valutano la situazione, riflettono attentamente e poi agiscono. Ci sono, inoltre, delle precise strategie cognitive alla base del loro operato per mantenere segreta la loro perversione, proteggendo così la loro possibilità di reiterarla. In linea di massima, quindi, quando ci si riferisce alla pedofilia, come mette ben in evidenza la criminologa dott.ssa Bruzzone, è più corretto (quantomeno molto più fedele alla realtà dei fatti) parlare di crimine più che di psicopatologia3.

In considerazione di ciò, appare difficile accettare, da parte delle coscienze e quindi dell’opinione pubblica, che il pedofilo non è affatto, nella stragrande maggioranza dei casi, né un individuo affetto da una qualche grave patologia psichiatrica o da una perversione specifica inquadrabile nella nosografia corrente né, soprattutto, è riducibile ad un tipico assetto di personalità patologica. Egli pare piuttosto un “perfetto chiunque4. Anche un rispettabile padre di famiglia o un rispettabile buon uomo può macchiarsi di un simile reato.

Da quanto esposto, si comprende quindi che se per il codice penale il concetto di pedofilo si sussume tout court in quello di chi abbia commesso atti di pedofilia, in una forma tautologica, per lo psichiatra la questione è molto più complessa. Nella maggioranza dei casi non ci si imbatte in alcun “caso psichiatrico” da curare o da ritenere non imputabile; solo nella minoranza dei casi il pedofilo appare affetto da elementi patologici (di stato o di tratto) e, in una ancor più ristretta minoranza, il pedofilo è da ritenersi non imputabile. Questo accade quasi esclusivamente quando si tratta di soggetti con gravi ritardi mentali o, ancor più raramente, con psicosi croniche molto difettuali o in stato di scompenso acuto. Tali ultime circostanze, però, sono davvero rarissime sul totale dei casi.

Nell’accezione comune, al di fuori dall’ambito psichiatrico, talvolta il termine pedofilia si discosta dal significato letterale e viene utilizzato per indicare quegli individui che commettono violenza attraverso la sessualità su di un bambino o che commettono reati legati alla pedopornografia. Questo uso del termine, però, è inesatto e può generare confusione. A tal proposito, la psichiatria e la criminologia distinguono i pedofili dai child molester, cioè molestatori o persone che abusano di bambini. Le due categorie, infatti, non sono sempre coincidenti. La pedofilia è una preferenza sessuale dell’individuo o un disturbo psichico, non un reato. La pedofilia definisce l’orientamento della libido del soggetto, non un comportamento oggettivo. Vi sono, pertanto, soggetti pedofili che non attuano condotte illecite, come si ha invece nei casi di abusi su bambini compiuti da individui non affetti da pedofilia5. Analizzando molti casi di pedofilia, infatti, si resta colpiti dal fatto che pochi sono gli atti sessuali che perlopiù vengono consumati nei confronti del minore, con l’eccezione, di minorenni in età adolescenziale. L’adulto che incorre in questi reati pare agire con grande restrizione del proprio comportamento sessuale, più che con pieno dispiegamento di esso.

Inoltre, si rileva che raramente vi è penetrazione da parte del pedofilo. In gran parte dei casi, infatti, l’adulto sfiora le parti sessuali del minorenne e chiede reciprocità, spesso cercando un contatto tra la bocca del minorenne ed il proprio apparato genitale, con o senza il raggiungimento dell’orgasmo. Vi possono essere atti di masturbazione reciproca o solo da parte dell’adulto; perlopiù vi sono episodi di esibizione, ancora o reciproca o da parte dell’adulto, come se la sessualità di quest’ultimo venisse a regredire ad una dimensione infantile (soprattutto con le vittime di età prepubere), finendo quasi per livellarsi con quella del minorenne. Tutto ciò avviene in una sorta di gioco, nel quale l’adulto esplora la sessualità del minorenne (non ancora conosciuta ed introiettata dalla vittima, a causa della sua immaturità psico-sessuale) attraverso una sorta di fantasia pedagogica e/o di dominio. È, quindi, evidente come l’atto sessuale del pedofilo divenga principalmente uno scambio di gesti nei quali giocano una parte determinante le fantasie sessuali dell’adulto verso il minorenne, più che i suoi atti sessuali. A conferma di questa analisi, si osserva che, con rare eccezioni, gli indagati per pedofilia hanno ampie occasioni di usufruire della sessualità delle loro partners, cosa che in effetti avviene comunemente nella loro quotidianità (spesso si tratta di uomini sposati, fidanzati o che, comunque, hanno mezzi per ottenere da prostitute tutti i favori sessuali che desiderano)6.

Conclusa la panoramica sulla nozione e sul concetto di pedofilia,  si evidenzia che la pedofilia è considerata, come la maggioranza delle parafilie, una patologia rara nel sesso femminile. Contrariamente a quanto si pensa, in realtà, tale parafilia colpisce anche le donne, contraddicendo il tradizionale giudizio clinico che ha sempre sostenuto la rarità delle perversioni femminili. Se è vero, infatti, che le statistiche mostrano che la maggior parte degli abusi sessuali su bambini sono compiuti da uomini, non bisogna però dimenticare che tra i molestatori figurano anche delle donne. Nel 1994, il National Opinion Research Center mostrò che la seconda forma più comune di abuso sessuale su minori riguardava donne che avevano molestato ragazzi. Il motivo per cui si ritiene che la pedofilia sia rara nel sesso femminile potrebbe risiedere nel fatto che le statistiche sugli abusi compiuti da donne sono più difficili da ottenere, perché il reato è più nascosto7. Inoltre, i ragazzi hanno una minore tendenza a denunciare gli abusi sessuali, specialmente quando il colpevole è una donna8.

In uno studio esauriente sulle perversioni nelle donne, Kaplan, (1991) sottolinea che i precedenti clinici non sono stati in grado di identificare le perversioni nelle donne, poiché esse implicano delle dinamiche più sottili rispetto alla sessualità più prevedibile delle perversioni maschili9. Sul punto, si può comunque sostenere che delle attività sessuali, che derivano dalle parafilie femminili fanno parte le tematiche della separazione, dell’abbandono e della perdita. Ad esempio, alcune donne che hanno subito da bambine delle violenze sessuali adottano un modello di sessualità femminile esasperato, nel tentativo di vendicarsi sugli uomini e per far riemergere la propria femminilità (Gabbard 1995)10.

Si può, inoltre, asserire che la pedofilia femminile, nella sua dinamica formativa, non si discosta da quella maschile in quanto sia che si tratti di un uomo, sia che si tratti di una donna non ci si può limitare ad identificare la persona con il suo comportamento, perché in questo modo si elimina la complessità di una vicenda umana e si attenuano lucidità e comprensione11.

La pedofilia, quale parafilia, quindi, è presente anche nelle donne. Resta il fatto che ammettere l’esistenza della pedofilia femminile crea inquietudine e angoscia in ognuno di noi, in quanto non si vuole accettare l’idea che la donna possa essere una potenziale abusatrice di bambini. Questo anche perché, generalmente, alla donna viene attribuita maggiore sensibilità e inclinazione alla cura e protezione dei bambini.

Nonostante quanto sostenuto fino a questo momento, infatti, alcuni autori, come ad esempio il prof. Gulotta, sostengono che “la pedofilia femminile”, come tutte le altre parafilie, (salvo il sado-masochismo), è una prerogativa maschile”. I diversi casi, quale “Rignano Flaminio”- caso in cui furono assolte 5 persone, 3 maestre, una bidella e un autore Tv per abusi sessuali su minori, poiché i giudici avevano ritenuto che i bambini erano stati influenzati dai genitori – non possono che essere una “bufala colossale”. In particolare, il prof. Gulotta sostiene che i genitori, “visto il diffuso allarme intorno al fenomeno pedofilia, estendono la loro preoccupazione ad ogni segnale fisico che potrebbe essere ricondotto ad un presunto abuso. Il bambino dal canto suo, non fa altro che accontentare le richieste dei genitori, confermando le paure degli stessi, colorando di fantasie infantili l’intera ipotetica vicenda. Cosi, senza che in molti se ne rendano conto, ci si ritrova, anziché in un processo, in un cartone animato12. “Non parliamo poi di tutti quegli psicologi incompetenti che fregandosene di tutti i protocolli e Carte di Noto, procedono invece in maniera arbitraria e improvvisata. Molti sono addirittura ignari dei rischi di instillare nel minore, attraverso domande suggestive e interviste ripetute, le cosiddette false memorie, nonostante la copiosa letteratura in materia13.

Dal canto suo, Francesco Bruno, celebre e rinomato criminologo, collega del prof.  Gulotta, nello scrivere la prefazione al libro della Petrone e Troiano “Se l’orco fosse lei?”, definisce la pedofilia femminile un fenomeno “nuovo”, un fenomeno, sempre a suo dire, che sta “incominciando a fare la sua comparsa anche nel nostro Paese”.

In realtà, basta fare una semplice ricerca su Google per rendersi conto che questo è un fenomeno in crescente aumento, considerato che si calcola che, ogni tre casi di abuso, ce n’è uno ad opera di una donna14. In Italia, c’è stato chi, comunque, ha provato ad occuparsi di tale tematica. Chi si è dedicata maggiormente allo studio delle parafilie femminili è la dott.ssa Loredana Petrone. Quest’ultima, insieme a Marco Troiano nel volume: “E se l’orco fosse lei?” analizza, infatti, il fenomeno degli abusi e della pedofilia al femminile.

Orbene, posto questo, si può ora tentare di disegnare un quadro della pedofilia femminile. Fare ciò, in maniera esaustiva, è notevolmente difficile, ma si potrebbe iniziare cercando di fare una prima distinzione tra pedofilia femminile intra-familiare e pedofilia femminile che si manifesta al di fuori delle mura domestiche. Secondo Estela Welldon, in effetti, la perversione femminile più che attraverso la sessualità, passa attraverso la maternità e attraverso le pervasive strategie di manipolazione del figlio15.

La pedofilia femminile intra-familiare, ossia quella incestuosa, è molto difficile da identificare e scoprire, proprio perché è spesso celata dietro gesti di cura abituali, sublimata in innamoramento o in pratiche di accudimento. La stessa non si caratterizza da un “comportamento violento”, come accade invece di frequente nella pedofilia extrafamiliare. Poiché la madre normalmente ha un contatto con il corpo del figlio, (si pensi al bagno, al lavaggio delle parti intime, ecc…), l’abuso che la madre effettua sul corpo del bambino sarà riconoscibile solo in adolescenza. Nell’anamnesi di pazienti maschi, frequentemente emergono madri che continuano a fare il bagno a figli adolescenti o che spingono, in assenza del padre, il figlio ormai adulto a dormire nel letto matrimoniale. L’abuso può, in particolare, manifestarsi attraverso manipolazioni di tipo masturbatorio e può arrivare ad un rapporto sessuale completo tra madre e figlio. Tutte le forme di abuso intra-familiare hanno ripercussioni fortemente negative sulla psiche del bambino, ma gli abusi sessuali materni sono particolarmente devastanti più per il suo sviluppo emotivo, in quanto la violenza della madre incestuosa è connotata da “confidence power”, ossia da una strategia deduttiva che controlla la propria vittima (figlio/a ), sfruttando i suoi sentimenti naturali di confusione, obbedienza, devozione e fiducia16.

La pedofilia femminile extrafamiliare ha caratteristiche diverse da quella intra-familiare. La stessa è, infatti, connotata da un marcato desiderio egoista di potere, di dominio e di piacere; spesso si dirige verso bambini e adolescenti assumendo forme di pedofilia mercenaria e violenta. Generalmente è legata al turismo sessuale, ma altre volte sono proprio i luoghi familiari per la piccola vittima – come la scuola, i luoghi ricreativi, le case degli amici ecc. – ad essere prescelti. Nella casistica rientrano, ad esempio, i casi di maestre che fanno spogliare i loro allievi, per spiegare come sia avvenuta la creazione; maestre che insegnano giochi che prevedono la penetrazione dei genitali con i pennarelli e così via. Questi abusi vengono filmati e poi immessi sul “mercato” tramite internet.

Per quanto riguarda il turismo sessuale femminile, esso si sviluppa in modalità diverse rispetto a quello maschile. Trattasi di donne di età adulta (tra i 25 e i 50 anni), single o separate/divorziate. Le donne europee provenienti dai ricchi paesi occidentali preferiscono come mete il Marocco, la Tunisia e il Kenya. Tendenzialmente si tratta di donne alla ricerca di conferme narcisistiche che reagiscono alla delusione da parte di un uomo adulto o che compensano una grave insicurezza che impedisce loro di affrontare i coetanei.

Esiste, poi, anche la pedofilia praticata nelle sette sataniche che vede la costante presenza di figure femminili. In questo caso, si tratta di una forma di pedofilia estremamente violenta che utilizza rituali a sfondo sessuale per avvicinarsi – secondo una loro “interpretazione” – all’entità malefica. Sono coinvolti bambini della scuola dell’infanzia, cioè tra i 2 e 6 anni, che possono essere molestati se non addirittura rapiti da satanisti che si aggregano al personale delle scuole dell’infanzia17.

In conclusione, alla luce di quanto è stato scritto, si può dire che, per quanto sconcertante, la pedofilia femminile esiste da sempre e non è una realtà esclusiva dei nostri giorni. Oggi, però, la società è portata a difendere la donna in quanto si ritiene che la figura femminile sia naturalmente amorevole e, nella maggior parte dei casi, anzi, sottomessa. Per superare questo tabù sarà necessario acquisire questa consapevolezza, necessaria per poter prevenire ogni possibile condizione di abuso. La devianza, la crudeltà, gli abusi e le violenze non hanno sesso, non sono tipicamente maschili o femminili e, per comprenderli, si deve imparare a concepire ogni singolo atto e comportamento “criminale” come espressione di una personalità che si è formata in un contesto fatto di relazioni, interazioni ed esperienze; il fatto che sia donna o uomo non conta, conta solo l’essere umano in tutta la sua complessità.

Fonte immagine: www.pixabay.com

1 Furfaro S., Pedofilia. Un fenomeno giuridico e sociologico, Tesi di laurea luglio 2004, facoltà di giurisprudenza, corso di sociologia del diritto prof. Emilio Santoro, Univerisità di Firenze, pag. 142, disponibile qui: https://www.diritto.it/archivio/1/20510_1.pdf .

2 Cifaldi G., Pedofilia tra devianza e criminalità, Giuffrè editore, Milano 2004.

3 Bruzzone R., Il profilo criminologico del pedofilo, febbraio 2016, articolo pubblicato su il III numero della rivista ALTEREGO – Maggio 2007 disponibile qui: di-roberta-bruzzone/.

4 Arrenghini E., Robotti C.A., Somenzi P., “Il perfetto chiunque. Note e riflessioni sul concetto di pedofilia in ambito psichiatrico forense: tra mito e realtà”, articolo pubblicato su Rassegna italiana di criminologia, disponibile qui:http://www.rassegnaitalianadicriminologia.it/it/home/item/106-il-%E2%80%9Cperfetto-chiunque%E2%80%9D-note-e-riflessioni-sul-concetto-di-pedofilia-in-ambito-psichiatrico-forense-tra-mito-e-realt%C3%A0

5 Mondola A., Pedofilia, aprile 2012, studio pubblicato sul sito “nuovaavvocaturademocratica.org” in: Elefante R., Aspetti criminali legati alla pedofilia, 15 marzo 2015, disponibile qui: https://www.nuovaavvocaturademocratica.org/politica-e-attualita/aspetti-criminali-legati-alla-pedofilia/.

6 Arrenghini E. , Robotti C.A., Somenzi P., Il perfetto chiunque., op cit..

7 Intervista con il Dr. Richard Cross, “A Question of Character,”, National Opinion Research Center; cf Carnes

8 Patrick O’Leary, Scott D. Easton, Nick Gould, “The Effect of Child Sexual Abuse on Men: Toward a Male Sensitive Measure” articolo pubblicato in Journal of Interpersonal Violence disponibile qui: https://www.researchgate.net/publication/277600301_The_Effect_of_Child_Sexual_Abuse_on_Men.

9 Kaplan H.I., Sadock B. J., Manuale di psichiatria, Edises, Napoli, 1993.

10 M. Strano, G. Errico, P. Germani, R. Buzzi, V. Gotti “Aspetti eziologici della pedofilia: una raccolta essenziale di contributi teorici” articolo pubblicato in “psychomedia.it”, disponibile qui: http://www.psychomedia.it/pm/human/crimin/aspetti.htm.

11 Valcarenghi M., “Ho paura di me. Il comportamento sessuale violento”, B. Mondadori, 2007.

12 Prof. avv. Guglielmo Gulotta avvocato, psicologo, psicoterapeuta, professore ordinario di Psicologia Giuridica presso l’Università degli Studi di Torino, COMUNICATO STAMPA, disponibile qui: https://issuu.com/rivistacriminale/docs/1_2008_criminalita_femminile/32.

13  Sul punto si veda Gulotta G., Cutica I, Guida alla perizia in tema di abuso sessaule e alla sua critica, Giuffrè, 2009.

14 Per un maggiore approfondiment si veda: Petrone L., Lamberti E., “Pedofilia Rosa: il crollo dell’ultimo tabù.” Magi edizioni, 2011.

15 Welldon E.,”Madre, madonna, prostituta”, Centro Scientifico Torinese, Torino, 1995.

16 Per un maggiore approfondimento si veda:  L. Petrone, M. Troiano, “ E se l’orco fosse lei? : strumenti per l’analisi, la valutazione e la prevenzione dell’abuso al femminile, Franco Andeli editore, 2005.

17 L. Petrone, M. Troiano, E se l’orco fosse lei?, op. cit..

 

Claudia Graziano

Avvocato penalista, esperta in scienze forensi Claudia Graziano nasce a Catanzaro il 18/07/1989. Si laurea in Giurisprudenza presso l'università "La Sapienza" di Roma il 16/06/2015 con una tesi in criminologia dal titolo:" Evoluzione storico-criminologica dei metodi d'indagine investigativa nel sistema penale italiano". Sia durante il percorso di studio che successivamente ha approfondito le sue passioni seguendo vari corsi di formazione in ambito criminologico ed in particolare: sulle tecniche di identificazione di un soggetto nel processo penale, sull'analisi della scena del crimine, sui serial killer e molti altri ancora. Dopo la laurea decide di svolgere il tirocinio per lo svolgimento della pratica forense presso uno studio legale, occupandosi sia di diritto civile che di diritto penale. Quasi al termine del tirocinio, Claudia ha voluto approfondire le materie di suo interesse. Ha, così, iniziato un Master di II livello Scienze forensi (criminologia, investigazione, intelligence, security) presso l'università "La Sapienza" di Roma . Ha concluso tale percorso il 17/02/2018 con una tesi in intelligence dal titolo:" Cyber Humint: il quadro normativo e l'applicabilità nel sistema penale italiano" e con una votazione di 110/110. Nello stesso anno in data 6.12.2018 sostiene l'esame di abilitazione alla professione forense presso la Corte d'Appello di Catanzaro risultando idonea con una votazione di 270/300. Dal 1.07.2019 ha iniziato a collaborare presso uno studio legale sito in Roma occupandosi della redazione di atti giuridici, svolgendo sia attività amministrativa che di organizzazione dello studio. Dal 23.01.2020 è iscritta all'ordine degli avvocati di Roma. Attualmente svolge la professione di avvocato presso uno studio legale sito in Roma. Collabora per l'area di criminologia di Ius in Itinere.

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