venerdì, Marzo 29, 2024
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Peer to peer lending – una nuova frontiera per il credito

Banca d’Italia con la delibera n. 584/2016 ha emanato le “Disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche”, con la quale ha introdotto il primo tassello per disciplinare l’attività di peer to peer lending o social lending o lending based crowdfunding[1]. La delibera sopra richiamata definisce il social lending come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto”. I soggetti che prestano i fondi vengono chiamati finanziatori mentre i soggetti che raccolgono fondi sono definiti prenditori. I finanziatori possono essere sia persone fisiche sia persone giuridiche, tra queste ultime, la delibera in questione precisando che, “restano ferme le possibilità di raccolta senza limiti da parte di banche che esercitano l’attività di social lending attraverso portali on-line”, ha aperto di fatto agli istituzionali la possibilità di accedere al social lending. I prenditori possono essere anch’essi sia persone fisiche (consumer) sia imprese (business)[2].

Per quanto riguarda i finanziamenti, questi sono solitamente mutui a tasso fisso, che prevedono il pagamento di rate composte da una quota di capitale e da una quota di interessi. L’importo massimo erogabile non è precisato nella delibera, in quanto la Banca d’Italia non ha, in base all’attuale quadro normativo, il potere di disciplinare questo aspetto, spetterà al gestore della piattaforma definirlo[3]. La durata del finanziamento va, solitamente, da 1 a 60 mesi. Il tasso di interesse riconosciuto sul prestito viene stabilito attraverso modalità differenti:

  • le condizioni economiche (importo, durata e interessi) sono definite dalle parti, a quel punto la piattaforma compone il prestito con le offerte presenti e il prenditore decide se accettare o meno;
  • la piattaforma valuta il merito creditizio del debitore e gli assegna un rating, il tasso di interesse si fissa dunque sulla base del rating.

Nell’incontro tra domanda e offerta emerge la differenza del ruolo che ricopre l’intermediario rispetto ai sistemi di credito tradizionale. In questi ultimi l’intermediario raccoglie i fondi e decide come impegnarli sulla base di una serie di valutazioni. Nel caso del peer to peer lending, invece, assistiamo ad una sorta di disintermediazione del processo di erogazione del credito, ruolo della piattaforma è quello di mettere in contatto prenditori e finanziatori, sono poi questi ultimi a stabilire in maniera autonoma l’allocazione delle risorse, potendo scegliere di finanziare anche solo una piccola quota del prestito. Tuttavia, nel corso del tempo, si è assistito ad un mutamento del ruolo della piattaforma, spostandosi più verso l’intermediazione tradizionale a scapito del carattere peer to peer[4].

Posto che l’art. 11, comma 2 del TUB, vieta l’attività di raccolta di risparmio tra il pubblico per i soggetti diversi dalle banche, salvo le deroghe previste dallo stesso articolo, tale attività di conseguenza è vietata sia per i gestori delle piattaforme che per i prenditori. Banca d’Italia con la delibera n. 584/2016 ha precisato che, per quanto riguarda i gestori di piattaforme, non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:

  • La ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento dai gestori medesimi, se autorizzati a operare come istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari di cui all’art. 106 del TUB autorizzati a prestare servizi di pagamento ai sensi dell’art. 114-novies, comma 4 del TUB. I gestori saranno quindi soggetti, tra l’altro, alla disciplina autorizzativa e di vigilanza prudenziale applicabile alla categoria di soggetti regolamentati nella quale rientrano.
  • La ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica effettuata dai gestori a tal fine autorizzati.

Per quanto riguarda invece i prenditori, non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:

  • L’acquisizione di fondi effettuata sulla base di trattative personalizzate con i singoli finanziatori. Le trattative possono essere considerate personalizzate allorché i prenditori e i finanziatori sono in grado di incidere con la propria volontà sulla determinazione delle clausole del contratto tra loro stipulato e il gestore del portale si limita a svolgere un’attività di supporto allo svolgimento delle trattative precedenti alla formazione del contratto. Per non incorrere nell’esercizio abusivo della raccolta del risparmio, i prenditori si avvalgono esclusivamente di piattaforme che assicurano il carattere personalizzato delle trattative e sono in grado di dimostrare il rispetto di tale condizione anche attraverso un’adeguata informativa pubblica.
  • L’acquisizione di fondi presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nei settori bancario, finanziario, mobiliare, assicurativo e previdenziale.

Nell’ambito delle vicende contrattuali bisogna precisare che, elemento indispensabile per le operazioni di accredito e di rimborso dei fondi trasferiti tra finanziatori e prenditori è rappresentato dall’apertura di un conto di pagamento. Questo significa che la conclusione di un contratto di finanziamento mediante peer to peer lending comporta la formulazione di una fattispecie contrattuale complessa. Infatti, accanto al contratto di mutuo tra prenditore e finanziatore, abbiamo un contratto di servizi di pagamento che il gestore della piattaforma (direttamente) o avvalendosi di una società terza, sottoscrive con i prenditori e con i finanziatori.

Il legislatore con l’art. 1, commi 43 e 44 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (c.d. legge di Bilancio 2018), ha ricondotto gli interessi derivanti dagli investimenti mediate peer to peer lending nella categoria dei redditi di capitale, e in quanto tali, sottoposti ad una ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 26%, sottraendoli ad un regime di tassazione con aliquota marginale sui redditi personali dal 23% al 43%. Sempre con la stessa legge, il legislatore ha previsto la possibilità di collocare all’interno dei PIR (Piani Individuali di Risparmio) quote di prestiti o di fondi di credito cartolarizzati erogati e/o originati tramite peer to peer lending.

Lo sviluppo di questa nuova tipologia di accesso al credito può comportare benefici sia per i soggetti alla ricerca di fondi che per i finanziatori. Per quanto riguarda i primi, l’espletamento delle pratiche online e la completa digitalizzazione dei servizi, consente una riduzione dei costi di finanziamento e una riduzione dei tempi di attesa per l’erogazione del credito. Consente inoltre l’accesso a finanziamenti anche per importi minori, che magari i finanziatori tradizionali non sono propensi a concedere a causa di spese fisse troppo elevate. Permette infine alle imprese di ampliare e differenziare le proprie fonti di finanziamento. Per quanto riguarda i finanziatori, anche in questo caso, la riduzione dei costi di gestione e di finanziamento comporta un aumento dei rendimenti. Consente inoltre agli investitori l’accesso ad un mercato quale il credito al consumo e il credito alle PMI, offrendo un’alternativa agli asset class tradizionali e una diversificazione del portafoglio.

Anche l’attività di peer to peer lending, come tutti gli investimenti, non è esente da rischi. Il rischio maggiore è ovviamente rappresentato dalla possibilità di inadempienza dei prenditori, le piattaforme solitamente non partecipano con il proprio capitale agli investimenti, quindi non si fanno carico del rischio default dei prenditori. In questo caso le piattaforme mettono a disposizione un programma di recupero crediti che può essere, a seconda delle regole della piattaforma, tanto a carico del finanziatore quanto del prenditore. Per diminuire i rischi alcune piattaforme prevedono un fondo di protezione a tutela dei finanziatori, altre invece prevedono la possibilità di cedere, dietro corrispettivo, il credito mediante la creazione di un mercato secondario.

La mancanza di una disciplina regolamentare completa dipende, anche in questo caso, dalle dimensioni del fenomeno[5]. Auspichiamo che il legislatore, nazionale e comunitario, possa intervenire in un futuro prossimo mediante un quadro normativo in grado di disciplinare il fenomeno in tutti i suoi aspetti, di diminuire i rischi senza creare barriere di ingresso e di incoraggiare lo sviluppo di questa nuova frontiera del credito.

 


[1] Per maggiori approfondimenti sul tema si veda Claudia Addona, Crowdfunding: cos’è?, settembre 2017, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/crowdfunding-cose-5075.

[2] Banca d’Italia, delibera n. 584 dell’8 novembre 2016, Provvedimento recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche.

[3] Banca d’Italia, resoconto della consultazione del 9 novembre 2016, Disposizioni di vigilanza per la raccolta dei soggetti diversi dalle banche.

[4] M.Bofondi, Questioni di economia e finanza. Il lending-based crowdfunding: opportunità e rischi, 2017, disponibile qui: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2017-0375/QEF_375.pdf.

[5] Borsadelcredito.it, Tutti i numeri del P2P nel 2017, febbraio 2018, disponibile qui: http://news.borsadelcredito.it/tutti-numeri-del-p2p-lending-nel-2017/.

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