venerdì, Aprile 19, 2024
Labourdì

Pensione ai superstiti – Inquadramento giuridico ed applicativo

 

A cura del Dott. Andrea  Polizzese

 

La pensione ai superstiti (detta tradizionalmente anche pensione di reversibilità) rappresenta, nell’ordinamento previdenziale attualmente in vigore, una tutela fondamentale per l’evento generatore di uno stato di bisogno senza eguali come quello della “morte”.

Nonostante l’art. 38 della Costituzione non preveda la morte tra gli eventi generatori di uno stato di bisogno (esso, al co. 2, sancisce, infatti, il diritto dei lavoratori a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria) non c’è dubbio che proprio il decesso del lavoratore o del pensionato costituisca un gravissimo evento lesivo per i suoi superstiti, in quanto dal momento in cui si presenta tale evento viene a mancare in via definitiva una fonte di reddito diretta, secondo quanto presuntivamente ritenuto dal legislatore, anche alla soddisfazione dei propri bisogni.

Di conseguenza, al verificarsi della morte del dante causa (lavoratore o pensionato), e al verificarsi di determinati requisiti economici (vivenza a carico) e di specifici legami familiari (nozione di famiglia), i soggetti beneficiari hanno diritto all’erogazione di un trattamento pensionistico che sopperisca, seppur in parte, alla perdita del soggetto in questione, e di conseguenza anche del reddito che ne deriva.

Nel settore privato1, la pensione di reversibilità è stata riconosciuta con il R.D.L. 14 Aprile 1939, n. 636, che a differenza della normativa valida per il settore pubblico (la quale riconosceva il diritto di pensione alla sola vedova), all’art. 13 attribuiva il diritto al trattamento pensionistico al coniuge superstite, senza discriminazioni di sesso.

Prima di tutto, va osservato che la nozione di famiglia presa in considerazione per tale ambito di tutela, prevista nel “regime generale”, non corrisponde a quella di famiglia derivante dal matrimonio, con i “suoi vincoli di consanguineità e di affinità2, ma come si noterà nella sezione riferente ai beneficiari di tale tutela, essa risulta decisamente più ampia ed estesa.

La nozione di famiglia “previdenziale”, quindi, non è quella ristretta alla famiglia che si costituisce con il matrimonio, ma include anche le persone legate da vincoli di affiliazione e di adozione, i figli legalmente riconosciuti o dichiarati, i figli naturali e anche i fratelli celibi e le sorelle inabili al lavoro3, ricomprendendo anche le c.d. Unioni Civili (Legge n. 76/2016).

Preliminarmente, è opportuno precisare che la pensione ai superstiti può distinguersi in pensione di reversibilità e pensione indiretta.

Nel primo caso, i superstiti hanno diritto al trattamento di reversibilità se il soggetto deceduto fosse titolare, anteriormente alla morte, di una pensione. Nel secondo caso, i superstiti hanno diritto al trattamento di pensione indiretta se il soggetto deceduto fosse ancora in costanza di rapporto di lavoro.

La pensione ai superstiti spetta al coniuge, ossia alla vedova o al vedovo4, indipendentemente da qualsiasi condizione oggettiva.

Una quota di pensione può essere anche attribuita al coniuge superstite che abbia contratto nuovo matrimonio, a seguito di sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio che era stato contratto con il lavoratore defunto (Legge n. 898/1970; Legge n. 436/1978; Legge n. 74/1987); la quota di pensione spettante, in tal caso, compete a condizione che il coniuge defunto fosse tenuto alla somministrazione dell’assegno periodico di cui all’art. 5, Legge n. 898/1970.  In questo ambito, seppur la giurisprudenza è stata ampia e variegata (a volte con indirizzi diversi e a volte contrastanti), si può fare riferimento ad una recentissima sentenza della Corte di Cassazione5, nella quale si evince che non spetta la pensione di reversibilità all’ex coniuge che ha percepito l’assegno divorzile in un’unica soluzione (una tantum).

La Corte Costituzionale6 ha poi esteso, con apposita sentenza, la pensione ai superstiti riconoscendone il diritto anche al coniuge superstite che avesse contratto nuovo matrimonio dopo la data del pensionamento del lavoratore defunto.

Il trattamento pensionistico a favore dei superstiti spetta, inoltre, ai figli normodotati e ad i figli inabili del lavoratore pensionato o assicurato7.

Ai soggetti appena citati sono equiparati, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 26 Aprile 1957, n. 818, i figli legittimati o naturali, i figli adottivi, gli affiliati, i minori affidati nonché i figli naturali o nati da precedente matrimonio del coniuge del lavoratore deceduto nonché, in seguito alla declaratoria di incostituzionalità della menzionata norma8, i minori che vivono a carico degli ascendenti.

Hanno diritto alle prestazioni previdenziali a favore dei superstiti i figli minori di diciotto anni, nonché i figli nati entro il 300° giorno dalla data del decesso del dante causa. Il suddetto limite di età di cui si è detto, per i figli superstiti che risultino a carico del genitore al momento del decesso e non prestino lavoro retribuito, viene elevato a 21 anni, qualora questi frequentino una scuola media o superiore, o per tutta la durata del corso legale di studi, ma non oltre il 26° anno di età, qualora essi frequentino l’università9.

Il diritto alla pensione spetta, inoltre, alle figlie maritate, se inabili e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo10.

In mancanza del coniuge e dei figli, la pensione ai superstiti spetta ai genitori ultrasessantacinquenni, e nell’ambito dell’estensione dei soggetti aventi diritto, una disposizione particolare è stata determinata da una sentenza della Corte Costituzionale11, la quale ha dichiarato costituzionalmente illegittima l’esclusione del diritto alla pensione ai nipoti minori che risultino affidati, di fatto, ai nonni.

Da ultimo, è opportuno citare una sentenza della Corte Costituzionale12, nella quale si è dichiarata l’illegittimità costituzionale di una norma introdotta dalla Legge n. 111/2011 che era indirizzata a scoraggiare i cosiddetti “matrimoni di convenienza”, ovvero quei matrimoni che in ragione della brevità della durata e della rilevante differenza di età tra i coniugi potevano insospettire e portare ad affermare che le nozze fossero state contratte esclusivamente per motivazioni economiche.

Per i giudici costituzionali questa norma, che prevedeva la riduzione della pensione ai superstiti nel caso sopracitato, veniva considerata come irragionevole, incoerente e lesiva dei diritti previdenziali del coniuge superstite e “fortemente dissonante rispetto all’evoluzione del costume sociale”.

La pensione ai superstiti, di reversibilità o indiretta, in seguito all’introduzione della Legge n. 76/2016 (c.d. Legge Cirinnà), spetta alle Unioni Civili; di contro, la medesima Legge, ha escluso di fatto il diritto al trattamento pensionistico in questione ai componenti delle coppie eterosessuali di fatto (cioè quelle che convivono formalmente ma non formalizzano la propria unione); tale evidente disparità ha generato e genera tuttora dibattiti e polemiche che certamente avranno un prosieguo, tutto da verificare e valutare.

L’importo della pensione (ai beneficiari) corrisponde ad una quota percentuale (detta aliquota di reversibilità) della pensione già liquidata o della pensione che sarebbe spettata all’assicurato deceduto; tale quota è differente a seconda del superstite che ne beneficia.

Al fine dell’ottenimento della prestazione previdenziale, è opportuno che i superstiti adempiano all’onere della presentazione di una domanda (la c.d. “domanda di accesso”), con la quale si richiede all’INPS la possibilità di ammissione alla prestazione in questione13.

Tale domanda può essere presentata online all’INPS. attraverso il servizio dedicato, o in alternativa è possibile fare domanda tramite:

  • Contact center (quindi attraverso modalità telefonica, tramite la presentazione della domanda con l’aiuto di assistenti adibiti a tale servizio);
  • Enti di patronato e intermediari dell’istituto, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

Dunque, per l’accesso al trattamento pensionistico a favore dei superstiti, è necessario adempiere all’onere della presentazione della domanda; in tale domanda devono essere necessariamente allegati tutti i documenti idonei ad inquadrare il superstite (es. documenti attestanti l’invalidità del figlio, documenti relativi al divorzio); una volta che la domanda sarà stata presentata all’INPS, essa sarà valutata tramite apposito procedimento amministrativo interno all’ente.

Secondo quanto definito nell’art. 5 del D. Lgs. Lgt. 18 Gennaio 1945, n. 39, il trattamento pensionistico a favore dei superstiti decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuto il decesso del pensionato o dell’assicurato.

Tale disposizione risulta essere fondamentale, in quanto diversamente da quello che accade per la prestazione di invalidità, in cui la presentazione della domanda produce l’effetto di essere il punto di riferimento per l’erogazione del trattamento (la decorrenza dei trattamenti di invalidità è quello del primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda), nelle prestazioni pensionistiche a favore dei superstiti la decorrenza dell’erogazione del trattamento è indipendente dalla data di presentazione della relativa domanda (tuttavia necessaria).

La pensione ai superstiti rappresenta una tutela determinante e nel tempo ha subito modifiche, soprattutto tramite l’intervento sempre costante della giurisprudenza, che ne ha ampliato la portata e il novero dei soggetti superstiti beneficiari; tanti sono i dibattiti che hanno riguardato e che riguardano tuttora tale tutela previdenziale, in ordine alla possibilità di una riforma che la adatti a criteri di sostenibilità economico –  finanziaria dell’intero sistema pensionistico italiano.

Tali esigenze richiederanno certamente una riforma, che però dovrà essere necessariamente indirizzata a valorizzare lo stato di bisogno in rapporto ai criteri di meritocrazia e partecipazione che sono alla base dell’ordinamento, non permettendo mai a tale pensione di abbandonare la ratio della sua tutela: fungere da prima protezione sociale per l’evento altamente lesivo della morte del lavoratore/ pensionato, generatore di una condizione di bisogno senza eguali nella vita di ogni cittadino.

[ 1 ] Cinelli M., Diritto della previdenza sociale, Edizione 2016.

[ 2 ] Persiani M., D’Onghia M., Fondamenti di diritto della Previdenza Sociale, Edizione 2017. [ 3 ] Cunzio P., Di Paola L., Romei R., Lavoro. Previdenza e Assistenza, Edizione 2017.

[ 4 ] Persiani M., D’Onghia M., Fondamenti di diritto della Previdenza Sociale, Edizione 2017.

[ 5 ] Cassazione, Sez. Un. Civili, sentenza n. 22434, 24 Settembre 2018.

[ 6 ] Corte Costituzionale, sentenza n. 447, 28 Dicembre 2001.

[ 7 ] Cinelli M., Diritto della previdenza sociale, Edizione 2016. [ 8 ] Corte Costituzionale, sentenza n. 180, 20 Maggio 1999.

[ 9 ] Persiani M., D’Onghia M., Fondamenti di diritto della Previdenza Sociale, Edizione 2017.

[ 10 ] Corte Costituzionale, sentenza n. 164, 26 Giugno 1975.

[ 11 ] Corte Costituzionale, sentenza n. 180, 20 Maggio 1999. [ 12 ] Corte Costituzionale, sentenza n. 174, 14 Luglio 2016.

[ 13 ] Persiani M., D’Onghia M., Fondamenti di diritto della Previdenza Sociale, Edizione 2017.

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