venerdì, Aprile 19, 2024
Criminal & Compliance

Piromania e disturbo mentale. Personalità ed imputabilità del piromane

Introduzione.

Nel presente articolo si cercherà di sviluppare un pensiero storico ed attuale, in chiave psico-giuridica, riguardante il piromane e la valenza simbolica del suo atto che, inspiegabile ai più, è posto in essere da colui che agisce per motivi di diversa natura e in gran parte a lui stesso oscuri. Ci si interrogherà sulla valenza simbolica del fuoco, cercando di delineare alcuni tratti della personalità e le cause dell’agìto alla base della piromania e dei suoi autori. Infine, si tratterà il cruciale tema dell’imputabilità, distinguendo l’inquadramento nosografico della malattia alla cui base si pone il dubbio se il piromane non voglia oppure non possa resistere all’impulso di appiccare il fuoco.

Piromane e cultura popolare: il valore simbolico del fuoco.

Il fuoco indiscutibilmente rappresenta una delle tappe fondamentali nell’evoluzione dell’uomo. Un rapporto, quello fuoco – uomo, scaturito da un bisogno concreto, basato inizialmente su un piano strettamente utilitaristico, che ha acquisito ben presto valenza simbolica: il fuoco è avvolto da miti e leggende. L’uomo inizia ad interrogarsi sulle sue origini, inventa rituali legati ad esso, lo rende simbolo fortemente duale, il fuoco crea, il fuoco distrugge. Nelle religioni è protagonista di riti propiziatori e di purificazione, indiscutibilmente ha valenza altamente simbolica, spesso venerato, ma sempre rispettato e temuto, è divenuto un mezzo per distruggere, vendicarsi, punire. Ma non solo: esso evoca vitalità, fervore, ardore, talvolta anche eccitazione. Il fuoco in una società è tanto più rispettato quanto più è fatto oggetto di tabù proibitivo. Esistono leggi ataviche che configurano le inibizioni come divieti sociali, ponendo un grande tema: quello della conoscenza personale del fuoco. Tuttavia, come ogni elemento proibito, per l’uomo il fuoco risulta attrattivo e seducente nella sua appetibilità.

Incendiario o piromane. Cruciale differenza.

Raramente un incendio si verifica per cause naturali e chiunque lo appicchi può essere definito incendiario. Partendo da queste due affermazioni, è bene porre l’attenzione sull’uso preciso dei termini e sull’inquadramento nosografico di ciò che è ascrivibile entro termini patologici da ciò che non lo è. Spesso, infatti, i mass media parlano di incendio doloso, attribuendo ogni responsabilità alla figura del piromane, conferendo una valenza erroneamente onnicomprensiva a tale termine. Non tutti gli incendi, però, vengono appiccati da piromani, ma semplicemente si tratta spesso di atti dolosi volti a trarre vantaggio economico o materiale. Come si vedrà a breve, è bene chiarire che il concetto di piromania si basa su un bisogno ricorrente di appiccare un incendio per il piacere ed il sollievo che derivano dall’atto stesso. Tutto ciò che esuli da tale necessità e che non sia riconducibile ad un aspetto edonistico dell’incendio, costituirà banalmente il passaggio all’agito da parte di un incendiario. Se, dunque, un piromane è un incendiario, non è sempre vero il contrario. Approfonditi studi tecnici e comportamentali riguardo gli incendi dolosi, sono stati elaborati negli Stati Uniti dall’unità speciale dell’FBI, il National Center for the Analysis of Violent Crime (NCAVC)[1]  tramite attività di ricerca sui piromani, stabilendo che l’individuazione del movente è l’elemento fondamentale per l’analisi del crimine e per delineare i tratti personali riconoscibili, nonché le caratteristiche di un offender sconosciuto. Con il termine movente si intende quella spinta ed impulso interiore “che costituisce la causa, la ragione o l’incentivo per indurre o scatenare un particolare comportamento” (Rider, 1980).[2]  La classificazione effettuata dal Crime Classification Manual, basata sul movente, distingue le seguenti tipologie di offender:

  • Incendio doloso vandalico
  • Incendio doloso per vendetta
  • Occultamento di altro crimine
  • Incendio doloso per profitto
  • Incendio doloso da eccitazione.

Evoluzione del concetto di piromania.

Storicamente, in dottrina, il dibattito in tema di piromania si è sviluppato lungo due strade differenti, a partire dai primi studi sull’argomento, risalenti al secolo XIX. Da un lato, vi erano coloro che consideravano la piromania una categoria nosografica a sé stante e dall’altro coloro che ritenevano la malattia una sorta di “categoria artificiale”, creata solo a fini classificatori, in quanto le spinte motivazionali alla base di essa sarebbero state causate da altri tipi di disturbi mentali. In particolare, secondo i sostenitori di quest’ultima tesi, l’agito dell’incendiario sarebbe stato solamente una delle possibili esternazioni di una patologia mentale sottesa.[3] La maggior parte dei contributi sul tema, si basa sugli studi di coloro che hanno sempre sostenuto l’idea di piromania come entità specifica, derivante spesso da un soggetto la cui coscienza e il cui senso morale sono inalterati. Piromania, quindi, come soddisfazione di un bisogno spontaneo, che non trova le sue radici in particolari disposizioni psichiche o patologiche precedenti del soggetto, ma, in quanto entità specifica, essa risulterebbe essere indipendente da qualsivoglia disturbo psichiatrico o motivazione materiale e utilitaristica. Molti autori hanno, pertanto, fornito possibili chiavi di lettura, che ancora oggi hanno un posto rilevante nella dottrina, impegnata nel cercare risposte alle spinte motivazionali di questa categoria di offender, correlando la condotta incendiaria con l’esistenza di problematiche di tipo sessuale. Mancando un motivo razionale e concreto, il piromane sarebbe spinto da quell’atto irrefrenabile di assistere allo spettacolo dell’incendio, sottomesso al fascino del piacere che la visione del fuoco esercita su di lui. Piromania, quindi, come soddisfazione di un bisogno nato spontaneamente nella mente e non un semplice sintomo attraverso cui si manifesta una malattia mentale. Nuovo impulso al dibattito dottrinale in tema di inquadramento nosografico si è ampiamente sviluppato a partire dalla metà del secolo scorso, sostanzialmente incontrando ancora quella netta divisione poc’anzi accennata. Ma ora c’è di più: il XX secolo ha fornito una visione della piromania come crocevia tra piacere sessuale, perversione, fascinazione e impulsività.

Personalità del piromane e DSM 5.

Sulla piena autonomia nosografica si basa il concetto di piromania così come descritto all’interno del DSM 5. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, infatti, non modificando in modo sostanziale la definizione data nelle precedenti edizioni, annovera la piromania tra i Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta. Elemento fondamentale è, specificatamente, il ricorrente bisogno di appiccare un incendio in quanto l’atto stesso è ciò che provoca nel suo autore sensazioni quali euforia, piacere, sollievo. Dietro questo comportamento antisociale vi è solamente attrazione per il fuoco, ossessione ed eccitazione provocate dalla vista delle fiamme. Questa incontrollabile sensazione derivante da gratificazione emotiva rende la piromania una categoria psichiatrica a sé, quale sorta di dipendenza dal fuoco. Le conseguenze distruttive non sono temute dall’offender, il quale, al contrario, attraverso la scarica di impulso che si crea nel generare il fuoco, aumenterà in lui tensione emotiva ed eccitamento, provando intenso piacere durante l’episodio di piromania vero e proprio, con connotazioni di natura sessuale. Tuttavia, il fenomeno attrattivo per il fuoco e il piacere che deriva dalla vista, non si esaurisce nella commissione dell’atto stesso, ma si estende a tutto ciò che è collegato ad esso, ivi compreso l’appagamento nell’assistere alle operazioni di soccorso e spegnimento dell’incendio e nel seguire le notizie che riportano lo svolgimento dell’evento e le sue conseguenze.[4] Un piromane avverte intensa necessità di assistere alle conseguenze del suo agìto, osservando gli incendi che scoppiano nelle vicinanze, lanciando falsi allarmi, partecipando in prima persona all’evolversi degli eventi, spesso mischiandosi con il personale che deve gestire la situazione, è attratto dagli operatori dell’emergenza, e dalle fasi di intervento.

Posto che la piromania è a tutti gli effetti un disturbo mentale, è importante sottolineare che il soggetto non possa considerarsi affetto da tale disturbo laddove le sue azioni, non solamente abbiano come fine un vantaggio economico o di vendetta verso terzi, ma anche siano conseguenza di altri disturbi mentali come schizofrenia, ritardo mentale o demenza. Per il piromane il piacere verso il fuoco ha origine misteriosamente oscura, trattandosi di un patologico interesse di cui raramente il soggetto è in grado di conoscerne le reali motivazioni sottese. Alcuni autori paragonano il piacere provato dal piromane a quello degli effetti che una droga o altra sostanza d’abuso provoca in un tossicodipendente. Tale situazione patologica non sarebbe però da annoverare tra gli atti posti in essere senza motivazioni, ma anzi, ha alla base un’unica spiegazione: l’attrazione per il fuoco. Ed è proprio questa “relazione fusionale[5] con il fuoco, l’unica caratteristica essenziale rimasta stabile nell’evoluzione storica subita dal concetto di piromania, quale “spinta mentale” all’azione. Resta ancora da spiegare da dove possa trarre origine tale fascinazione nel vedere divampare le fiamme. Per tentare di fornire una risposta è utile capire i tratti di personalità di un piromane, evidenziando i possibili legami con aspetti aggressivi e legati al tema della sessualità. Con il termine personalità possiamo intendere “il complesso delle caratteristiche di ciascun individuo quali si manifestano nelle modalità del suo vivere sociale…[6]

Molti autori afferiscono ad una personalità aggressiva con tendenza distruttiva del soggetto. La matrice di tale aggressività sarebbe da ricercare, con riferimento ad ogni singolo specifico caso, nella ipersensibilità dell’offender derivante da frustrazioni affettive oppure in un divario della personalità. L’immaginario del piromane, secondo quest’ultima ipotesi, sarebbe dunque dominato, da un lato, da idee di grandezza ed onnipotenza e, dall’altro, da un’immagine fragile del sé. Tale frattura della percezione di sé comporterebbe una necessaria compensazione all’esterno di questa sua fragilità interiore tramite il passaggio all’atto incendiario. Così facendo, egli incuterebbe timore in coloro che vengono coinvolti nell’incendio permettendo di imporre la sua forza e prendendo il controllo tramite il senso di potere che gli deriva dall’impotenza delle vittime stesse.[7] Sarebbe proprio questa autoaffermazione che evidenzierebbe caratteristiche narcisistiche e sadiche del soggetto, motivo per cui porterebbe ad una serialità nell’appiccare incendi. Il senso di onnipotenza insito nel suo agìto crescerebbe narcisisticamente in lui, fomentato dal fatto di non essere scoperto. L’atto piromanico porterebbe a questo punto ad un crescendo di aggressività incendiaria: la scelta deliberata del soggetto si accompagnerebbe ad una pulsione istintiva sempre maggiore. Il fuoco, dunque, avrebbe un significato duale per il piromane: lusinga narcisistica e fascinazione per la sua onnipotenza da un lato e gratificazione tramite l’affermazione di un potere che non ha mai detenuto in precedenza, bloccato dai suoi conflitti emotivi che non è mai riuscito ad affrontare direttamente.

In merito al legame tra piromania e sessualità, invece, vi sono vari aspetti da considerare. Primo fra tutti il richiamo simbolico del fuoco, immagine inscindibile dalla sfera sessuale: il piromane, nel momento in cui appicca il fuoco, trasferirebbe una forte carica passionale all’esterno che non riuscirebbe a scaricare attraverso gli usuali canali. A conferma di tale teoria, sostenuta da molti autori, vi è la tesi secondo la quale spesso il piromane presenta specificità connesse ad una vita sessuale anormale. In tal modo, il soggetto, vedendo le fiamme divampare, avvertirebbe un piacere assimilabile a quello derivante dall’atto sessuale, atto per il quale vi è un forte senso di inadeguatezza. Frequenti sono anche i racconti in cui il fuoco è protagonista di sogni erotici quale fonte di piacere sessuale con spiccata accentuazione di sadismo. In ogni caso, l’immagine che emerge è quella di un soggetto fortemente perturbato nella propria sfera sessuale, tanto che alcuni studiosi ritengono che le cause del comportamento siano determinate non solamente da fattori legati alla sessualità, ma anche da un arcaico stadio dello sviluppo della persona.[8]

Piromania. Controllo Degli Impulsi. Imputabilità

Tuttavia, è bene sottolineare come il DSM, a partire dalla sua rivisitazione alla III edizione, ponga l’accento sulla tipologia di stato mentale che porta all’agìto, parlando di una deliberata ed intenzionale scelta nell’appiccare l’incendio. Alla completa incapacità di resistenza ad un impulso, si affiancherebbe dunque uno stato di consapevolezza e di scelta deliberata dell’atto.[9]

A questo punto ci si trova ad un bivio: capire se il piromane non abbia potuto o non abbia voluto resistere all’impulso di appiccare l’incendio. E questo interrogativo si fa tanto complesso quanto cruciale nel nostro ordinamento in tema di imputabilità.[10] La categoria dei disturbi del controllo degli impulsi, tra cui vi è appunto la piromania, è caratterizzata specificatamente dall’incapacità di resistere ad un desiderio impellente, ad una tentazione o impulso di attuare un comportamento che vìoli un diritto altrui: tensione ed eccitazione crescenti precedono l’azione, gratificazione, piacere e sollievo sono concomitanti all’atto stesso. Dopo possono emergere senso di colpa o rimorso per l’aver commesso il fatto, con tentativi auto-riparativi.

Laddove si manifesti un disturbo del controllo degli impulsi, come in tutte le forme di disturbo esplosivo e dirompente, potrebbe presentarsi esclusivamente un problema a livello di gestione dell’autocontrollo, in assenza quindi di gravi e concomitanti problemi di malattia mentale: ci sarebbe, in sostanza, conservazione della capacità d’intendere il significato di illegittimità di un atto. Ciò che creerebbe maggiori dubbi sarebbe però la sfera della libertà del volere, spesso compromessa proprio in forza dell’irresistibilità ed imperatività dell’impulso. Ciò, però, non collimerebbe con i criteri diagnostici che inquadrano la piromania come atto deliberato ed intenzionale, portando alla logica deduzione di non intendere più il piromane come colui che attua un’azione che sfugge al suo controllo, restando dunque conservati sia la capacità di intendere che quella di volere.

Conclusioni.

Per il piromane, come per tutti i soggetti affetti da disturbi del controllo degli impulsi, sussiste un livello più o meno marcato di impossibilità di controllo inibitorio nella commissione di un’azione. Sebbene le cause dei disturbi degli impulsi siano spesso inizialmente ignote o comunque non universalmente inquadrabili entro certi parametri, è importante capire se e in che misura vi sia interazione tra fattori psicodinamici, biologici e psicosociali. Per tanto, per la ricerca in merito al non aver potuto o al non aver voluto resistere all’impulso, sarebbe utile spostarsi ad un livello differente e più personale di indagine, che permetterebbe di capire che cosa si nasconda dietro l’individuo ed il suo agìto. Il movente sarebbe dunque da ricercare nel vissuto emotivo e di storia di vita della persona, per poter riflettere in che termini le circostanze ambientali, sociali e psicologiche abbiano inciso e originato il suo disturbo mentale. Il fine dovrà avere come obiettivo chiedersi il perché sia stata commessa l’azione criminosa ed evitare il reiterarsi del suo atteggiamento, senza fermarsi a definire il piromane come un soggetto debole che trova nel fuoco quella sublimazione che, tramite una sorta di onnipotenza, gli permetta di superare un blocco emotivo della sua non – identità e di sottomettere persone e pensieri.

 

Fonte immagine: www.pixabay.com

[1] Burgess A. G., Burgess A. W., Douglas J. E., Ressler R. K., Crime Classification Manual, Un sistema standardizzato per indagare e classificare i crimini violenti, Milano, Edi.Ermes, 2016.

[2] Burgess A. G., Burgess A. W., Douglas J. E., Ressler R. K., Crime Classification Manual, op.cit., p.308.

[3] Riccardi C., La Piromania, articolo in rivista, SILVAE, anno VI n. 14, ISSN 2239-5415.

[4] Ermentini A., Piromania, in Ermentini A. – Gulotta G., Psicologia, psicopatologia e delitto. Scritti, Giuffrè, Milano, 1971.

[5] Laxenaire M. – Kuntzburger F., Gli incendiari, Centro Scientifico Editore, Torino, 2001, p. 118.

[6] Ponti G., Compendio di criminologia, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1999.

[7] Laxenaire M. – Kuntzburger F., Gli incendiari, op.cit..

[8] Ermentini A., (1971), Piromania, in Ermentini A. – Gulotta G., Psicologia, psicopatologia e delitto. Scritti, Giuffrè, Milano.

[9] Riccardi C., La Piromania, articolo in rivista, op. cit..

[10] In tema di imputabilità si veda https://www.iusinitinere.it/tra-pericolosita-sociale-e-non-imputabilita-20949

Elisa Teggi

Laureata all'Università Cattolica Sacro Cuore di Piacenza nel 2006 con tesi intitolata "Il licenziamento del dirigente", ha in seguito indirizzato la propria carriera lavorativa in diversi ambiti che le hanno fornito esperienza, soprattutto grazie al contatto costante con persone e ragazzi, mantenendo un forte interesse per l'ambito criminologico. Questo l'ha portata a voler conseguire ulteriore laurea in Criminologia con tesi dal titolo "Staging ed occultamento di cadaveri", nel 2021, per poter indirizzare completamente il proprio lavoro in questa direzione. Attualmente lavora nel territorio piacentino in ambito criminologico - sociale, di prevenzione delle condotte devianti, in contatto con il servizio sociale, occupandosi specificatamente dei minori. Esperta di Scienze Forensi, si mantiene in costante aggiornamento e continua formazione su aspetti forensi e criminologici, prestando attenzione, in chiave critica, ai processi mediatici, cercando di interpretare le motivazioni sottese al fenomeno. La frase che funge da sfondo ad ogni suo lavoro è: "Non si tratta di fascinazione del male, si tratta di dare centralità alla persona, alla vittima e alle cause devianti, studiando il criminale prima del crimine, il folle prima che la follia, con l'obiettivo di rieducare e reintrodurre in società. Dalla parte della giustizia sempre e per sempre".

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