martedì, Novembre 12, 2024
Criminal & Compliance

Prevenzione e gestione dei rischi correlati a fornitori di servizi labour-intensive: cosa rischia il committente?

A cura di Massimo Pinardi

L’ultimo ‘trend investigativo’, seguito soprattutto dalla Procura di Milano, è il crescente ricorso all’istituto dell’amministrazione giudiziaria previsto dalla legislazione antimafia[1].

Nata come misura sanzionatoria volta a recidere i legami tra mafia e mondo economico, l’istituto sembrerebbe oggi aver mutato i suoi connotati, divenendo un efficace strumento preventivo volto ad incentivare la cultura della compliance e della legalità nelle imprese operanti in contesti del tutto estranei al crimine organizzato[2].

Ad oggi, la misura costituisce una delle principali ‘armi’ a disposizione dell’ordinamento per la lotta alla criminalità d’impresa[3].

Nel ‘vecchio sistema’ il caso di scuola poteva ad esempio essere quello del supermercato o dell’impresa edile utilizzata per riciclare i proventi delle attività illecite condotte dalla consorteria criminale[4].

I settori oggi principalmente ‘colpiti’ sono invece quelli della logistica, dei trasporti, della vigilanza, della pulizia, della manifattura, della grande distribuzione e da ultimo anche della moda[5].

I precedenti milanesi in tal senso sono numerosi, e anche particolarmente eclatanti in quanto riguardano imprese leader nei settori anzidetti[6].

Il fil rouge tra le varie vicende può essere individuato nel rimprovero fatto al committente: il non aver “…verificato la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici alle quali affidare lavori o servizi…” e “…non aver mai effettuato ispezioni o audit per appurare in concreto le reali condizioni lavorative e gli ambienti di lavoro…”[7].

In altre parole il non aver “mai effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione dalle stesse adottate, omettendo di assumere iniziative come la richiesta formale di verifica della filiera dei sub-appalti, di autorizzazione alla concessione dei sub appalti o la rescissione dei legami commerciali”

Ed è proprio in queste omissioni ed inadempienze che si sostanzia la condotta agevolatrice solitamente ascritta alla società committente e richiesta dalla normativa antimafia per l’applicazione della misura dell’amministrazione giudiziaria[8].

I precedenti milanesi hanno poi avuto il pregio di elaborare i c.d. indici di anomalia, situazioni in presenza delle quali viene generalmente disposta l’amministrazione giudiziaria:

  • assenza della necessaria struttura organizzativa ed operativa per gestire l’appalto (pseudo-appaltatore);
  • potere organizzativo e direttivo sui lavoratori dell’appaltatore esercitato, di fatto, dal committente (pseudo-committente);
  • non assunzione, in concreto, del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore.

Nei casi citati sono stati anche individuati alcuni indici fattuali di caporalato[9]:

  • reiterate violazioni della normativa inderogabile su orari di lavori, riposo, ecc.;
  • reiterata corresponsione di retribuzioni in modo difforme dai CCNL;
  • violazioni delle norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro:
  • sottoposizione dei lavoratori a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o situazioni alloggiative degradanti.

Al ricorre di tali elementi può scattare la misura, tra l’altro applicata all’esito di una procedura molto snella che non richiede l’esistenza di un processo penale né tantomeno il previo accertamento della responsabilità penale. Si tratta, come accennato, di un’azione preventiva dell’ordinamento per la quale sono sufficienti prove presuntive e indizi.

In via di estrema sintesi la misura prevede la nomina di un Amministratore Giudiziario da parte del Tribunale, il quale dovrà anzitutto garantire la continuità aziendale e i livelli occupazionali, oltre ad elaborare un dettagliato piano di intervento volto alla risoluzione delle criticità e al ripristino della legalità.

Decorso il termine concesso dal Tribunale se le azioni prescritte hanno sortito effetto, ripristinando la legalità, la misura potrà essere revocata e l’impresa ‘restituita” agli amministratori. Diversamente, ma allo stato ci sono precedenti in tal senso, l’azienda potrà essere confiscata.

La prassi giudiziaria ci restituisce un ulteriore dato interessante: l’utilizzo di questo strumento è spesso quasi alternativo ai processi penali ‘tradizionali’ celebrati ai sensi del d.lgs. 231/2001 a carico degli enti (ma non è sempre così), in quanto permette di raggiungere in tempi sicuramente più rapidi l’obiettivo di rafforzare e diffondere la cultura della corporate compliance & business Integrity.

In definitiva i leading cases del Tribunale di Milano ci insegnano che situazioni di sistematica non-compliance con la normativa giuslavoristica, soprattutto nel caso di appalti di servizi ad alta intensità di manodopera, possono comportare seri rischi in capo alla società committente:

  • un procedimento di prevenzione a carico della società committente exlgs. 159/2011;
  • un procedimento penale a carico del top management della società committente;
  • un procedimento a carico della società committente exLgs. 231/2001.

Doveri di prevenzione, possibili azioni rimediali e considerazioni conclusive

Dal quadro sopra descritto emerge una progressiva affermazione dell’approccio preventivo in luogo di quello punitivo (‘tradizionale’), e ciò vale soprattutto con riferimento alla materia del diritto penale del lavoro (ma non solo)[10].

Analogo trend può essere infatti rintracciato anche in materia di reati fiscali ed evasione contributiva – tematiche strettamente collegate con l’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro – dove le Procure stanno agendo allo stesso modo al fine di recuperare il gettito sommerso del lavoro nero[11].

La ricalibrazione del sistema, e il correlato ampliamento dell’ambito della responsabilità penale d’impresa, sono in buona parte dovuti alla pressione esercitata sugli operatori economici da parte delle autorità di controllo e dell’opinione pubblica.

I recenti fatti di cronaca, la piaga degli ‘omicidi bianchi’ unitamente ai primi dati forniti dall’Osservatorio INPS per il 2024 che mostrano numeri in crescita, hanno infatti riacceso i riflettori sulla questione della sicurezza sul lavoro.

In un tale scenario è quindi fondamentale che le imprese valutino e gestiscano correttamente (e soprattutto concretamente) i rischi, e che al contempo monitorino continuativamente sull’operato dei propri fornitori al fine di evitare potenziali conseguenze negative sui propri business che potrebbero avere impatti devastanti in termini economici e reputazionali.

In un’ottica preventiva può essere allora suggeribile che la società committente, già in sede contrattuale, si riservi la facoltà[12]:

  • di eseguire accessi e ispezioni, adeguatamente tracciati e verbalizzati, presso le sedi degli appaltatori/subappaltatori o fornitori;
  • di richiedere a questi ultimi la trasmissione periodica di tutta la documentazione inerente alla salute e sicurezza sul lavoro.

Oltre a garantire che la compliance esista non solo su carta ma anche nella pratica, è raccomandabile un approccio integrato alla compliance aziendale, ad esempio adottando modelli di organizzazione, gestione e controllo previsti dal d.lgs. 231/2001 che siano calibrati sulle specificità di ciascun ente e che interagiscano sinergicamente con gli altri strumenti di compliance relativi alla privacy, alla gestione della qualità dei fornitori (es. certificazioni ISO o similari) e alla sostenibilità (es. bilanci di sostenibilità).

Sarà poi consigliabile un adeguato e costante aggiornamento dei presidi 231, rispetto agli standard ed alla regolarità dell’organizzazione e delle attività di appaltatori, subappaltatori e fornitori.

Per mitigare rischi di rilievo penale il committente sarà quindi chiamato a svolgere un assessment sulla propria funzione acquisti – preferibilmente affidato ad un soggetto terzo ed imparziale (c.d. “Independent Compliance Assessment”) – che in alcuni casi potrebbe anche portare ad una revisione dell’albo fornitori.

Sempre in ottica preventiva sarebbe preferibile l’implementazione di procedure interne per la preventiva verifica dei requisiti di affidabilità di appaltatori, subappaltatori e fornitori, verso cui si intendono affidare i servizi.

I precedenti citati sono utili anche laddove ci indicano alcune misure ritenute inidonee a prevenire il rischio di verificazione di casi di sfruttamento del lavoro: si pensi al mero controllo cartolare del codice di condotta oppure alla mera previsione del divieto contrattuale di subappalto.

Da ultimo, non vanno certamente sottovalutate le grandi potenzialità dell’adozione/implementazione di un sistema di Whistleblowing cui segua, previa adeguata formazione del personale in materia, la creazione di canali di segnalazione volti a far emergere condotte di caporalato e affini.

 

[1] L’amministrazione giudiziaria è disciplinata dall’art. 34 del D.Lgs. 159/2011 (cd. Codice Antimafia).

[2] Cfr. Visconti, C. (2019). “Ancora una decisione innovativa del Tribunale di Milano sulla prevenzione antimafia nelle attività imprenditoriali“, Diritto Penale Contemporaneo. Per un’analisi approfondita dell’evoluzione dell’istituto dell’amministrazione giudiziaria, si veda anche Di Vizio, F. (2019). “La ‘messa alla prova’ dell’impresa socialmente pericolosa: il nuovo volto dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche“, Questione Giustizia.

[3] Maugeri, A.M. (2018). “La riforma delle misure di prevenzione patrimoniali ad opera della l. 161/2017 tra istanze efficientiste e tentativi incompiuti di giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione“, Archivio Penale, 1. Sul tema della lotta alla criminalità d’impresa attraverso strumenti preventivi, si veda anche Cosulich, F. (2022). “Il diritto penale dei mercati finanziari“, Giappichelli Editore, che offre una prospettiva interessante sulla prevenzione dei reati in ambito finanziario.

[4] Fiandaca, G. (2015). “Misure di prevenzione (profili sostanziali)“, in Digesto delle Discipline Penalistiche, UTET.

[5] Tribunale di Milano, Sezione Autonoma Misure di Prevenzione, decreto 27 maggio 2020 (caso Ceva Logistics Italia s.r.l.). Per un’analisi dettagliata dei settori più colpiti e delle relative problematiche, si consiglia la lettura di D’Avirro, A., & Di Amato, A. (2019). “La responsabilità da reato degli enti“, CEDAM, che offre una panoramica completa sulle responsabilità delle imprese in vari settori economici.

[6] Visconti, C. (2019). “La mafia è dappertutto ma non si vede: l’amministrazione giudiziaria in imprese ‘a rischio di contaminazione mafiosa”, Sistema Penale.

[7] Tribunale di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, decreto 13 giugno 2022 (caso GLS Enterprise S.r.l.). Sul tema della responsabilità del committente, si veda anche Epidendio, T.E. (2021). “Corruzione tra privati e istigazione alla corruzione tra privati“, in Codice 231 – Disciplina della Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, Giuffrè Francis Lefebvre, che approfondisce le implicazioni legali delle relazioni tra committenti e fornitori.

[8] Tribunale di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, decreto 28 maggio 2020 (caso Uber Italy s.r.l.).

[9] Art. 603-bis, comma 3, c.p. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro).

[10] Mongillo, V. (2018). “La responsabilità penale tra individuo ed ente collettivo“, Giappichelli Editore. Per un’analisi più approfondita dell’approccio preventivo nel diritto penale del lavoro, si consiglia la lettura di Fiorella, A., & Selvaggi, N. (2020). “Compliance Programs e dominabilità ‘aggregata’ del fatto. Verso una responsabilità da reato dell’ente compiutamente personale“, Diritto Penale Contemporaneo – Rivista Trimestrale, 3.

[11] Conformemente ai criteri ispiratori che hanno condotto all’introduzione del Decreto Legislativo 14 luglio 2020, n. 75, di attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 (c.d. Direttiva PIF). Sul tema dei reati fiscali e dell’evasione contributiva in relazione al lavoro nero, si veda Pelissero, M. (2021). “Responsabilità degli enti“, in Grosso, C.F., Pelissero, M., Petrini, D., & Pisa, P., “Manuale di diritto penale. Parte generale“, Giuffrè Francis Lefebvre, che offre una panoramica completa delle responsabilità penali delle imprese, inclusi gli aspetti fiscali e contributivi.

[12] Confindustria (2021). “Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231“.

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