mercoledì, Aprile 24, 2024
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Processo Cucchi: condannati due carabinieri a 12 anni per omicidio preterintenzionale

A dieci anni dalla morte di Stefano Cucchi, la Corte d’Assise di Roma segna un’importante (e probabilmente non ultima) tappa nel cd. caso Cucchi, da anni oggetto di una forte attenzione mediatica, anche dovuta alle molteplici vicissitudini processuali che hanno scandito i procedimenti avviati nei confronti dei medici e carabinieri coinvolti nella vicenda.

Pare opportuno riassumere gli elementi principali del dispositivo della sentenza e della storia processuale, in attesa del deposito della decisione, per cui è stato previsto un termine di 90 giorni.

In seguito alla conclusione delle indagini preliminari, il 10 luglio 2017, il GUP del Tribunale di Roma disponeva il rinvio a giudizio per omicidio preterintenzionale nei confronti di Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, i tre carabinieri che effettuarono l’arresto di Cucchi nell’ottobre 2009.

Il 14 novembre 2019, la Corte d’Assise di Roma ha condannato Di Bernardo e D’Alessandro a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale, riconoscendo le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e disponendo l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ai sensi degli artt. 29 e 32 c.p..

È stato invece assolto dall’accusa di omicidio, per non aver commesso il fatto, Francesco Tedesco, l’imputato grazie al quale si è potuto far chiarezza sugli avvenimenti successivi all’arresto e alla custodia cautelare di Stefano Cucchi. Tedesco è stato condannato a 2 anni e sei mesi per il solo reato di falso, per l’omissione nel verbale d’arresto di Cucchi dei nomi di Di Bernardo e D’Alessandro.

La Corte ha altresì disposto una provvisionale di 100.000 € per i genitori e la sorella di Cucchi, quali parti civili.

Occorre rilevare che, in seguito alla denuncia sporta contro ignoti da Tedesco, nel luglio 2019, il GUP del Tribunale di Roma ha disposto il rinvio a giudizio nei confronti di alcuni carabinieri, accusati di falso ideologico, favoreggiamento e omessa denuncia. Si tratta del ‘processo Cucchi ter’, incentrato sulle vicende di inquinamento probatorio che hanno interessato il caso in esame.

È necessario poi ricordare la questione della responsabilità di alcuni medici dell’Ospedale Pertini in cui fu ricoverato Cucchi. Questi furono condannati nel giugno 2013 per il reato di omicidio colposo, non avendo predisposto terapie necessarie ed adeguate alle condizioni del giovane, per poi essere assolti nel grado di appello. Quest’ultimo giudizio fu parzialmente cassato dalla Suprema Corte, ma seguì un’ulteriore sentenza di assoluzione in sede di rinvio. Nuovamente, la Corte di Cassazione nel 2017 annullò la decisione con rinvio, disponendo una nuova attività dibattimentale, rilevando che i giudici di merito non avevano adeguatamente preso in considerazione l’inidoneità degli accertamenti e delle terapie effettuati dai sanitari sul paziente. In particolare, non era stato stabilito se il comportamento doveroso omesse avrebbe permesso di evitare l’evento.

Nel nuovo procedimento di merito, definito sempre in data 14 novembre 2019, la Corte d’Assise d’Appello di Roma ha dichiarato la prescrizione del reato di omicidio colposo contestato a quattro medici e ha pronunciato l’assoluzione di un quinto sanitario, per non avere egli commesso il fatto.

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