venerdì, Marzo 29, 2024
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Profili del contratto d’opera intellettuale.

 

Il contratto d’opera intellettuale, che si differenzia dall’opera manuale, è un contratto a prestazioni corrispettive in base al quale un professionista (avvocato, commercialista, notaio, medico ecc.), accettando l’incarico conferitogli dal cliente, si impegna a fornire la propria opera intellettuale in cambio di un compenso.

 

Tale contratto riguarda le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi tenuti dagli ordini professionali riconosciuti dalla legge (c.d. professioni protette). Possono comunque rientrare in tale ambito anche le opere liberali prestate da soggetti che non hanno l’obbligo di iscrizione in appositi albi.

 

Ricordiamo che il contratto d’opera intellettuale segue le norme sul contratto d’opera manuale, in quanto compatibili (art. 2230 c.c.)

La differenza con il contratto d’opera in generale, oltre al lavoro prevalentemente materiale e non intellettuale proprio del generico contratto d’opera avente ad oggetto la realizzazione di un opera o di un servizio, risiede nel compenso, che per l’opera manuale, e non per quella intellettuale, è dovuto solo quando il cliente ottenga il risultato prestabilito.

 

Difatti, la prestazione del professionista si configura come obbligazione di mezzi e non di risultato. Motivo per cui, il prestatore d’opera è tenuto a svolgere in modo diligente l’attività promessa, senza però essere obbligato a pervenire ad un determinato risultato (l’avvocato non sarà quindi responsabile dell’eventuale perdita della causa, nei limiti della normale diligenza).  Peraltro grava sul professionista un’obbligazione di risultato quando egli è tenuto a realizzare un’opera,, come nel caso di un progetto architettonico.

 

L’art. 2236 c.c prevede, inoltre, una limitazione di responsabilità per il professionista quando la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, nel qual caso il prestatore d’opera risponde dei danni solo in caso di dolo o colpa grave (si pensi al caso di un operazione medica sperimentale).

L’ attenuazione della normale responsabilità si ha solo se ricorrono tali presupposti, l’esistenza dei quali deve essere provata dal prestatore d’opera, altrimenti quest’ultimo risponderà anche per colpa lieve, secondo la regola generale della diligenza del buon padre di famiglia nell’adempimento dell’obbligazione (art. 1176 c.c.).

 

Condizione per aver diritto al compenso è l’iscrizione all’albo. La mancata iscrizione, nei casi in cui sia prevista, comporta la nullità assoluta del contratto che rende lo stesso privo di effetti. (art. 2231 c.c.).

Il diritto al compenso dei professionisti si prescrive nel termine breve di tre anni, rappresentando un’ipotesi di prescrizione presuntiva (art. 2956 c.c.). Tale termine decorre dal giorno in cui è stato svolto l’incarico assegnato (cfr. Cass. 2006/13209).

 

Oggi peraltro è ammesso, per i professionisti legali, il patto di quota lite: un accordo in base al quale il cliente si obbliga a cedere all’avvocato o procuratore parte dei beni o crediti oggetto della controversia o comunque un patto in forza del quale il compenso del legale sia parametrato al risultato pratico o alla somma conseguita dal cliente (Cass. 1997/11485, Cass. 1980/4777). Per il patto è richiesta la forma scritta ad substantiam.

 

Inoltre, il prestatore d’opera è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto. Tuttavia egli può avvalersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, qualora tale collaborazione sia consentita dal contratto o dagli usi e sia compatibile con l’oggetto del contratto (art. 2232 c.c.).

 

Quanto alla misura del compenso, essa di regola viene concordata dalle parti, altrimenti deve essere determinata in base  alle tariffe o agli usi e, in mancanza, dal giudice.

In ogni caso il  compenso, detto onorario, va adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Possono essere stipulati patti tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che fissano il compenso, purchè siano muniti di forma scritta, richiesta ad substantiam: in mancanza, il patto si considera nullo (art. 2233 c.c.).

 

Il cliente è comunque tenuto, salvo patto contrario, ad anticipare le spese occorrenti al compimento dell’opera e a corrispondere, secondo gli usi , gli acconti sul compenso (art. 2234 c.c.).

 

È fatto divieto al professionista di ritenere le cose e i documenti ricevuti, se non per il periodo strettamente necessario alla tutela dei propri diritti. Ad esempio, per provare il suo credito nei confronti del cliente (art. 2235 c.c.)

 

Il cliente è libero di recedere dal contratto quando vuole, purché rimborsi le spese e compensi il professionista per il lavoro eseguito (mentre l’art. 2227 c.c. sul generico contratto d’opera prevede che il committente, in caso di recesso, tenga indenne il prestatore anche del mancato guadagno). Il professionista, dal canto suo, può recedere solo per giusta causa, vale a dire qualora venga meno il rapporto fiduciario, e in modo da non arrecare danno al cliente (art. 2237 c.c.).

Salvatore Solano

Salvatore Solano, avvocato, ha contribuito a fondare la rivista giuridica "Ius in itinere", con la quale collabora dal 2017. Email: salvatoresolano94@gmail.com

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