venerdì, Marzo 29, 2024
Labourdì

Proselitismo e collette sindacali: il coinvolgimento del datore di lavoro

La legge n.300 del 1970(cosiddetto Statuto dei lavoratori)ha sancito, all’articolo 26, il diritto dei lavoratori di raccogliere contributi e di svolgere attività di proselitismo per le organizzazioni sindacali di appartenenza all’interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale.

L’articolo 26 è collocato nell’alveo del Titolo III dello Statuto dei lavoratori, dedicato all’attività sindacale: il Titolo in questione rinviene le sue radici nella considerazione che la libertà sindacale enunciata nell’articolo 39, 1º comma, della Costituzione non sarebbe compiutamente realizzata se si esaurisse nel riconoscimento del solo diritto dei lavoratori ad organizzarsi collettivamente a livello endoaziendale ed a costituire propri organismi sindacali(articoli 14 e 19, in un’accezione statica della libertà sindacale costituzionalmente garantita), senza concretizzarsi in ulteriori situazioni soggettive strumentali alla dinamizzazione dell’azione sindacale, individuali e collettive(i cosiddetti “diritti promozionali”, che rappresentano un quid pluris).

Per quanto concerne l’articolo 26, occorre preliminarmente precisare che per proselitismo s’intende un’opera di propaganda che comprende comportamenti manifestativi e momenti operativi, volti a promuovere in concreto l’acquisizione di nuovi elementi alla compagine sindacale; per raccolta di contributi(collettaggio), invece, s’intende la riscossione delle quote che ciascun lavoratore è tenuto a versare in forza dell’iscrizione al sindacato, in esecuzione delle determinazioni statutarie o delle deliberazioni degli organi sociali, al fine di assicurare un gettito finanziario idoneo alla costituzione del fondo comune(ex articolo 37 del codice civile).[1]

La posizione giuridica soggettiva in parola costituisce un tipico diritto a titolarità individuale per la soddisfazione d’interessi collettivi[2]: il suo esercizio non è condizionato o subordinato all’esercizio di un potere d’indizione o autorizzazione ad opera dell’organizzazione sindacale, ed a tal proposito è generalmente ritenuto che beneficiarie dell’iniziativa di proselitismo e di raccolta delle collette sindacali sono tutte le organizzazioni sindacali, e non solo quelle maggiormente o comparativamente più rappresentative.

Il disposto dell’articolo 26 contiene un limite espresso, rappresentato dal rispetto del normale svolgimento dell’attività aziendale: è pertanto antisindacale ex articolo 28 ostacolare e sanzionare disciplinarmente lo svolgimento di attività di proselitismo all’interno dei luoghi di lavoro senza arrecare pregiudizio al normale svolgimento dell’attività aziendale[3].

Nella sua formulazione anteriore al 1995, l’articolo 26 prevedeva due ulteriori commi, i quali recitavano: “Le associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di percepire, tramite ritenuta sul salario nonché sulle prestazioni erogate per conto degli enti previdenziali, i contributi sindacali che i lavoratori intendono loro versare, con modalità stabilite dai contratti collettivi di lavoro, che garantiscono la segretezza del versamento effettuato dal lavoratore a ciascuna associazione sindacale(2º comma); nelle aziende nelle quali il rapporto di lavoro non è regolato da contratti collettivi, il lavoratore ha diritto di chiedere il versamento del contributo sindacale all’associazione da lui indicata(3º comma)”.

I suddetti commi, che riconoscevano un vero e proprio diritto(giudicato “perfetto” dalla Corte Costituzionale[4])delle associazioni sindacali di percepire le quote prestabilite tramite delega dei prestatori di lavoro che ne avessero fatto richiesta al datore di lavoro, ed il correlato obbligo di quest’ultimo di versare il quantum dovuto al sindacato senza oneri a suo carico pena la valutazione della condotta come antisindacale ai sensi dell’articolo 28, sono stati abrogati dal referendum dell’11 giugno 1995 e dal susseguente d.p.r. n.313 del 1995; tuttavia, come ha precisato la giurisprudenza di legittimità[5], con l’abrogazione non si è determinato un divieto di riscossione dei contributi sindacali tramite trattenuta sulla retribuzione operata dal datore di lavoro, ma è venuto meno il relativo obbligo per il datore di lavoro ed automatismo della ritenuta: quest’interpretazione è confermata dalla circostanza che i più significativi contratti collettivi nazionali di categoria disciplinano la materia a livello negoziale in maniera analoga alle disposizioni abrogate a livello legislativo.

Il problema si pone con riguardo ai sindacati minoritari non firmatari dei contratti collettivi nazionali, ed alle aziende che non aderiscano ad alcuna regolamentazione collettiva: in queste ipotesi infatti, in difetto di una disciplina legale o contrattuale che preveda il diritto collettivo delle associazioni sindacali di ricevere i contributi mediante automatica ritenuta datoriale sul salario dei lavoratori iscritti, il datore di lavoro potrebbe legittimamente rifiutarsi di versare il quantum dovuto al sindacato ritenendolo dalla retribuzione corrisposta al lavoratore, senza che la sua condotta possa rilevare in termini di antisindacalità.

Dottrina[6]e giurisprudenza, allo scopo di vincolare il datore di lavoro alla trattenuta retributiva ed al conseguente versamento al sindacato, non hanno considerato risolutivo il riferimento civilistico all’articolo 1269 sulla delegazione di pagamento(delegatio solvendi), in quanto il 2° comma del medesimo articolo autorizza il terzo delegato per il pagamento a non accettare l’incarico conferitogli dal debitore delegante, benchè sia debitore di quest’ultimo; è stata considerata, invece, efficace l’applicazione dell’articolo 1260 del codice civile sulla cessione del credito, in quanto, ai sensi del 1° comma, il trasferimento del credito retributivo dal prestatore di lavoro( creditore cedente)al sindacato d’iscrizione(creditore cessionario)può essere effettuato anche senza il consenso del datore di lavoro(debitore ceduto), non essendo la sua accettazione condizione per il perfezionamento della cessione.

La Suprema Corte, ancora, ha esplicitato che il rifiuto del datore di lavoro di accreditare, nonostante l’operatività della cessione del credito, i contributi sindacali in assenza di un onere insostenibile in rapporto all’organizzazione aziendale o di giustificato motivo, configura non solo un inadempimento sul piano civilistico, ma anche una condotta antisindacale in quanto lesiva sia del diritto del lavoratore di aderire e sovvenzionare liberamente qualsivoglia sindacato, sia del diritto del sindacato stesso di acquisire dagli aderenti il gettito finanziario necessario allo svolgimento della propria attività[7].

In conclusione, è d’uopo sottolineare che l’articolo 26 dello Statuto dei lavoratori conferisce copertura normativa alla facoltà dei singoli lavoratori di praticare forme di collettaggio individuale.

Fonti normative, bibliografiche e giurisprudenziali

[1]”I contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo comune dell’associazione. Finchè questa dura, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né pretenderne la quota in caso di recesso

[2]Il Tribunale di Fermo(18 settembre 2009, NGL, 2009, p.557)ha espresso l’appartenenza del diritto di proselitismo ai lavoratori uti singuli

[3]Sentenza Tribunale di Milano, 18 febbraio 2003, D&L, 2003, p.304

[4]Sentenza Corte Costituzionale n.13 del 1995

[5]Sentenza Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n.19275 del 2008

[6]CARINCI, DE LUCA TAMAJO, TOSI, TREU, Diritto del lavoro. Vol I: Il diritto sindacale, 2013, p.162

[7]

Rossella Giuliano

Rossella Giuliano nasce a Napoli nel 1994. Dopo aver conseguito la maturità classica nel 2012, inaspettatamente, interessata alle implicazioni giuridiche della criminologia, decide d'iscriversi al corso di laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Ateneo Federico II: durante il percorso accademico, si appassiona a tutto ciò che gravita attorno all'universo giuridico; volendo coniugare la sua passione per la cultura tedesca con la propensione per la tutela dei soggetti svantaggiati, sta attualmente redigendo una tesi sulle influenze del regime dell'orario di lavoro sulle politiche di tutela dell'occupazione nel diritto italiano e tedesco. Suoi ambiti d'interesse sono le lingue, letterature e culture straniere, i cani, la musica, la cinematografia.

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