Quando cessa la condizione di incandidabilità alle elezioni: il TAR Latina fa chiarezza
Qualche giorno fa il TAR Latina[1] si è pronunciato, stabilendo che solo la sentenza di riabilitazione può considerarsi causa di estinzione anticipata della incandidabilità.
La questione prendeva le mosse dal ricorso, promosso dinanzi al TAR, di un candidato a consigliere comunale del Comune di Aprilia, escluso dalla Sottocommissione Elettorale dalla lista dei candidati per la sussistenza di una delle cause di incandidabilità di cui all’art. 10 del d.lgs. 235/2012[2], il quale considerava venuta meno la propria condizione di incandidabilità “per l’intervenuta estinzione ope legis del reato di cui alla condanna inflitta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. con sentenza 10.4.2007”.
Il quadro normativo di riferimento è, senza dubbio, il d.lgs 235 del 2012 che, all’art. 15 chiarisce innanzitutto come l’incandidabilità operi anche nell’ipotesi in cui la sentenza definitiva disponga l’applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (fattispecie ricorrente nel caso de quo), prevedendo espressamente, al successivo comma 3, che la sentenza di riabilitazione è l’unica causa di estinzione anticipata dell’incandidabilità.
Emerge, pertanto, ictu oculi l’intento del legislatore di limitare la cessazione della condizione di incandidabilità alla sola ipotesi di sentenza di riabilitazione, a nulla rilevando – ai fini dell’estinzione dell’incandidabilità – l’eventuale estinzione del reato e degli effetti penali connessi ai sensi dell’art. 445 c.p.p.
Invero, non può sfuggire la diversa logica sottesa alle due fattispecie: da una parte, la sentenza di riabilitazione che sta ad indicare un comportamento effettivo e costante di buona condotta, oltre che l’approdo rieducativo del reo, accertato ex post dal giudice; dall’altra, l’estinzione del reato per il mero trascorrere del tempo, senza aver commesso un reato della stessa indole.
Né, può omettersi di considerare la circostanza – decisamente rilevante al fine di attestare la non equiparabilità dei due istituti – per cui la Corte di Cassazione[3] ha riconosciuto al condannato la cui pena si sia estinta a norma dell’art. 445 c.p.p., l’interesse a richiedere in ogni caso la riabilitazione.
Pertanto, fermo restando che entrambe le fattispecie assicurano al condannato la cessazione del reato e dei connessi effetti penali, non possono considerarsi sovrapponibili – come chiaramente dimostrato dalle intenzioni del legislatore all’art. 15, comma 3, del d.lgs citato – ai fini della cessazione della situazione di incandidabilità, dal momento che soltanto la riabilitazione consente di attestare la effettiva e definitiva rieducazione del reo, elemento ineliminabile per il possesso dei requisiti di onorabilità di cui all’art. 54, comma 2, della Costituzione, per l’accesso alle funzioni pubbliche.
[1] TAR Latina, 24 maggio 2018, n. 278.
[2] D.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, recante “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’art. 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190”.
[3] Cassazione Penale, sez. I, 18 giugno 2009, n. 31089.
Chiara Svampa nasce a Napoli nel novembre del 1993.
Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Umberto I di Napoli, si iscrive al Dipartimento di Giurisprudenza presso l’università Federico II di Napoli dove attualmente frequenta l’ultimo anno.
Sin da subito animata da grande passione, con il progredire degli studi si interessa in particolar modo al Diritto Amministrativo.
A conclusione del suo percorso universitario è infatti impegnata nella redazione della tesi in Diritto Amministrativo relativa alle nuove modalità di conclusione del procedimento amministrativo, seguita dalla Prof. Spagnuolo Vigorita.