venerdì, Marzo 29, 2024
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Radicalizzazione nelle carceri europee: gli interventi dell’UE

La lunga scia di attentati ed episodi di violenza riconducibili al terrorismo islamico, a tutti tristemente nota, ha inevitabilmente condizionato le scelte in materia di sicurezza dei governi europei, la cui attenzione si focalizza ormai non solo sul contrasto di tali forme eversive, ma anche sulla prevenzione delle stesse, con l’individuazione dei contesti più a rischio. Così è stato possibile rilevare che la radicalizzazione e il proselitismo siano fenomeni che si producono maggiormente in ambito carcerario, oltre che sul web.[1]

Sono molti gli episodi di terrorismo che hanno come responsabili principali soggetti che hanno abbracciato la deriva radicale dopo essere stati ristretti nelle carceri. Per citarne solo alcuni, gli autori dell’attentato di Strasburgo dell’11 dicembre 2018 e dell’attentato ai mercatini di Natale di Berlino del 2016, si sono entrambi radicalizzati all’interno di strutture detentive, rispettivamente in Francia e in Italia. [2] Quanto a Cheriff Chekatt, il responsabile del recente episodio di terrorismo verificatosi a Strasburgo, il giovane era stato anche segnalato dalla direzione generale della sicurezza interna per proselitismo religioso. [3] 

Come si legge nell’introduzione dell’Agenda Europea sulla Sicurezza 2015-2020, anche se la competenza primaria sulla sicurezza spetta agli Stati Membri, essi “da soli non possono più assicurarla, perché le minacce sono sempre più differenziate e internazionali, e hanno una natura sempre più transfrontaliera e intersettoriale”.  Così si è resa necessaria una risposta coordinata ed efficace a livello europeo.

Come dichiarato dal presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, attraverso la comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e al Consiglio del 20 Aprile 2016 sull’attuazione della stessa Agenda “la lotta alla criminalità transnazionale e al terrorismo è una responsabilità europea comune”, per garantire che i cittadini europei continuino a vivere in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne. [4]

La diffusione degli indicatori sulla radicalizzazione.

Tra i primi interventi delle istituzioni europee, in particolare relativamente alla prevenzione della radicalizzazione, vi è la diffusione del manuale “Radicalizzazione violenta, riconoscimento del fenomeno da parte dei gruppi professionali coinvolti” nel 2009. Il documento è stato redatto da una Commissione internazionale formata da  Austria, Francia e Germania, con il supporto della Direzione generale della Giustizia, Libertà e Sicurezza della Commissione europea.

Rivolto soprattutto agli operatori penitenziari degli Stati membri dell’ Unione, si basa sulla convinzione che il carcere sia il luogo nel quale è più facile che attecchiscano le ideologie religiose estremiste. Lo scopo consiste nel fornire indicatori utili ad aiutare il personale penitenziario a individuare detenuti in via di radicalizzazione, segnalando comportamenti che, presi in considerazione singolarmente, non forniscono prove assolute di un effettivo fanatismo, ma che dovrebbero «spingere alla vigilanza e alla sorveglianza e, all’occorrenza, ad agire di conseguenza».[5]

Molti, tra tali indicatori, prendono in considerazione l’esercizio della pratica religiosa dei ristretti: l’intensificarsi della preghiera; un atteggiamento selettivo nei confronti di imam ritenuti moderati; la disapprovazione esternata verso chi, ugualmente musulmano, viene giudicato non ‘osservante’; la decisione di decorare la stanza con tappeti di preghiera, calligrafie islamiche, immagini del Corano; oppure cambiamenti nell’aspetto esteriore come la crescita della barba o la scelta di indossare abiti tradizionali.

All’indomani dell’attentato parigino di Charlie Hebdo, tali criteri sono stati aggiornati ed in Italia il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ha diffuso la circolare 009340/2015, la quale prevede ulteriori comportamenti indicatori di possibili dinamiche di proselitismo e radicalizzazione tra i detenuti; non si tratta di un numerus clausus, anzi sono numerosi i comportamenti considerati indice di una possibile radicalizzazione menzionati nella suddetta circolare.[6]

In tal modo, però, pur operando attività di mera osservazione, si rischia di sovrapporre le esigenze di controllo delle Amministrazioni Penitenziarie al godimento di diritti fondamentali, come il diritto di ogni persona «alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione»,  riconosciuto dall’ art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali, oltreché il diritto di «cambiare religione o credo» e di manifestare tali convinzioni «individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti». Quanto alla nostra Carta Costituzionale, vengono in rilievo i diritti di libertà religiosa e di libertà di coscienza, rispettivamente garantiti dagli artt. 19 e 21.

Pertanto, è necessario che gli Stati, nella predisposizione di tali misure emergenziali, operino il giusto bilanciamento. Ciò vale per le attività di controllo e ancor di più per le attività repressive dei fenomeni di radicalizzazione.

Tornando agli interventi adottati a livello sovranazionale per il contrasto della radicalizzazione violenta, si può osservare come il Trattato sul Funzionamento dell’ Unione europea avesse già da tempo istituito il nuovo Servizio europeo per l’azione esterna[7], la cui attività, a seguito di numerosi episodi legati al terrorismo di matrice islamista, è stata caratterizzata da una crescente attenzione del fenomeno religioso[8].

L’agenda Europea sulla Sicurezza 2015-2020

Il contrasto alla radicalizzazione riveste un ruolo centrale anche nel programma previsto per il quinquennio 2015-2020 dall’Agenda Europea sulla Sicurezza del 2015; la lotta al terrorismo e la prevenzione della radicalizzazione rappresentano una delle tre priorità dell’ Agenda. Il contrasto a questi fenomeni dovrebbe passare attraverso una cooperazione tra gli Stati Membri sempre maggiore, l’istituzione di un centro europeo antiterrorismo all’interno di Europol, per intensificare il sostegno fornito agli Stati membri a livello dell’UE, e un maggior coinvolgimento di Eurojust per migliorare il coordinamento delle indagini e delle azioni penali.

Nel testo, tra i principi chiave che tutti i soggetti coinvolti sono chiamati ad osservare, emerge la complementarietà del rispetto dei diritti fondamentali e degli obiettivi in materia di sicurezza. Non sono finalità contrastanti, bensì obiettivi strategici, coerenti e complementari.

Quanto ai fenomeni di radicalizzazione che si verificano nel contesto carcerario, è la stessa Agenda a far rientrare il personale carcerario tra gli “attori locali”, ovvero i soggetti aventi diretto contatto con le persone più a rischio di radicalizzazione. Pertanto, con il sostegno dell’organizzazione europea degli istituti penitenziari e correzionali (Europris), la Commissione si impegna a promuovere lo scambio di buone prassi e la formazione in materia di prevenzione della radicalizzazione e di de-radicalizzazione nelle carceri.

Fissare l’attenzione sulla prevenzione della radicalizzazione nelle carceri e sviluppare efficaci programmi di  de-radicalizzazione appaiono, nell’ Agenda, tra le azioni da adottare al fine di garantire un elevato livello di sicurezza interna in seno all’Unione.

Le risoluzioni parlamentari

Sempre nel 2015, poi, il Parlamento europeo ha adottato una Risoluzione sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche[9]. Un intero capo di essa è dedicato alla prevenzione dell’estremismo violento e la radicalizzazione terroristica nelle carceri, alla quale sono dedicati i punti dal 10 al 14.

In particolare, attraverso la risoluzione, il Parlamento ruropeo:

  • Invita la Commissione a promuovere lo scambio delle buone pratiche fra gli Stati membri, onde contrastare l’aumento della radicalizzazione terroristica nelle carceri europee; la invita inoltre a diffondere linee direttrici relative alle misure da applicare nelle carceri europee per prevenire la radicalizzazione e l’estremismo violento, nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo;
  • Incoraggia gli Stati membri ad intervenire immediatamente contro il sovraffollamento delle carceri, il quale incrementa sensibilmente il rischio di radicalizzazione e riduce le opportunità di riabilitazione;
  • Ricorda che anche i centri di detenzione o riabilitazione possono diventare luoghi di radicalizzazione dei minori, bersaglio particolarmente vulnerabile;
  • Sottolinea che una possibile misura per prevenire che la radicalizzazione terroristica imposta ad opera di detenuti di cui sia accertata l’adesione all’estremismo violento sia l’isolamento di questi ultimi, i quali spesso utilizzano metodi intimidatori per condizionare le scelte di altri detenuti;
  • Sottolinea l’importanza di una formazione e una selezione appropriate di rappresentanti religiosi, filosofici e laici, affinché possano non solo rispondere in maniera adeguata alle necessità culturali e spirituali nelle carceri, ma anche contribuire a controbilanciare la potenzialità del discorso radicale.

Il delicato rapporto il sovraffollamento carcerario e la radicalizzazione dei detenuti è stato oggetto anche della Risoluzione del Parlamento europeo del 5 ottobre 2017 sui sistemi carcerari e le condizioni di detenzione. In particolare, per contribuire a prevenire la radicalizzazione, il Parlamento ha raccomandato la formazione del personale, una intelligence carceraria, il dialogo interreligioso e l’assistenza psicologica

Pochi giorni dopo l’attentato di Strasburgo, gli eurodeputati hanno auspicato ancora una volta l’adozione di programmi specifici per la prevenzione e il contrasto della radicalizzazione in carcere, fra le proposte presentate il 14 dicembre 2018 per affrontare la radicalizzazione, migliorare l’interoperabilità dei dati e sostenere le vittime.

Quali misure sono state adottate in Italia?

Tra le iniziative promosse in questo senso, vi era stato in Italia anche un disegno di legge promosso dall’onorevole Dambruoso, volto a introdurre misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’ estremismo violento di matrice jihadista. Nonostante l’approvazione della Camera dei Deputati del 18 luglio 2017, la proposta ha visto concludersi la legislatura senza giungere all’esame del Senato e pertanto sembra per ora caduta nel vuoto.

Tale disegno di legge prevedeva misure preventive e di recupero di soggetti già radicalizzati quali, ad esempio, l’elaborazione con cadenza annuale da parte del Ministro della Giustizia di un piano nazionale per «garantire ai soggetti italiani o stranieri detenuti un trattamento penitenziario che […] promuovesse la loro de-radicalizzazione e il loro recupero».[10]

Siamo ancora lontani dell’ adozione da parte degli Stati membri di misure legislative che mettano concretamente in atto quanto raccomandato dalle istituzioni europee. Nel frattempo, la prevenzione può già esplicarsi attraverso il trattamento penitenziario: l’istruzione, la buona pratica religiosa, la formazione professionale e la possibilità di accedere al lavoro anche esterno sono tutti strumenti per evitare l’alienamento del detenuto e il suo possibile identificarsi con principi eversivi dell’ ordine democratico come quelli a cui si ispirano i terroristi islamici.

[1] Vasco Fronzoni, L’islam nel circuito penitenziario e la prevenzione della radicalizzazione violenta e del proselitismo. Profili comparatistici., in Diritto e Religioni, II, 2016, p. 290.

[2] https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-12-23/amri-radicalizzato-carcere-italia-063733.shtml?uuid=ADl1WKJC

[ 3]

[4]

[5] Commissione Internazionale Austria-Francia-Germania, Manuale sulla radicalizzazione violenta, riconoscimento del fenomeno da parte di gruppi professionali coinvolti e riposte a tale fenomeno, Commissione Europea – Direzione Generale della Giustizia, Libertà e Sicurezza, giugno 2009 (https://tinyurl.com/y9hwyq4a), p.7

[6] Vasco Fronzoni, op.cit., p. 308.

[7] CONSIGLIO, Decisione 2010/427 UE, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l’azione esterna.

[8] P. ANNICHINO, Tra diritti di cittadinanza e securitarizzazione: la libertà religiosa nei rapporti fra l’Unione Europea e i Paesi del Mediterraneo, in Cittadinanza e religione nel Mediterraneo. Stato e confessioni nell’età dei diritti e delle diversità, a cura di F. ALICINO, Napoli, Editoriale Scientifica, 2017.

[9] Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2015 sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche (2015/2063(INI)). Il testo della risoluzione è disponibile al seguente indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2015-0410+0+DOC+XML+V0//IT

[10] Disegno di legge C. 3558 (primo firmatario On. Dambruoso), Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento di matrice jihadista, approvato dalla Camera dei Deputati il 18 luglio 2017, ma mai giunto all’esame del Senato (https://tinyurl.com/y6wxaq67)

Rossella Russo

Nata nel 1995, laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Accanto alla pratica forense in diritto civile e del lavoro, da sempre mi dedico allo studio del diritto internazionale ed eurounitario. Attualmente frequento il Corso di Perfezionamento in Diritto dell'Unione Europea a cura del professor Roberto Mastroianni.

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