giovedì, Aprile 18, 2024
Criminal & Compliance

Approda alla Camera la proposta di legge che riconosce i reati di omotransfobia e di misoginia

E’ approdato alla Camera il testo della legge contro l’omotansfobia – per alcuni una mera estensione della Legge Mancino – che punirà con una pena detentiva fino a 4 anni, coloro che discrimineranno gay o trans (il disegno di legge può essere consultato qui Disegno-legge-omotransfobia).

Il 28 giugno rappresenta una data importantissima per il movimento LGBT: a titolo meramente esemplificativo si menzionano gli eventi di Stonewall del 1969, in cui un gruppo di protestanti omosessuali si è scontrato con le Forze di Polizia al fine di rivendicare i propri diritti, ragion per cui tale circostanza viene ricordata come “giornata dell’orgoglio LGBT”.

51 anni dopo in Italia viene avanzata la proposta di legge contro la violenza e la discriminazione per ragioni di orientamento sessuale e identità di genere.

  1. Un breve excursus: la Legge Mancino

La Legge Mancino introdotta nell’ordinamento italiano nel 1993, dall’allora Ministro dell’Interno Nicola Mancino, è il principale strumento legislativo offerto dall’ordinamento italiano per reprimere i cd. crimini d’odio[1].

La norma in esame sanziona con la reclusione fino a 18 mesi, o multa fino a 6 mila euro, chiunque faccia propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, oppure istica a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. La pena aumenta con il carcere da sei mesi a quattro anni per chi invece istiga, con qualunque modalità, a commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi[2].

La legge, inoltre, condanna quei gesti, azioni nonché slogan di facile riconduzione all’ideologia fascista[3], vietando al contempo qualsiasi organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra gli scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi[4].

Nel caso in cui il giudice decidesse di punire i reati commessi per finalità di discriminazione o di etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno come scopo le medesime finalità, è possibile che venga riconosciuto al reo una aggravante con un contestuale aumento di pena – già prevista per il reato – fino alla metà[5].

Per ulteriori approfondimenti è possibile consultare la Legge n. 205/1993, ossia la Legge Mancino, direttamente qui Legge n. 205 del 27 aprile 1993

  1. Focus: i crimini d’odio a mezzo social network

Lo scorso 25 ottobre 2019, sulle piattaforme social, divampavano gli insulti avverso la Senatrice a vita Liliana Segre, superstite dell’Olocausto, nonché testimone diretta di ciò che accadeva nel campo di concentramento di Birkenau, oggi novantenne. Secondo l’Osservatorio Antisemitismo, si contavano per il solo mese di ottobre circa 150mila messaggi, Twitter, post su Facebook, che insultavano e maledicevano la On. Segre per il sol fatto di essere un’ebrea[6].

Il caso sottoposto alla nostra attenzione è punibile, in sede penale, contestando agli autori il reato di diffamazione riconoscendo però l’aggravante ex art. 3 della Legge Mancino.

Secondo la giurisprudenza, difatti, nel caso della On. Segre, il reato da contestare è il reato di diffamazione a mezzo social network, ove, nei post denunciati dalla Senatrice è palese lo sfondo razziale e l’istigazione all’odio, propri della Legge Mancino.

Sul web, purtroppo, non circolano messaggi di odio razziale come nel caso della Senatrice Segre, bensì altrettanto numerosi sono quei messaggi di odio avverso gli omosessuali e i transessuali, in particolare tanti sono stati gli scontri, nonché le aggressioni subite da questi ultimi, per i quali il nostro Legislatore avvertito la necessità di creare una norma ad hoc che limitasse l’odio avverso il cd. Movimento LGBT.

Sul punto, inoltre, già la Cassazione penale, con la sentenza n. 10248/2010, affermava che, in riferimento all’uso del termine gay, “le espressioni utilizzate nella missiva, esprimevano riprovazione per le tendenze omosessuali del soggetto “offeso” e un inequivoco intento denigratorio su un’accusa di pedofilia, nonostante l’accusatore avesse dichiarato chiaramente di non avere pregiudizi sessuali, di non giudicare i costumi sessuali di nessuno e, anzi, di essere un “laico apertissimo”[7] e, pertanto, contestava il reato di diffamazione nel dare del gay per offendere.

Ad oggi, con l’avvento dei social media[8], è possibile discutere di diffamazione 2.0 e sulle difficoltà di individuare il responsabile delle notizie pubblicate in rete, ad ogni modo, nel caso in cui dovesse essere possibile identificare il soggetto che ha pubblicato la notizia diffamatoria è necessario riconoscere a quest’ultimo l’aggravante della Legge Mancino.

  1. La proposta di legge Zan

Stante il panorama di continue offese sia verbali che a mezzo social network nei confronti di coloro che palesano la propria omosessualità, Alessandro Zan, relatore del disegno di legge che verrà sottoposto alla Camera domattina[9]dopo aver dichiarato ai media che “in Italia esiste un serio problema di razzismo e discriminazione verso le persone omosessuali e transessuali ed inoltre, in Parlamento c’è una maggioranza compatta e decisa ad approvare la legge che introduce anche del reato di misoginia, ossia di odio contro le donne” è propenso a contrastare i crimini d’odio che umiliano ogni giorno tutti i componenti LGBT, senza distinguere coloro che hanno già fatto coming out che quelli che hanno deciso, al contrario, di mantenere la riservatezza sulla loro preferenza sessuale.

In estrema sintesi, l’intento della legge Zan è quella di estendere alle manifestazioni d’odio fondate sull’omofobia e sulla transfobia i reati già previsti e puniti ex artt. 604 bis e 604 ter c.p., pertanto per coloro che commettono reati motivati da stigma sessuale è prevista una pena detentiva dino a 4 anni di reclusione.

Ma vi è di più, la Legge all’art. 4 riconosce il patrocinio gratuito alle vittime di omotransfobia, pertanto le spese processuali di una persona LGBT vittima di omotransfobia andranno a carico dello Stato, parimenti alle violenze di genere.

Lo stesso art. 4 Legge Zan, riconosce che il condannato può eventualmente chiedere la sospensione della pena e dedicarsi ad attività non retribuite, tra cui, si legge, le attività di associazioni LGBT come Arcigay.

  1. Il reato di misogenia

L’altra novità della legge conto l’omotransfobia è il riconoscimento del reato di misoginia, ossia di odio contro le donne, per cui alla littera legis degli artt. 604 bis e 604 ter c.p. sarà aggiunta la discriminazione basata sull’identità di genere e la violenza di genere.

Tale reato è stato riconosciuto in prima facie in Inghilterra, ove il ministro della Giustizia Lucy Frazer presentava già nel 2018 un emendamento che prevedeva due anni di prigione per chi si macchiasse di misoginia.

  1. Si può parlare di cambiamento sociale?

L’obiettivo della Legge Zan si concretizza nella mera volontà del legislatore di riconoscere, quali soggetti vulnerabili, i ragazzi LGBT ed ha lo scopo di garantire agli esponenti del movimento una tutela maggiore, che non li veda quali vittime di reati e, paradossalmente,  “vittime della giustizia”.

Per tutte queste ragioni, negli ultimi articoli della proposta di legge, si evince la necessità di istituire un fondo dedicato ai “centri antidiscriminazione e case rifugio”, che continueranno ad offrire assistenza sanitaria e sociale alle vittime dei reati esplicitamente riconosciuti dalla legge Zan, ma anche a quei ragazzi che, non accettati dalle loro famiglie a causa del loro orientamento sessuale, decidono di scappare di casa, nonché a tutte quelle persone che per odio omotransfobico non hanno più un “porto sicuro” presso il quale rifiugiarsi.

La Legge Zan lascia la speranza di veder finalmente realizzato il dicta dell’art. 3 Costituzione e di vedere finalmente una società priva di odio, ove tutti posseggono gli stessi diritti, compresi i ragazzi LGBT.

[1] F.Q., Legge Mancino, cosa prevede: sanzioni per i crimini d’odio razziale o etnico e per gesti, azione e slogan legati al fascismo, ilFattoQuotidiano, articolo del 3 agosto 2018, disponibile su https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/03/legge-mancino-cosa-prevede-la-norma-che-il-ministro-fontana-vuole-abrogare-le-sanzioni-per-i-crimini-dodio/4535711/

[2] Art. 1 Legge Mancino

[3] Per maggiori approfondimenti si legga Orlandini, Apologia al fascismo e saluto romano, Ius In Itinere, disponibile su https://www.iusinitinere.it/apologia-al-fascismo-e-saluto-romano-11949 e Testa, La Risoluzione del Parlamento Europeo sulla memoria e la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana, Ius In Itinere, disponibile su https://www.iusinitinere.it/la-risoluzione-del-parlamento-europeo-sulla-memoria-e-la-xii-disposizione-transitoria-e-finale-della-costituzione-italiana-cosa-ce-di-nuovo-per-litalia-24425

[4] Artt. 2 e ss. Legge Mancino

[5] Art. 3 Legge Mancino

[6] Colaprico, Antisemitismo: “Liliana Segre, ebrea, ti odio”. La senatrice a vita riceve 200 messaggi online di insulti al giorno, laRepubblica, disponibile qui https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/10/25/news/razzismo_liliana_segre_ti_odiamo_la_senatrice_a_vita_riceve_1200-239487229/

[7] Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 10248/2010

[8] La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che  il reato di diffamazione si compie anche nell’ambito dei moderni social-network e quindi anche su Facebook e al pari di comizi o e-mail inviate a numerosi destinatari, considerando la quantità di persone che, anche solo potenzialmente, potrebbero visualizzare contenuti offensivi, si aggiunge l’aggravante della diffusione con altri mezzi di pubblicità (comma 3 art. 595 cp) che si riscontra anche per altre forme di condivisione di contenuti come chat, mail oppure sms, sebbene  (sentenza n. 4873/2017)  Facebook non possa essere assimilato alla stampa.

[9] Ndr. 30 giugno 2020

Maria Elena Orlandini

Avvocato, finalista della II edizione della 4cLegal Academy, responsabile dell'area Fashion Law e vice responsabile dell'area di Diritto Penale di Ius in itinere. Maria Elena Orlandini nasce a Napoli il 2 Luglio 1993. Grazie all’esperienza di suo padre, fin da piccola si appassiona a tutto ciò che riguarda il diritto penale, così, conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l'Università degli Studi del Sannio. Si laurea con 110 e lode il 20 Marzo 2018 con una tesi dal titolo "Mass Media e criminalità" seguita dai Proff. Carlo Longobardo e Prof. Felice Casucci, in cui approfondisce il modus attraverso il quale i social media e la tv siano in grado di mutare la percezione del crimine nella società. Nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il Master di II livello in Giurista Internazionale d'Impresa presso l'Università degli Studi di Padova - sede di Treviso, specializzandosi in diritto penale dell'economia, con una tesi dal titolo "Il reato di bancarotta e le misure premiali previste dal nuovo Codice della Crisi di Impresa", sotto la supervisione del Prof. Rocco Alagna. Nel giugno 2020 ha superato il corso di diritto penale dell'economia tenuto dal Prof. Adelmo Manna, professore ordinario presso l'Università degli Studi di Foggia, già componente della commissione che ha varato il d.lgs. 231/2001. All'età di 27 anni consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Venezia. Dal 2019 segue plurimi progetti legati al Fashion Law e alla proprietà intellettuale, prediligendone gli aspetti digital in tema di Influencer Marketing. Nel 2020 viene selezionata tra i cinque giovani talenti del mercato legale e partecipa alla seconda edizione della 4cLegal Academy, legal talent organizzato dalla 4cLegal, visibile sul canale BFC di Forbes Italia, su Sky. Nel 2022 si iscrive al corso di aggiornamento professionale in Fashion Law organizzato dall'Università degli Studi di Firenze. Passione, curiosità, empatia, capacità di visione e self control costituiscono i suoi punti di forza. Collabora per le aree di Diritto Penale e Fashion Law & Influencer marketing di Ius in itinere. email: mariaelena.orlandini@iusinitinere.it

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