giovedì, Marzo 28, 2024
Criminal & Compliance

I reati informatici: download e streaming online, cosa dice la legge?

Nota di redazione: questo è il quarto di una serie di articoli sul tema dei reati informatici, divenuti ormai una realtà affrontata quotidianamente dagli operatori del diritto. L’obiettivo è fare chiarezza sulla disciplina giuridica, sostanziale e processuale, delle principali figure di reato che si manifestano online.

Per quanto sia divenuto comune l’accesso a siti che, mediante download o streaming, diffondono contenuti protetti da copyright, come film, serie tv e musica ma anche, eventi sportivi normalmente riservati alle pay tv, non tutti sono a conoscenza che queste attività possono risultare incompatibili con la legge italiana. In alcuni casi si può andare incontro ad una sanzione amministrativa e, in quelli più gravi, ad una condanna penale.

La materia è disciplinata dalla legge n. 633 del 1941. Inizialmente tutelava il diritto d’autore solo dalle insidie dei mass media originari (stampa, telefono etc.), motivo per cui negli ultimi anni è stata modificata più volte per rispondere alle esigenze relative al rapporto tra nuove tecnologie e diritto d’autore, e non sono mancati gli interventi della giurisprudenza che hanno contribuito a rendere frastagliata e incerta questa disciplina. Il confine tra ciò che risulta lecito e illecito è quanto mai offuscato e, merita, quindi, di essere chiarito.

Download e diritto d’autore

Sulla base dell’art. 2575 c.c. possiamo chiarire che “formano oggetto del diritto d’autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o l’espressione”. Pur non essendo espressamente inserite, possiamo, però, ritenere che in questa categoria rientrano anche film, musica, e software scaricati da internet.

La legge n. 633/1941 contempla attività come la duplicazione, la pubblicazione, o la messa in commercio di questo tipo di materiale, e con particolare attenzione al download, individua diverse condotte illecite punite a seconda della gravità.

La regola generale è riconducibile all’art. 171 comma 1 lett. a-bis in quanto prevede che “è punito con la multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma, mette a disposizione del pubblico, immettendo in un sistema di reti telematiche mediante connessioni di qualsiasi genere un’opera dell’ingegno protetta da o parte di essa”.

Sotto l’ombrello di tale regola generale è possibile però far rientrare anche dei casi specifici, sui quali è bene fare chiarezza.
In primo luogo, pensiamo ad un soggetto che esegua il download di un file (come ad esempio una canzone o una puntata di una serie televisiva) – protetto da copyright – per poterne usufruirne personalmente. Tale comportamento, disciplinato dall’art. 174ter, pur non dispiegandosi come fattispecie delittuosa sarà comunque punibile con una sanzione pecuniaria amministrativa.

Pensiamo poi, in secondo luogo, all’ipotesi in cui un soggetto decida di condividere, rendere disponibile online o vendere il file illecitamente illecitamente scaricato. Appare subito palese come qui le criticità, derivanti dalla circostanza per la quale l’utente mette a disposizione di altri il file, siano maggiori. Tale comportamento renderebbe minime o annullerebbe del tutto le possibilità di guadagno derivanti dalla commercializzazione del prodotto da parte del titolare.

Sempre in relazione al caso appena esposto occorre fare un ulteriore distinzione avente ad oggetto il fine del comportamento posto in essere dal nostro soggetto “scaricatore seriale”: qualora il fine risulti essere il lucro,  la sanzione sarà di carattere penale e molto più severa visto che l’art. 171 ter prevede, in questi casi, la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa da euro 2.582 a euro 15.493; al contrario, nell’ipotesi opposta – ossia quando il fine non risulti essere il lucro, ma il mero utilizzo personale – troverà applicazione la disciplina ex art. 171 sopra richiamata.

Pertanto, a voler trarre le prime conclusioni, bisogna evidenziare come il discrimen tra un trattamento sanzionatorio e l’altro è dato dalla presenza o meno dello scopo di lucro. Quest’ultimo, banalmente, viene generalmente definito come un guadagno o un incremento della sfera patrimoniale dell’autore dell’illecito.

Tale considerazione appare anche essere la ragione per la quale molti software di file sharing sono ancora in circolazione – chi più, come µTorrent e simili, chi meno come l’ormai quasi dimenticato eMule. In particolare, questi software non sono illegali di per se, sono solo il mezzo: a voler condividere una foto o un video fatto con amici tramite questi tool non si incorrerebbe in alcun problema. Le cose cambiano quando tali mezzi vengono utilizzati per scaricare e diffondere materiale coperto da diritto d’autore. In altre parole, l’illiceità è dovuta all’uso che di questi software se ne fa.

Streaming e diritto d’autore

La legge n. 633/1941 disciplina anche il fenomeno dello streaming online, ma diversamente. Bisogna infatti sottolineare una fondamentale distinzione tra il soggetto autore del sito web, tecnicamente noto come webmaster, che rende disponibili i file da visionare e l’utente che, di passaggio sul suddetto sito, si trovi a fruirne.

Anche qui, è necessario effettuare un distinguo: i cd. webmaster, come sopra definiti, risponderanno della disciplina analizzata sopra in riferimento al download cone le rispettive sanzioni ex artt. 171 e 171 ter.

La disciplina legislativa dei soggetti che, unicamente, fruiscono del servizio di streaming risulta più complessa. Infatti la legge sul diritto d’autore non prevede ancora nulla in proposito, è possibile, quindi, collegarsi ed usufruire di un sito che mette gratuitamente a disposizione file audiovisivi coperti da copyright senza incorrere in alcuna sanzione (se il file viene invece scaricato o condiviso sul proprio blog, la disciplina da applicare è quella esaminata in precedenza).  La Corte di Giustizia si è espressa in tal senso durante un caso che vedeva contrapposti un produttore e il sito di streaming Filmspeler.nl. La posizione manifestata dalla Corte va intesa nel senso che “l’utente di siti pirata non sta facendo attivamente una copia del contenuto e quindi non sarebbe perseguibile”, in quanto colpevole è solo “l’emittente” (il sito).

Nel diritto penale, vige il divieto di estendere, in via analogica, l’applicazione di norme, nate per disciplinare determinate fattispecie, ad altre che non sono espressamente indicate dalla norma stessa. I limiti della norma, quindi, non possono essere travalicati per spingersi al di là di quelli previsti dal testo scritto.

È bene sottolineare che il concetto di streaming non è legato sempre a fattispecie illecite, sanzioni o condanne. Al giorno d’oggi sono estremamente diffusi i servizi di streaming legale, come ad esempio Netflix, Amazon Prime Video, NowTv, Infinity, TimVision, Spotify, Apple Music e simili. Dietro pagamento di un canone mensile o, in alcuni casi, annuale, è possibile ascoltare la propria musica preferita o prendere visione di film, serie tv, documentari e programmi d’intrattenimento, direttamente sui propri dispositivi se supportati, o su smart tv o pc. La diffusione globale e inarrestabile di queste piattaforme di streaming on demand è senza dubbio la causa della sensibile riduzione della pirateria negli ultimi anni.

In conclusione, la rete ha imposto nuove sfide al mercato e agli operatori del diritto, in primis al legislatore, il cui più importante compito sembra quello di dover riuscire a stare al passo con i tempi. Tuttavia non ci sembra, in questo caso, esserci riuscito, dal momento che la disciplina applicabile, seppur modificata molte volte e resa per questo poco chiara, risale al 1941. Nello specifico, è evidente la disparità del trattamento sanzionatorio, tra chi si limita ad usufruire di contenuti protetti e chi provvede alla materiale diffusione dei medesimi. Auspichiamo che il legislatore riesca ad adattare il quadro normativo alle mutate esigenze sociali, prendendo atto di un fenomeno la cui diffusione non è destinata ad arrestarsi.

 

Simone Cedrola

Laureto in Giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli nel luglio 2017 con una tesi in Procedura Civile. Collaboro con Ius in itinere fin dall'inizio (giugno 2016). Dapprima nell'area di Diritto Penale scrivendo principalmente di cybercrime e diritto penale dell'informatica. Poi, nel settembre 2017, sono diventato responsabile dell'area IP & IT e parte attiva del direttivo. Sono Vice direttore della Rivista, mantenendo sempre il mio ruolo di responsabile dell'area IP & IT. Gestisco inoltre i social media e tutta la parte tecnica del sito. Nel settembre 2018 ho ottenuto a pieni voti e con lode il titolo di LL.M. in Law of Internet Technology presso l'Università Bocconi. Da giugno 2018 a giugno 2019 ho lavorato da Google come Legal Trainee. Attualmente lavoro come Associate Lawyer nello studio legale Hogan Lovells e come Legal Secondee da Google (dal 2019). Per info o per collaborare: simone.cedrola@iusinitinere.it

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