Reato continuato: la Cassazione conferma la continuazione dei reati anche in caso di aberratio ictus
Corte di Cassazione, Sezione I penale, sent. n. 4119/2019
Con la sentenza n. 4119 del 29 gennaio 2019, pronunciata dalla Prima sezione penale della Corte di cassazione, i giudici di legittimità provano a dare epilogo a due questioni piuttosto controverse della teoria generale del reato che riguardano, da un lato la possibilità di ricondurre alla disciplina prevista dall’art. 81 co. 2 il concorso tra reato associativo e reato scopo-fine dall’altro lato la questione dell’aberratio ictus quale evento che possa impedire la continuazione di reati[1].
La questione originava da una ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione della Corte d’assise d’appello di Messina aveva rigettato l’istanza ex. art. 671 cod. proc. pen. con cui il ricorrente, per mezzo del proprio difensore, aveva richiesto l’applicazione della disciplina del reato continuato tra fatti giudicati con quattro sentenze di condanna emesse nei suoi confronti. Tali sentenze riguardavano una serie di omicidi consumati nel contesto del clan mafioso dei “Chiofaliani”. Il giudice dell’esecuzione rigettò tale istanza per due motivi: in primo luogo ritenne uno di questi omicidi più grave degli altri e, quindi, estraneo per contesto e causale all’operatività dell’associazione mafiosa partecipata dal ricorrente; in secondo luogo escludeva la configurabilità della continuazione tra alcuni di questi omicidi in quanto le due vittime erano state uccise per errore di persona: il giudice dell’esecuzione, quindi, riteneva l’aberratio ictus quale elemento che compromettesse la sussistenza del disegno criminoso, necessario ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato.
Il ricorrente, con ricorso per Cassazione, lamentava l’erronea applicazione dell’art. 81 co. 2 c.p.[2] nella parte in cui non veniva riconosciuta la continuazione dei reati rispetto al primo omicidio – nonché quello più grave – e la violazione di legge in relazione agli artt. 82 co. 1[3] e 81 co. 2 c.p. con riferimento al diniego della continuazione tra i restanti omicidi in relazione all’avvenuta aberratio ictus.
Reato associativo e reati scopo-fine
Prima di addentrarci nell’iter logico-giuridico predisposto dal Supremo Collegio, sembra opportuno svolgere una serie di considerazioni di carattere preliminare concernenti i due punti fondamentali oggetto della trattazione giudiziaria.
In primo luogo, uno degli aspetti più controversi della questione riguarda proprio l’applicabilità della disciplina della continuazione di reati tra reato associativo ex art. 416 e i reati scopo-fine realizzati nel contesto dell’organizzazione criminosa. Invero, proprio nell’alveo dei reati associativi rileva la differenza tra la c.d. continuazione verticale e continuazione orizzontale: la continuazione tra il reato associativo e il reato scopo-fine viene ricondotta alla continuazione verticale mentre la continuazione tra più reati scopo-fine viene ricondotta alla continuazione orizzontale. Tuttavia vanno registrati due orientamenti giurisprudenziali: il primo, quello più risalente, riteneva che “lo scopo di commettere più delitti”, quale requisito strutturale del reato associativo postuli l’indeterminatezza del programma criminoso. Vi sarebbe una incompatibilità ontologica tra il reato continuato, che richiede la necessaria presenza di un disegno criminoso attenente i singoli reati, previsti ab origine quanto meno nei loro elementi fondamentali, e il delitto di cui all’art. 416 c.p. dove, invece, non vi sarebbe alcuna predeterminazione dei successivi reati scopo[4]; tale giurisprudenza, inoltre, sosteneva la totale autonomia sanzionatoria del reato associativo rispetto ai reati scopo-fine poiché se il reato associativo avesse concorso con reati scopo-fine più gravi, sarebbe stato sminuito a mero fattore di aumento della pena base prevista per il reato più grave: in quest’ottica la scelta dell’interprete sembra essere guidata da mere esigenze di politica criminale[5].
Il secondo orientamento giurisprudenziale, minoritario, invece, è favorevole alla configurabilità della continuazione tra reato associativo e reati scopo-fine; tuttavia a patto che il giudice verifichi puntualmente che i reati scopo siano stati programmati al momento in cui il partecipe si determina a fare ingresso nel sodalizio. Si deve trattare di reati scopo programmati o programmabili ab origine, non legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali[6].
La questione però non viene affrontata direttamente dal Collegio, in quanto si limita a ritenere la continuazione tra i reati omicidiari una continuazione di tipo orizzontale, e quindi pacificamente applicabile.
La seconda questione affrontata dal Collegio è tra le più delicate e controverse della teoria generale del reato: la disciplina del reato continuato, di cui all’art. 81 c.p., può essere applicata anche in caso di errore nella fase esecutiva del reato, vale a dire in caso di aberratio ictus monolesiva? Tale problematica è rilevante dato il trattamento di maggior favore, dal punto di vista sanzionatorio, previsto in caso di reato continuato: invero, per i reati commessi, verrà applicata la regola del cumulo giuridico e non del cumulo materiale delle pene[7].
Aberratio ictus e reato continuato
L’aberratio ictus, disciplinata dall’art. 82 del codice penale si verifica quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un’altra causa, l’offesa è cagionata ad una persona diversa da quella alla quale era diretta; tale errore è estraneo al momento ideativo e volitivo del reato in quanto incide esclusivamente sull’oggetto materiale della condotta la quale, invece di ledere il bene della persona avverso cui la condotta era diretta, lede, invece, il medesimo bene di una persona diversa.
L’aberratio ictus pone un problema fondamentale circa l’elemento soggettivo della condotta illecita: a che titolo risponderà l’autore del reato? La giurisprudenza della Corte di cassazione è da sempre stata orientata nel senso che, un eventuale errore circa la persona offesa non determini un mutamento della direzione della volontà[8]: se Tizio voleva uccidere Caio con un colpo d’arma da fuoco, ma il proiettile colpisce Sempronio, tizio risponderà dell’omicidio doloso di Sempronio. Anche qualora l’aberratio ictus sia “plurioffensiva” – che si realizza quando l’autore abbia arrecato offesa alla persona diversa e anche a quella cui originariamente era diretta la sua azione -, mediante una traslazione normativa del dolo, si attribuisce l’evento non voluto a titolo doloso, dato che il soggetto si è posto consapevolmente in una situazione di illiceità potenzialmente aperta a sviluppi diversi rispetto a quelli rappresentati[9].
Nel caso di specie il ricorrente richiedeva l’applicazione della disciplina della continuazione anche in caso di aberratio ictus, cosa che gli venne negata dal giudice dell’esecuzione. Secondo la Suprema corte, invece, conformemente agli orientamenti giurisprudenziali suddetti, non vi è ragione di negare la configurabilità dell’unitarietà del disegno criminoso anche se uno dei reati abbia avuto un esito aberrante rispetto all’originaria rappresentazione del soggetto agente: l’elemento soggettivo del reato non subirebbe alcuna modifica per il solo fatto che l’oggetto materiale della condotta è accidentalmente caduto su una persona diversa.
La conclusione che si può estrapolare dalla pronuncia n. 4119/2019 è che l’aberratio ictus non costituisce un elemento sufficiente a compromettere il “disegno criminoso”, quale elemento essenziale per l’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 81 c.p.
Per tali motivi la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di assise di appello di Messina, per un nuovo esame dell’istanza del ricorrente.
[1] Sent. Cass. penale, sez. I, n. 4119/2019
[2] “Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa od i diverse disposizioni di legge”, dove per stessa pena si intende quella stabilita dal co. 1 dello stesso articolo, nonché la pena prevista per la violazione più grave aumentata sino al triplo.
[3] “Quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salve per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’art. 60”.
[4] STORTI A., La configurabilità della continuazione tra il delitto di associazione per delinquere ed i successivi reati scopo, in https://www.camminodiritto.it/public/pdfarticoli/2114_3-2017.pdf.
[5] NACCIARONE L. – MARESCA S., Compendio di diritto penale (parte generale e speciale), 2011, p. 234.
[6] Sent. S.U. Cass., n. 35852/2018.
[7] La regola del cumolo materiale implica l’applicazione di una pena risultante dalla somma algebrica del quantum di pena previsto e irrogato in relazione a ogni singolo reato commesso; la regola del cumulo giuridico determina l’applicazione della pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo.
[8] Sent. Cass. n. 15990/2006.
[9] Sent. Cass. n. 38303/2005.
Gianluca Pergola, nato a Palermo il 7 giugno del 1995.
Consegue la maturità scientifica nel 2014 presso il liceo scientifico Galileo Galilei di Palermo. Lo stesso anno si immatricola presso la facoltà di giurisprudenza. Consegue il titolo di laurea nel 2019, con un punteggio di 110/110 e lode e plauso della commissione, con una tesi compilativa concernente la disciplina della responsabilità penale degli esercenti le professioni sanitarie, intitolata “Gli incerti confini della responsabilità penale dei sanitari tra legislazione, dottrina e giurisprudenza”. Svolge attualmente il dottorato di ricerca in “Pluralismi Giuridici: Prospettive Antiche ed Attuali” , presso la facoltà di giurisprudenza di Palermo. Attualmente tutor della didattica in Diritto e Procedura Penale presso l’Università degli Studi di Palermo. Ha svolto il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 negli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. Praticante Avvocato – Settore Penalistico. Appassionato di diritto civile e diritto penale, collabora con Ius In Itinere da aprile 2019.