venerdì, Marzo 29, 2024
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Respingimenti e diritti umani dei migranti: N.D. e N.T. c. Spagna

La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo si è pronunciata, lo scorso 13 febbraio, sul caso N.D. e N.T. c. Spagna: i due ricorrenti, rispettivamente originari del Mali e del Senegal, venivano respinti dalle autorità spagnole al confine tra Marocco e Melilla, exclave spagnola situata in territorio marocchino.

Melilla, benché di modeste dimensioni (occupa appena 12 chilometri quadrati), rappresenta un passaggio spesso obbligato per uomini e merci ed è, nel tempo, cresciuta e prosperata grazie ai proventi del commercio internazionale. Come tutti gli snodi commerciali, però, a considerevoli benefici economici sono conseguiti anche numerosi svantaggi: così come Ceuta, altra exclave spagnola in Marocco, essa è infatti diventata hub internazionale per trafficanti e contrabbandieri, nonché “porta di accesso all’Europa” e, quindi, meta privilegiata per i migranti provenienti dal Sahel e diretti nel nostro continente. Per questo motivo, negli anni ’90, il governo spagnolo, con l’aiuto della Comunità europea[1], ha avviato la costruzione di un muro che, attualmente, divide il territorio dell’exclave da quello marocchino: due livelli di barriere alte sei e sette metri, con filo spinato, sensori di movimento, sistemi di telecontrollo a circuito chiuso e torrette di vigilanza per ostacolare ingressi illegali di migranti e trafficanti.

La politica di controllo delle frontiere avviata dalle autorità spagnole è andata di pari passo con gli accordi che l’Unione Europa ha stretto con il Marocco in un’ottica di progressiva “esternalizzazione” delle frontiere[2], accordi, questi, inseriti in un più ampio quadro di relazioni bilaterali ormai strettissime tra le istituzioni comunitarie e Rabat[3]. Al netto di questioni geopolitiche più ampie (le autorità marocchine, così come fu per quelle libiche nei confronti del nostro paese, usano i migranti come leva politica per ottenere maggiori concessioni dall’UE[4]), i risultati sono stati altalenanti: ad eccezione del 2015, anno in cui si sono registrati più di 11mila arrivi, dal 2016 ad oggi il numero di arrivi su base annuale è rimasto pressoché invariato, con quasi 6mila unità per anno[5]. Nonostante il calo degli arrivi via terra, si registrano ancora numerosi casi di migranti che provano a superare il muro, venendo duramente respinti dalla Guardia Civil spagnola e restituiti alle autorità marocchine[6].

È in questo contesto che va valutato il caso di N.D. e N.T. discusso dalla Corte, dapprima in Camera (Terza Sezione) e, successivamente, dalla Grande Camera[7].

Entrambi passati per il campo profughi illegale situato nelle foreste del Gurugu, i due ricorrenti, nella notte del 13 agosto 2014, hanno tentato, una prima volta, di scavalcare la prima barriera di Melilla, ma sono stati catturati e arrestati dalle autorità spagnole, che li hanno restituiti, – come da prassi – alle guardie di frontiera marocchine. I due sono riusciti, qualche mese dopo, ad entrare in territorio spagnolo, dove sono stati nuovamente fermati dalla Guardia Civil e condotti in un centro di permanenza temporanea in attesa di espulsione. Mentre N.D. ha ivi presentato (senza successo) una richiesta per ottenere la protezione internazionale, venendo poi rimpatriato, N.T., terminato il periodo di permanenza nel centro di espulsione, è stato rilasciato, acquisendo così lo status di migrante irregolare.

Avanti la Corte di Strasburgo, i ricorrenti hanno lamentato una violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 (“P4”) alla CEDU (divieto di espulsioni collettive) e, congiuntamente, dell’articolo 13 CEDU (diritto ad un ricorso effettivo) per essere stati espulsi senza che le autorità procedessero alla loro identificazione o dessero loro la possibilità di presentare opposizione all’espulsione.

In prima battuta, la Terza sezione, pur non ravvisando una reale situazione di rischio per i ricorrenti in Marocco – e pertanto dichiarando inammissibile la doglianza ex art. 3 CEDU per violazione del principio di non refoulement – riconosceva una violazione dell’ art. 13 CEDU e dell’art. 4 del P4 alla CEDU, confermando la versione dei ricorrenti e concludendo come le autorità avessero effettivamente violato i diritti convenzionalmente garantiti, espellendo i ricorrenti dal territorio del paese senza garantire adeguate tutele (§124 e §239).

In Grande Camera la questione si è riproposta con specifica attenzione alle circostanze relative all’ingresso dei ricorrenti e al loro status di  migranti irregolari.

Secondo il Governo convenuto, il respingimento dei ricorrenti non aveva costituito una vera e propria “espulsione” dal territorio dello Stato (i ricorrenti non si trovavano nemmeno in territorio spagnolo), ma solamente un allontanamento dai confini nazionali (§132). In ogni caso, i ricorrenti, non si trovavano in una condizione di pericolo per la propria vita (come confermato anche dalla sentenza della Terza sezione) ed, anziché entrare illegalmente in territorio straniero, avrebbero potuto presentare richiesta di asilo, tanto sui confini quanto in territorio marocchino, per entrare nel paese.

Nell’opinione dei ricorrenti, invece, il respingimento aveva rappresentato un’espulsione, e ciò indipendentemente dal fatto che non si trovassero a tutti gli effetti in territorio spagnolo (§§137 – 138) e che stessero tentando un ingresso illegale, atteso che la qualifica di “straniero” riguarda tanto i richiedenti asilo quanto gli irregolari (§§ 135), come confermato dal diritto internazionale in materia e della giurisprudenza della stessa Corte di Strasburgo (in particolare Hirsi Jamaa[8], ma anche Sharifi[9] e Georgia c. Russia[10]). Pertanto, la mancanza di adeguate procedure per esaminare la loro posizione – obbligo esteso anche a favore di coloro che si trovino nelle aree frontaliere e di confine, ai sensi del diritto comunitario[11] –  aveva integrato una violazione dell’art. 13 CEDU e dell’art. 4 P4 CEDU.

Tale scontro di vedute si riverbera anche nelle posizioni delle terze parti intervenute nel giudizio in Grande Camera: da una parte, l’Ufficio del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e l’UNHCR hanno ricordato come, nell’ambito dei controlli dei confini, siano necessarie procedure di registrazione e identificazione, spesso non avviate dalle autorità frontaliere spagnole a Ceuta e Melilla (§§ 142 – 143, §§152 – 155); dall’altra, l’intervento del governo italiano, che ha rivendicato il diritto delle singole nazioni di controllare le proprie frontiere nell’ottica di una più ampia lotta al traffico di esseri umani (§§ 150 – 151).

La decisione della Corte

Nel contestualizzare la vicenda, rimane centrale il delicato bilanciamento tra la potestà/responsabilità degli Stati di decidere le proprie politiche migratorie e controllare i confini e la tutela dei diritti di migranti e richiedenti asilo, un equilibrio reso ancor più delicato dall’attuale portata dei flussi migratori nel Mediterraneo (§§166 – 169). La Corte, consapevole di tale difficile contesto, ha tuttavia sottolineato che, indipendentemente dalle questioni inerenti alla gestione degli ingressi e all’accoglienza dei richiedenti asilo, gli Stati non possono in nessun caso mettere in atto politiche contrarie alla Convenzione e ai suoi Protocolli[12]. Tali politiche riguardano sia gli allontanamenti dal territorio dello Stato (le vere e proprie espulsioni) sia respingimenti avvenuti sul confine, dal momento che, per quanto concerne la tutela dei diritti delle persone sottoposte a questi provvedimenti, la situazione è pressoché identica e non vi è motivo per adottare differenti interpretazioni (§186)[13]. È per questo motivo che, anche in situazioni in limine come quella del caso di specie, sono pienamente applicabili i principi e le tutele convenzionali[14].

L’attenzione della Corte si è poi spostata sui provvedimenti adottati dalle autorità e, in particolare, sulla concreta disponibilità di vie di accesso legali al paese per gli stranieri richiedenti asilo alla luce di principi ormai consolidati in casi simili, tra cui i già citati Khlaifia, Sharifi e il celebre Hirsi Jamaa.

Tali principi permettono di parlare di espulsione collettiva solamente di fronte ad una qualsiasi misura “che costringa degli stranieri, in quanto gruppo, a lasciare un paese”, senza che venga loro concessa la possibilità di presentare richiesta di asilo[15]. Invero, secondo giurisprudenza consolidata della Corte, “lo scopo dell’articolo 4 [del Protocollo n. 4 CEDU] è quello di evitare che gli Stati possano allontanare un certo numero di stranieri senza esaminare la loro situazione personale e, di conseguenza, senza consentire loro di esporre i propri argomenti contro la misura presa dall’autorità competente”[16].

Rispetto al caso di N.D. e N.T., la Corte ha concluso per l’insussistenza della violazione dell’art. 4 del Protocollo n. 4 CEDU e di conseguenza, dell’art. 13 della Convenzione.

Secondo i giudici, le autorità spagnole hanno messo a disposizione dei ricorrenti varie vie legali, disponibili ed efficaci, per richiedere asilo; essi avrebbero potuto, infatti, chiedere il rilascio di un visto, presentare richiesta per ottenere protezione umanitaria presso il punto di accesso di Beni Enzar, sul confine, o rivolgersi all’ambasciata spagnola in Marocco (§§212 – 217), che avrebbe anche potuto autorizzare trasferimenti speciali e in tempi rapidi per persone a rischio (§§223 – 226). I ricorrenti, dal canto loro, nonostante le difficoltà evidenziate anche dall’UNHCR e dall’Ufficio del Commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa[17] circa l’effettività di questi rimedi, non hanno nemmeno provato a rivolgersi ad una di queste vie legali, muovendosi subito per tentare di entrare illegalmente nel paese (§222).

La posizione della Corte è ben riassunta dal §242: i ricorrenti, tentando di scavalcare il muro perimetrale di Melilla, hanno deliberatamente deciso di ricorrere alla clandestinità, rinunciando alle vie legali messe a disposizione dalle autorità spagnole; pertanto, il fatto che non siano state esperite procedure ad hoc, tali da dare la possibilità alle autorità di valutare la posizione individuale dei singoli migranti è diretta conseguenza della condotta degli stessi ricorrenti. Del medesimo avviso è anche il giudice Pejchal, che evidenzia, nella sua opinione concorrente in calce alla sentenza, come l’atto di scavalcare una barriera – e, quindi, un confine nazionale – sia contrario non solo al diritto spagnolo, ma anche a quello internazionale, anche alla luce dell’assenza di rischi immediati ed attuali che giustificassero tale scelta.

Quale futuro per la tutela dei migranti in Europa?

La sentenza ha ricevuto subito un’accoglienza animata da sentimenti opposti: criticata da organizzazioni attive nell’ambito della tutela dei diritti umani[18], salutata con favore dai rappresentanti di partiti sovranisti e identitari di tutta Europa[19].

Come spesso accade, la verità sta nel mezzo[20]. Sarebbe innanzitutto erroneo paragonare la situazione spagnola a quella italiana, vista la differente qualità e quantità dei flussi migratori di ingresso nei due paesi. In ogni caso, la pronuncia non va ad intaccare la solida giurisprudenza della Corte su casi relativi ai respingimenti dei migranti ma, anzi, ne riconferma i principi fondamentali, sia per quanto riguarda il concetto di “espulsione” – e l’interpretazione estensiva che ne dà la Corte – sia per quanto concerne gli obblighi degli Stati nella tutela dei diritti dei migranti. La sentenza non rappresenta certamente un lasciapassare per permettere alla Spagna di continuare ad espellere migranti – come da molti, erroneamente, riportato[21]: espulsioni e respingimenti continueranno a rappresentare una grave violazione dei diritti fondamentali e le autorità (non solo quelle spagnole) dovranno continuare a garantire adeguate procedure per dare modo ai migranti di presentare richiesta di asilo.

[1] Spagna: 10 mln da Ue per emergenza immigrati frontiera sud, ANSAMed, 4 giugno 2014 (http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/politica/2014/06/04/spagna-10-mln-da-ue-per-emergenza-immigrati-frontiera-sud_deae831e-5e6d-4da3-a116-4b0b67fcf45f.html).

[2] EU Emergency Trust Fund for Africa: new actions of almost €150 million to tackle human smuggling, protect vulnerable people and stabilise communities in North Africa, 11 dicembre 2019 (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_19_6744).

[3] Tra cui si evidenziano, in particolare, accordi di partnership commerciale e nel settore della pesca (https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2019/03/04/eu-morocco-council-adopts-sustainable-fisheries-partnership-agreement/).

[4] Furlanetto V., Melilla, la città-muro che divide Africa e Europa, ISPI Online, 8 novembre 2019 (https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/melilla-la-citta-muro-che-divide-africa-e-europa-24334).

[5] Dati UNHCR (https://data2.unhcr.org/en/country/esp).

[6] Corte EDU, N.T e N.D. c. Spagna, ricorsi nn. 8697/15 e 8675/15, sentenza 13 febbraio 2020 (Grande Camera), §§17-18.

[7] Corte EDU, N.T e N.D. c. Spagna, cit., sentenze 3 ottobre 2017 (Camera – Terza Sezione) e 13 febbraio 2020 (Grande Camera).

[8] Corte EDU, Hirsi Jamaa e altri c. Italia, ricorso n. 27765/09, sentenza 23 febbraio 2012.

[9] Corte EDU, Sharifi e altri c. Italia e Grecia, ricorso n. 16643/09, sentenza 21 ottobre 2014, §211.

[10] Corte EDU, Georgia c. Russia, ricorso n. 13255/07, sentenza 3 luglio 2014.

[11] Con particolare riferimento alla Direttiva 2005/85/CE del Consiglio “recante norme minime per le procedure applicate negli stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato”, 1° dicembre 2005, e la successiva Direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio “recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione)”, 26 giugno 2013.

[12] In originale “the problems which States may encounter in managing migratory flows or in the reception of asylum-seekers cannot justify recourse to practices which are not compatible with the Convention or the Protocols thereto” (§170).

[13] Come confermato dal diritto internazionale e dalla giurisprudenza della stessa Corte (§§173 – 188).

[14] Su questo aspetto, merita di essere citata l’opinione parzialmente dissenziente del giudice Koskelo in calce alla sentenza, il quale sottolinea le differenze, sostanziali e procedurale, tra la tutela accordata dall’art. 3 CEDU in tema di divieto di refoulement e l’art. 4, protocollo n. 4 CEDU, differenze, queste, che vengono giocoforza a perdersi nell’interpretazione estensiva adottata dalla Corte.

[15] Corte EDU, Khlaifia e altri c. Italia, ricorso n. 16483/12, sentenza 15 dicembre 2016, §237,

[16] Ibid., §238. Per un’analisi completa della pronuncia si veda Tumminello F., L’Italia e la gestione dei migranti: il caso Khlaifia c. Italia, Ius in itinere, 4 marzo 2019 (https://www.iusinitinere.it/litalia-e-la-gestione-dei-migranti-il-caso-khlaifia-c-italia-17761).

[17] Che evidenziano come, per i migranti, fosse fisicamente impossibile presentarsi al check-point di Beni Enzar, §218.

[18] Spagna, brutta sentenza europea ai danni dei diritti dei migranti e dei rifugiati, Amnesty, 14 febbraio 2020 (https://www.amnesty.it/spagna-brutta-sentenza-europea-ai-danni-dei-diritti-dei-migranti-e-dei-rifugiati/).

[19] Si veda il tweet di Matteo Salvini del 14.2.2020 (https://twitter.com/matteosalvinimi/status/1228281580633952256).

[20] Per una analisi più approfondita si veda Wissing R., Push backs of “badly behaving” migrants at Spanish border are not collective expulsions (but might still be illegal refoulements), StrasbourgObserver, 25 febbraio 2020 (https://strasbourgobservers.com/2020/02/25/push-backs-of-badly-behaving-migrants-at-spanish-border-are-not-collective-expulsions-but-might-still-be-illegal-refoulements/).

[21] Persino da testate affidabili, come Il Post (https://www.ilpost.it/2020/02/13/spagna-respingimento-migranti-devoluciones-en-caliente/).

Fabio Tumminello

30 anni, attualmente attivo nel ramo assicurativo, abilitato all'esercizio della professione forense, laureato in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Torino con tesi sulla responsabilità medico-sanitaria nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e vincitore del Premio Sperduti 2017. Vice-responsabile della sezione di diritto internazionale di Ius in itinere, con particolare interesse per diritto internazionale, diritti umani e diritto dell'Unione Europea. Già autore per M.S.O.I. ThePost e per il periodico giuridico Nomodos - Il Cantore delle Leggi, ha collaborato alla stesura di una raccolta di sentenze ed opinioni del Giudice della Corte europea dei diritti dell'uomo Paulo Pinto de Albuquerque ("I diritti umani in una prospettiva europea. Opinioni dissenzienti e concorrenti 2016 - 2020").

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