venerdì, Marzo 29, 2024
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Il responsabile trasparenza e anticorruzione (RPCT)

Di Anna Lucrezia Carta e Pasquale La Selva

 Con la legge 6 novembre 2012 n. 190, recante le Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione, entrata in vigore il 28 novembre 2012, si inizia a parlare per la prima volta della figura del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), in attuazione dell’articolo 6 della Convenzione dell’Onu contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 31 ottobre 2003. Tale figura è stata soggetta a molteplici modifiche, di cui la più rilevante, a 5 anni dalla sua introduzione, il d.lgs. 97 del 2016 che ne ha rafforzato l’investitura. La figura del RPCT si sostanzia prevalentemente in un’attività di controllo, assicurando trasparenza e completezza, dell’amministrazione per ciò che concerne i loro obblighi in ambito di pubblicazione nonché segnalando all’Oiv, e all’Anac gli eventuali ritardi o inadempimenti. Il responsabile trasparenza e anticorruzione agisce in determinati ambiti:

  • Ambito di riferimento all’organo di indirizzo politico dell’attività svolta;
  • Ambito propositivo di approvazione e modificazione del Piano triennale di Prevenzione della Corruzione, dopo averne verificato la concreta attuazione e applicabilità;
  • Ambito di definizione delle procedure di selezione e formazione dei dipendenti operanti in settori esposti a corruzione;
  • Ambito di controllo dell’effettiva ciclicità dei soggetti operanti in settori esposti particolarmente a reati di corruzione;
  • Ambito di pubblicazione, inerente la pubblicazione della relazione dell’attività svolta sul sito dell’amministrazione e trasmetterla successivamente all’organo di indirizzo;
  • Ambito di controllo del rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n39 2013 (inconferibilità e incompatibilità incarichi).

L’art. 1, co. 7, della l. 190/2012 prevedeva che: “l’organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il  responsabile  della  prevenzione  della  corruzione”.  Tuttavia, con l’entrata in vigore del D.lgs. 97 2016, l’art. 1 co. 7 della l. 190/2012 subisce una modifica in quanto: «l’organo di indirizzo individua, di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza...», andando oltre quindi la precedente disposizione secondo cui dovevano avere priorità di scelta i dirigenti appartenenti alla prima fascia dirigenziale. Inoltre, qualora avvenga la nomina di un soggetto che non rivesta la carica dirigenziale, questa deve essere motivata con riferimento alle caratteristiche dimensionali e organizzative dell’ente.

L’RPCT deve trovarsi in una posizione di autonomia e di conoscenza dell’organizzazione e del funzionamento dell’amministrazione tale da garantire la sua funzione di controllore e garante del sistema di prevenzione e dell’anticorruzione: il responsabile non si deve ritrovare in una posizione di conflitto d’interessi né dev’essere scelto tra i dirigenti assegnati ad uffici più esposti a corruzione. Egli deve ritrovarsi in una situazione di particolare stabilità, e non deve essere stato esposto a giudizi di condanna o provvedimenti disciplinari, in quanto l’eventuale incertezza potrebbe recare danno all’organizzazione amministrativa.

L’RPCT è sottoposto a responsabilità in caso di mancata proposizione del Piano triennale di Prevenzione della corruzione, per omesso controllo su di esso e per inadempienza alla comunicazione agli uffici preposti delle misure da adottare e le relative modalità inerenti il piano.

L’RPCT è responsabile anche nel caso di mancata definizione delle procedure di scelta e formazione dei dipendenti esposti a corruzione.

Il responsabile trasparenza e anticorruzione può essere esente da responsabilità qualora dimostri di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del Patto triennale della prevenzione della corruzione.

Con il D.lgs. n. 97/2016, si è voluto fortificare la posizione del rappresentante ed in particolare i suoi poteri di controllo e dialogo tra questo e l’Organismo Indipendente di Valutazione: l’OIV può richiedere al responsabile informazioni e documenti inerenti lo svolgimento della sua attività ispettiva e questi trasmetterà a tale organismo, dopo apposita pubblicazione sul sito web dell’amministrazione, la relazione annuale dell’attività svolta.

Al fine che il responsabile poi si trovi in una posizione tale da poter adempiere alle sue mansioni, l’organo di indirizzo disporrà «le eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei» (art. 41 d.lgs. 97/2016). Egli deve essere dotato di mezzi tecnici e di poteri effettivi all’interno di tutta la struttura, nonché se possibile, gli deve essere preposto un ufficio.

I dati del RPCT devono essere, infine, inviati esclusivamente con il Modulo ANAC disponibile sul sito dell’Autorità e inviato esclusivamente alla casella mail anticorruzione@anticorruzione.it.

Figura simile e strettamente correlata al RPCT, in quanto a funzioni, è il whistleblower, introdotta in materia di pubblico impiego dall’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) il cui testo è rimasto immutato anche dopo le modifiche e le integrazioni del d.lgs. 75/2017, ma oggetto di una recentissima disciplina specifica attuata da un disegno di legge approvato definitivamente dalle Camere il 15 novembre 2017.

L’originaria formulazione prevedeva che, fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia, diffamazione, o per lo stesso titolo ai sensi dell’art. 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’ ANAC, alla Corte dei conti, all’autorità giudiziaria o al proprio superiore gerarchico condotte illecite conoscibili in ragione del ruolo lavorativo ricoperto, non può essere sanzionato, licenziato, sottoposto a qualsivoglia misura discriminatoria avente effetto sulle condizioni di lavoro per motivi legati alla denuncia, ma soprattutto, nell’ambito del procedimento disciplinare instauratosi dopo la segnalazione, non può essere rivelata l’identità del segnalante senza il suo consenso, a meno che l’addebito disciplinare sia fondatamente contestato, per cui la conoscibilità dell’identità del segnalante è necessaria per la difesa dell’incolpato.

Il Legislatore, nella formulazione di questa disposizione, al fine di incentivare le segnalazioni di condotte illecite, si è preoccupato di tutelare e mantenere integra l’identità del segnalante, e ciò è dimostrato dalla disciplina specifica contenuta nel comma 3, nel quale si dispone che l’eventuale adozione di misure discriminatorie nei confronti del whistleblower è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, inoltre, ritornando alla denuncia della condotta illecita ad opera del dipendente pubblico, questa è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Il 22 giugno 2017 l’Autorità Nazionale Anticorruzione si è pronunciata con un rapporto, nel quale si illustrava un monitoraggio nazionale sull’attività di whistleblowing. Il Presidente dell’ANAC infatti, sottolineava che «non si può non rilevare che a distanza di non più di 4 anni dalla prima applicazione della disciplina l’atteggiamento che si registra rispetto all’istituto è ancora di una certa diffidenza: e ciò tanto nei vertici degli enti pubblici quanto in larghi strati di dipendenti e dell’opinione pubblica».

Fino a pochi giorni fa infatti, in Italia, a differenza di altri paesi europei, non esisteva ancora una disciplina compatta sull’istituto del whistleblowing. Il 18 ottobre 2017 infatti, il Presidente del Senato della Repubblica ha trasmesso alla Camera dei Deputati delle modifiche al disegno di legge (adesso legge) recante Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, su proposta della Camera dei Deputati, che ha approvato definitivamente le modifiche il 15 novembre 2017 con 357 voti a favore, 45 contrari e 15 astenuti [1].

La legge prevede delle modifiche al suddetto art. 54-bis, anzitutto richiamando nell’elenco dei soggetti ai quali è possibile esporre la denuncia (ANAC, Corte dei conti, autorità giudiziaria e superiore gerarchico) anche il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all’art. 1 comma 7 della legge 6 novembre 2012 n. 190.

In seguito alla progressiva digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, L’ANAC, sentito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, al fine di tutelare maggiormente l’identità del segnalante, dovrà adottare apposite linee guida disciplinanti l’utilizzo di modalità informatiche, utilizzando un sistema di crittografia per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante.

La nuovissima legge incentra maggiori responsabilità in capo al soggetto responsabile della discriminazione sul luogo di lavoro a sfavore del segnalante, prevedendo, previa verifica accertata dell’ANAC, una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora il responsabile mantenga una condotta omissiva nel controllo e gestione delle segnalazioni o quando non adotti le procedure previste al comma 5 della legge stessa, la sanzione oscilla dai 10.000 ai 50.000 euro.

Al di fuori dei casi in cui il soggetto segnalante non ricada in responsabilità penale per i reati di calunnia o diffamazione, nei quali la disciplina sopra richiamata non si applica, prevedendo inoltre un procedimento disciplinare dell’ente di appartenenza che si può concludere con l’irrogazione di una sanzione o il licenziamento senza preavviso, è evidente come la figura del RPCT sia investito di una responsabilità oggettiva per un fatto non imputabile alla sua azione diretta, comportando così elevati rischi sanzionatori, nonché rischi di contenziosi complicati. La norma infatti manca di una chiara clausola di esenzione da responsabilità, che eviterebbe di fare dei responsabili anticorruzione dei capri espiatori [2].

[1] Il Sole 24 ore: Il «whistleblowing» è legge: tutelato il dipendente che segnala illeciti. 15 novembre 2017

[2] ItaliaOggi: Responsabili anticorruzione meri capri espiatori. 17 novembre 2017.

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