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Rimessa alla CGUE la mancanza della fase del contraddittorio prima dell’emissione dell’informativa antimafia interdittiva

Il 13 gennaio 2020 il TAR Bari ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione relativa alla compatibilità o meno degli artt. 91, 92 e 93 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. codice antimafia) con il principio del contraddittorio di cui all’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, così come ricostruito e riconosciuto quale principio di diritto dell’Unione. Difatti, le norme in questione – che riguardano rispettivamente l’informazione antimafia, i termini per il rilascio della stessa ed i poteri di accesso e accertamento del prefetto – non prevedono alcuna forma di contraddittorio endoprocedimentale in favore del soggetto nei cui riguardi l’Amministrazione si propone di rilasciare una informativa antimafia interdittiva.

Di seguito si ripercorre il ragionamento del della Sezione III del TAR Bari.

1. Sulla natura cautelare o meno dell’informativa antimafia interdittiva.

La questione investe il profilo della natura dell’informativa antimafia interdittiva, dal momento che soltanto laddove questa rientrasse tra i provvedimenti interinali e cautelari risulterebbe esclusa, in via generale, l’applicazione della partecipazione al procedimento amministrativo ex art. 7 l. 241/1990.

La Sezione III del TAR Bari non ha condiviso l’assunto della natura cautelare dell’informativa antimafia interdittiva, non trattandosi di misura provvisoria e strumentale adottata in vista di un provvedimento che definisca, con caratteristiche di stabilità ed inoppugnabilità, il rapporto giuridico controverso, bensì di un atto conclusivo del procedimento amministrativo avente effetti definitivi, conclusivi e dissoluto del rapporto giuridico tra l’impresa e la P.A., con riverberi assai durevoli nel tempo, se non addirittura permanenti, indelebili e inemendabili.

Ciò a maggior ragione se si considera che alla citata interdittiva antimafia segue il ritiro di un titolo pubblico o il recesso o la risoluzione contrattuale, nonché la sostanziale messa al bando dell’impresa e dell’imprenditore che, da quel momento e per sempre, non possono rientrare nel circuito economico dei rapporti con la P.A. dal quale sono stati estromessi.

2. Sulla necessità del contraddittorio endoprocedimentale ai fini del rilascio della informativa antimafia interdittiva.

Alla luce di tali considerazioni, la partecipazione al procedimento amministrativo, garantita attraverso l’ascolto delle ragioni del destinatario del provvedimento interdittivo antimafia, non reca alcuna controindicazione, perché il soggetto nei cui riguardi opera la misura non ha alcuna possibilità di mettere in atto strategie elusive o condotte ostruzionistiche con l’intento di sottrarsi al provvedimento conclusivo. Tuttavia, il procedimento amministrativo che culmina nel rilascio della informazione antimafia interdittiva, pur in presenza di considerevoli effetti negativi nella sfera giuridica del destinatario, non prevede alcuna forma di contraddittorio con il destinatario medesimo, se non nella ipotesi di cui all’art. 93 del codice antimafia, secondo cui “il prefetto emetto, entro 15 giorni dall’acquisizione della relazione del gruppo interforze, l’informazione interdittiva, previa eventuale audizione dell’interessato secondo le modalità individuate dal successivo comma 7”.

La Sezione ha rilevato che, a ben vedere, anche nel caso in esame si tratta di audizione con finalità istruttoria, la quale consente un contraddittorio meramente eventuale, non di garanzia effettiva di partecipazione al procedimento, atteso che l’eventualità che il contraddittorio si instauri è discrezionalmente valutata dall’Autorità prefettizia che procede, in base alle proprie esigenze istruttorie.

Le circostanze che rendono di speciale rilievo ed importanza la garanzia partecipativa nel procedimento in esame sono le seguenti:

  1. Le valutazioni del Prefetto possono fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore ex art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 [1], mentre altri elementi fattuali, cosiddetti “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’Autorità amministrativa, che può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91, comma 6, d.lgs. n. 159/2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali ovvero anche solo da elementi da cui risulti che l’attività di impresa “possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata” [2];
  2. tale ultima ipotesi di “condizionamento indiretto” dell’impresa da parte della mafia comprende un numero di casi davvero molto significativo e appare di difficile distinzione rispetto a quella dei casi di imprese che subiscono le pressioni mafiose, essendone le vittime;
  3. il Giudice amministrativo chiamato a valutare la gravità del quadro indiziario posto a base della valutazione prefettizia, in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, possiede un sindacato giurisdizionale estrinseco sull’esercizio del potere prefettizio, la qual cosa comporta un pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo, consentendo di sindacare l’esistenza o meno di questi fatti, ma non possiede un vero e proprio sindacato ab intrinseco che vada oltre l’apprezzamento della ragionevolezza e della proporzionalità della prognosi inferenziale che l’Autorità amministrativa trae da quei fatti [3]

Ne discende che il contraddittorio tra il Prefetto e l’impresa nella fase procedimentale assume un’importanza davvero rilevante ai fini della tutela della posizione giuridica dell’impresa la quale potrebbe offrire al Prefetto prove e argomenti convincenti per ottenere un’informazione liberatoria, pur in presenza di elementi o indizi sfavorevoli, mentre è più difficile che il Giudice amministrativo sostituisca il proprio convincimento a quello dell’Autorità, una volta che quest’ultima abbia adottato l’interdittiva antimafia.

Il Tar ha infine ricordato che il diritto dell’Unione riconosce la sussistenza di un principio del contraddittorio di carattere endoprocedimentale, da far valere al di fuori del diritto di difesa nel processo giurisdizionale e da intendere nel senso che “ogni qualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione; il principio del contraddittorio endoprocedimentale è enunciato in maniera precisa, in quanto sono chiariti con sufficienza gli elementi che ne fanno parte e in maniera incondizionata, trattandosi di principio capace di autoaffermarsi nei rapporti del cittadino con l’Amministrazione; il principio del contraddittorio, quale espressione fondamentale di civiltà giuridica europea, appartiene, oltretutto, al catalogo dei principi generali del Diritto dell’Unione in base all’art. 6, par. 3 del Trattato sull’Unione Europea, a mente del quale “i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.


[1] cfr. c.d. delitti-spia.

[2] Cons. Stato, sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758.

[3] cfr., ex multis: Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105; id. 30 gennaio 2019, n. 759.

Andrea Amiranda

Andrea Amiranda è un Avvocato d'impresa specializzato in Risk & Compliance, con esperienza maturata in società strategiche ai sensi della normativa Golden Power. Dal 2020 è Responsabile dell'area Compliance di Ius in itinere. Contatti: andrea.amiranda@iusinitinere.it

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