giovedì, Aprile 25, 2024
Criminal & Compliance

Rissa come lite violenta tra più persone: analisi della disciplina legislativa

Si  sente parlare costantemente di rissa nella società contemporanea, essa si configura come una lite violenta tra più persone con scambio d’insulti e percosse. Rissa tra giovani, rissa tra donne, rissa per motivi economici, rissa tra coniugi, queste sono soltanto alcune delle mille sfaccettature del fenomeno, che si manifestano per ragioni diverse e in differenti circostanze.

La disciplina è regolata dall’art. 588 del codice penale che recita quanto segue:

“Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a 309 euro. Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l’uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa. “

Il legislatore non ha fornito una definizione di rissa ben determinata, per questo l’interprete è tenuto ad attingere alle diverse interpretazioni giurisprudenziali. Il codice vigente la ricomprende  tra i  delitti contro la persona e si configura come ureato comune, in quanto il soggetto attivo può essere chiunque. Si presenta come un reato plurisoggettivo poichè è necessaria la partecipazione di più soggetti. Discussa è, in giurisprudenza e in dottrina, la questione relativa al numero minimo dei partecipanti alla rissa: secondo alcuni ad integrare il reato sarebbero necessarie almeno 3 persone; secondo altri sarebbero invece sufficienti 2 sole persone. Altra tesi presuppone almeno quattro agenti. Nel computo dei partecipanti deve tenersi conto anche dei soggetti non imputabili (ad esempio minori di 14 anni).

I beni giuridici tutelati dalla disposizione sono l’incolumità personale e la vita dei partecipanti alla rissa e dei soggetti estranei. Ricorrono gli estremi del reato anche quando i partecipanti non siano stati coinvolti tutti contemporaneamente nella colluttazione e l’azione si sia sviluppata in varie fasi e si sia frazionata in distinti episodi, tra i quali non c’è stata alcun apprezzabile soluzione di continuità, essendosi tutti seguiti in rapida successione, in modo da saldarsi in una unica sequenza di eventi (Cass. pen., 23 gennaio 1986, n. 3866; Cass. pen., sez. V, 23 febbraio 2011, n. 7013).

Il reato si consuma al momento della rissa e contrariamente a quanto previsto nel codice Zanardelli, non sono più richieste la morte o le lesioni per la sua punibilità; tali elementi costituiscono nel codice attuale circostanze aggravanti. La disciplina nel codice del 1930 è profondamente diversa da quella del codice del 1889:  l’articolo 379 del codice Zanardelli la configurava come un delitto condizionato; cioè la partecipazione alla rissa era punibile soltanto se in essa fosse stato ferito o ucciso qualcuno. Nel codice vigente invece, è regolata come una fattispecie autonoma e se taluno rimane ucciso o riporta lesioni personali, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l’uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.

Per la configurazione del  reato è richiesto  il dolo generico che consiste nella coscienza e volontà da parte dell’agente, di partecipare alla mischia.

Si tratta di una figura di reato di pericolo rispetto al bene giuridico dell’incolumità individuale, mentre la tutela dell’ordine pubblico è una conseguenza indiretta, ma non meno importante.

In una pronuncia della Cassazione è stato affermato che: la legittima difesa può essere invocata soltanto da chi si sia lasciato coinvolgere nella contesa al solo scopo di resistere all’altrui violenza. La difesa attiva, cioè, deve essere contenuta nei limiti della necessità di neutralizzare l’aggressione subita, senza eccedere in iniziative offensive che, in quanto tali, superano l’ambito di applicabilità dell’esimente. Per costante indirizzo giurisprudenziale non è invocabile la scriminante della legittima difesa in relazione al delitto di rissa, poiché mancano i requisiti della involontarietà del pericolo e della proporzionalità della difesa. Tuttavia, fanno eccezione i casi in cui vi sia stata una reazione interamente imprevedibile e sproporzionata, oppure il caso di chi  vi partecipi  in posizione solo passiva, limitandosi a parare i colpi degli avversari o dandosi alla fuga.

Bisogna fare una distinzione tra la lite e la rissa, in quanto la lite è un disaccordo, un contrasto vivace tra due o più persone che si manifesta verbalmente, ma a volte può succedere che la lite degeneri e allora, dalle parole si passa alle manie e si tramuti in rissa. La persona che ha risposto alla provocazione si lascia trascinare nella lite e in questo caso, il “provocatore” riesce nel suo obiettivo. Come un pescatore che getta un’esca e la preda abbocca. Il fatto di aver subito una provocazione non è un motivo valido per rispondere con violenza.

 

Mariaelena D'Esposito

Mariaelena D'Esposito è nata a Vico Equense nel 1993 e vive in penisola sorrentina. Laureata in giurisprudenza alla Federico II di  Napoli, in penale dell’economia: “bancarotta semplice societaria.” Ha iniziato il tirocinio forense presso uno studio legale di Sorrento e spera di continuare in modo brillante la sua formazione. Collabora con ius in itinere, in particolare per l’area penalistica.

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