giovedì, Marzo 28, 2024
Labourdì

Rito Fornero: dubbi e perplessità in tema di impugnativa del licenziamento illegittimo

Proseguendo la trattazione del peculiare rito processuale applicabile in campo lavoristico, (qui di rimando il link https://www.iusinitinere.it/rito-del-lavoro-disciplina-di-tale-processo-3987 ) occorre menzionare le rilevanti novità introdotte con L. n° 92/2012, meglio conosciuta come Legge Fornero, specialmente perché trattasi di novità che hanno dato luogo ad un intenso dibattito.

La legge in questione ha innovato profondamente l’assetto normativo vigente sino a quel momento.
Ha, infatti, apportato importanti modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, dunque rispetto al profilo della “tutela reale”, nonché al rito del lavoro, creando uno specifico rito nel caso di impugnativa del licenziamento illegittimo.
Ed è proprio rispetto a tale secondo aspetto che sono sorti i maggiori dubbi.

In particolare, i quesiti che si sono posti in dottrina e giurisprudenza rispetto a tale modifica normativa sono due:
– in primis se tale rito debba considerarsi rito unico o alternativo rispetto a quello ex art. 414 c.p.c, che pure costituisce di per sé rito speciale;
– in secundis, se tale rito debba ritenersi applicabile anche nei confronti dei dipendenti pubblici.

Prima di analizzare più specificamente i quesiti illustrati, occorre fare un breve riferimento a tale rito e a ciò che la Legge Fornero sancisce al riguardo.
Occorre innanzitutto specificare che tale rito si applica nei casi in cui sia esperibile la “tutela reale”, dunque nei casi in cui si applica l’art. 18 Stat. Lav., sia nella sua formulazione precedente che in quella attuale.
La caratteristica principale è quella della particolare snellezza e celerità, assicurata mediante l’abolizione di tutte le formalità che non sono essenziali.

La prima fase ha carattere sommario e si apre con la presentazione del ricorso avverso il licenziamento presunto illegittimo. Chiaramente in tale ipotesi il ricorso ha un oggetto molto limitato, potendo concernere solo l’impugnativa del licenziamento, non essendo ammesse altre domande diverse.
Il giudice fissa un’udienza non oltre i 40 giorni dalla data del deposito del ricorso ed assegna al ricorrente un termine per la notifica del ricorso al convenuto.
Segue l’udienza di comparizione, anch’essa connotata per una rapida risoluzione, infatti il giudice sente le parti ed espleta i poteri istruttori che ritiene indispensabili al fine della risoluzione della controversia, dopodiché provvede con ordinanza, con la quale accoglie o rigetta la richiesta del ricorrente.
Tale ordinanza è immediatamente esecutiva.

Il rito si connota ancora per il fatto che esso consta di una seconda fase, la quale è tuttavia solo facoltativa, in quanto si stabilisce solo nel caso in cui sia proposta opposizione avverso l’ordinanza con cui il giudice ha stabilito l’accoglimento o il rigetto.
In tale evenienza il ricorso deve essere presentato allo stesso Tribunale che ha provveduto ad emettere l’ordinanza opposta, entro 30 giorni dalla avvenuta notifica della stessa.
Il giudice procede a fissare l’udienza di discussione, non oltre i 60 giorni seguenti.
Al termine di tale udienza decide con sentenza provvisoriamente esecutiva, circa l’accoglimento o il rigetto dell’opposizione.

Sono ammissibili i rimedi impugnatori del reclamo dinanzi alla Corte d’Appello, nonché del ricorso in Cassazione.

Analizzato brevemente il rito specifico in tema di licenziamento, appare immediatamente chiaro perché la giurisprudenza si sia interrogata circa l’effettivo ambito di operatività di tale rito.
Esso si connota certamente per la snellezza e celerità della procedura, ma è pur vero che il rito del lavoro “classico” è procedimento già considerato speciale rispetto alla disciplina comune, in quanto si tratta di rito a cognizione sommaria in grado di offrire una soluzione veloce della controversa tale da assicurare una tutela effettiva e concreta alla parte “debole”.

Il punto nevralgico della questione postasi in giurisprudenza è, quindi, se il rito previsto dalla Legge Fornero debba considerarsi unico, dunque sostitutivo del rito del lavoro cosiddetto classico di cui agli art. 414 c.p.c e seguenti, oppure se sia alternativo rispetto a quest’ultimo.
La critica da molti apposta è che, a ben vedere, rappresenterebbe un inutile duplicato del rito del lavoro.
Da un lato vi è chi sostiene l’alternatività dei due riti, cosi attribuendo alla parte ricorrente la possibilità di scelta di ricorrere all’una piuttosto che all’altra;
D’altro lato si pone invece chi, in modo più rigoristico, propende per l’applicazione letterale della normativa, quindi per le controversie di impugnazione del licenziamento e per le questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro bisogna ricorrere al rito specifico previsto dalla Legge Fornero.

Altra questione dibattuta, causata dalla poca chiarezza della norma, concerne l’applicabilità o meno del rito in parola ai dipendenti del settore pubblico.
Il problema si pone perché, in effetti, nelle disposizioni della Legge Fornero non è rinvenibile alcun rimando espresso al settore del pubblico impiego.
Inoltre, nella stessa legge si fa riferimento ad un intervento normativo mediante il quale sarebbero state definite modalità e tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti della P.A. Tuttavia, non è nel frattempo intervenuta alcuna norma atta a risolvere il problema.
La dottrina è concorde nel ritenere di poter estendere l’applicabilità di tale rito anche ai dipendenti pubblici e lo fa appellandosi a quanto sancito dal d.lgs n°165/2001 (Testo Unico sul pubblico impiego).
Tale norma conterrebbe infatti un rinvio esplicito all’articolo 18 dello Stat. Lav., da cui poter far discendere l’applicabilità dello stesso in toto, dunque anche del relativo rito processuale speciale.
Anche la giurisprudenza di merito sembra concorde su tale ammissibilità.

In conclusione di tale disamina occorre tenere presente che la suddetta questione, per quanto ampiamente dibattuta, risulta tuttavia marginale alla luce di quanto attualmente previsto dal d.lgs n°23/2015, ossia il cosiddetto Jobs Act.

Alla luce di quanto prevede l’art. 11 della su citata norma, infatti, “ai licenziamenti (…) non si applicano le disposizioni dei commi da 48 a 68 dell’articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92.”
Non si applicano, cioè, le disposizioni della Legge Fornero relative proprio al rito processuale specifico per le impugnative dei licenziamenti illegittimi.
Pertanto tale rito specifico previsto in materia di licenziamenti continuerà ad applicarsi in via residuale solo per le impugnative di licenziamenti successive al luglio del 2012 e sino al marzo del 2015.

Dott.ssa Marilù Minadeo

Nata a Napoli, il 26/07/1991. Nel marzo del 2016 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l' Università Federico II di Napoli. Ha intrapreso il percorso di preparazione al concorso in magistratura, frequentando un corso di formazione privato presso un magistrato. Inoltre, sta perfezionando la formazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali di Napoli ed è praticante avvocato.

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