martedì, Marzo 19, 2024
Criminal & Compliance

Sexting e Revenge Porn: tutela delle vittime secondo l’ordinamento italiano

Il sexting è un neologismo coniato nel 2005 da una rivista australiana, derivante dalla fusione di due parole inglesi: sex e texting, con il significato di “inviare messaggi elettronici contenenti testi e/o immagini sessualmente esplicite” e può riguardare lo scambio di dati tra due partner o tra sconosciuti contenenti testi e/o immagini riferite al partner o a soggetti estranei.

La dottrina giuridica distingue fra l’ipotesi in cui sia la persona protagonista dell’immagine ad inviarla ad un altro soggetto nell’ambito di un rapporto privato, ‘Sexting primario’, e quella in cui il destinatario iniziale dell’immagine, la metta in circolazione ponendola a disposizione di altri, ‘Sexting secondario’.

Il sexting oggi è una vera e propria moda tra i giovani e spesso anche tra gli adulti, infatti un’indagine dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza del 2016 ha rivelato che su un oltre 7.000 adolescenti Italiani, il 4% dichiara di aver inviato foto e video di sé stesso (c.d. ‘selfie’) in atteggiamenti sessuali su WhatsApp, sui social network oppure mediante altri strumenti informatici e il 10%, tra cui anche ragazzi non ancora adolescenti, ha scattato selfie intimi. E i numeri continuano ad aumentare.

Eppure, quanti sono a conoscenza dei reati che si possono configurare mediante un uso sconsiderato di materiale così personale?

La pratica di produrre video o immagini sessuali è di per sé lecita se riguardante maggiorenni consenzienti, poiché si riferisce alla sfera privata dell’individuo, ma i rischi legali che si legano alla diffusione e divulgazione di questo genere di materiale possono essere elevatissimi. Il fenomeno infatti è oggi la porta d’accesso a svariate tipologie di reati, come la produzione e divulgazione di immagini pedopornografiche ai sensi dell’art.600-ter c.p., qualora essa comprenda soggetti minori, l’estorsione (art.629 c.p.), la molestia (art.660 c.p.), il delitto di atti persecutori e stalking (art. 612-bis c.p.) e in fine il cyberbullismo.

Le conseguenze psicologiche del soggetto vittima di tali condotte possono essere devastanti, ma anche le conseguenze penali dovrebbero almeno “spaventarne” l’autore. L’art. 528 del codice penale, infatti, punisce “chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri atti osceni di qualsiasi specie”. Non esiste quindi nell’ordinamento italiano un generico divieto di creazione, detenzione o messa in circolazione di immagini oscene, ma tali attività sono vietate quando la loro produzione è diretta alla diffusione o distribuzione al pubblico, in danno a terzi non consenzienti o minori di anni diciotto.

Per quanto concerne la diffusione di immagini riguardanti minori, la tutela è affidata al codice penale, che all’art. 600-ter sancisce quanto segue:

“E‘ punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:
1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici, ovvero produce materiale pornografico;
2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto;

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.”

Con la ratifica della Convenzione di Lanzarote, inoltre, è stato introdotto l’art. 414 bis c.p. che prevede il reato di pedofilia e pedopornografia culturale, che punisce con la reclusione da 3 a 5 anni chiunque con qualsiasi mezzo, anche attraverso il web, e qualsiasi forma di espressione, istighi a commettere reati di prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pedopornografico, violenza sessuale o corruzione di minore.

Inoltre l’art. 416 c.p. comma 7 introduce il reato dell’associazione a delinquere diretta a commettere i delitti di cui agli artt. 600 bis, ter e quater c.p., di chi partecipa a comunità virtuali organizzate in modo da vincolare gli associati alla condivisione di materiale attinente agli articoli citati, punita con la reclusione da 4 ad 8 anni.

Purtroppo, la tutela giuridica delle ipotesi in cui i soggetti ritratti siano maggiorenni non va oltre l’applicazione delle norme sulla privacy ed il reato di diffamazione, evidenziandosi un vuoto normativo grave per cui la giustiziabilità di questi reati è rimessa alla discrezionalità dei giudici, che caso per caso valuteranno l’offensività della condotta illecita.

Un ulteriore fenomeno in rapida diffusione è il “Revenge Porn”, letteralmente tradotto “Porno-vendetta”, che si sta diffondendo a macchia d’olio in tutto l’Occidente, anche in Italia. Si tratta della condotta di chi, sempre più spesso, diffonde immagini private per “vendicarsi” con l’ex partner, caricando sul web e divulgando su social networks e altri mezzi di comunicazione informatici immagini o video a contenuto sessuale ritraenti la vittima della “ritorsione”.

Alcuni Stati, come l’Inghilterra, hanno deciso di punire il Revenge Porn, come nuova tipologia di reato autonoma, ottenendo molto successo nella repressione del fenomeno in quanto circa 1.160 denunce sono state presentate dall’introduzione della fattispecie.

Anche oltre Oceano, 27 Stati americani hanno iniziato ad adeguare la propria legislazione in materia. L’Italia invece sembra ancora lontana dalla formulazione di una nuova fattispecie legale specifica, ma essa potrebbe presto arrivare. Il reato di “revenge porn”, alla luce della proposta di legge presentata alla Camera dalla prima firmataria, l’On. Sandra Savino, potrebbe essere sanzionato con la reclusione fino a 3 anni, aumentata della metà se a commettere il fatto sia stato il “coniuge, anche separato o divorziato, o una persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa”.

La commissione giustizia potrebbe infatti introdurre nel codice penale il nuovo art. 612-ter c.p. concernente il reato di diffusione di immagini e video sessualmente espliciti, come condotta di “chiunque pubblichi nella rete internet, senza l’espresso consenso delle persone interessate, immagini o video privati, comunque acquisiti o detenuti, realizzati in circostanze intime e contenenti immagini sessualmente esplicite, con conseguente diffusione di dati sensibili, con l’intento di causare un danno morale alla persona interessata”.

In conclusione, ci si augura che venga emanata al più presto una specifica e dettagliata riforma del sistema penale italiano in materia, mirata a reprimere le specifiche condotte poste in essere esclusivamente allo scopo di offendere la dignità e l’integrità della persona e di indurre la vittima ad un processo di autodistruzione.

 

Avv. Alessia Di Prisco

Sono Alessia Di Prisco, classe 1993 e vivo in provincia di Napoli. Iscritta all'Albo degli Avvocati di Torre Annunziata, esercito la professione collaborando con uno studio legale napoletano. Dopo la maturità scientifica, nel 2017 mi sono laureata alla facoltà di giurisprudenza presso l'Università degli Studi Federico II di Napoli, redigendo una tesi dal titolo "Il dolo eventuale", con particolare riferimento al caso ThyssenKrupp S.p.A., guidata dal Prof. Vincenzo Maiello. In seguito, ho conseguito il diploma di specializzazione presso una Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali a Roma, con una dissertazione finale in materia di diritto penale, in relazione ai reati informatici. Ho svolto il Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari del Tribunale di Torre Annunziata affiancando il GIP e scrivo da anni per la rubrica di diritto penale di Ius In Itinere. Dello stesso progetto sono stata co-fondatrice e mi sono occupata dell'organizzazione di eventi giuridici per Ius In Itinere su tutto il territorio nazionale.

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