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Sistemi di distribuzione selettiva ed esaurimento dei diritti di marchio: Sisley vince contro Amazon al Tribunale di Milano

Con l’ordinanza in commento, depositata lo scorso 3 luglio 2019 all’esito di un reclamo in un procedimento cautelare, i Giudici milanesi hanno reso una nuova pronuncia in merito al tema dell’esaurimento dei diritti di marchio nell’ambito dei sistemi di distribuzione selettiva di prodotti del lusso[1] [2].

I fatti all’origine del reclamo

Da un lato la reclamante Sisley, nota casa produttrice francese di prodotti cosmetici, e, dall’altro, il gigante del commercio elettronico Amazon. La prima aveva proposto un reclamo avverso il provvedimento di rigetto del ricorso cautelare con cui erano stati domandati l’inibitoria all’uso dei propri marchi oltre al sequestro dei prodotti e dei materiali pubblicitari recanti gli stessi segni distintivi nei confronti della piattaforma e-commerce, sulla quale venivano offerti in vendita i prodotti Sisley.

Il presupposto delle domande cautelari era che tale sistema di vendita online, in cui i prodotti Sisley erano commercializzati assieme ad altri prodotti ritenuti di natura inferiore, fosse contrario al proprio sistema di distribuzione selettiva adottato contrattualmente e che fosse idoneo a procurare uno svilimento del marchio e dell’immagine della società francese.

In primo grado il Tribunale aveva rigettato il ricorso poiché non aveva ritenuto conforme al diritto della concorrenza europeo il sistemo di distribuzione selettiva previsto da Sisley per i propri prodotti. In particolare, tale sistema era stato considerato un’intesa restrittiva della concorrenza vietata ai sensi dell’art. 101 TFUE, senza che lo stesso sistema potesse beneficiare dell’esenzione da tale divieto prevista dal Regolamento CE 330/2010 relativo alla sua applicazione.

La liceità del sistema di distribuzione selettiva di Sisley 

Il Tribunale del reclamo si sofferma innanzitutto sulla liceità del sistema contrattualmente previsto da Sisley per la vendita dei propri prodotti.

A proposito di un sistema di distribuzione selettiva, questo è da ritenersi un “sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema[3].

Si può pertanto comprendere come un simile sistema – che vincola la commercializzazione di un prodotto a determinate condizioni fissate unilateralmente – possa entrare in frizione con il principio di libera concorrenza, che vorrebbe invece agevolare al massimo la circolazione di prodotti o servizi.

La Corte di Giustizia aveva già avuto modo di precisare come un simile sistema di distribuzione selettiva, diretto principalmente a salvaguardare l’immagine di lusso dei prodotti, possa essere ritenuto compatibile con il diritto concorrenziale europeo, in particolare con l’art. 101 TFUE in materia di intese e accordi restrittivi, “a condizione che la scelta dei rivenditori avvenga secondo criteri oggettivi d’indole qualitativa, stabiliti indistintamente per tutti i rivenditori potenziali e applicati in modo non discriminatorio, che le caratteristiche del prodotto di cui trattasi richiedano, onde conservarne la qualità e garantirne l’uso corretto, una simile rete di distribuzione e, infine, che i criteri definiti non vadano oltre il limite del necessario[4].

A questo riguardo, il Tribunale milanese in secondo grado ha ritenuto lecito il detto sistema di distribuzione selettiva alla luce della “natura oggettiva, qualitativa e non discriminatoria dei criteri che le ispirano e la loro congruità e proporzionalità rispetto agli obiettivi di tutela dell’immagine commerciale e dell’aura di lusso del marchio”.

L’esaurimento dei diritti di marchio e lo svilimento dell’immagine di lusso dei prodotti

La seconda tematica affrontata nell’ordinanza riguardava la possibilità di bloccare, tramite l’azione di contraffazione, la rivendita dei propri prodotti da parte di soggetti esterni alla propria rete di distribuzione selettiva che avessero acquistato i prodotti a marchio Sisley da soggetti autorizzati da quest’ultima, come nel caso di specie.

A tal proposito soccorre in aiuto del titolare il secondo dell’art. 5 c.p.i., che esclude l’esaurimento comunitario dei diritti di marchio – e dunque la possibilità di rivendicare la violazione dell’esclusiva-  qualora sussistano “legittimi motivi”. In particolare, la giurisprudenza comunitaria ritiene che l’esistenza di un sistema di distribuzione selettiva possa rappresentare siffatto motivo a condizione che i) il prodotto commercializzato sia un articolo di lusso e ii) che sussista un effettivo pregiudizio all’immagine di lusso o di prestigio del marchio a causa della commercializzazione da parte di soggetti estranei alla rete distributiva.

La ratio di tale orientamento giurisprudenziale pare potersi ravvisare nella necessità di salvaguardare gli sforzi sostenuti dal titolare del marchio al fine di creare e conservare l’immagine di lusso del proprio brand, da ricollegare anche alle caratteristiche della rete mediante la quale i prodotti vengono offerti in vendita al pubblico. Tale esigenza è dunque riconosciuta come prevalente rispetto a quella di consentire la massima circolazione dei prodotti contrassegnati dal marchio e immessi in circolazione con il consenso del titolare.

Con riferimento alla sussistenza dei legittimi motivi ostativi alla ulteriore commercializzazione dei prodotti, la Corte di Giustizia ha attribuito al giudice nazionale il compito di verificarne in concreto la presenza, sulla base di criteri quali i) la natura dei prodotti di prestigio, ii) il volume e il carattere sistematico oppure saltuario delle vendite dai fornitori autorizzati ai rivenditori esterni alla rete di distribuzione selettiva, e iii) la natura dei prodotti commercializzati abitualmente da tali rivenditori, nonché le forme normalmente impiegate da questi a tal fine.

In questo senso il Tribunale di Milano, nel caso di specie, ha accertato la natura di prodotti di lusso di quelli Sisley, considerati a livello internazionale come “cosmetici di qualità molto elevata nel campo della fitocosmesi di alta gamma”. Nel considerare invece il possibile svilimento dell’immagine del brand della società reclamante, i giudici hanno ritenuto le modalità di vendita idonee a ledere il prestigio e l’immagine del marchio valorizzando le seguenti circostanze di fatto:

  • I prodotti Sisley sono mostrati e offerti al pubblico “mescolati ad altri articoli, quali prodotti per la casa e per le pulizie, prodotti comunque di basso profilo e di scarso valore economico”;
  • L’accostamento del marchio Sisley “a marchi di fascia bassa, di qualità, reputazione e prezzo molto inferiori o comunque di gran lunga meno prestigiosi”, oltre alla presenza – accanto ai prodotti a marchio Sisley – di “link che indirizzano a siti di prodotti del tutto diversi”;
  • La mancanza di un “idoneo servizio clienti, analogo a quello assicurato dalla presenza nel punto vendita fisico di una persona in grado di consigliare o informare i consumatori in maniera adeguata”, in grado di “compromettere quell’aura di esclusività che ha sempre contraddistinto l’immagine del marchio Sisley, assicurando alla sua titolare fama ed elevata considerazione nel mercato dei cosmetici”.

Le conseguenze della decisione 

Sebbene la decisione sia stata emessa in forma di ordinanza all’esito di un procedimento cautelare sommario e non di un giudizio di merito, costituisce un importante precedente in materia di esaurimento dei diritti di marchio. Questo viene dunque escluso in presenza di una commercializzazione  –in particolare su una piattaforma online – del prodotto di lusso a condizioni e con modalità idonee a svilire l’immagine di prestigio e di lusso del marchio.

La decisione può pertanto aprire la strada ad ulteriori contenziosi volti a far cessare la commercializzazione sulle piattaforme e-commerce o, in alternativa, a costringere i gestori di queste a porre una maggiore attenzione per quanto riguarda le esigenze dei brand appartenenti al mondo del lusso, sempre più attenti a preservare la propria immagine di lusso anche nei canali di vendita online.

 

[1] L’ordinanza può essere reperita qui.

[2] Le precedenti ordinanze sul tema sono state emesse dal Tribunale di Milano il 19 novembre 2018, il 18 dicembre 2018 e il 26 febbraio 2019. Al riguardo si rimanda al commento di Francesca la Rocca, Il sistema di distribuzione selettiva quale motivo legittimo ostativo all’esaurimento del diritto di marchio, in Rivista di Diritto Industriale, 2019, parte II, pagg. 20 e ss.

[3] Art. 1, paragrafo 1, lettera e) del regolamento CE 330/2010, https://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2010:102:0001:0007:IT:PDF

[4] Sentenza CGUE del 6 dicembre 2017, caso C-230/16, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=91CAD09BD0CA773DF48921A000A5DAD3?text=&docid=197487&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=261042

Edoardo Badiali

Edoardo, dopo la maturità classica, si è laureato con 110/110 cum laude presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Bologna nel 2016, con tesi in Comparative Copyright Law. Nell'anno 2015/2016 ha conseguito inoltre un LLM in Intellectual Property & Information Law presso il Dickson Poon School of Law del King's College di Londra. Dopo aver collaborato con il dipartimento IP di uno studio legale internazionale, svolge attualmente la pratica forense in uno studio boutique specializzato in Proprietà Industriale e Intellettuale, materie nelle quali ha deciso di focalizzare i propri interessi professionali e di studio. Oltre ad essere appassionato di Intellectual Property, tra i suoi interessi vi sono la musica, leggere e il jogging.

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