venerdì, Marzo 29, 2024
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Smart contract e Trade Finance, un connubio possibile?

 1. Premessa: linguaggio naturale e informatico

Prima di addentrarsi nel tema oggetto del presente contributo, sarà cura di chi scrive premettere un aspetto fondamentale ai fini della nostra analisi. Anzitutto lo smart contract può essere definito come un «protocollo di transazione informatizzato che esegue i termini di un contratto in modo automatizzato»[1] ovvero «un programma per computer registrato su un sistema di contabilità distribuita che esegue operazioni predefinite»[2]. Una delle cruciali distinzioni a cui occorre riferirsi rispetto un contratto tradizionale, sempre che lo smart contract si possa intendere come tale[3], risiede nella diversità del linguaggio col quale lo stesso è implementato, ossia mediante quello di programmazione[4]. Con riferimento a quest’ultimo si percepisce una certa divergenza nonché carenza interpretativa rispetto alcuni concetti giuridici tradizionali (buona fede, ragionevolezza ecc.) e da qui, specie per le negoziazioni più complesse, la necessaria opera di integrazione da parte dei giuristi.

Un caso pratico che conferma quanto si va discutendo è ben rappresentato dalla causa Ripple vs R3 presso la Superior Court californiana; quella che si supponeva essere l’occasione per promuovere un’alternativa ai mezzi “tradizionali”, si è rivelata, invece, un abbaglio; ciò, a causa delle limitazioni interpretative proprie del linguaggio informatico[5]. Al contrario, l’incertezza, consustanziale al significato delle parole, permette l’adattamento alle circostanze del caso concreto. Il diritto vivente, infatti, sembrerebbe non esistere nell’ambito del linguaggio informatico giacché frutto di un’attività interpretativa che svolge solo l’uomo in quanto tale.

2. Definizione normativa, ambito di applicazione e best practice

La legge n. 12 del 2019, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione, definisce lo smart contract come “programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”. Al di là del maldestro tentativo definitorio del legislatore[6], in linea generale, esistono diversi modi di intendere lo smart contract[7] ma il più diffuso è indubbiamente il c.d. smart legal contract ovvero una “combinazione tra smart contract code e linguaggio giuridico tradizionale”[8].

Un documento particolarmente utile per i professionisti che si imbatteranno in uno smart legal contract o, più in generale, che avranno a che fare con infrastrutture blockchain è la seconda edizione del “Legal & Regulatory Guidance”, pubblicato dalla Law Society nel 2022. Quest’ultimo contributo rileva diverse criticità che il professionista deve tenere a mente, soprattutto in considerazione delle incertezze e carenze normative caratterizzanti questo nuovo modo di condurre il proprio business. Di particolare importanza rispetto a quanto si va discutendo sono i diversi vantaggi e inconvenienti nascenti da una blockchain pubblica. Sebbene quest’ultima assicuri la sua operatività senza doversi affidare a una parte centrale, la carenza regolamentare in termini di diritti e responsabilità dei partecipanti rimane uno dei motivi per cui le società scelgono una blockchain privata[9]. In tal senso, il ritorno a un modello centralizzato potrebbe beneficiare, quindi, di determinate caratteristiche quali: l’immutabilità delle transazioni; l’utilizzo di firme digitali; la resilienza del sistema ai malfunzionamenti o attacchi informatici[10].

 

 3. Il Trade Finance nell’era dell’automazione

Scendendo più nel dettaglio e cercando di fornire una disamina di carattere più pratico che teorico, si può dividere il modello blockchain[11] in questione secondo in due tipologie: (i) Distributed ledger model (ii) Shared ledger model. Il primo di questi ha come peculiarità quella di avere un intermediario che gestisce tutti nodi presenti all’interno della catena. La seconda variante, invece, ha come caratteristica quella di accentrare sulla terza parte il funzionamento di un nodo disponendo di una copia dell’intero database. Gli altri nodi della rete memorizzeranno la parte dei dati di interesse a seconda del loro ruolo contrattuale[12].

Indubbiamente un ambito suscettibile di applicazione sono le operazioni di vendita di beni cross borders. Dal punto di vista contrattuale, infatti, le tradizionali difficoltà coincidono alla fiducia che il compratore ripone nel venditore, ossia la spedizione di beni dietro pagamento. Da qui, le preoccupazioni derivanti da costi nascenti da una possibile azione per l’adempimento contrattuale. Per questo motivo, la sussistenza di una serie di garanzie a seguito della conclusione del contratto tra cui si ricorda la lettera di credito della banca del compratore e l’assicurazione che la polizza di carico sia stata fornita a una certa data. Di norma, quindi, i beni vengono spediti, il venditore trasmette al compratore la polizza di carico il quale, a sua volta, la destina alla banca. Infine, alle condizioni fissate dalla lettera di credito, l’istituto di credito designato dal compratore procederà al pagamento. I rischi inerenti alle operazioni “tradizionali” riguardano principalmente aspetti logistici e documentali (es. le parti potrebbero tardare l’inoltro dei documenti piuttosto che falsificarli)[13].

L’alternativa può essere proprio l’applicazione del sistema Blockchain e, in particolare, l’utilizzo dei sopramenzionati smart contract. Quanto ipotizzabile in futuro può essere riassunto secondo quanto segue; un intermediario ospita un compratore e venditore nella propria blockchain privata che, in seguito, registra i relativi documenti. In secondo luogo, l’operazione potrà proseguire attraverso l’esecuzione automatica delle prestazioni contrattuali. Infine, sarebbe comunque necessario realizzare un meccanismo in grado quantomeno di mitigare i rischi che si annidano nei singoli punti di vulnerabilità del sistema[14].

[1] N. Szabo, “Formalizing and Securing Relationships on Public Networks”, 1 settembre 1997, disponibile qui: https://doi.org/10.5210/fm.v2i9.548

[2] R. Battaglini, M.T. Giordano, Blockchain e Smart contract, edizione 2019.

[3] Taluno sostiene che non si tratti né di un contratto secondo la dizione dell’art. 1321 c.c. né, con specifico riferimento all’art. 1322 c.c., di un contratto atipico ma, piuttosto, “uno strumento di esercizio dell’attività negoziale, che le parti possono utilizzare in via esclusiva o unitamente alle altre note modalità di negoziazione (di persona o a distanza, anche eventualmente usando mezzi telematici), conclusione (con scambio contestuale o differito di proposta o accettazione, mediante firma in presenza o trasmessa) o esecuzione (diretta o tramite intermediari) di un contratto”. Così in S. A. Cerrato, “Appunti su smart contract e diritto dei contratti”, in Banca Borsa e Titoli di Credito, fasc. 3, 1 giugno 2020, p. 376. In aggiunta, non sembrerebbe fuori luogo riprendere il concetto di smart contract come “strumento per la conclusione del contratto” e in tal senso l’assenza di “particolari problematiche in quanto tra l’offerta, se pur rappresentata in codice binario, e l’esecuzione automatica, vi sarà, o vi è stato in precedenza, necessariamente, un momento in cui l’aderente manifesta, o ha manifestato, la propria volontà tramite il consenso” così in M. Giaccaglia, “Gli smart contract. Vecchi e nuovi (?) paradigmi contrattuali nella prospettiva della protezione dei consumatori”, in Diritto Mercato Tecnologia, fasc. 5, 20 maggio 2020, p. 10

[4] In particolare, il linguaggio di programmazione con cui spesso vengono implementati gli smart contract sulla virtual machine di Etherum è Solidity così in L. Hollander, “The Ethereum Virtual Machine — How does it work?”, 29 gennaio 2019, disponibile qui: https://medium.com/mycrypto/the-ethereum-virtual-machine-how-does-it-work-9abac2b7c9e

[5] Nell’atto introduttivo dell’attore (Ripple) si legge “The parties will negotiate in good faith”; da qui, la difficile rappresentazione in termini di implementazione e, soprattutto, la sua valutazione ex post ovvero “alla luce del comportamento complessivo tenuto dai contraenti: operazione cognitiva ad oggi impossibile da sussumere in termini algoritmici” Così in G. Rinaldi, “Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma blockchain”, in Diritto e Intelligenza artificiale, a cura di G. Alpa, edizione 2020

[6] Sul punto si veda, A. Landro, “Smart contract: il “maldestro” tentativo italiano di definire i contratti intelligenti”, 13 marzo 2019, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/smart-contract-il-maldestro-tentativo-italiano-di-definire-i-contratti-intelligenti-18598, M. Manente, “L. 12/2019 – Smart contract e tecnologie basate su registri distribuiti – Prime note”, 29 maggio 2019, disponibile qui: https://www.notariato.it/it/ufficio_studi/studio-12019-di-legge-122019-smart-contract-e-tecnologie-basate-su-registri-distribuiti/,  V. Bellomia, “Il contratto intelligente: questioni di diritto civile”, 10 dicembre 2020, disponibile qui: https://www.judicium.it/contratto- intelligente-questioni-diritto-civile/, F. Sarzana, “Blockchain nel Ddl Semplificazioni, conseguenze e problemi dell’attuale testo”, 14 gennaio 2019, disponibile qui: https://www.agendadigitale.eu/documenti/blockchain-nel-ddl-semplificazioni-conseguenze-e-problemi-dellattuale-testo/, M. Nicotra, “L’Italia prova a normare gli smart contract, ecco come: pro e contro”, 14 gennaio 2019, disponibile qui: https://www.agendadigitale.eu/documenti/litalia-prova-a-normare-gli-smart-contract-ecco-come-pro-e-contro/

[7] S. Chandler, “Smart Contracts Are No Problem for the World’s Legal Systems, so Long as They Behave Like Legal Contracts”, 8 febbraio 2019, disponibile qui: https://cointelegraph.com/news/smart-contracts-are-no-problem-for-the-worlds-legal-systems-so-long-as-they-behave-like-legal-contracts

[8] J. Stark, “Making Sense of Blockchain Smart Contracts”, 4 giugno 2016, disponibile qui: https://www.coindesk.com/making-sense-smart-contracts/

[9]  The Law Society, Blockchain: Legal & Regulatory Guidance Second Edition, 11 settembre 2022, disponibile qui: https://www.lawsociety.org.uk/topics/research/blockchain-legal-and-regulatory-guidance-second-edition

[10] The Law Society, Blockchain: Legal & Regulatory Guidance Second Edition, cit., p. 39, S. Voshgmir, V. Kalinov, “Blockchain A Beginners Guide”, 30 settembre 2017, p. 13 ss., disponibile qui: https://blockchainhub.net/

[11] Secondo il parere di chi scrive è fondamentale chiarire che, data la poliedricità del paradigma qui discusso, inizialmente si dovrà implementare una suddivisione basata su modelli blockchain piuttosto che sui casi e, solamente in un momento successivo, procedere a un indagine caso per caso. La ragione di quanto si va dicendo risiede nel fatto che, vista carenza normativa, converrebbe partire da una base casistica che sia già definita per modelli tale da facilitare una normazione sufficientemente elastica per lo sviluppo di una simile tecnologia.

[12] The Law Society, Blockchain: Legal & Regulatory Guidance Second Edition, cit., p. 39, S. Voshgmir, V. Kalinov, “Blockchain A Beginners Guide”, cit, p. 40

[13] The Law Society, Blockchain: Legal & Regulatory Guidance Second Edition, cit., p. 39, S. Voshgmir, V. Kalinov, “Blockchain A Beginners Guide”, cit, p. 41

[14] The Law Society, Blockchain: Legal & Regulatory Guidance Second Edition, cit., p. 39, S. Voshgmir, V. Kalinov, “Blockchain A Beginners Guide”, cit, p. 42

Emanuele Gambula

Laureato con lode presso la Facoltà di Giurisprudenza di Genova ha discusso una tesi di ricerca dal titolo "Blockchain e processo esecutivo. Problemi e prospettive". Collaboratore dell'area Innovazione, Tecnologia e Comunicazione, ha maturato spiccato interesse per la ricerca nell'ambito delle tecnologie disruptive. 

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