giovedì, Marzo 28, 2024
Criminal & Compliance

Sospensione dei termini processuali e Covid-19: applicazione anche alle misure cautelari

L’emergenza pandemica legata al Covid-19 ha colpito molti settori nevralgici del nostro Stato, tra cui anche quella della giustizia.
Difatti, la diffusione del virus ha costretto ad adottare delle precauzioni sanitarie che, inevitabilmente, sono andate a limitare o comunque radicalmente modificare la quotidianità delle aule di giustizia.
Si è assistito difatti ad una improvvisa digitalizzazione, specialmente con riferimento ai processi penali, che tuttavia ha comportato – in alcuni casi – una lesione del diritto del contraddittorio nonché del diritto dell’imputato (detenuto) di partecipare personalmente al processo. Al fine di porre un rimedio ad una situazione che continuava ad aggravarsi quotidianamente, il Governo, nella prima fase dell’emergenza, ho posto in essere alcune disposizioni volte a garantire da un lato la salute pubblica e dall’altra i diritti di tutti quei soggetti che erano coinvolti, a vario titolo, in un procedimento penale. Bilanciamento che, per gli interessi contrapposti, non si è rivelato di facile applicazione.

1. I provvedimento emergenziali: la sospensione dei termini.

Come è ormai noto il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, c.d. ”Cura Italia” ha posto in essere, nell’ottica di limitare il contagio da Covid-19, numerose modifiche per quanto attiene il settore della giustizia.
In particolare, l’art. 83 stabiliva che dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, erano rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020.
Durante il medesimo periodo era sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.
S’intendevano pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali.
Al terzo comma dell’art. 83, D.L. n. 18/20, erano tuttavia previste alcune eccezioni, date dal carattere di urgenza e degli specifici interessi meritevoli di adeguata tutela.
In particolare, la lett. a) del medesimo articolo affermava che tale sospensione non riguardava i procedimenti di competenza del Tribunale per i Minorenni con riferimento ai casi e ai procedimenti ivi indicati.
Medesima sorte spettava ai procedimenti concernenti la convalida dell’arresto o del fermo, quelli nei quali, nel periodo di sospensione, scadevano i termini di cui all’art. 304 c.p.p., cioè per tutti i procedimenti in cui erano applicate misure di sicurezza detentive o era pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive.
Inoltre, quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedevano che si procedesse, venivano trattati i procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’articolo 51-ter della L. 26 luglio 1975, n. 354, così come i procedimenti in cui erano applicate misure cautelari o di sicurezza e, infine, quelli nei quali sono disposte misure di prevenzione.
La sospensione inoltre non operava nemmeno con riferimento a tutti quei procedimenti che presentavano carattere di urgenza, per la necessità di assumere prove indifferibili, nei casi di cui all’art. 392 c.p.p.
In tali ipotesi, spettava al giudice o al presidente del collegio formulare la dichiarazione di urgenza, su richiesta di parte.
Veniva inoltre previsto che nei procedimenti penali in cui operava la sospensione fosse altresì sospesi il corso della prescrizione e i termini di cui agli articoli 303 e 308 c.p.p.
Successivamente a tale disposizione normativa, dato il perdurare della situazione emergenziale, è stato emanato anche il D.L. 8 aprile 2020, n. 23, c.d. “decreto liquidità”, che ha esteso, con l’art. 36, la validità dei provvedimenti previsti dal D.L. n. 18/20 fino all’11 maggio 2020.
Quindi slittava, dal 15 aprile all’11 maggio 2020, il termine del rinvio d’ufficio delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso gli uffici giudiziari, come anche la sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali (indagini preliminari, adozione di provvedimenti giudiziari e deposito della loro motivazione, proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali).
L’art. 36, c. 2, prevedeva inoltre che le disposizioni di cui al primo comma del medesimo articolo, non si applichino ai procedimenti penali i cui termini di cui all’art. 304 c.p.p. nei sei mesi successivi all’11 maggio 2020[1].
Come noto l’art. 304 c.p.p. concerneva la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare in carcere: tali termini valgono sia per il termine di fase, sia per il termine complessivo finale.
Sul punto erano sorte alcune criticità circa la formulazione di tale comma.
Difatti se il legislatore avesse voluto riferirsi solamente al termine complessivo finale, perché non ha aggiunto la dicitura “i cui termini di cui all’art. 304, c. 6, c.p.p.”?
Con la disposizione emanata coloro per i quali i termini di custodia cautelare scadevano “a breve” non subivano la dilatazione derivante dalla sospensione sancita dal D.L. n. 23/20, mentre tutti gli altri soggetti – ivi compresi quelli a cui è stata applicata una misura cautelare diversa dalla custodia cautelare – rientravano nel periodo di operatività della sospensione e “subiscono” la conseguente dilatazione del termine di durata massima.
Da questo punto di vista sussisteva quindi una, nemmeno troppo velata, disparità del trattamento sanzionatorio tra soggetti sottoposti alla medesima misura cautelare, nonché una violazione dell’art. 25 Cost..
Difatti l’art. 304 c.p.p. attiene alla fase del giudizio e quindi secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata nonché in linea con la giurisprudenza delle Sezioni Unite[2] della Corte di Cassazione, il termine finale massimo della custodia cautelare in carcere non è derogabile e conseguentemente non può essere sospeso.
Tale considerazione, in virtù del principio del favor libertatis, si applica anche ai reati di maggior allarme sociale – ex art. 407 c.p.p. – con la conseguenza che anche in tale caso i termini massimi di custodia cautelare non possono essere dilatati.
Secondo alcuni autori[3], una prima e possibile risoluzione, per questa lesione dei diritti costituzionalmente tutelati, potrebbe essere quella di intendere la disposizione di cui all’art. 36, c. 2, D.L. n. 23/20 riferita alla durata massima e quindi anche ai termini di fase.
Sul piano della prassi applicativa, le disposizioni summenzionate così come le successive modifiche hanno comportato alcune pronunce da parte della giurisprudenza di legittimità e costituzionale, soprattutto con riferimento alla sospensione del corso della prescrizione.
Ed in tal senso la Consulta[4] ha ritenuto che la sospensione operata dall’art. 83, c. 9, D.L. 18/20  contrasta col principio di legalità; tale sospensione era prevista nel caso di adozione di un provvedimento di rinvio dell’udienza penale, nell’ambito di misure organizzative volte a gestire l’emergenza pandemica e a contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria.
La Corte Costituzionale ha quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo della citata disposizione, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione “per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020”.
La Consulta ha ravvisato la violazione del principio di legalità in quanto il rinvio delle udienze, cui si ricollega la sospensione della prescrizione, costituisce il contenuto solamente eventuale di una misura organizzativa che il capo dell’ufficio giudiziario può adottare, come facoltà solo genericamente delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalità da perseguire.
La previsione normativa della sospensione del decorso della prescrizione ha valenza sostanziale poiché determina un prolungamento del termine di estinzione del reato e, per l’effetto, ricade nell’ambito di applicazione del principio di legalità, il quale richiede, in quanto incidente sulla punibilità, che la fattispecie estintiva sia determinata nei suoi elementi costitutivi in modo da garantire un sufficiente grado di conoscenza o conoscibilità[5].

3. Prime pronunce della giurisprudenza di legittimità.

Come evidenziato in precedenza la sospensione dei termini posta in essere prima dal D.L. 18/20 e poi dal D.L. 23/20 ha interessato anche la giurisprudenza di legittimità che recentemente si è espressa su un caso proveniente dal Tribunale di Venezia.
La questione concerneva il rigetto, da parte del Tribunale lagunare, dell’appello proposto avverso l’ordinanza che aveva respinto l’istanza di dichiarazione di perdita di efficacia della misura degli arresti domiciliari applicata il 27 ottobre 2020 dal GIP del medesimo Tribunale.
Con istanza del 9 ottobre 2020 la difesa aveva chiesto la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari per intervenuta decorrenza dei termini di fase, ma il GIP ha respinto la richiesta osservando che il detto termine ordinario di fase, pari a sei mesi decorrenti dall’esecuzione della misura, intervenuta l’8 febbraio 2020, non fosse ancora scaduto in forza della sospensione operativa dal 9 marzo 2020 al 6 maggio 2020, prevista in relazione all’epidemia di Covid-19 dal D.L. 18/20 e in ragione della proroga di 60 giorni disposta con ordinanza dell’8 giugno 2020 in sede di incidente probatorio per l’espletamento della perizia.
Il gravame si basava sulla violazione dell’art. 305, c. 1, c.p.p., avente ad oggetto la proroga dei termini, violazione di legge e calcolo erroneo dei termini di fase in relazione alla sospensione ed erronea inclusione del presente procedimento nel periodo di sospensione Covid-19.
Nella motivazione la Corte evidenzia che, secondo il dettato dell’art. 305, qualora venga svolta la perizia sullo stato di mente, i termini di custodia cautelare sono prorogati per il periodo di tempo assegnato per l’espletamento della perizia.
Ed infatti, richiamando alcuni precedenti sul punto, la Suprema Corte stabilisce che: “Secondo consolidato orientamento i termini di custodia cautelare, nel caso sia disposta perizia sullo stato di mente, sono prorogati, a norma dell’art. 305 c.p.p., comma 1, per tutto il periodo assegnato per l’espletamento della perizia, indipendentemente dalla circostanza che i suddetti termini siano scaduti o prossimi a scadere entro la data in cui deve essere completata l’attività peritale. (Sez. 1, n. 17360 del 09/04/2009 Cc. (dep. 23/04/2009) Rv. 243926 – 0)”.
Con riferimento al secondo motivo di gravame, inerente alla sospensione del decorso dei termini processuali, si deve osservare che: “il D.L. 36/20 proroga espressamente solo i termini previsti dai commi 1 e 2, e cioé i termini procedurali e le udienze e non richiama il comma 4, ma il comma 4 richiama a sua volta i commi 1 e 2, stabilendo che in quei casi sono prorogati anche i termini di custodia cautelare. Quindi deve ritenersi oggetto di proroga anch’esso, poiché la proroga della sospensione dei termini procedurali opera sui termini di custodia cautelare solo in termini indiretti”.
Tale tesi sarebbe poi avvallata da una pronuncia delle Sezioni Unite (Cass.pen., SS.UU., 26.11.20, n. 5292) che ha ritenuto che in tema di disciplina della prescrizione a seguito dell’emergenza pandemica da Covid-19, per i procedimenti rinviati con udienza fissata nella prima fase dell’emergenza si applica per intero la sospensione della prescrizione prevista dal D.L. 83/20  pari a sessantaquattro giorni, ma non anche la disciplina della sospensione di cui all’art. 83, c. 9, della medesima disposizione dettata per la seconda fase dell’emergenza, che concerne i soli procedimenti per i quali l’udienza fosse già stata fissata in tale successivo periodo.
Conseguentemente nel caso de quo i termini di sospensione della misura cautelare troverebbero fondamento dovendosi applicare tale disciplina anche, e soprattutto, alla fase delle indagini preliminari.
Parimenti infondato e non meritevole di accoglimento è il terzo motivo di gravame in quanto leggendo contestualmente commi 1,2 e 3 dell’art. 89 D.L. 18/20 si evince che le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso gli uffici giudiziari dovevano essere rinviate d’ufficio a data successiva al 15.4.2020 con contestuale sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto tranne che per le ipotesi individuate dal terzo comma.
Orbene sul punto i giudici di legittimità affermano che: “Nel caso di specie, il procedimento riguardava un soggetto detenuto perché sottoposto a misura cautelare personale e quindi, ai sensi dell’art. 83, comma 3, lett. b) del D.L. cit. la sospensione dei termini operava salvo e fino a quando l’imputato o il suo difensore avessero chiesto la trattazione del procedimento. Non può essere dunque condiviso l’assunto difensivo poiché come correttamente osservato dal tribunale, la richiesta del difensore di disporre l’incidente probatorio per effettuare perizia sulla capacità dell’imputato è intervenuto il 6 maggio 2020 al termine della fase di sospensione COVID e non vi è dubbio che comunque la sospensione operi sino a quella data e quindi per almeno 54 giorni, sufficienti ad evitare la scadenza del termine di fase”.
A questo si aggiunga che la recente giurisprudenza di legittimità ha affermato che il deposito della sola istanza di riesame, senza l’espressa richiesta di trattazione nel periodo emergenziale, comporta che i termini per la trasmissione degli atti di cui all’art. 309, c. 5, c.p.p., rimangano sospesi ed iniziano a decorrere dalla successiva data in cui il soggetto detenuto ha chiesto la trattazione del procedimento ai sensi dell’art.83 D.L. 18/20.
La Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

L’immagine è tratta da Pexels.

[1] F. Mucciarelli, La crisi economica da pandemia e la disciplina della crisi d’impresa: gli inter- venti del legislatore nel D.L. 23/2020, in Sistema Penale, 11.04.20.
[2] Le sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. pen. SS.UU., 29.05.14, n. 29556) han- no affermato che: “In tema di durata della custodia cautelare nei procedimenti per uno dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., qualora il termine di fase sia stato sospeso per la particolare complessità del dibattimento o del giudizio abbreviato, ai sensi dell’art. 304, comma 2, c.p.p., il ter- mine massimo di durata della custodia, fissato nel doppio dei termini di fase dal comma 6 del predetto art. 304, non può essere superato sommando ad esso l’ulteriore termine eventualmente utilizzato, nella fase del giudizio per uno dei delitti citati, ai sensi dell’art. 303, comma 1, lett. b) n. 3 bis, c.p.p.“.
[3] G.L. Gatta, COVID-19: novità penalistiche nel “decreto rilancio” (D.L. n. 34/2020). Sospensione dei termini per la querela, sanatoria per l’emersione del lavoro irregolare, nuova disciplina in materia di delitti di falso e di indebita percezione di erogazioni pubbliche, in Sistema Penale, 22.05.20 disponibile qui.
[4] Corte Cost. n. 140/2021
[5] L. Biarella, Rinvio del processo per causa Covid: illegittima la sospensione della prescrizione, in Altalex, 07.07.21, disponibile qui

Francesco Martin

Dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia. Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (Dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studi in materia giuridica. Dal 30 ottobre 2017 ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia. Da gennaio a luglio 2020 ha ricoperto il ruolo di assistente volontario presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia (coordinatore Dott. F. Fiorentin) dove approfondisce le tematiche legate all'esecuzione della pena e alla vita dei detenuti e internati all'interno degli istituti penitenziari. Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia e dal 9 novembre 2020 è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia. Da gennaio a settembre 2021 ha svolto la professione di avvocato presso lo Studio BM&A - sede di Treviso e da settembre 2021 è associate dell'area penale presso MDA Studio Legale e Tributario - sede di Venezia. Da gennaio 2022 è Cultore di materia di diritto penale 1 e 2 presso l'Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. Enrico Amati). Nel luglio 2022 è risultato vincitore della borsa di ricerca senior (IUS/16 Diritto processuale penale), presso l'Università degli Studi di Udine, nell'ambito del progetto UNI4JUSTICE. Nel dicembre 2023 ha frequentato il corso "Sostenibilità e modelli 231. Il ruolo dell'organismo di vigilanza" - SDA Bocconi. È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici”, e socio A.I.G.A. - sede di Venezia.

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