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Sufficiente la mera dichiarazione di interesse risarcitorio per l’accertamento dell’illegittimità dell’atto: Adunanza Plenaria 8/2022

A cura di Maria Livia Zuppa

Con la sentenza n. 8/2022 l’Adunanza Plenaria ha fornito una interessante chiave di lettura in merito all’interpretazione dell’art. 34 c. 3 c.p.a., il quale testualmente prevede che se nel corso del giudizio «l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori».

L’ordinanza di remissione all’Adunanza Plenaria trae origine da tre ricorsi, presentanti da alcuni proprietari terrieri al Tar Veneto, per l’annullamento di atti di pianificazione urbanistica che avevano menomato la capacità edificatoria dei loro fondi. Nella pendenza del giudizio di primo grado la sopravvenienza di una nuova disciplina urbanistica aveva fatto venire meno l’interesse dei ricorrenti all’annullamento degli atti originariamente impugnati, ma non quello ad ottenere la declaratoria di illegittimità degli atti ai fini risarcitori.

Dopo aver dichiarato improcedibili i ricorsi per annullamento per sopravvenuta carenza di interesse, le sentenze di primo grado statuivano che le allegazioni delle parti erano carenti nell’indicazione, ai fini risarcitori, degli elementi costitutivi degli illeciti perpetrati dalla Pubblica Amministrazione.

Nello specifico, la questione rimessa all’attenzione dell’Adunanza Plenaria riguarda l’interpretazione dell’art. 34, c. 3 c.p.a., sul quale si erano formati distinti orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo indirizzo, era sufficiente un’istanza generica, ossia la mera deduzione dei ricorrenti di voler produrre in giudizio la domanda risarcitoria.

Un secondo orientamento riteneva che fosse necessaria l’allegazione, da parte dell’interessato, dei presupposti della successiva domanda risarcitoria. Sul punto, un sotto-orientamento richiedeva che si comprovasse, sulla base di elementi concreti, il danno ingiustamente subito.

Un terzo orientamento affermava la necessità di proporre la domanda risarcitoria, autonomamente o tramite motivi aggiunti.

La questione interpretativa ha posto in primo piano l’attualità e l’importanza del concetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., inteso come interesse concreto ed attuale a proporre il ricorso[1], il quale va contemperato con l’interesse alla tutela della scarsità della risorsa giustizia ed il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). Nello specifico, è da valutare se ed in quali termini sia possibile accertare il risarcimento del danno in assenza di una domanda formale in tal senso e dell’allegazione dei relativi presupposti.

Inoltre, si pone all’attenzione dell’interprete la questione relativa all’onere probatorio gravante sul ricorrente al fine di dimostrare il proprio interesse a ricevere il risarcimento del danno; è necessario allegare i presupposti costitutivi della domanda risarcitoria o è sufficiente la mera manifestazione da parte del ricorrente ad avervi interesse?

Infine, rileva il quesito se il principio della domanda[2], in caso domanda generica, sia di ostacolo alla successiva proposizione di una domanda risarcitoria ed all’accertamento dei conseguenti presupposti costitutivi.

L’ordinanza di remissione, alla luce delle varie interpretazioni alternative proposte in relazione all’art. 34 c.p.a., accoglie la tesi secondo cui la domanda risarcitoria debba essere effettivamente proposta dal ricorrente.  La soluzione offerta sarebbe avvalorata dalla necessità che l’interesse a ricorrere sia concretamente manifestato nella relativa azione e non rimanga allo stadio della mera enunciazione, nonché dal combinato disposto degli artt. 34 c. 3 c.p.a. e 30 c. 5 c.p.a, disposizione quest’ultima che postula la proposizione dell’azione risarcitoria. Infine, l’interpretazione che presuppone l’avvenuta proposizione della domanda di risarcimento dei danni è ritenuta coerente con la nozione di interesse concreto ed attuale di cui all’art. 100 c.p.c.

La soluzione condivisa dall’Adunanza Plenaria va tuttavia in una direzione diversa.

A fronte delle alternative se, malgrado la sopravvenuta inutilità dell’annullamento, l’interesse risarcitorio dell’atto vada manifestata dal ricorrente con la semplice dichiarazione, o se la dichiarazione vada corredata dall’esposizione degli elementi costituivi o ancora se debba essere proposta effettivamente la domanda risarcitoria, l’Adunanza Plenaria opta per la prima opzione, condividendo la soluzione secondo cui sia sufficiente la dichiarazione ad avere interesse al risarcimento da parte del ricorrente. L’impianto motivazionale della sentenza fa leva su tre disposizioni.

  1. L’art. 30 c. 5 c.p.a., che prevede la possibilità di posporre il risarcimento all’annullamento e di domandare in successione i due rimedi. Dalla disposizione in esame, in coerenza con i principi di pienezza ed effettività della tutela[3], discende il principio di autonomia dell’azione risarcitoria rispetto a quella di annullamento.
  2. L’art. 35 c. 1 lett. c c.p.a., che prevede l’improcedibilità del ricorso in caso di sopravvenuto difetto di interesse, non si applica all’ipotesi in esame.

L’impianto codicistico è contraddistinto da un’ampia facoltà per il privato di modulare la propria strategia processuale, a tutela dei suoi diritti ed interessi. La manifestazione da parte del ricorrente dell’interesse risarcitorio nell’ambito di un giudizio in cui è venuto meno l’interesse all’annullamento consente comunque all’interprete di individuare un’utilità residua per il privato da ricavare dal giudizio di impugnazione. L’interesse citato è quello di ottenere un ristoro per equivalente dei danni dubiti a causa dei provvedimenti amministrativi impugnati.

  1. L’art. 104 c. 1 c.p.a., che esclude dal divieto dei nova in appello la disposizione dell’art. 34 c. 3 c.p.a. Secondo l’Adunanza Plenaria il fenomeno, dal punto di vista processuale, è inquadrabile nella emendatio della domanda, una modifica in senso riduttiva della domanda, non integrante un mutamento non consentito nell’ambito del principio della domanda.

Secondo l’Adunanza Plenaria, l’esigenza che l’interesse ad attivare l’azione risarcitoria sia dichiarato dalla parte si correla al dato che, nell’ambito della giurisdizione di diritto soggettivo della giurisdizione amministrativa, l’azione a tutela dell’interesse risarcitorio è rimessa all’iniziativa del ricorrente. In particolare, la manifestazione dell’interesse risarcitorio al venir meno di quello all’annullamento è un presupposto imprescindibile affinchè il giudice possa pronunciarsi sulla legittimità dell’atto con una pronuncia di mero accertamento[4].

La dichiarazione dell’interesse risarcitorio mira a provocare una pronuncia che verta sull’antecedente logico dell’illegittimità del provvedimento e per la quale è possibile predicare l’attitudine a divenire cosa giudicata, ai sensi dell’art. 2909 c.p.c.

Alla luce delle considerazioni svolte, l’Adunanza Plenaria ritiene superfluo e privo di base normativa onerare il ricorrente a promuovere nello stesso giudizio la domanda risarcitoria.

Laddove la domanda di risarcimento fosse effettivamente proposta in cumulo con la domanda di annullamento, il giudice, pur avendo accertato l’improcedibilità dell’azione di annullamento, sarebbe comunque tenuto a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria per il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art. 112 c.p.a. Aderendo alla ricostruzione proposta dal giudice remittente, secondo l’Adunanza Plenaria, la disposizione contenuta nell’art. 34 c. 3 c.p.a. sarebbe del tutto superflua. La disposizione di cui all’art. 34 c. 3 c.p.a. si rende necessaria proprio per l’assenza di una rituale domanda risarcitoria, che la parte potrebbe proporre successivamente in un autonomo giudizio, una volta accertata l’illegittimità dell’azione amministrativa.

Secondo l’Adunanza Plenaria, diversamente da quanto supposto nell’ordinanza di remissione, l’art. 34 c. 3 c.p.a. va pertanto inteso nel senso che la manifestazione dell’interesse risarcitorio, una volta venuto meno quello all’annullamento dell’atto impugnato, è un presupposto necessario e sufficiente affinché il giudice possa pronunciarsi sulla legittimità dello stesso atto, con una pronuncia di mero accertamento. A questo scopo è sufficiente la dichiarazione di interesse da parte del ricorrente, e non già un’istanza circostanziata che alleghi il danno concretamente subito. La dichiarazione andrà rese nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 c.p.a.

La soluzione interpretativa offerta dall’Adunanza è quella che pone meno ostacoli alla prosecuzione del processo, in linea con la tendenza giurisprudenziale, antecedente al c.p.a., a considerare restrittivamente le ipotesi di carenza sopravvenuta di interesse, concetto sul cui contenuto e sul cui significato tuttavia l’Adunanza Plenaria non si sofferma[5].

[1] Per approfondimenti sul tema si veda G. MANNUCCI, “Legittimazione e interesse a ricorrere (dir. amm.)”, in Treccani.it – Diritto on line, 2018: «la centralità rivestita dall’interesse a ricorrere nel processo amministrativo, sconosciuta al processo civile, è il frutto della persistente tendenza a connotare in senso meramente processuale l’interesse legittimo e a mantenere in vita tratti oggettivi del giudizio per favorire un più pervasivo controllo sul potere pubblico».

[2] Si occupa di approfondire il tema del principio della domanda l’Adunanza Plenaria n. 4/2015 «non è consentito al giudice, stante l’esistenza dell’interesse all’annullamento, derogare, sulla base di ragioni di opportunità, giustizia ed equità, al principio della domanda e trasformarne il petitum o la causa petendi, incorrendo altrimenti nel vizio di extrapetizione», reperibile sul sito www.federalismi.it.

[3] Art. 1 c.p.a.

[4] A.L. RUM, “L’Adunanza Plenaria considera sufficiente una dichiarazione di interesse ai fini risarcitori per procedere all’accertamento di illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34 c. 3 c.p.a.”, 2022, in www.dirittoamministrativo.it.

[5] C.f.r. A. SCONAMIGLIO, “Carenza sopravvenuta di interesse e interesse alla pronuncia di illegittimità “ a fini risarcitori” (commento a Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 13 luglio 2022, n. 8”, 2022, in www.giustiziainsieme.it.

 

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