venerdì, Marzo 29, 2024
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Tatuaggi e arruolamento in forze armate o di polizia: sono compatibili?

“La disposizione di cui alla Tabella 1, punto 2, lett. b) del D.M. 30 giugno 2003 n. 198  prevede, tra le cause di inidoneità fisica, psichica e attitudinale al concorso per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato, i  “tatuaggi”, qualora essi: siano situati “sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme”, o, “per la loro sede e natura, siano deturpanti”, o “per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”.

Non può assumere alcuna rilevanza “la circostanza dell’astratta rimuovibilità del tatuaggio, in quanto (. . .) i requisiti di partecipazione al concorso devono essere posseduti dal candidato al momento della scadenza della domanda di partecipazione ed il principio della par condicio osta alla possibilità che possano farsi valere requisiti maturati successivamente”.

Questo è quanto stabilito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4305 del 2018 nella quale, confermando in toto quanto già sentenziato dal Tar Lazio, ha ritenuto infondati e di conseguenza respinto gli appelli proposti.

La sentenza in esame chiarisce ed aiuta a comprendere  quanto la presenza di un tatuaggio potrebbe influire nel momento in cui si voglia partecipare ad un concorso nella pubblica amministrazione ed, in particolare, ad un concorso per il reclutamento nel corpo della polizia, dei carabinieri o nelle forze armate.

La risposta a tale interrogativo risulta preminente in un tempo in cui i tatuaggi sono entrati a far parte del costume della massa; è difficile trovare un giovane, aspirante membro delle forze armate, che non ne abbia uno e proprio tale circostanza è all’origine di un numero sempre maggiore di contenziosi amministrativi, risolti dai giudici con soluzioni non sempre uniformi[1].

La pronuncia dei giudici di Palazzo Spada trae origine dai ricorsi presentati da  F.C., M.F. e A.T. (rispettivamente secondo, terzo e quarto classificato in un concorso pubblico per l’assunzione di 25 atleti nei gruppi sportivi della Polizia di Stato[2]) avverso il decreto di approvazione della graduatoria finale dei vincitori del concorso.

In particolare, venivano contestati (per diverse ragioni) i punteggi attribuiti in graduatoria e, per quanto attiene ai profili oggetto della presente trattazione, relativamente al primo classificato B.E. era stata messa in discussione la mancata esclusione[3] dello stesso per la presenza di un tatuaggio sull’avambraccio, di dimensioni tali (cm 15×7) da coprirne quasi tutta la parte interna, raffigurante la testa di un alieno di colore verde.

Tale motivo di ricorso veniva accolto, in quanto ritenuto fondato, dal Tar Lazio adducendo motivazioni riprese, poi,  quasi pedissequamente in sede di appello nella sentenza in esame.

I giudici dell’alto Consesso Amministrativo ritengono, innanzitutto, infondato il motivo con il quale il primo classificato afferma l’inapplicabilità allo “speciale” arruolamento nei gruppi sportivi Fiamme Oro della Polizia di Stato dei requisiti previsti, più in generale, per l’arruolamento “ordinario” nella Polizia di Stato in quanto questi ultimi andranno valutati, semmai, allorché l’arruolato-atleta, persa in un tempo successivo tale “qualità”, potrà essere destinato, ai sensi dell’art. 8 DPR n. 393/2003, ad “altre attività istituzionali previste per il ruolo di appartenenza . . . fermo restando il possesso dei requisiti di idoneità al servizio in Polizia”.

Dalla lettura della disposizione di cui all’art. 1 DPR 29 dicembre 2003 n. 393[4] (Regolamento concernente modalità per l’assunzione di atleti nei gruppi sportivi Polizia di Stato – Fiamme Oro”) emerge, invece, con chiarezza e senza che si possa ravvisare una qualche eccezione, che gli appartenenti ai gruppi sportivi Fiamme Oro fanno parte del “ruolo degli agenti e degli assistenti della Polizia di Stato” e che, ai fini dell’arruolamento (pur riservato ad “atleti riconosciuti di interesse nazionale dal CONI”), devono essere posseduti i “requisiti previsti per l’accesso al predetto ruolo” (cioè al ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato)[5].

La disposizione di cui alla Tabella 1, punto 2, lett. b) del D.M. 30 giugno 2003 n. 198 tra le cause di inidoneità fisica, psichica e attitudinale al concorso per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato, ricomprende i tatuaggi tra “le lesioni della cute e delle mucose visibili”.

In particolare, i tatuaggi costituiscono causa di esclusione in tre ipotesi ben precise, ossia nel caso in cui:

  1. siano situati “sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme”;
  2. o, “per la loro sede e natura, siano deturpanti”;
  3. o “per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”.

I giudici precisano come, per costante giurisprudenza[6], le tre ipotesi vadano considerate alternative in quanto la norma utilizza la disgiuntiva “o” e che, mentre le prime due costituiscono chiare “alterazioni fisiche”, la terza, invece, costituisce più propriamente, oltre che un’alterazione fisica, anche un indice di inidoneità psichica.

La presenza del tatuaggio va, dunque, considerata sempre causa di esclusione dalle forze armate  qualora esso, quale che ne sia l’entità o il soggetto rappresentato, sia collocato “nelle parti del corpo non coperte dall’uniforme”, dovendosi, a tal fine, fare riferimento a tutti i tipi di uniforme utilizzate e/o utilizzabili nell’ambito del servizio.

In questa ipotesi, l’amministrazione non è titolare di alcuna discrezionalità, non dovendo procedere ad alcuna valutazione, dovendo bensì solo prendere atto degli esiti di un mero accertamento tecnico (copertura o meno del tatuaggio da parte delle divise).

Diverso è il caso in cui un tatuaggio non sia collocato in “parti visibili”, in quanto in primo luogo esso può costituire motivo di esclusione solo se e nella misura in cui venga considerato “deturpante” per sede e natura, ovvero “indice di personalità abnorme” in virtù del suo “contenuto” (id est, di quanto da esso rappresentato); in secondo luogo l’eventuale esclusione  non è “vincolata” quale conseguenza dell’esito di una mera constatazione di fatto (come nel primo caso), bensì rappresenta l’esito di una valutazione che costituisce esercizio di discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione e che (salvo i limiti rappresentati dalla sussistenza dei vizi di difetto di motivazione ovvero di eccesso di potere per illogicità e/o irragionevolezza)non è sindacabile dal giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità[7].

Nel caso di specie non v’è dubbio sulla circostanza che il tatuaggio si trovi su una parte della cute non coperto dalla divisa e ciò comporta l’esclusione automatica del candidato primo classificato senza che sia riscontrabile alcun margine di discrezionalità da parte dell’Amministrazione.

Proprio per tale ragione secondo il Consiglio di Stato non può trovare accoglimento la doglianza del Ministero dell’Interno (nella misura in cui essa è rivolta avverso l’aspetto ora in esame), secondo la quale la sentenza del Tar Lazio (oggetto di impugnazione) avrebbe, per così dire, invaso la sfera del “merito amministrativo” non considerando quanto esclusivamente appartenente alle valutazioni tecnico-discrezionali dell’amministrazione

Infine, sempre nell’ottica di una scelta quasi “obbligata” dell’amministrazione procedente nell’ipotesi di un tatuaggio visibile, non può assumere rilevanza neanche la circostanza (valutata positivamente e discrezionalmente in sede di accertamento dei requisiti fisici) che lo stesso fosse in “fase di rimozione”, come dimostrato da apposita documentazione medica.

I requisiti di partecipazione al concorso (tra i quali per l’appunto la presenza di una cute che non presenti “alterazioni” dovute a tatuaggi visibili), sottolinea la Corte, devono essere posseduti dal candidato al momento della scadenza della domanda di partecipazione ed il principio della par condicio osta alla possibilità che possano farsi valere requisiti maturati successivamente”[8].

[1] Giova sottolineare fin da subito come uno dei punti più controversi della questione riguarda il caso in cui un candidato presenti un tatuaggio in una parte visibile del corpo indossando la divisa (dunque da escludere in ossequio ai dettami del D.M. 30 giugno 2003 n. 138) ma dimostri durante la visita medica che lo stesso è in fase di rimozione; proprio con riferimento ad una siffatta situazione mentre in alcune sentenze si ritiene illegittima l’esclusione del candidato per la presenza di un tatuaggio in fase avanzata di rimozione con tecnologia laser (si veda ex multis TAR Lazio 6 giugno 2017, n.6616), nella maggior parte delle sentenze (come in quella oggetto della presente trattazione) la circostanza che un tatuaggio sia in fase di rimozione è da considerare irrilevante in quanto i requisiti di partecipazione al concorso devono essere posseduti dal candidato al momento della scadenza della domanda di partecipazione ed il principio della par condicio osta alla possibilità che possano farsi valere requisiti maturati successivamente.

[2] Più precisamente si trattava del concorso pubblico per titoli per l’assunzione di 25 atleti da assegnare ai gruppi sportivi della Polizia di Stato — Fiamme Oro, e da inquadrare nel ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato, riservato ad atleti riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) o dalle Federazioni sportive nazionali, in possesso di almeno uno dei titoli previsti dallo stesso bando e dei requisiti previsti per l’accesso al ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato.

[3] In applicazione del  D.M. 198/2003, richiamato agli artt. 2 e 8 del bando di concorso, il quale  prevede alla Tabella 1, punto 2, lett. b), quale causa di non idoneità per l’ammissione ai concorsi stessi, la presenza di tatuaggi “sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme; o quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti; o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme“.

[4] “ L’accesso ai gruppi sportivi «Polizia di Stato – Fiamme Oro», di seguito denominati «Fiamme Oro», avviene, nel limite delle vacanze organiche del ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato e nell’àmbito di un contingente complessivo non superiore a quattrocento unità, mediante pubblico concorso, per titoli, riservato ad atleti riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) o dalle federazioni sportive nazionali, in possesso di almeno uno dei titoli valutabili di cui alla tabella A, categoria I, e dei requisiti previsti per l’accesso al predetto ruolo”.

[5] Ciò comporta, nel caso di specie,  che la causa di non idoneità al concorso per l’accesso ai ruoli della Polizia di Stato prevista dalla Tabella 1, punto 2, lett. b) del D.M. 30 giugno 2003 n. 198 (infermità ed esiti di lesioni della cute e delle mucose visibili, tra i quali “tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme o quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”), trova piena applicazione anche in sede di arruolamento nei gruppi sportivi Fiamme Oro, nell’ambito della Polizia di Stato.

[6] Si veda Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2012 n. 3525.

[7] In questo caso è onere dell’Amministrazione fornire, all’atto della esclusione, concreta e puntuale motivazione in ordine alle ragioni per le quali, volta a volta, il tatuaggio sia stato ritenuto preclusivo dell’assunzione o incompatibile con il possesso della divisa (ex multis Tar Salerno, sent. n. 463/2015).

[8] Peraltro, va rilevato, che nel caso di specie il “processo di rimozione”, riscontrato in sede di accertamento del possesso dei requisiti fisici, si pone a tutta evidenza in un momento di per sé già successivo alla scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso.

Paola Verduni

contatti: pverduni90@gmail.com

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